martedì 29 marzo 2022

Da dove nascono le storie


 Mia figlia mi ha appena ricordato che sto per compiere 42 anni e pertanto inizio ad avere un'età tale da poter fare archeologia personale. Scoprire oggetti dimenticati che portano a galla ricordi, echi di una vita ormai dimenticata.

Ho quasi 42 anni e scrivo storie. A volte come una bambina, per me stessa, per consolarmi (lo ammetto, in questi giorni spengo i programmi di informazione e vado avanti con una storia del tutto inutile a livello editoriale, che sto scrivendo solo per consolarmi) a volte con la speranza di intrattenere altri, solo per il fatto di avere qualcosa da raccontare.
Non so dove sia Il Mondo Da Cui Arrivano le Storie. Ho spesso la sensazione che ci sia, però, un posto, un universo parallelo, un luogo della mente da cui le storie filtrano, già finite e concluse in se stesse. Io devo dipanarle, osservarle e trovare la forma migliore con cui raccontarle.
Alcune storie sono con me da così tanto tempo che mi sembra che ci siano sempre state. Ma non è così. C'è stato un momento preciso in cui ho deciso di dedicare del tempo a fermare in parole quelle storie intraviste (non è una metafora) dal finestrino di un treno.

Qualche mese fa a casa dei miei genitori mia figlia ha dato prova di quel talento tipico dei bambini di ritrovare cose che si ritenevano perdute. Nello specifico, la mia collezione di cartoline. Dagli anni delle medie in poi ogni volta che andavo da qualche parte portavo a casa delle cartoline, oggetto antico e ormai desueto, che poi usavo come segnalibri. Sull'onda del mio ritrovato entusiasmo per la lettura e alla ferma decisione di leggere di più, in barba agli impegni scolastici, genitoriali, alle pandemie e alle guerre globali, ho portato a casa la collezione per utilizzarla di nuovo allo scopo per cui era stata destinata. Per gli ultimi dieci libri, quindi, ho pescato a caso dalla pila, ho confrontato le immagini e ho scelto la cartolina migliore per quella lettura.
Per l'ultimo libro iniziato (L'acciaio sopravvive di Richard Morgan, di cui suppongo riparlerò qui appena terminata tutta la trilogia) ho estratto questo:
La cartolina mi aiuta a stabilire una cronologia precisa. Rappresenta il castello di Edimburgo. Ero al primo anno di università quando ci sono stata. Il primo di una serie di viaggi in giro per l’Europa in compagnia della mia più vecchia amica. Viaggi piuttosto avventurosi, sui mezzi pubblici, con gli zaini a spalla, ancora senza cellulari davvero funzionanti, con le guide cartacee da consultare e l'elenco degli ostelli della gioventù su cui cercare un posto in cui dormire.
A pensarci a mente fredda quel viaggio fu piuttosto disagevole. Lunghissime tratte in treno e in bus, orari dei traghetti non facilissimi da decifrare. Tre giorni bloccati in un porticciolo di un'isoletta perché nelle Ebridi vent'anni fa durante il fine settimana non si muoveva niente. Il clima scozzese non proprio solare. Un pernottamento a dir poco avventuroso a Edimburgo in un ostello ricavato in una chiesa sconsacrata, con la doccia nella cripta e i letti ammassati nella navata. Eppure entrambe lo ricordiamo come qualcosa di magico. E quei lunghi, lunghissimi spostamenti attraverso la Scozia, in cui pian piano un altro mondo si sovrapponeva a quello che stavo vedendo.
Al castello di Edimburgo, ricordo, ho comprato un quaderno con lo scopo preciso di scriverci sopra una storia. Più o meno in contemporanea devo aver appuntato questa cartina sul retro di una cartolina. Chissà perché non ho usato il quaderno. Probabilmente l'ho fatto in treno, nella tratta di rientro da Edimburgo a Newcastle e la cartolina era più comoda. Chissà cosa pensavo di farci davvero.
Quella storia, quella con protagonista quel Soren di cui avevo segnato il villaggio natale, non l'ho mai terminata. Ne ricordo a grandi linee l'idea centrale, un giovane eroe che per caso entra in contatto con un oggetto magico che gli dona l'immortalità. Tutti i suoi compagni muoiono e lui si trova a vagare come un fantasma per la sua stessa terra, fino a che una ragazza non se ne innamora. L'incantesimo, però, si spezza e lui non può che guardarlo invecchiare e morire sotto i suoi occhi.
L'ottimismo di fondo e l'allegria tipica delle mie storie c'erano già tutte...
Non l'ho scritta, quella. Ho tentato di scriverne un'altra, una complicata epopea che si svolgeva in gran parte ad Haymal, la città alla confluenza tra i due fiumi.
Poi c'è stato un altro viaggio, ormai alla fine della mia carriera universitaria, con la stessa amica del primo, nei Paesi Baltici. Di nuovo improbabili spostamenti sui mezzi pubblici, piogge improvvise, zaini che pesano. Una bottiglietta d'acqua marca Hermise. E di colpo quella vecchia cartina dove la mia mente continuava a viaggiare si è allargata. Ho "visto" cosa c'era a est della linea di margine, sono entrata nel Leynlared. Dove sono ambientati i quattro ebook che trovate qui a lato, La spada di Emarana, La luna delle foglie cadenti, Prima che venga il gelo e Nulla che non sia già mio. Da soli formano una piccola epopea. La stessa che continua nei racconti finali de La spada, il cuore e lo zaffiro. L'antologia, per altro, è ora disponibile sia in formato cartaceo che digitale, sia in formato epub che kindle. Tutte le informazioni qui.
Chissà se me ne rendevo conto, mentre tracciavo rapidamente quegli appunti sul retro di una cartolina che da quei posti non me ne sarei mai andata?

Voi avete una data di nascita per le vostre storie?

Se invece volete venire con me in un altrove differente, qui un nuovo capitolo de L'assedio degli Angeli.

venerdì 18 marzo 2022

Libri di donne per il mese delle donne

 




Non è una scelta consapevole, ma negli ultimi tempi sto leggendo (o ascoltando) molti più libri scritti da donne, molto diversi tra loro. Ma marzo è il momento migliore per presentare tre tra le mie ultime letture.

Karoline Kan
Sotto cieli rossi

Questo è sicuramente uno dei libri più interessanti e attuali che mi sia capitano in mano ultimamente. Si tratta dell'autobiografia di una ragazza  cinese del 1989. Nata in un piccolo villaggio è una "bambina illegale", una seconda figlia nata in piena politica del figlio unico. Anche se la sua nascita viene presto legalizzata, cresce con la consapevolezza che la propria nazione. Questo probabilmente incide nel suo essere sempre più scettica verso ciò che il regime le impone e attratta dall'occidente in un modo non sempre critico. Del resto la sua è una storia, un punto di vista, senza pretese di universalità. Nonostante i difetti è un libro che racconta benissimo la Cina d'oggi che in trent'anni è passata dalla realtà agricola tradizionale (i racconti dei primi anni '90 sembrano quelli di mio nonno) alle megalopoli. Ovviamente lo sguardo è quello di una ragazza, che come tale deve, più di ogni altra cosa compiacere la propria famiglia. Quindi farsi onore negli studi va bene, salvo poi sposarsi quando lo dicono mamma e papà. L'autrice e protagonista è divisa tra oriente e occidente, tra tradizioni che le appartengono, anche quando le trova antiquate e ingiuste e un occidente sognato e idealizzato. 


Simone de Beauvoir
Memorie di una ragazza perbene
Altra autobiografia, ma di altra epoca e altro spessore intellettuale. Questo, meglio dirlo subito, non è un libro facile. Non solo l'autrice, Simone de Beauvoir, famosa (chissà poi perché) per essere stata la compagna di Sartre (ma non fatevi ingannare, questa frase non la descrive), non è una persona facile, ma è una filosofa, che riflette sulla propria vita con gli occhi della filosofia. Per affrontare la lettura bisogna quindi prepararsi a pagine dense, fitte fitte di parole. Uno di quei libri su cui stai due ore e scopri che hai letto venti righe. Però che venti righe. Innanzi tutto è un bellissimo racconto d'epoca, il viaggio in una Francia che non c'è. E poi c'è la storia di Simone, analizzata da Simone stessa, una che non si crea un monumento addosso, ma che si esamina, si interroga, si sforza di capire i propri comportamenti. Lei era una figlia dell'alta borghesia parigina, impoveritasi con la prima guerra mondiale. Quella che per il padre è una disgrazia, per lei è la strada per la libertà. Perché il padre non può garantirle un buon matrimonio, quindi Simone deve studiare per prepararsi a una vita di lavoro. Simone nei libri trova se stessa, mette in discussione via via tutte le idee con cui era cresciuta, scopre un femminismo di cui prima persino ignorava l'esistenza. La sua migliore amica, al contrario, è apparentemente una privilegiata. È rimasta ricca e quindi destinata al matrimonio. Per lei lo studio è un capriccio che la famiglia sopporta mal volentieri. Specchiarsi continuamente negli occhi di un'amica che, sempre considerata un modello, diventa via via una prigioniera e poi una vittima, diventa per Simone un necessario e doloroso viaggio nella consapevolezza.


Bernardine Evaristo
Ragazza, donna, altro
Con questo libro siamo invece nel campo della pura narrazione. Dodici vite di donna si intersecano a Londra.
Sono mamme, figlie, immigrate, donne d'affari, attiviste LGBT+, artiste. Sono tutte donne e tutte di colore. Dodici storie dolorose e dolci, figure a cui ci affeziona facilmente, anche quando sono molto diverse da noi e fanno scelte molto lontane dalle nostre. Nella loro diversità tutte queste figure sono raccontate con affetto e rispetto. Rispetto per le difficoltà, sempre presenti, anche quando sembra di avere davanti delle figure di successo. Perché per una donna, per di più nera, ci sarà sempre qualche difficoltà in più, qualche storia che non va di raccontare, qualche silenzio che non va di spiegare. Nonostante i molti temi dolorosi affrontati, la narrazione non rinuncia all'ironia (memorabile la descrizione delle discussioni nella casa occupata), al sorriso benevolo e a un pizzico d'ottimismo. Perché la vita è dolorosa e spesso non perdona, ma a volta porta doni inaspettati, serenità difficilmente raggiunte e sorrisi che valgono molte lacrime. Un libro da leggere e rileggere, non solo a marzo.

Li conoscete, li avete letti? Quali libri di autrici consigliate? Quali sono i vostri preferiti?

Se invece volete leggere qualcosa di mio. Beh, non perdetevi L'autunno dei cinghiali assassini



martedì 8 marzo 2022

L'autunno dei cinghiali assassini


 

Come si racconta una pandemia?

Posso mai io raccontare tutta una pandemia? No, ovviamente. L'autunno scorso, però, ho preso una decisione. Avrei raccontato la pandemia che mi si stava scatenando intorno. E gli eroi della mia storia sarebbero stati dei ragazzini, quelli che vedevo ogni giorno, i miei alunni. Eroi silenziosi e bistrattati, chiusi in casa, con le loro aspirazioni sociali o sportive negate, con regole sempre più ostili da seguire a scuola. La zona rossa, in cui si va a scuola solo se si ha Bisogni Educativi Speciali, se no si segue da casa. E in entrambi i casi si è scontenti.

Mentre prendevo questa decisione c'è stato un alluvione, che si è portato via parecchie cose, un ponte importante vicino a dove abito, ma anche un cimitero. Ecco, quella era una meravigliosa idea per un racconto. Che sarebbe stato un horror che iniziava con un cimitero portato via da un alluvione.

Poi i miei genitori si sono ammalati di covid e io sono finita in quarantena a casa loro. Ne siamo usciti tutti. Io in quei quindici giorni avevano preso accordi per prendere un gattino e avevo finito il racconto. Ha quindi una genesi avventurosa ed è stato scritto "in tempo reale", aggiornando gli eventi narrati all'ambientazione che intanto si evolveva.

A scuola stiamo lavorando sul progetto "Capsula del tempo", vogliamo fare una cassetta da aprire in futuro per ricordare questi anni strani, dolorosi e a tratti surreali. Se ne facessi una io ci metterei dentro questo racconto.

Per me è importante, per come è nato, per cosa racconta, perché, insieme a un racconto scritto poco dopo, ha dato il via a una serie di nuove narrazioni che spero vedranno via via la luce (una che mi inorgoglisce particolarmente vedrà la luce tra qualche mese).

Credo, in tutta onestà, che sia un buon racconto, uno di quelli che invecchierà bene e che, leggendolo anche tra qualche anno, farà appassionare alle avventure di Tom e Lars e farà riflettere su quanto abbiamo vissuto.

Voi però leggetelo ora!

Nel link qui sotto trovate tutti i formati in cui è disponibile (cioè tutti o quasi)

L'autunno dei cinghiali assassini

Delos Digital - collana Innsmouth

Come sempre, un grazie speciale a tutto lo staff di Delos Digital e in particolare a Luigi Pachì, che si è occupato di questa pubblicazione.

venerdì 4 marzo 2022

Tutto troppo vicino


 

Questa foto è di mercoledì 23 febbraio.

I bambini, mia figlia e i miei due nipoti giocavano in cortile vestiti da carnevale, piccola compensazione delle tante feste anche quest'anno cancellate a causa covid. Io, mia cognata, docente di lingua e letteratura russa ,e la vicina ucraina discutevamo della situazione. La Russia che avrebbe allentato la tensione con la promessa che l'Ucraina non sarebbe entrata nella NATO e il riconoscimento dell'autonomia di Crimea e Donbass. Preoccupazione presente, ma moderata.

Lunedì la mia vicina era quasi in lacrime. Sua mamma, circa ottant'anni, che abita a quattro ore d'auto dalla Polonia ha dormito in cantina. Non si era messa in macchina giovedì al deflagrare del conflitto: alla sua età non se l'era sentita di mettersi in auto. Così lontana dal confine russo non pensava che il conflitto la raggiungesse e, per lo stesso motivo, sua figlia non era partita per recuperarla. Ora suonavano gli allarmi e la benzina scarseggiava. 

Mercoledì a casa del figlio della vicina è arrivata una mamma con due bambine, stessa cosa da una conoscente di un collega.

Tutte le guerre sono crudeli allo stesso modo e tutte le vittime sono solo vittime. Non si può fare una classifica della sofferenza e queste persone di cui sono a conoscenza sono molto meno allo sbaraglio di molte altre. E tuttavia persino nel Vangelo esiste un concetto di prossimità come propria area di influenza. Fa parte della nostra natura umana essere più colpiti da ciò che è vicino. E qui le cose si stanno facendo tutte troppo vicine.

Non riesco a rimanere serena ed equidistante in questo momento. Giovedì scorso a scuola i ragazzi volevano approfondire la situazione. E io, scellerata, ho ripetuto il mio mantra "andiamo direttamente alle fonti". Andiamo a leggere una traduzione affidabile del discorso di Putin. Ok. Da che l'ho fatto sono disposta ad ascoltare tutti i i discorsi sugli errori dell'occidente (e a dare anche ragione) solo nel momento in cui nessuno più mi minaccerà con le armi atomiche.

Detto questo, rimane il fatto che non c'è una classifica del dolore. Una mamma russa in ansia per un figlio al fronte di cui non ha notizie è vittima tanto quanto chi scappa senza avere notizie dei propri cari. Sono ignorante in materia. Lo ammetto. Ho bisogno di pensieri semplici. Se hai perso la tua casa per la guerra sei un profugo e stai dalla parte delle vittime da aiutare. Non importa che lingua parli, ucraino, russo, afgano, fosse pure venusiano. 

Intanto si moltiplicano iniziative di dubbio buon senso o addirittura di dubbia onestà. Per una raccolta di beni di prima necessità indetta dal comune e che ha uno scopo e una destinazione precisa, iniziano raccolte fondi per soldi che finiranno chissà a chi per chissà cosa. Per azioni di boicottaggio più o meno sensate, ma di cui comunque vedo il senso (rimuovere gli atleti russi dalle competizioni sportive può far sorgere domande di patria ma tutela anche gli atleti stessi che non possono essere obbligati a prendere posizioni né essere esposti a gesti inconsulti) e altre che di senso non ne hanno proprio. Davvero non è il caso di parlare di autori russi? Davvero bisogna accostargli degli autori ucraini? E quindi? Sempre un libro di un autore tedesco e uno di autore ebreo? Uno statunitense e un cubano? Uno cinese e uno tibetano? Facciamo piuttosto vodka e coca cola, che la capisco di più e, di questi tempi anche l'alcol ha il suo richiamo (nota per genitori di miei alunni: non sono astemia, ma non mi sono mai ubriacata, tranquilli). 

È tutto troppo vicino perché sia "solo una delle tante altre guerre per cui non hai mosso un dito" (che poi, che dito mai potrei muovere che abbia un effetto, per questa o altre guerre?). A scuola io e una mia collega abbiamo deciso di parlarne in compresenza. Perché se non rimane l'elefante nella stanza. Non ha senso studiare il settecento, i torti e le ragioni nella rivoluzione francese e non dedicare nemmeno un minuto ai fatti che comunque imperano nella nostra informazione. E tuttavia è difficile trovare le parole giuste, le distanze giuste. Per questo lo facciamo insieme, per correggerci a vicenda, compensarci, cercare di fare in modo che il buon senso prevalga.

Non so bene che buon senso possa prevalere. È tutto troppo veloce e troppo vicino. Ma alcune cose le so.

Leggere e conoscere una cultura non fa mai male. Ci vogliono più conferenze che parlino di libri. Russi. Ma anche armeni, nigeriani, equadoregni. Leggere e parlare di libri non può mai fare male. Chi perde la propria casa e fugge va aiutato, a prescindere dal colore della pelle, della lingua e dalla provenienza. Confondere una parte per il tutto è sempre sbagliato. Un singolo non è una nazione o uno stato. Come io sono italiana, ma non mafiosa, così è assurdo parlare di ucraini nazisti o di russi guerrafondai. Tutto ciò è di una banalità disarmante e tuttavia posso solo raccomandare a me stessa quello che raccomando ai miei alunni quando stanno scrivendo una risposta di storia o di geografia. Parti dall'ovvio, non dare nulla per scontato, non dimenticarti le basi. Neppure quelle dell'umanità.


Se qualcuno non si fosse ancora stancato di leggere qualcosa di mio, ecco il nuovo capitolo del L'assedio degli angeli.

Tra qualche mese qualcos'altro di mio arriverà su carta. Poche pagine, ma di cui sono davvero felice, perché significa, almeno una volta, almeno con un racconto, stare a fianco dei giganti.