lunedì 29 aprile 2013

Panico controllato

Eccomi qui, prima della prima presentazione del romanzo.
Per tutto l'inverno ho schivato le sindromi influenzali (sono stata a casa dal lavoro giusto due giorni, nei quali è per altro successo di tutto). Puntualmente vengo colpita dalla "Sindrome di Iron Man III", leggasi 38° di febbre e crampi addominali giusto due giorni prima della presentazione (il che spiega il doppio post di oggi).
13 ore di sonno mi hanno reso di nuovo quasi umana e inizio a sperare di riuscire a raggiungere viva la presentazione di domani.
Sempre che si riesca a sfuggire alle ire di Giove Alluvio che da giorni tartassa le nostre terre ben oltre il livello di sopportazione idrogeologico. Domani è previsto un clima biblico e spero che non serva davvero l'arca per raggiungere la Fabbrica di Carta. Mi sento comunque di consigliare muta e pinne. Con buona pace del bellissimo vestitino che le mie amiche mi hanno regalato proprio per la presentazione (grazie di cuore, anche se non lo indosserò, essendo, appunto, sprovvisto di boccaglio e maschera).
Sempre che riesca a sfuggire al temutissimo corso obbligatorio sulla sicurezza. Piazzato con grazia due giorni dopo aver prenotato la sala per la presentazione. E' una spada di Damocle che aleggia quest'anno sulla testa di tutti i prof precari, 12 ore per imparare che, dato che non ho seguito il corso avanzato, non sono abilitata a chiamare i pompieri in caso di incendio. E che se in una stanza piena di fumo ho 6 ragazzi, due in piedi, due a terra coscienti e due a terra che non rispondono, devo salvare per primi i due in piedi, tanto quelli che non rispondono potrebbero essere già morti o, comunque, non avendo fatto il corso avanzato, non saprei salvarli (cosa probabilmente vera).
Serve anche, il corso, a mettere un po' di pepe sulla presentazione, dato che ho per arrivarci gli esatti minuti che google maps indica come indispensabili. Nel caso mi servisse qualcosa per farmi sentire un po' di più l'ansia dell'evento.
Se non altro domani nessuno dei miei genitori dovrebbe essere ricoverato. E vi assicuro che in questo periodo è una congiunzione astrale tutt'altro che facile a ottenersi.

Intanto, però, prosegue la promozione.
C'è anche la video intervista, in cui con la mia voce da bimba saccente e i capelli in piena anarchia, racconto due cose sul romanzo.
Con la partecipazione professionale di mia cognata Sara.

https://www.youtube.com/watch?v=pWahv5YDb6Y

E domani, per chi volesse sfidare le intemperie, siamo alle 18.30 alla Fabbrica di Carta di Villadossola

Visioni - Kiki consegne a domicilio


Un Miyazaki minore.
Solo lineare e delizioso. Solo, si fa per dire, una bella storia, come si diceva una volta, per grandi e piccini.
Kiki è una giovane strega e come tale, a tredici anni, deve lasciare la sua famiglia e vivere per un anno altrove, in completa autonomia. Ma c'è ancora bisogno di streghe in un Europa indefinita all'alba del boom economico? Kiki non ha talenti stregoneschi oltre alla sua abilità di volare con la scopa, tanta buona volontà e un'innata gentilezza.
Nel mondo di Miyazaki il lavoro è sempre salvifico e, complice una panettiera dal cuore d'oro, Kiki troverà un posto dove stare e il modo di utilizzare i suoi talenti.
Fanno da contorno simpaticissimi gatti parlanti, anziani gentili (siano essi umani o canini), ragazzi ostinati e dirigibili.
Come sempre quando si ha a che fare con lo studio Gibli, è una gioia per gli occhi questa città di mare che sa un po' di Costa Azzurra e un po' d'Austria, ma così perfettamente disegnata da dare l'impressione di potersi davvero inoltrare per le sue strada.

Un Miyazaki minore, si diceva, con tanti elementi che saranno poi ripresi e sviluppati nei lungometraggi successivi. Già, perché Kiki consegne a domicilio è del 1989, prima di Porco Rosso, Monooke o La Città Incantata. Arriva nelle sale italiane solo adesso, ma, come sempre capita con Miyazaki, il tempo non conta e non si ha certo l'impressione di guardare una pellicola di vent'anni fa.
I capolavori, anche se minori, non invecchiano.

Voto: 8

Nel lungo fine settimana sarei andata a vedere anche Iron Man III. La recensione non è pervenuta perché a metà visione ho iniziato a tremare e sono tornata a casa con un febbrone da cavallo e ho difficoltà a capire quali fossero i buchi di sceneggiatura e quali quelli della mia percezione (credo fossero molti entrambi)

giovedì 25 aprile 2013

LA ROCCIA NEL CUORE - Presentazioni


Martedì 30 aprile - ore 18.30
Presso il festival La fabbrica di Carta di Villadossola

Venerdì 10 maggio - ore 18.00

Domenica 12 maggio - ore 17.30
Vercelli, libreria Mondadori

Venerdì 17 maggio - ore 17.00
Verbania, libreria Alberti

Domenica 19 maggio
Presentazione itinerante durante la manifestazione Girolago

Venerdì 24 maggio - ore 21.00
CAI Borgomanero

Sabato 25 maggio - ore 21
Biblioteca di Invorio
verrà presentato anche Tutti colpevoli di Sergio Cova 

Venerdì 31 maggio - ore 21.00
Sala Consiliare comune di Briga Novarese

Venerdì 14 giugno - ore 17.30
Stresa, festival Un aperitivo con...

Venerdì 21 giugno - ore 21.00
Alzo di Pella, presso l'Associazione Famiglia Alzese



lunedì 22 aprile 2013

LA GIORNATA DEL DRAGO


IL 23 APRILE E' LA GIORNATA DEL DRAGO

Per l'occasione, un brano del mio romanzo, La roccia nel cuore, in cui si parla dei draghi dell'Isola di San Giulio, al centro del Lago d'Orta


"Proprio in mezzo al lago, offuscata dall’umidità che ancora non si condensava in nebbia, stava l’Isola di San Giulio, una decina di edifici chiari, ammassati l’uno sull’altro che sembravano galleggiare sulle acque calme.
 La leggenda voleva che un tempo, quando ancora non c’erano le case, i draghi e i serpenti custodissero l’isola. Generalmente, nelle leggende, ne basta uno. Un grande dragone guardiano che terrorizza gli uomini e tiene le principesse prigioniere. La gente del posto amava abbondare un po’ in tutto. Draghi e serpenti, a moltitudine, sopra il lago. Poi era giunto un santo, San Giulio, appunto. Come tutti i santi era ostinato e aveva deciso che la sua chiesa sarebbe stata edificata proprio in quel luogo, al centro del lago, a dispetto di tutto.
Imboccando la strada che costeggiava il lago, Marco si chiese se sarebbe stato un buon santo. Avrebbe preferito lasciarli dov’erano i draghi e i serpenti.
(...) San Giulio, però, sapeva che il mestiere dei santi, in quel periodo incerto in cui l’antichità si stava facendo medioevo, era quello di scacciare i draghi. Poiché nessuno gli aveva offerto una barca per raggiungere l’isola, l’uomo aveva dovuto arrangiarsi. Del resto era il mestiere dei santi anche fare i miracoli. Giulio aveva steso sulle acque il suo mantello, che aveva preso a galleggiare come una barchetta e su quello aveva raggiunto l’isola.
 Che Marco ricordasse, non c’erano storie di combattimenti e teste mozzate. San Giulio era raffigurato come un vecchio con la barba, intento a parlare ai draghi e ai serpenti con l’indice puntato in segno di ammonimento.
 Questo era un punto a favore di Giulio, che non avesse cercato di uccidere i draghi, ma di parlare con loro. Chissà se era stato convincente o noioso come i santi possono essere?"

domenica 21 aprile 2013

Scrittevolezze - Una questione di ambientazione


Venerdì sera, al corso sulla lettura e la scrittura del Comune e della Biblioteca di Briga Novarese, abbiamo parlato di ambientazioni.

E' una mia personale idea che l'ambientazione non solo non possa essere un mero fondale davanti al quale si muovono i personaggi, ma che, oltre a essere parte integrante del cuore di uno scritto ne debba influenzare anche lo stile, sia direttamente che indirettamente.
Indirettamente, l'ambientazione agisce sui personaggi e sul narratore. I personaggi ovviamente potranno comportarsi, agire e parlare come persone di quel dato luogo e tempo. Allo stesso modo, a meno di non usare un narratore onnisciente particolarmente invasivo (a nostro rischio e pericolo), anche tutte le descrizioni, comprensive di paragoni e metafore dovranno fare riferimento solo a elementi plausibili in quel dato luogo e tempo. Se la vicenda è narrata in prima persona, il lessico e la sintassi della narrazione  dovranno essere coerenti con la narrazione.
Secondo me, tuttavia, l'interazione dell'ambientazione con un testo deve essere ancora più profonda. Una storia deve dare l'impressione di potersi svolgere solo in un dato luogo e in un dato tempo.
L'ambientazione deve essere in se stessa portatrice di significato.
Geografia imperfetta di Corto Maltese è un saggio di U.Eco inserito in Tra menzogna e ironia. Eco, con l'abituale acume, esamina la geografia de La ballata del mare salato di Pratt e constata che è totalmente al di fuori della realtà. Di più, abbiamo pirati, nel 1913/1914 che consultano carte nautiche del 1771, carte fasulle, isole che si spostano, rotte che sembrano durare in eterno. Solo un personaggio, Tarao, si muove in linea retta e giunge sempre dove vuole arrivare in tempi ragionevoli. Del resto, siamo in un mare del sud dove gli indigeni parlano dialetto veneto e i tratti stessi del mondo paiono indefiniti. La ballata del mare salato è una storia di personaggi alla deriva (letteralmente oltre che metaforicamente, molti fanno la loro entrata in scena su relitti alla deriva), adolescenti che non sanno che farsene della loro vita, marinai che hanno fatto naufragio, soldati che si sono arruolati per onore e si trovano a fare i pirati. Personaggi che si perdono immersi in una geografia incerta, in un'ambientazione fintamente precisa, ma dai contorni sfumati. Un'ambientazione perfettamente funzionale alla storia narrata e che, secondo Eco, influì moltissimo sul successo dell'opera.

Ho notato che un autore può cambiare (un poco) stile a seconda dell'ambientazione. La mia amata Le Guin scrive con una prosa fluida, elegante, fatta di frasi forbite e periodi ariosi La mani sinistra delle tenebre. Ne I reietti dell'altro pianeta (titolo orribilmente tradotto), invece le frasi sono corte, precise, gli stessi termini si ripetono in modo ossessivo, le metafore hanno a che fare col mondo dell'astratto e della matematica. Il primo romanzo si ambienta in un mondo freddo, ma bellissimo, con società complesse. Il secondo su un pianeta arido, abitato da una comunità utopistica che si è trasformata in una quasi dittatura e il protagonista (che non è la voce narrante) è un matematico. Lo stile cambia a seconda dell'ambientazione per calare meglio il lettore nel mondo che si vuole narrare.

Voi cosa ne pensate?

giovedì 18 aprile 2013

Quasi come una scrittrice vera...


Il mio romanzo La roccia nel cuore è in libreria. Nel novarese è facilmente reperibile in libreria e in edicola. Un'impressione stranissima, come altrettanto strano è stato fare la prima intervista video. Come una scrittrice vera, con dietro un paesaggio da favola, coccolata da un giornalista che mi diceva come muovermi e sopratutto mi permetteva di parlare del mio libro!
Sono momenti che mi sto godendo solo a tratti, a riprova che la felicità vera viene solo dall'affetto dei propri cari, alcuni problemi di salute dei miei famigliari, che sembravano risolti e invece non lo sono, stanno monopolizzando la mia attenzione. Di tanto in tanto, però mi guardo attorno, vedo il mio libro ben esposto in libreria, leggo i primi articoli sulla stampa locale e quasi senza accorgermene sto diventando una scrittrice.
E, come ogni vera scrittrice, mi sto preparando alla promozione del romanzo

LA ROCCIA NEL CUORE TOUR
presentazioni del romanzo

30 aprile - Villadossola, presso il festival Fabbrica di Carta
ore 18.30

17 maggio - Libreria Aliberti, Verbania
ore 17.00

20 maggio - Girolago, passeggiata organizzata da Ecomuseo Cusius
presentazione itinerante

24 maggio - sezione CAI Borgomanero
ore 21.00

25 maggio - Biblioteca di Invorio
ore 21.00

31 maggio - Sala Consiliare Briga Novarese
ore 21

14 giugno - Stresa, festival "Un aperitivo con..."
ore 17.30

21 giugno - Alzo di Pella, presso Ass. La Famiglia Alzese
ore 21.00

E, come ogni scrittrice vera, ho amici e colleghi scrittori (con alcuni condividerò alcune date del tour), ve ne sono molti che vorrei citare, ma ce n'è uno in particolare che davvero merita attenzione.
Max Bosso è stato mio coinquilino e ho potuto constatarne ogni giorno il talento. Sono stata davvero felice, quindi, di scoprire che approda in libreria quasi in contemporanea a me. 
Dal 3 maggio potremo leggere
E' semplicemente amore, il suo romanzo, edito da Edizionianordest.


lunedì 15 aprile 2013

Ruzzlemania


La ruzzlemania impera ormai in famiglia a livelli preoccupanti. Così capita il sabato sera che si sia in casa a sfidare la cognata al piano di sotto (che ormai è quasi nella classifica nazionale). E capita di giocare con un amico che sta in Germania. Non contro un amico che sta in Germania, che è cosa banale. Con lui. Connesso in chat video, con il computer inclinato per inquadrale lo schermo del tablet...

giovedì 11 aprile 2013

LA ROCCIA NEL CUORE


ECCOLO!!!

Da oggi nelle librerie e in alcune edicole del Novarese e del VCO LA ROCCIA NEL CUORE il mio primo romanzo.

Per chi non è della zona, si può ordinare sul sito www.interlinea.com dove troverete questa pagina dedicata.

UN BRANO DEL LIBRO

La vista era meravigliosa. Si abbracciava tutto il lago, di un blu impudente come di fiordalisi, con la sua isola – perla bianca nel mezzo – e le colline tutte intorno, boschi e paesi come in una promessa di un’armonia possibile. Più lontano le montagne, a catturare qualche nube di passaggio, con le loro mani protese verso il cielo. E l’aria sul viso così fresca e pura da dare l’impressione di giungere da un’altezza smisurata, direttamente da Dio. Quanto bisognava essere disperati per negare la sensazione di benessere che dava quella vista? Reclamare di fronte a un tale spettacolo il primato della propria sofferenza e chiudere gli occhi per sempre alla vita e alla bellezza? Provò a salire in piedi sul muretto, per provare l’effetto che faceva. Sotto di lui la roccia andava proprio giù dritta, una picchiata di granito chiaro quasi liscia che andava a perdersi solo molto più in basso tra i rovi. Per chi davvero ne avesse l’intenzione, era una scelta sicura.
 

A osservare il lago, proprio dal belvedere davanti alla chiesa che vedere in copertina, è il nuovo parroco del paese, poco convinto che un suicidio sia davvero tale...

martedì 9 aprile 2013

Perché scrivo di Sherlock Holmes


Proprio adesso che i miei personaggi iniziano a trovare la strada per la libreria (iniziate a segnare la data del 30 aprile...) io mi metto a scrivere apocrifi (o, più elegantemente pastique) sherlockiani.
Avevo iniziato per impratichirmi con il giallo, solo per esercizio, mi sono inoltrata in una serie di racconti e ho finito per venire risucchiata da una storia più lunga. All'inizio ero dubbiosa, un conto è dedicare una decina di pagine a un personaggio e a un'ambientazione che non sono mie, ma sarei riuscita a mantenere l'entusiasmo per mesi, cesellando dettagli su una base che non mi appartiene e costretta a ubbidire a regole scelte da altri?
Adesso i capitoli già scritti sono tredici e posso dire che raramente mi sono divertita così tanto a scrivere. Pregusto il momento di aprire i documenti (raro e atteso, in questo periodo di vita frenetica e piena di imprevisti) come si attende un dolce gustoso o una serata di festa.
Arrivata a questo punto, non potevo che fermarmi a ragionare un attimo.
Perché mi piace così tanto scrivere di Sherlock Holmes?

Almeno metà del piacere è meramente stilistico, amo in modo imbarazzante il "finto ottocentesco" e, più precisamente lo stile da "finto romanzo d'avventura ottocentesco". Drood di D. Simmons, Capitan Alatriste di A. Pèrez-Reverte, i romanzi di P. O'Brian sono tutti libri che giocano sul riprodurre con una sensibilità moderna lo stile del romanzo d'avventura ottocentesco e che ho amato moltissimo. Scrivere un apocrifo sherlockiano significa poter indulgere su qualche frase dalla costruzione antica, concedersi il lusso di qualche parola desueta, assaporare il gusto di qualche avverbio in più (persino i tanto temuti avverbi in -mente). Solo un poco, naturalmente, ma io sono cresciuta con Verne, Salgari e Dumas (oltre che con Doyle) e scrivo con lo stesso gusto con cui li leggevo a dieci anni...

I dialoghi. Io amo le storie molto dialogate, fosse per me, scriverei solo dialoghi. Doyle spesso si avvicina. Nei racconti di Sherlock Holmes i dialoghi la fanno spesso da padrone e ne sono a mio avviso la parte migliore. Dialoghi secchi, in cui Holmes i mostra, ma non si svela - non sappiamo quasi mai con che tono pronunci le sue frasi o seguendo quali pensieri. Dialoghi brillanti, da commedia, anche sulle scene dei delitti. Passerei ore (passo ore) a scrive i dialoghi di Sherlock Holmes.

Un classico non ha mai finito di dire quello che ha da dire. Non sarà alta letteratura, ma Sherlock Holmes è un classico, non ha mai finito di dire quello che ha da dire e ne sono prova le innumerevoli trasposizioni contemporanee. Ha il fascino della contraddizione. Paladino della razionalità che cede alla droga, dichiara freddezza, ma più di una volta agisce d'impulso. Eleva l'antipatia a fascino: lo strozzeremmo, ma continuiamo a leggere di lui. Un personaggio così, con tutte le sue contraddizioni e le possibili interpretazioni, non perde mai d'attualità. Scrivere apocrifi vuol dire avere il privilegio di indagare contemporaneamente con Sherlock Holmes e su Sherlock Holmes.

Lo sguardo di Watson. Con l'eccezione di tre racconti, tutte le storie di Sherlock Holmes sono raccontate da Watson. Spesso bistrattato dalle trasposizioni cinematografiche e televisive (che l'hanno voluto grassoccio, vecchio, tonto, donna...), il buon dottore ha uno sguardo gentile. Ha un'ironia leggera che si contrappone al sarcasmo di Holmes e una sottile vena malinconica. Sto straordinariamente bene, come narratrice, nella testa di Watson...

Scoprire il mondo con gli occhi di Sherlock Holmes (e Watson). Nella serie della BBC si dice che di fianco a Sherlock anche la città è un campo di battaglia. Di certo non ci si annoia mai. Mi sono inoltrata in aspetti che non conoscevo del mondo vittoriano e, con Holmes a fianco, li ho trovati di un fascino inaspettato. Ho indagato su una storia che non conoscevo cercando di farlo come avrebbe fatto Holmes e me ne sono perdutamente innamorata. Grazie a lui, spero anche di riuscire a raccontarla come merita.

Seguire delle regole. Le regole non limitano la fantasia, la direzionano. Un apocrifo fatto come si deve ha un sacco di vincoli, di stile, di ritmo, di tematiche. Rispettarli tutti non solo è un gioco appassionante, ma permette di assaporare e sfruttare al meglio la libertà che ci si può prendere all'interno di questi limiti. Per la prima volta mi sono costretta, per non deragliare, a scalettare con precisione la trama e i singoli capitoli. Il risultato è che scrivo con più leggerezza, sapendo esattamente cosa devo raccontare il quel pezzo e sono più attenta ai particolari.

Agli altri scrittori che passano da qui chiedo se hanno avuto esperienze simile o, comunque, che cosa amano della storia che stanno scrivendo.

venerdì 5 aprile 2013

Scrittevolezze - La verità è una questione di immaginazione


Il Comune di Briga Novarese mi ha chiesto di occuparmi di una serie di incontri sulla lettura e la scrittura che si terranno a partire da oggi per sei venerdì dalle 20.30 alle 22.30 presso la Biblioteca di Briga Novarese. L'ingresso è libero e gratuito.

Da cosa avrei mai potuto iniziare se non dalla frase di apertura del mio blog?

"Stenderò il mio rapporto come se fosse un racconto. Perché ho imparato, quand'ero bambino, sul mio pianeta natale, che la Verità è una questione di immaginazione"
Con queste frasi inizia il mio romanzo preferito della mia autrice preferita, La mano sinistra delle tenebre, di U.K.Le Guin.
Non è, come potrebbe sembrare, un inno al relativismo morale. Per capire cosa intende, passerò subito ad un'altra citazione, di cui non serve ricordare l'autore.

Noi leggevamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

....

Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non leggemmo avante

Paolo e Francesca, se fossero stati interrogati il giorno precedente sull'amore, ne avrebbero dato una dotta definizione consona alla loro epoca e alla loro istruzione. Erano innamorati e non sapevano di esserlo.
Leggono di un personaggio immaginario, Lancilotto e del suo amore per Ginevra. Attraverso l'immaginazione sperimentano i sentimenti di Lancilotto come fossero i loro. Attraverso l'immaginazione riescono a dare un nome all'emozione che provano e arrivano a una Verità su loro stessi. Una Verità così tangibile e sconvolgente da cambiare le loro vite e causare la loro morte.

E' questo il potere della narrazione, inarrestabile e pericoloso.
Tramite una narrazione noi non apprendiamo in modo menmonico e intellettuale, ma, tramite l'immaginazione, in modo emotivo.
Da migliaia di anni si legge l'Iliade. Non ci dice nulla sulla storicità della guerra di Troia. Ma quando Ettore spiega a Andromaca di dover combattere pur sapendo che verrà sconfitto e che sua moglie verrà fatta schiava, ecco abbiamo scoperto una Verità sulla guerra. La stessa che ritroviamo nelle scarne poesie di Ungaretti, che non ci spiegano nulla della prima guerra mondiale, ma in due parole accostano i soldati alle foglie (riportandoci tra l'altro all'Iliade) e noi le scopriamo vere.

La narrazione ha a che fare con queste verità e per questo va maneggiata con cura.
Chrétien de Troyes, l'autore che probabilmente Dante aveva in mente scrivendo il canto V è di fatto colpevole della morte di Paolo e Francesca? Eppure, di tutti i personaggi dell'Inferno, Paolo e Francesca sono gli unici che non riusciamo a immaginarci felice - e separati - in Paradiso.
La scoperta della verità, si diceva, è sempre pericolosa.
Né l'autore ne ha il pieno controllo. Chrétien de Troyes voleva intrattenere annoiate dame di corte francesi, non causare drammi in Italia. Ma un romanzo, come ci ricorda U.Eco nelle Postille a Il nome della Rosa, è un generatore di interpretazioni. A seconda del lettore, un testo apparirà noioso o rivoluzionario, banale o sorprendente.

Come lettori, quando apriamo un libro ci avventuriamo in una landa inesplorata. Soli con le parole scritte non potremo trovare altri che noi stessi, ma guardarci attraverso lo specchio di vicende altrui potrebbe mostrarci lati inediti e sconvolgenti di noi stessi.

Come autori, scrivendo ci prendiamo enormi responsabilità.
Leggere è un'operazione faticosa e dispendiosa in termini di tempo. Scrivendo chiediamo ai nostri lettori di rinunciare a altri pezzi della loro vita. Scrivendo chiediamo a lettori di confrontarsi con verità che non sono sotto il nostro pieno controllo.
Non abbiamo alibi, in questo. Chrétien de Troyes scriveva un genere che oggi definiremmo fantasy, letteratura di puro intrattenimento a base di amore e magia. Tramite quelle storie Paolo e Francesca hanno scoperto l'amore e trovato la morte.
Il mio maestro di critica cinematografica diceva che ogni movimento di camera è una questione etica.
Scrivendo la scelta di ogni parola è una scelta etica. Stiamo chiedendo a un lettore che non possiamo conoscere di abbandonare per un istante la propria vita per raggiungere, forse, consapevolezze che avrebbe voluto evitare.

giovedì 4 aprile 2013

Con gli Amanti dei Libri a Besozzo. Il giorno dopo


A quaranta minuti d'auto da casa mia un mondo sconosciuto.
Non ero mai stata a Besozzo, landa sconosciuta situata, da quanto ho potuto appurare avvicinandomi, tra colline, laghi e autovelox.
San Navigatore degli Spersi ha condotto me e il Nik fin sulla soglia di un edificio antico splendidamente restaurato. Nonostante la mia abituale mezz'ora di anticipo siamo stati accolti da facce sorridenti e condotti, oltre un atrio con riviste e libri vagabondi, fino a una sala ancora più splendidamente restaurata che, da sola, meritava il viaggio.

Era parecchio che mancavo alle presentazioni dell'antologia Delitti d'Acqua Dolce (che ormai ha già raggiunto le mille copie vendute!) e iniziavo a sentirne davvero la mancanza, ma non credo che sia stato solo questo a rendere magica la serata.
La sala si è riempita in fretta, un folto pubblico richiamato da un'associazione giovane per creazione e appartenenti, Gli Amanti dei Libri, appunto, che evidentemente in pochi mesi sono riusciti a creare un punto di riferimento per gli amanti della lettura.
E' stato un piacere parlare di gialli e di libri in un luogo in cui io e credo anche gli altri autori presenti, ci siamo sentiti subito a casa. E alla fine, come spesso accade, ho trovato tra il pubblico anche le classiche persone della porta accanto, che magari incroci tutti i giorni e non vieni mai a sapere di condividere con loro una passione importante.
Non per dare l'impressione di essere più interessata alla pancia che alla testa (anche se...) ma una menzione speciale va riservata al sublime rinfresco finale. Le coppette mimosa penso siano riuscite persino a rappacificare il Nik con l'idea di essere stato colpito dall'autovelox...

Presentare Delitti d'Acqua Dolce per me è sempre un piacere, ma sono stata particolarmente felice, ieri, di aver per la prima volta parlato in pubblico del mio romanzo in uscita, La roccia nel cuore, presto in libreria edito da Interlinea, proprio a casa de Gli Amanti dei Libri.

martedì 2 aprile 2013

Con gli Amanti dei Libri a Besozzo


Domani sera, 3 aprile, alle ore 21.00, sarò insieme agli altri amici di Delitti d'Acqua Dolce a Besozzo, ospite de Gli Amanti dei Libri. Ci sarà anche qualche anticipazione in anteprima sul romanzo...

lunedì 1 aprile 2013

Letture - Magico Vento


Approfitto di questa Pasquetta miracolosamente letargica per una segnalazione a cui tenevo particolarmente.

Non fingerò di essere oggettiva. Magico Vento è il mio fumetto preferito. Da questo momento torna in edicola in un'edizione che ci ripropone in versione colorata tutti gli album della serie.
Compratelo.

Fort gosth, l'album che trovate in edicola, uscì nel lontano 1997 con l'infelice definizione di "horror western", quasi un ibrido artificiale tra Dylan Dog e Tex e questo titolo non proprio felice. Pochi numeri bastano a far cambiare idea al lettore.

Magico Vento è una narrazione tutta incentrata sull'idea di frontiera.

Ned Ellis è un uomo diviso. Un giovane soldato ferito, senza memoria, adottato da una tribù Lakota che ne fa il proprio sciamano. Riconosce gli indiani come la sua gente, dei quali è il guardiano delle tradizioni, ma non può fare a meno di essere attratto dal suo passato da bianco, incapace di non innamorarsi di donne bianche. Maledetto da visioni che forse sono solo allucinazioni, Ned Ellis non è un eroe infallibile, è un uomo lacerato, pieno di contraddizioni, costretto a scelte che non sono mai facili.

Willy Richard, detto Poe (che in lingua Lakota significa "Nebbia" e diventa a tutti gli effetti il suo nome) non è una spalla, ma un secondo protagonista. Giornalista alcolizzato in cerca di una causa a cui legarsi, adotta e viene adottato dalla tribù di Ned. E' uno sguardo occidentale e acuto su un mondo di cui si innamora, ma che vede destinato alla sconfitta. Disincantato, ironico e lucido, Poe cresce numero dopo numero. Rompendo lo stereotipo dell'"amico indivisibile" così caro alle narrazioni Bonelli, Poe acquisisce autonomia e spesso da vita a narrazioni parallele, lui nelle città dell'est, Ned nel territorio indiano, che sono i punti più felici della sceneggiatura di Manfredi.

Una storia di frontiera, si diceva. Frontiera intesa in più di senso. Frontiera tra due mondi, quello dei nativi e quello dei bianchi, raccontato da entrambi i punti di vista. Frontiera tra noto e ignoto, tra reale e possibile. Leggende che prendono vita, deliri della mentre che prendono corpo e sostanza. Storia di frontiera che non ha paura, a un certo punto a diventare La Storia della Frontiera.
Quello che ammiro in Magico Vento è il mantenere rigore storico anche nelle narrazioni fantastiche e il suo diventare, pian piano, una narrazione storica. Quella di Ned, infatti, diventa la storia delle guerre indiane, raccontate con raro rigore e estrema delicatezza. Icone come Cavallo Pazzo e Custer sono ritratte nella loro umanità non priva di contraddizioni. Anche per il lettore è difficile scegliere una parte, tanta è l'abilità di Manfredi di mostrare le ragioni di tutti e creare personaggi a cui non ci si può non affezionare.
In questa vocazione storica cresciuta pian piano sta la grandezza e il limite di questa serie. Da una serie di episodi autoconclusivi, Magico Vento diventa una narrazione fiume, in cui ogni elemento è parte di un tutto e che termina con gli splendidi e irripetibili album 97-98-99-100-101.
Il tentativo di far sopravvivere il protagonista al proprio popolo non poteva che essere fallimentare e la serie si è conclusa qualche numero dopo.

Magico Vento è un fumetto di sceneggiatura. Salvo un paio di album, tutte le storie sono firmate da Manfredi, che ha potuto così curarne ogni particolare. Tutti i personaggi sono cesellati con cura. Che appaiano solo per un episodio o diventino personaggi ricorrenti, si stagliano nella memoria. La trama diventa ben presto un romanzo corale dove non ci sono figure statiche, ma tutto è in costante mutamento.
Diversi disegnatori si alternano a dare corpo alle storie, ciascuno con uno stile peculiare. Si parte con il tratto sporco di Ortiz, che disegna un west cupo, dove anche gli eroi, ammesso che esistano, sono figure sofferte. Il mio disegnatore preferito è Pasquale Frisenda, in grado di raccontare una frontiera splendida proprio per le sue contraddizioni e i forti chiaroscuri.
La nuova edizione è tutta a colori, operazione la cui riuscita si valuterà, probabilmente, caso per caso. Alcuni autori avevano giocato talmente bene sul bianco e nero da farmi preoccupare per alcuni risultati possibili. Il primo numero è, in ogni caso, promosso.
Avrei detto che il tratto di Ortiz non poteva beneficiare dalla colorazione. Ne esce fuori, invece, una storia ancora più scura (alcune tavole forse troppo scure), crepuscolare e ambigua.