giovedì 15 novembre 2012

Scrittevolezze - Il diavolo sta nei dettagli

La scrittura si articola in tre fasi. Le prime due, ideazione e prima stesura sono, almeno per me, gioia pura. Se scrivo è per andare almeno con la fantasia in luoghi inaccessibili, vivere vite altrui e provare a comunicare quanto ho scoperto in queste escursioni immaginarie.

Poi viene la terza fase. La revisione.

Ho provato una sensazione simile sugli scavi archeologici, quando dal mappare il sito e dal vedere per la prima volta qualcosa che era rimasto nascosto da millenni si passa a setacciare la terra di scarto per accertarsi di non aver tralasciato neppure il più piccolo frammento. Ore con il setaccio in mano, magari nell'acqua fredda per trovare un frammentino d'osso che poi forse il laboratorio decreterà essere del tutto estraneo rispetto a quello che stai cercando.
Revisionare è setacciare il testo, una, due, dieci volte alla ricerca di ogni imperfezione, ogni parola stonata, ogni angolo da smussare.
Forse è perché sto lavorando a un testo storico che trovo il lavoro ancora più minuzioso e, a tratti, snervante. Il tempo che sembra sprecato per decidere se si può inserire la descrizione di quel dato oggetto, se davvero era presente all'epoca oppure no. E poi, dopo aver sentito esperti, visionato immagini, spulciato testi, chiedersi quanti lettori mai si accorgeranno di un eventuale errore.
Eppure il diavolo si nasconde nei dettagli.
Non scrivo per esperti storici. Ma qualsiasi lettore percepisce se l'autore padroneggia davvero il mondo che descrive. Che si esso reale o immaginario sono i piccoli dettagli, quelli che prendono magari solo mezza riga a darci la profondità di campo e farci pensare che quello in cui si muovono i protagonisti è un mondo possibile.
A quasi nessuno, leggendo Il Signore degli Anelli interessa davvero la linguistica elfica. Ma il fatto che l'elfico abbia una sua linguistica, sia stato studiato nei minuti particolari grammaticali lo rende credibile e ci aiuta ad operare quella sospensione della incredulità che serve a goderci la narrazione. Così come non è necessario essere medioevalisti per apprezzare il Nome della Rosa, ma è il suo essere ambientato in un medioevo credibile di cui quasi riusciamo a sentire l'odore uno dei fascini maggiori del romanzo.
Non resta che farsi coraggio e andare a stanare i diavoli nei dettagli.

E se a volte ci si scoraggia, bisogna ricordare che quando il lavoro è ben riuscito, la differenza di sente e  anche i lettori se ne accorgono.

Qui una recensione sul Giallo Mondadori 3096, i Cospiratori, che dedica un buono spazio al mio racconto (dal quale a suo tempo ho dovuto stanare un sacco di dispettosi diavoletti!)

Sempre da Thriller Magazine, anche un articolo su Delitti d'acqua dolce, qui.

6 commenti:

  1. "come foglie NEL vento", il diavoletto ha colpito anche il recensore....

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  2. Penso dormano sulle tastiere dei computer, i diavoletti, e si divertano a spostare i tasti delle lettere (oltre a fare un sacco di altre cose...)

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  3. I diavoletti che dormono sulle tastiere del computer sono quelli che vengono dall'inferno delle storie impossibili? Eh?

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  4. Quanto hai ragione! E la mia esperienza è che per quanto ci diamo da fare, faremo un lavoro buono al 90%... qualcosa ci sfuggirà sempre... ecco perché sarebbe importante un editing fatto da terzi o da lettori con buon cuore (non diavoletti pronti a dire: ecco, qui autore hai sbagliato, ah ah!)
    I lettori mi hanno aiutato tantissimo nel corso degli anni ^_^
    Un salutone grande!
    Eli

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    1. L'editing è indispensabile a prescindere dalla caccia ai diavoletti. Un autore è troppo legato al suo testo per guardarlo oggettivamente, uno sguardo esterno è sempre utilissimo!

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