Fin da piccola ho avuto una particolare predisposizione per trovarmi come amiche persone estremamente sveglie, anche oltre il limite della norma. Tutte le mie amichette dell'asilo hanno imparato a leggere ben prima dell'inizio delle elementari. Una prima dei quattro anni e con un certo sconforto l'abbiamo vista iniziare le elementari prima di noi. Un'altra mia amica ha un figlio decisamente oltre il limite della norma, che è arrivato alle elementari che aveva già elaborato il concetto di numeri negativi e di elevamento a potenza.
Ora, proprio perché sono ben consapevole che questi bambini esistono, so anche che spesso non è che facciano una vita meravigliosa. Un po' perché la scuola non è attrezzata per accoglierli (se tu già leggi i romanzi quando i tuoi compagni ancora sillabano puoi fare un po' fatica a inserirti e probabilmente ti annoi), un po' perché si trovano con una massa di informazione difficile da gestire a livello emotivo. Insomma, non è che la condizione di avere figlio geniale io proprio la auguri ai genitori. Eppure, niente, avere un figlio significa entrare automaticamente, volenti o nolenti, in un mondo competitivo.
Un minimo di competitività credo sia inevitabile. Che le nonne si trovino e facciano a gara a quanto sono bravi e belli i nipoti credo sia fisiologico. È anche bello vedere che una nonna adottiva è così fiera di nipoti fisicamente diversi da lei e che non perde occasione per tesserne le lodi. Del resto il compito specifico dei nonni è quello di vedere il meglio nei nipoti e anche un po' di viziarli.
Anche i padri un po' hanno la tendenza a magnificare le conquiste dei figli. Padri orgogliosi che si incontrano descriveranno i pargoli come prossimi al nobel o all'oro olimpico.
Entro certi limiti è un processo positivo. Entro certi limiti.
Con la pupattola ci siamo iscritte a un corso di acquaticità per bambini di due anni.
Ci siamo inseriti in un corso già iniziato e alla seconda lezioni ci siamo trovate dentro a una sollevazioni popolare contro l'istruttrice supplente.
Non ho i mezzi per entrare nel merito della questione, premesso che da prof so quanto duro e frustrante sia il ruolo di supplente.
Comunque l'oggetto del contendere era che sì, l'istruttrice qualcosa faceva, ma non abbastanza. I bambini si annoiavano e non imparavano abbastanza in fretta.
Ora si tratta di un corso di acquaticità per bambini di due anni con lezioni di 40 minuti. Già che un bambino di due anni si annoi in piscina se ci sta per 40 minuti e si fanno almeno 3 attività diverse mi sembra strano. Che non impari abbastanza in fretta... A nuotare? Cioè se impara a nuotare autonomamente a 30 mesi e non a 25 è un dramma?
In ogni caso la sostituta non verrà più, i nostri bambini non si annoieranno e nuoteranno al più presto. Facendo almeno 6 attività diverse in ogni lezione (di 40 minuti).
L'altro giorno, al supermercato, poi, mi sono imbattuta nel kit di cui ho postato la foto. Un metodo per insegnare a leggere ai bambini di tre anni.
Non c'è nulla di male se un bambino inizia a leggere prima dei sei anni. Sopratutto se è lui a volerlo fare. Da prof (ma non da maestra) suppongo che ci sia un motivo per cui si insegna a leggere e a scrivere a sei anni e non prima, ma non ne so abbastanza per avere certezze.
Mi ha inquietato lo slogan. I bambini possono (perché no?), vogliono (alcuni probabilmente sì) e debbono leggere.
Debbono?
Sicuri sicuri che un bambino di tre anni deva leggere? Con l'imperativo?
Perché piace a lui o perché mammina e papino possano vantarsene?
Conosco parecchi bambini che hanno iniziato a leggere prima dei quattro anni senza kit alcuno. Immagino che sia bello proporre dei giochi per famigliarizzare con lettere e numeri. Anch'io senza dubbio lo farò e in parte lo faccio.
Ma devono leggere a tre anni? Con l'imperativo? E se preferisce invece piantare i pomodori, creare animaletti con la pasta di sale, strimpellare uno strumento? Non mi sembrano attività meno impegnative, per un bambino di tre anni. Capisco se vuole giocare con le lettere, ma che debba...
Che poi, pensavo, siamo nel paese che meno incentiva i giovani alla lettura. Spesso i genitori dei miei alunni mi chiedono conto dei libri che i pargoli devono leggere (loro sì, devono). Costano? (No, si prendono in prestito in biblioteca). Faranno male ai loro occhi? (Meno che ore al cellulare). Toglieranno tempo ad altri compiti? (Se ti poni il problema la risposta è già no).
Possibile che l'Italia si un paese in cui i bambini sono incentivati alla lettura solo prima dei sei anni? A tre anni devono leggere, a tredici anche no.
Insomma, tutto ciò mi ha lasciato molte perplessità.
Ritengo tuttavia che se mia figlia a due anni appena compiuti ha paura a tuffarsi dal trampolino della piscina possa comunque in futuro diventare una buona nuotatrice.
Per la lettura che dire? Io ho faticato parecchio a imparare a leggere a sette anni e ora scrivo...
L'altro giorno, al supermercato, poi, mi sono imbattuta nel kit di cui ho postato la foto. Un metodo per insegnare a leggere ai bambini di tre anni.
Non c'è nulla di male se un bambino inizia a leggere prima dei sei anni. Sopratutto se è lui a volerlo fare. Da prof (ma non da maestra) suppongo che ci sia un motivo per cui si insegna a leggere e a scrivere a sei anni e non prima, ma non ne so abbastanza per avere certezze.
Mi ha inquietato lo slogan. I bambini possono (perché no?), vogliono (alcuni probabilmente sì) e debbono leggere.
Debbono?
Sicuri sicuri che un bambino di tre anni deva leggere? Con l'imperativo?
Perché piace a lui o perché mammina e papino possano vantarsene?
Conosco parecchi bambini che hanno iniziato a leggere prima dei quattro anni senza kit alcuno. Immagino che sia bello proporre dei giochi per famigliarizzare con lettere e numeri. Anch'io senza dubbio lo farò e in parte lo faccio.
Ma devono leggere a tre anni? Con l'imperativo? E se preferisce invece piantare i pomodori, creare animaletti con la pasta di sale, strimpellare uno strumento? Non mi sembrano attività meno impegnative, per un bambino di tre anni. Capisco se vuole giocare con le lettere, ma che debba...
Che poi, pensavo, siamo nel paese che meno incentiva i giovani alla lettura. Spesso i genitori dei miei alunni mi chiedono conto dei libri che i pargoli devono leggere (loro sì, devono). Costano? (No, si prendono in prestito in biblioteca). Faranno male ai loro occhi? (Meno che ore al cellulare). Toglieranno tempo ad altri compiti? (Se ti poni il problema la risposta è già no).
Possibile che l'Italia si un paese in cui i bambini sono incentivati alla lettura solo prima dei sei anni? A tre anni devono leggere, a tredici anche no.
Insomma, tutto ciò mi ha lasciato molte perplessità.
Ritengo tuttavia che se mia figlia a due anni appena compiuti ha paura a tuffarsi dal trampolino della piscina possa comunque in futuro diventare una buona nuotatrice.
Per la lettura che dire? Io ho faticato parecchio a imparare a leggere a sette anni e ora scrivo...
Da quando è nata Gaia nutro nell'intimo la speranza di avere una lettrice precoce. Oggi ha 3 anni e mezzo e sta cominciando a riconoscere le lettere e i numeri.
RispondiEliminaSofia ha cominciato il corso di acquaticità prima dei 2 anni e già dalla prima lezione dimostrava un certo feeling. Sabato, alla ripresa del corso, era felice, ma non particolarmente entusiasta.
Ho figlie sveglie, molto intelligenti, ma non sono geni. Mi ritengo soddisfatto? Molto. Potrebbero fare di più? MA CHI SE NE FREGA. Le voglio serene, quello è il mio principale obiettivo. Dovrebbe esserlo per tutti, genitori e insegnanti. Concordi?
Mi permetto di dirti, papà Paolo, bravo. maestra sinforosa
EliminaEsatto. È il verbo dovere nello slogan che mi preoccupa e, anche, questo terrore che il pargolo "si annoi"...
EliminaVedi, oggi c'è quasi una corsa al figlio intelligente.
RispondiEliminaAi tempi c'era una barzelletta, piacevolmente volgare, che illustrava un modo per ottenere figli perfetti e intelligenti: bisognava scopare lentamente. Un signore ci prova, e prova a farlo piano piano piano con sua moglie. Ci prende gusto, aumenta il ritmo e dice, all'ipotetico futuro figlio "ma vaffanculo a zappa' la terra!" :D
Ecco. Oggi nessuno vuole più figli contadini: peccato che valgano sempre di più i contadini che i figli di oggi.
E te lo dice un bambino (io) che ha imparato a leggere a tre anni: perché voleva capire i fumetti in casa, non perché DOVEVA leggere :)
Moz-
Ma questi genitori che vogliono i figli intelligenti com'è che spariscono tutti quando i pargoli arrivano alla scuola media? Di colpo leggere diventa inutile...
EliminaDiventa inutile perché non te ne puoi vantare con gli altri genitori. ;)
EliminaSecondo me, se è oggettivamente umano che un genitore speri che il proprio figlio sia di quoziente intellettivo al di sopra della media, è come dici tu inesorabilmente vero che non puoi crearne uno dal nulla. Il talento c'è o non c'è, credo che ci si nasca.
RispondiEliminaIo ho imparato a leggere da sola a quattro anni, adoravo le parole. Salvo poi essere una schiappa in grammatica alle scuole elementari. Facevo temi e disegni che facevano il giro delle classi ma mi perdevo inesorabilmente dinanzi alle regole. Oggi le insegno, apprenderle nel tempo fra medie e liceo fu un lavoro che dovetti fare da zero.
Ci sono attitudini che ci renderanno speciali a prescindere dal nostro grado di intelligenza, tempi che ciascuno ha e attorno ai quali costruisce una propria identità. Vallo a dire ai genitori.
Al momento mi trovo alle prese con un papà assolutamente convinto che il proprio figlio di terza media sia incompreso, non valutato secondo un canone che a suo dire dovrebbe prendere in considerazione più aspetti. Vengono a farti lezioni di docimologia.
Oggi quel pargolo era annoiatissimo durante la spiegazione su Foscolo, a fronte di diversi suoi compagni e compagne svegli e impegnati sugli appunti. La sua noia era direttamente proporzionale al disinteresse. Suo padre lo vede come un umanista che non sarà mai.
Povero cucciolo, il ragazza che il padre vede come l'umanista che non sarà mai.
EliminaDevo dire che questo ancora non mi è capitato. Ormai italiano, storia e geografia sono viste come materie più o meno inutili dalla molti parte dei genitori...
A me il verbo "dovere" applicato all'esigenza di leggere prima dei sei anni fa venire i brividi. Tutta questa massa di aspettative genitoriali creerà dei figli frustrati se non realizzano i mancati obiettivi dei genitori.
RispondiEliminaPer me è la stessa questione sull'insegnamento della lingua inglese: ci sono genitori fissati che mandano i figli ai corsi d'inglese prima che abbiano imparato la lingua madre, cioè l'italiano. Voglio dire, un conto è imparare qualche parolina per gioco, o tanto meglio avere i genitori bilingue, un conto forzarli all'ennesima attività che sottrae ore di sano ozio. E poi, quegli stessi genitori non leggono niente!
Fosse solo prima dei 6 anni. Qui è espressamente detto "leggo a 3 anni".
EliminaPoi, per carità, sono la prima a dire che ai bambini vanno proposte molte attività (ora la pupattola fa piscina, presto credo ci attiveremo sulla musica, dato che canta e strimpella tutto il giorno) e arriva un'età in cui si può iniziare a fare sul serio. Prima però c'è il tempo del gioco e dell'esplorazione che dovrebbe essere mantenuto tale.
Poi, appunto, se a quegli stessi genitori dici che il figlio di 12 anni deve leggere ti guardano come se fossi un alieno.
Spero che non esistano veramente persone così... spero che quel manualetto rimanga invenduto, o venga comprato solo da genitori i cui pargoli si annoiano dei libri illustrati e hanno bisogno dello stadio successivo (per me, i libri di Roal Dahl, sempre!).
RispondiEliminaMah, se lo hanno fatto è perché ha un mercato e lo slogan "leggo a 3 anni" evidentemente ha un certo appel sui genitori
EliminaE' fastidiosa questa tendenza a creare doveri dove non ce n'è bisogno, un po' come se d'ufficio ci mettessimo l'esoscheletro per sostituire il movimento naturale. Non è mica la stessa cosa.
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