martedì 31 marzo 2020

Racconti nel tempo del Coronavirus/6


Ammettiamolo. Siamo arrivati alla fase dell'accettazione sullo stare a casa.
Anzi, ci sono persino degli aspetti positivi.

Riformulo, se non ci fossero il coronavirus là fuori, se non ci fossero i problemi di gestione del telelavoro con una bimba, se mio marito alcuni giorni non dovesse andare in azienda forse gli aspetti positivi prevarrebbero.

Forse è il fatto che io e il marito siamo due nerd. Pare che una ricerca abbia rivelato che il nerd è tra le tipologie umane che meglio si adatta all'autoreclusione tecnologica. Forse perché parliamo una lingua tutta nostra e continuiamo a farlo anche adesso. Nel caso specifico è un misto di Alto Elfico e Klingon.
In effetti sostituire la corsa con un allenamento alla cyclette all'inizio mi sembrava l'apoteosi del deprimente, ma poi ho iniziato a rispolverare le vecchie serie di Star Trek mentre pedalavo. Sono all'inizio della quinta stagione di Nex Generation, quindi, se Netflix non mi abbandona, posso andare avanti ancora a lungo!


Ci sono cose, poi, che si possono fare solo in questa situazione. 
Non mi sono mai curata troppo del mio aspetto, ma in questi giorni, con qualche accorgimento per le viedeolezioni, mi sono tolta qualche sfizio. La mia divisa attuale è felpona con scritta nerd (appunto), calze a forma di gatto e capelli rosa. Sì, capelli rosa.
Quando avevo diciannove anni, andando a un'open day dell'università ho visto una ragazza con dei bellissimi capelli verdi e da allora ho pensato che sarebbe divertente almeno una volta nella vita avere dei capelli di colore improbabile. Però non ho mai osato. Alla fine ho deciso che era ora o mai più. Ho preso un colore temporaneo, di quelli che si schiariscono doccia dopo doccia e via. Il rosa non è stata proprio una scelta consapevole, diciamo che molti devono aver avuto la mia idea ed era rimasto quello o il blu elettrico. Niente verde, purtroppo.
L'unico rammarico è che sui capelli scuri non si vede. Quindi niente figlia rosa e, sopratutto, niente gatto colorato di rosa.

Poi ci sono le cose che stanno facendo più o meno tutti, come cucinare a più non posso. Mia figlia è una cuoca provetta, ormai, impasta, spiana col matterello, stende salse, decora. Per altro, per quello che facciamo e la sua età, la cucina ne esce molto meglio di quanto si potrebbe pensare. Apre le uova, mescola e prepara la pizza senza sporcare, al punto che ormai le posso affidare dei compiti mentre io faccio altro. Oggi per il tiramisù lei inzuppava i biscotti mentre io montavo a neve gli albumi, per la pizza le affido la salsa mentre taglio la mozzarella. Purtroppo anch'io, come mezzo mondo, ho finito il lievito, o, meglio, ho solo quello vanigliato per dolci. Spero nello spirito della prossima spesa o dovremo rinunciare alla pizza del sabato sera!

Questo, ovviamente, non vuol dire che tutto sia perfetto. La lista dei lavori creativi da fare con i bambini sta rapidamente finendo. Stiamo usando i preziosissimi colori (che forse sono tornati in vendita) in ogni modo possibile. Oggi abbiamo fatto dei pulcini usando la forchetta al posto del pennello. Ieri abbiamo soffiato gli acquarelli sul foglio con delle cannucce. Domani forse faremo degli stampini casalinghi. Se, però, esiste un limite alla creatività temo che lo raggiungeremo in fretta.

Fuori di casa, poi, il mondo è decisamente più ostile.
Ci sono le situazioni dolorose, quelle vere, quelle dei malati, degli operatori sanitari e di tutti coloro che comunque lavoro a contatto col pubblico, quelle di chi il mancato lavoro inizia davvero a sentirlo nel portafoglio.
Per questo, suppongo, i leoni da tastiera mi danno ancora più fastidio.
Tre categorie in particolare mi scatenano reazioni che, vista la situazione, è bene che io reprima.

– Chi non ha un lavoro che imponga di uscire e grida: "C'è troppa gente in giro! State a casa, cani!"
A parte che l'educazione non dovrebbe essere un optional, se non hai motivo per uscire come fai a dire che c'è troppa gente in giro? Io non ho idea di quanta gente ci sia in giro, dato che sto a casa. Mi viene da pensare che in barba a tutti i divieti si appostino in giro per osservare. Insomma, io esco una volta ogni dieci giorni per fare spesa come faccio a stabilire se la gente è troppa? Per altro l'ultima volta non ho fatto neppure un minuto di coda. Chi vedo col carrello semi vuoto magari ha fatto un mega ordine on-line, non esce da venti giorni, ma nel pacco così difficilmente prenotato mancavano proprio quelle due cose essenziali. Non ho gli strumenti per giudicare. Infine ho un marito che lavora nel farmaceutico, alcuni giorni deve andare in ditta. Ho già abbastanza preoccupazioni senza dover temere anche che venga insultato nel tragitto (da chi poi, però, le medicine le vuole e le vuole subito).
Quindi, per favore, se non avete un lavoro che vi ponga in una posizione da poter giudicare davvero, astenetevi. Se proprio dovete, ricordate almeno l'educazione.

– Chi se la prende a prescindere con i podisti.
C'è chi è assolutamente convinto che la colpa dell'attuale situazione sia dei podisti. Non dei podisti positivi che sono andati bellamente a correre in mezzo alla gente, si badi bene. I podisti, in generale, anche quelli che non corrono da chissà quanto. Girano post con un grado di livore tale che hai il terrore che esca da qualche parte una tua foto vecchia di vent'anni, di quando facevi atletica, più compromettente, di questi tempi, di una che ti ritragga nuda!

– Chi minimizza i disagi dei bambini.
Ecco, su questo non si scherza. I bambini possono essere intrattenuti, coccolati, possono essere sviati, si fa apprendimento a distanza, tutto bene, ma ne stanno risentendo. Sopratutto i figli unici, credo. Sopratutto quelli che vivono in appartamento.
Dopo un inizio abbastanza traumatico mia figlia si è più o meno adattata, ma va in panico ogni volta che un genitore esce di casa. I nonni, l'asilo e gli amichetti sono di fatto spariti. Nessuna spiegazione razionale può convincerla che il genitore tornerà. E quando poi questo avviene il non poterlo riabbracciare prima della decontaminazione è spiazzante e angosciante per lei. Sa che non si esce per via di un virus minuscolo che salta da una persona all'altra. Se vede il vicino di casa da lontano si spaventa. E, sia chiaro, noi ce la passiamo bene. Mia figlia è di carattere allegro, ha genitori creativi che si inventano mille giochi, una casa grande e un giardino ancora più grande. Muoversi per lei è un bisogno, non un optional e per chi non ha spazio è dura.
Quindi chi dice che a lamentarsi sono genitori che non li sanno gestire direi che quanto meno non ha figli.
Chi dice che i bambini in guerra se la passano peggio ha sicuramente ragione. Allora se vi tagliate non mettete un cerotto, chi ha un braccio amputato sta peggio. 
Chi dice che è l'unica privazione che abbiano mai provato farebbe bene a tacere. Non conosce assolutamente la realtà dei bambini italiani. Un terzo dei miei alunni ha già vissuto un lutto importante in famiglia o la malattia di uno dei genitori, tanto per dire. Per non parlare dei bambini adottati, che nel migliore dei casi (e sottolineo il migliore) è stato abbandonato. E mi fermo alla realtà che conosco.
Non metto assolutamente in discussione le norme che sono a tutela della salute di tutti. Ma non capisco chi reagisce insultando i genitori che pongono un problema reale.

Dopo questa parentesi seria, chiudo con una nota positiva.
Il 14 aprile esce Prima che venga il gelo, terzo ebook delle Cronache del Leynlared.
Contiene non uno, ma due racconti, ognuno introduce due nuovi personaggi che porteranno punti di vista del tutto nuovi alla vicenda. Entrambi questi nuovi personaggi sono tra i miei preferiti e non vedo l'ora di farveli conoscere!


giovedì 26 marzo 2020

Racconti nel tempo del Coronavirus/5


Si fa tanto parlare del Decamerone, in questi giorni.
Si rievocano le pagine dedicate alla grande peste del 1348 a Firenze. 
Si tende a dimenticare la cosa essenziale dell'opera di Boccaccio. A salvare quei ragazzi sono state le storie.

Adesso possiamo capirlo, vero?
Lo capiamo come si sta, chiusi anche in una casa confortevole, magari anche con le persone che ami, ma chiusi, con il morbo che attende là fuori. La capiamo la paura che si insinua nelle fessure delle pietre, la sentiamo anche noi.

Adesso lo capiamo meglio il racconto La maschera della morte rossa di Poe.
Il principe e la sua corte sono al sicuro nel castello, la morte, il morbo, è la fuori. Fanno festa per ingannare il tempo, ma il tempo non si fa ingannare dalla festa. Le porte si aprono o vengono aperte e la Morte Rossa penetra anche nel castello.

I ragazzi del Decamerone di Boccaccio non ingannano il tempo, non si può ingannare il tempo. Lo addomesticano, lo fanno amico, con le storie.
Le narrazioni amplificano il tempo, aprono finestre, varchi, si entra in un altro tempo narrativo, si lascia fuori il nostro, si lasci che scorra mentre noi, di fatto, siamo altrove.
Lo so che forse è una banalità, ma oggi la capiamo come non mai.

Le storie ci salvano la vita.

Alla fine, ne sono sempre più convinta, quello che offro ai miei ragazzi è narrazione, più che istruzione. Un modo per addomesticare un tempo che per loro è diventato nemico all'improvviso. Il lunedì trovano la lettura di un racconto (non ve le propongo qui, perché sono una lettrice pessima, ma questo passa il convento), il mercoledì dei lavori/gioco sulla poesia del novecento, hanno fatto il ritratto della Signorina Felicita di Guido Gozzano e ora devono raccontare una loro giornata in stile futurista (possono fare anche un disegno o un video, addirittura una coreografia di danza). Il martedì e il giovedì c'è la narrazione della storia, quella vera, della seconda guerra mondiale, che per loro è comunque narrazione. Non so quanto impareranno, non ho neppure capito davvero quanto mi interessi. So che voglio che addomestichino il tempo attraverso le narrazioni, che viaggino, anche con corpi costretti all'immobilità.

La vita di mia figlia è salvata dalla disney. La bella e la bestia è stato visto già non so quante volte, la storia viene poi amplificata all'infinito. Il gatto diventa la bestia, le piante del giardino la foresta intorno al castello. I mobili di casa possono prendere vita, proprio come quelli del palazzo incantato. Spero che un domani possa ricordare questo come un tempo magico, in cui ha vissuta come Belle, imprigionata, ma in un castello fatato.

Io ho del tutto abbandonato la scrittura, perché vi assicuro che i prof da casa lavorano il triplo e con la bimba non è sempre facilissimo fare tutto. Leggo a spizzichi e a bocconi. Qualche sera, però ci si ritrova con gli amici su Skype e si condivide una storia. Il solito gioco di ruolo è stato sostituito da uno più narrativo, una sorta di cluedo fantasy, ispirato a un romanzo che per altro non ho ancora recensito qui Le sette morti di Evelyn Hardcastle. Siccome io conduco il gioco non so dire esattamente se funzioni o se piaccia. Di certo aiuta me ad addomesticare il tempo, a fuggire in mondo altro, almeno qualche ora alla settimana. Il fatto, poi, che sia una fuga condivisa la rende ancora più preziosa.

Queste sono le mie storie per addomesticare il tempo, le vostre quali sono?

venerdì 20 marzo 2020

Racconti nel tempo del Coronavirus/4


Questa sarà la primavera più bella.
La primavera in cui tutte le uova nei nidi si schiuderanno indisturbate. Nessun papà o mamma uccello, o quasi, verrà risucchiato dalle turbine di un aereo.
I coniglietti dovranno preoccuparsi solo delle volpi. Tutti i cerbiatti potranno attraversare le strade indisturbati. I pesci e i delfini, magari perfino le foche, risaliranno fino ai porti. Le spiagge torneranno ai granchi e ai gabbiani. Sui monti gli orsi non dovranno più preoccuparsi di essere braccati se spaventano un incauto escursionista. Torneranno a flotte le farfalle, persino nei parchi cittadini dove, tra l'erba incolta qualche rana si troverà a saltare. Le api lavoreranno indisturbate tra i fiori che sbocceranno ovunque, nelle aiuole non più sfalciate, tra le crepe dell'asfalto non diserbate. Si udiranno di nuovo canti di uccelli dimenticati. Richiami di una fauna che finalmente potrà occuparsi solo dell'amore.

Ma non sarà per noi.
Non vedremo la maggior parte di quei fiori.
Non solcheremo i cieli di un azzurro immacolato.
Non ascolteremo i richiami degli uccelli, né vedremo gli animali coraggiosi riappropriarsi degli spazi che avevamo loro rubato.

Ci ricorderemo, forse, che non è per noi che i fiori sbocciano o che gli uccelli cantano.


I giorni si allungano uno sull'altro e a volte pesano. Anche se sono fortunata perché vivo in una casa grande con un giardino. Sono preoccupata, come tutti. Mi preoccupa sopratutto l'aumentare dell'aggressività generale, segno che questa reclusione forzata, pur necessaria, non fa bene alle nostre menti. Allora questo pensiero mi consola. Il cielo non è mai stato così azzurro. Persino in campagna si sente l'aria con un profumo diverso, dovuto al minor inquinamento. Questa pausa forzata speriamo ci salvi dall'epidemia, ma di sicuro fa bene alla nostra terra, a tutto ciò che ci circonda.

Ho deciso che cercherò di adottare una comunicazione positiva.
Sono una prof e una mamma. Non mi è facile, anche caratterialmente, non trasmettere ansia. Ma mi impegnerò a non farlo. Non sono un medico, non salvo vite. Ma mi rapporto tutti i giorni con dei ragazzi, con le loro famiglie e i colleghi. Il mio contribuito può essere quello di cercare di portare avanti una comunicazione serena.

Quindi oggi qui parlo di libri. I libri che ho letto a ridosso e durante queste giornata.
Purtroppo riesco a leggere molto poco, tra figlia e Didattica a Distanza (sempre maiuscola e incombente), ma qualcosa leggo. Anche le mie recensioni saranno mini, perché il tempo è tiranno, ma il mio mantra di questi giorni è "poco è meglio di niente".

CINQUE STORIE FERRARESI

Per puro caso anni fa mi sono trovata a Ferrara durante il festiva ebraico e ho fatto una visita guidata nella Ferrara ebraica. Un'esperienza indimenticabile. Eppure, anche in quell'occasione non ho letto Bassani. Lo confondevo con altri autori, colpa suppongo di un corso monografico all'università incentrato sull'epica rinascimentale, che mi ha fatto fare un po' un minestrone degli autori italiani del dopoguerra (quando devi sopravvivere e studiare tanto in poco tempo trascuri inevitabilmente ciò che il prof chiede meno). Male, molto male.
Questo libro mi ha fatto innamorare di Bassani, della sua Ferrara nebbiosa, delle mura su cui i giovani si intrattengono (e le ragazze rimangono incinte), delle storie che si intrecciano. Mi ha folgorato il ritratto di questa Ferrara fascistissima e ebrea che appena passata la guerra vuole dimenticare tutto, sia i fascisti che gli ebrei, seppellire le coscienze insieme ai morti. Mi ha folgorato lo sguardo lucidissimo di Bassani eppure, mi è parso, assai poco giudicante. Le sue sono storie di persone. Senza eroi. Senza innocenti. Tristi, ma di un tristezza a tratti quasi dolce, che non si può non amare.

MELUSINA
Il libro giusto nell'occasione sbagliata.
Questo è, per certi versi, il libro di Aislinn, autrice che stimo e blog amica oltre che quasi conterranea, che aspettavo.
Un libro duro, che non fa sconti, oscuro non per la parte fantastica, ma per quella reale, la provincia che opprime, il senso di impotenza di fronte alla malattia, il facile richiamo della droga.
Lui, dopo la morte di un amico, è caduto nel baratro della dipendenza. Lei è una malata terminale. Non è una storia d'amore. Ed è giusto così.
Mi sono resa conto leggendo che è in pratica il mio primo romanzo in cui la droga abbia una certa importanza. Fatta eccezione per Sherlock Holmes e il suo piccolo problema con la cocaina, in generale la dipendenza non mi affascina né incuriosisce in modo particolare. Forse per questo ho trovato davvero interessante e ben narrata la trama di Dario, un bravo ragazzo, un buono sotto ogni aspetto, che dopo aver assistito impotente alla morte dell'amico che aveva sempre aiutato si trova, neppure lui sa bene come, dipendente da un mix di droghe.
Ho iniziato a leggere questo libro il primo giorno di chiusura delle scuole, perché era tanto che aspettava e mi sembrava un buon momento. Col senno di poi non lo è stato. Nel senso che è un romanzo che prende molto ed è a tratti ansiogeno e inevitabilmente triste. La protagonista femminile è una malata terminale, ben consapevole del proprio destino. Ecco, in questi giorni così angoscianti mi sono resa conto che terminavo la lettura con più ansia di quando l'avevo cominciata. In tempi oscuri ho bisogno di libri più luminosi. Eppure è un bel romanzo, che consiglio. Magari quando la quarantena sarà finita.

L'ULTIMA NEVE
Questo racconto, invece, della blog amica Sandra, è invece il libro giusto al momento giusto.
È una storia d'amore garbata in una Milano di Marzo ancora imbiancata dalla neve. Ecco, è stato particolarmente bello leggere di un altro marzo, in una città viva, scompigliato dalla neve, in cui possono nascere amori e si possono sognare fughe al mare. Mi è piaciuta particolarmente la protagonista, una donna concreta, che non sogna il principe azzurro, ma una casa azzurra, indipendente e focalizzata su un obiettivo che non ha nulla a che vedere con un uomo. L'uomo arriva, come un dono inatteso, ma è bella l'idea che se la sarebbe cavata comunque.

sabato 14 marzo 2020

Racconti nel tempo del Coronavirus/3


Pensavo, mi illudevo, che questo tempo di clausura imprevista e involontaria sarebbe stato almeno tempo di lettura e di scrittura.
Invece si è abbattuta su di me l'armata della Didattica a Distanza. 
la DaD è un imperativo categorico, che da un lato è un dovere morale, all'altro una follia tecnologica.

Da un lato chiamare a raccolta i propri alunni ha creato un emozionante effetto "chioccia con i pulcini". Si sono connessi tutti, ma proprio tutti, pronti a chattare, comunicare, con il desiderio, se non di studiare, almeno di sentire la voce della prof. 

Dall'altro siamo sprofondati in una follia tecnologica. Siamo come onesti cittadini dell'età del bronzo, tutto sommato ben capaci di usare i propri pittogrammi, fieri dei propri carri da guerra con le ruote, sbalzati sulla plancia di un'astronave intergalattica. Siamo tutti svegli, pronti e volenterosi, ma ci hanno messo alla guida dell'Enterprise e noi ancora cerchiamo dove siano le briglie.

Quindi nell'arco di una settimana sono
– diventata una youtuber con delle imbarazzantissime video lezioni su Guido Gozzano e i crepuscolari, in cui si può ammirare sopratutto la mia faccia distrutta di mamma con figlia di neppure quattro anni chiusa in casa da giorni.
– capace di gestire una viodeconferenza con venti alunni
– una cacciatrice del web in grado di scovare i migliori materiali nei più oscuri siti di didattica stile cane da tartufi
– capace di gestire svariate piattaforme, le mille meravigliose app di Gsuite che la mia scuola mi ha solertemente fornito.

Tutto questo in teoria. In pratica continuo a provare cose senza sapere assolutamente cosa fare. La cosa assurda che per la maggior parte mi riescono, ma non saprei dire come, nella mia mente si tratta sempre di incantesimi riusciti per puro caso. Poi incappo in scivoloni inaspettati e imbarazzanti. Sono riuscita al primo colpo a registrare la videolezione e a caricarla su youtube. Ma per registrare un banale messaggio audio di 30 secondi di saluti da inserire sulla piattaforma didattica ci ho perso mezzo pomeriggio. E metà dei ragazzi non sono riusciti a scaricarlo. 

In tutto questo il mio computer ha deciso giustamente di aggiornarsi e il buon Steve Jobs, dall'alto della Nuvola (io lo immagino così, vestito da angioletto, su una nuvoletta fatto a simbolino del cloud, che decide cosa deve andare oppure no sul mio computer) ha perso nell'operazione metà delle password memorizzate. Inoltre era impossibile commentare il blog sia da Safari che da Firefox. Dopo innumerevoli tentativi e un certo numero di santi scomodati ho ripristinato quasi tutto e sono passata a chrome (mi manca ancora da controllare Skype, applicazione tutt'altro che secondaria di questi tempi).

Tutto questo non riesce a far passare in secondo piano tutto il resto. La quarantena ormai generalizzata. Una bimba che non capisce perché non va all'asilo, i nonni sono spariti dalla sua vita e perché non si può più uscire dai confini di casa. Le spiegazioni che abbiamo provato a fornirle, alla faccia dei consigli "di esperti psicologi dell'età evolutiva", l'hanno solo spaventata e destabilizzata. Che questa sia al momento la parte peggiore della quarantena mi rendo conto che sia un sollievo, perché vuol dire che stiamo (ancora) tutti bene, ma a volte non basta del tutto a consolarsi. 

Mi riprometto, ma non so se riuscirò a farlo, di essere più presente nei prossimi giorni. Di certo ho letto, nonostante tutto, alcuni libri di cui vorrei parlarvi.
Adesso però vado col mio manuale di cuneiforme a scaricare i compiti che i miei alunni hanno caricato del drive di Classroom.

domenica 8 marzo 2020

Racconti nel tempo del Coronavirus/2


Oggi è la festa della donna, ma qui nel novarese ci siano svegliati tutti in zona rossa.
Non è più possibile far finta di niente e anche a volerla buttare sull'ironia qualche pensiero più preoccupato scappa.
Nella mia provincia per ora i casi accertati sono pochissimi in relazione al numero di abitanti, ma il caso ha voluto che io abbia avuto modo di incontrare la donna delle pulizie di uno di questi, che ora è in quarantena (per ora senza sintomi). L'ho sentita ieri per telefono e l'esperienza è abbastanza straniante, stare in casa ad aspettare se ti viene la febbre, chiamare il medico due volte al giorno e cercare di ricordare tutte le persone (tra cui io) incontrate nei giorni precedenti.
Secondo chi di dovere in realtà, non essendole andata a contatto diretto e avendo mantenuto le distanze non dovrei essere più a rischio di chiunque altro, però uno le domande se le fa. La principale è come sia stato contagiato un settantenne in un paesino lontano dai focolai e che, pare, evita per abitudine i centri commerciali e gli spostamenti in auto...

Quindi che si combina?
Principalmente si cucina... Usciremo da questa quarantena rotolando. La pediatra ha provato a suggerire di preparare minestre e polpette di verdura. Vi lascio immaginare la faccia di mia figlia! Oggi ho provato a fregarla con la "zuppa ninja", dato che era tutto il pomeriggio che desiderava diventare un "ninja". Risultato? "Forse non voglio più essere un ninja"

Si cammina per i boschi. Oggi a un certo punto ci stavamo inerpicando lungo un greto di torrente, ma ho dovuto dare l'ordine di rientro. Farci recuperare lì con una gamba rotta era un rischio molto più concreto del Coronavirus! Fortunatamente, essendo in campagna, possiamo isolarci anche nei boschi che iniziano dietro casa, cercando di avvistare animali e raccogliendo ghiande.

Si cerca di fare didattica on-line, cosa tutt'altro che facile con una bimba saltellante per casa. Ma il coronavirus rovescia il mondo e trasforma i sogni in incubi.
"Prof, avevamo nostalgia della sua voce" pensavo che nessun alunno mai me lo avrebbe detto.
Non sapendo cosa bene far fare ai ragazzi ho messo a piena funzionalità il blog didattico (potete vederlo qui) e ho suggerito ai ragazzi di musicare "La pioggia nel pineto" di D'Annunzio. Sinceramente non pensavo che lo avrebbero fatto. Invece me n'è arrivata una versione rap e una meravigliosa per tastiera e voce, suonata e cantata da una ragazza. Non riesco a convertire il file audio in qualcosa di condivisibile qui, ma vi assicuro è una cosa che dà speranza per il futuro, perché l'impegno e la voglia di fare nonostante tutto si sente in ogni nota.

Si scattano belle foto, anche dal balcone di casa.
Vi lascio con una di queste e con una canzone (con annesso spiegone, dato che sono ancora in modalità prof), sperando che il prossimo aggiornamento (non so quando, perché, appunto, la didattica a distanza mi sta occupando veramente ogni istante in cui posso staccarmi da mia figlia) sia un po' più vicino al giorno.