domenica 10 gennaio 2021

Pubblicherò il mio racconto della pandemia. E sarà un horror


 


Avevo chiesto al 2021 un po' di noia.

Devo aver sbagliato qualcosa nella mia richiesta. Mi trovo al giorno dieci del nuovo anno con quel tipo di stanchezza che pesa sulla mente come sul corpo, alla ricerca del freno d'emergenza che faccia bloccare il nuovo anno e mi permetta di correre altrove, alla ricerca di giornate diverse che mi traghettino verso il futuro.

Ma non possiamo scegliere il tempo in cui vivere, possiamo solo scegliere come viverlo. Visto che questo è, di nuovo, per me un tempo di attesa di notizie, di medici che chiamano quando possono, se possono e se va tutto bene non chiamano, tento, come riesco, di cercare la bellezza che ci circonda. Non so se davvero la bellezza ci salverà, so però che sono grata alla possibilità di muoversi per 30 km se si abita in comuni di meno di 5000 abitanti. Il mio ne fa 3000, lo amo molto, ma ormai ne conosco ogni albero. 

Sono andata quindi alla ricerca del bello dietro casa (o sopra casa) e vi regalo qualche scatto di ciò che ho trovato.







Il tempo che ci è dato da vivere, possiamo scegliere come usarlo, ma anche come pensarlo, come raccontarlo.

Penso che tantissimi scribacchini come me abbiano avuto la tentazione di raccontare in qualche modo la pandemia. So che le case editrici sono sommerse da proposte editoriali con variazione sul tema "diario della quarantena". Non ho la pretesa di essere migliore di loro. Solo che ho il mio punto di vista, il mio angolo di mondo da cui guardo lo scorrere degli eventi.

Nei mesi scorsi mi sono data l'esercizio difficile di tradurre in narrativa ciò che stava succedendo, cercando di dare merito a quelli che, in questa emergenza, sono forse i meno ascoltati, i pre adolescenti.

Ho provato a scrivere un racconto che portasse il segno di tutto ciò che stava capitando, pescando a mani piene dalla cronache locali. Ho iniziato con l'alluvione che ha devastato il Piemonte e in particolare con un fatto realmente accaduto, cioè un cimitero portato via dalle acque. Ho scelto come protagonisti due ragazzini di seconda media come potrebbero essere quelli della mia scuola. Il figlio di un'infermiera che lavora in un reparto covid a cui la pandemia ha portato via il nonno e una promessa del ciclismo a cui invece l'emergenza ha sottratto lo sport.

Ho iniziato a scrivere quasi a ridosso dell'alluvione, cercando di imprimere sulla carta l'odore dei boschi saturi d'acqua, lo spaesamento che leggevo negli occhi dei ragazzi, le angosce dei grandi che si riflettevano nelle loro. Quando ho iniziato a scrivere l'Italia non era ancora divisa a zone di colore. Via via che i fatti accadevano li ho inglobati nella narrazione. I miei personaggi frequentano la seconda media. Quindi si sono trovati invischiati nella Didattica Digitale Integrale, il ragazzo a casa e invece la ragazza, in quanto dislessica, a scuola. Senza volerlo, la mia narrazione è diventata il diario che non pensavo di scrivere.

Con queste premesse, con questa atmosfera, questa storia non poteva che essere un horror. Non perché l'orrore sia un pretesto, ma perché una narrazione della pandemia non può essere altro che la narrazione della paura e del tentativo di affrontare l'inaffrontabile.

Il destino delle storie è spesso strano e imponderabile. Sto lavorando ancora a un romanzo scritto quasi due anni fa e che non ho idea se troverà mai casa. Questa storia, invece, è stata scritta a ridosso degli eventi e accasata meno di una settimana dopo che è stata terminata.

Non ho ancora una data di uscita, ma ho già firmato il contratto, L'autunno dei cinghiali assassini uscirà in formato digitale per Delos Digital.

Se ve lo state chiedendo, sì, anche i cinghiali assassini (purtroppo) escono diretti diretti dalla cronaca locale. È il mio primo (unico?) racconto "alla Stephen King", affermazione che va intesa non tanto o non solo a livello di temi o atmosfere. King, per sua stessa ammissione, ha scritto molti romanzi obnubilato dall'alcool e dalle droghe e in qualche modo ha fatto sì che in suo inconscio si riversasse sulla pagina. Io non mi drogo e bevo poco e in modo responsabile, ma ho scritto questo racconto in parte in isolamento, preoccupata per i miei genitori, per mia figlia, insomma, in uno stato che non si può definire lucido e ho lasciato che il mio inconscio uscisse sulle pagine. Spero vorrete giudicare voi quale è stato il risultato.

Per chi vuole invece proseguire con la mia narrazione steampunk, qui c'è l'inizio di un nuovo racconto, Racconto di Brumaio.

10 commenti:

  1. No, non credo che tu abbia sbagliato la richiesta, solo che al Servizio Clienti hanno messo qualcuno con un senso dell'umorismo tutto particolare, temo. E' o non è NOIOSO aspettare notizie? Sì, anche un tantino angosciante, ma questi son dettagli
    :(
    Ma sono contenta che, almeno, la parte letteraria ti porti qualche soddisfazione e per il resto... basta, dita incrociate e altro non si può fare, per adesso.

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    1. No, caro 2021, quello è "ansiogeno" non noioso. Neppure la lavatrice rotta è noiosa. Sono sicuro che sei ancora in garanzia, voglio parlare con il principale per una sostituzione!

      Grazie per le dita incrociate e speriamo che andando avanti migliori!

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  2. Complimenti! È bello che tu sia riuscita a sfogare le emozioni accumulate in questo periodo scrivendo.
    Vorrei tanto riuscirci anch'io, invece mi sento creativa come una spugna secca. Quest'anno mi ero detta "per una volta manderò il racconto al trofeo Rill in anticipo!"...e niente, arriverò in scivolata all'ultimo, come sempre. Rispettiamo le tradizioni :-D
    Leggerò volentieri il tuo romanzo. Ancora complimenti e auguri per le tue attese

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    1. In realtà neppure io mi sento creativa come vorrei, ma cerco di accontentarmi. Questo, poi, non è un romanzo, è un racconto lungo, come le mia altre pubblicazioni per Delos Digital, ma mi farà molto, molto piacere se vorrai leggerlo.

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  3. Delos, una delle poche certezze del periodo. Congratulazioni!

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  4. Ops, racconto. Lo leggerò senz'altro, appena mi sentirò emotivamente capace di reggere una Covid-storia!

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  5. Il bello della scrittura è che puoi mettere angosce e paure in quello che scrivi, per me è molto terapeutico, penso che il tuo racconto sulla pandemia sarà un ottimo horror.
    Riguardo alle richieste per il 2021 forse ci aspettavamo troppo da questo nuovo anno dopo quanto accaduto nel 2020, purtroppo non è immediato passare da un momento critico a un momento felice con un semplice strappo di calendario, perché è proprio come dici, non possiamo scegliere il tempo in cui vivere, ma solo il modo in cui affrontarlo.

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    1. Io al 2021 chiedevo solo di non infierire, ma va beh. Dopo un inizio infausto magari ha tempo per riscattarsi, dato che ci siamo andati vicini ma non è capitato nulla di irreparabile. Per fortuna la scrittura aiuta ad esorcizzare.

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