venerdì 29 novembre 2013

Quello che impariamo dai nostri maestri


Ognuno ha i propri scrittori preferiti. A volte vorremmo essere i nostri scrittori preferiti o quanto meno vorremo essere stati noi ad aver scritto quelle storie meravigliose. A volte ci viene la tentazione di provare a diventare i nostri scrittori preferiti. Essere il "nuovo X" o "l'Y italiano". Che magnifica, pericolosa tentazione!
Da prof so che devo insegnare ai miei alunni a trovare la propria forza, devo aiutarli a formulare le loro idee, non le mie. Da autrice, so che devo trovare la mia voce, le mie storie, che siano mie, non pallide fotocopie sbiadite di storie già scritte. 
E tuttavia mi chiedo, cosa posso imparare dai miei autori preferiti? C'è qualcosa che può aiutarmi a rafforzare la mia voce? 
In parte l'amore per un autore è una questione affettiva/emozionale. La mia scrittrice preferita è Ursula Le Guin anche perché ho incontrato sempre i suoi libri al momento giusto, a nove anni il mio primo fantasy è stato un suo libro per bambini, andavo alle medie quando ne ho scoperto i seguiti, scritti per adolescenti, all'università mi sono imbattuta nei suoi capolavori. Avessi trovato questi libri in ordine inverso non li avrei capiti o li avrei ignorati.
Eppure in ogni cosa impariamo per esperienza, osservazione e imitazione. Anche nella scrittura. Quindi vi propongo un esercizio. Chiedetevi perché amate un dato autore. Isolate gli elementi che più vi colpiscono e chiedetevi se potete applicarli alle vostre storie. La scrittura è una questione di consapevolezza. Quindi non possiamo che avere vantaggi, credo, da questo esercizio.

Quali sono, dunque, le caratteristiche che vorrei rubare alla mia autrice preferita?

- Eleganza stilistica anche nella scrittura di genere
Scrivere letteratura popolare, scrivere letteratura di genere non significa essere sciatti. Perché mai chi scrive storie di genere non deve essere elegante? Diretto, certo, chiaro, sicuramente, non noioso. Ma questo non vuol dire rinunciare all'eleganza stilistica. Vorrei rubare alla mia autrice preferita la capacità di tessere una prosa che scorra come seta, a prescindere dal genere della storia.
Ecco un esempio di descrizione di un'asettica astronave:
"... Niente che si nasconde in minuscole fessure, agita viticci, sgaiattola nell'ombra, depone le uova, si lava la pelliccia o fa tre giri su di sé prima di stendersi col naso sulla coda. Non c'è niente con la coda. Nel mondo non c'è niente che ha tentacoli, pinne, zampe o artigli. Nel mondo non c'è niente che volteggia. Niente che nuota. Niente che fa le fusa, abbaia, ringhia, ruggisce, cinguetta, trilla o lancia ripetutamente due note, una quarta discendente, per tre mesi l'anno. Non esistono mesi dell'anno. Non esiste la luna. Non esiste l'anno..."

- Una scrittura densa
Di cosa parla il romanzo che inizia con la citazione con cui si apre il blog, La mano sinistra delle tenebre? La trama è facile da riassumere. È la relazione, mischiata con pagine di diario, di un inviato terrestre su un pianeta che non ha mai avuto contatti con altri mondi. Ma di cosa parla? Di solitudine, di differenze culturali, di intelligenza emotiva, di adattamento ad ambienti ostili, di utopie politiche e della loro perversione, di come nascono le condizioni che portano alla guerra, di relazioni interpersonali e quindi, in senso lato, di amore e di come queste vengono condizionate dalle barriere culturali. Di come la divisione di genere condiziona la nostra società e di come potrebbe essere una società dove maschile e femminile non esistono. Ma anche del desiderio di controllo che hanno gli esseri umani e quanto esso sia inutile e di come le profezie potrebbero solo dimostrare l'inutilità di conoscere il futuro. Tutto questo in quanto? la mia edizione (francese) è di 340 pagine. Un libricino. Ursula Le Guin è una scrittrice che non ha paura di intersecare tematiche importanti e di aprirsi a speculazioni filosofiche in quelle che in apparenza sono storie d'azione. I suoi libri migliori sono, a mio avviso, proprio i più densi.
Dalla mia autrice preferita ho imparato a non avere paura delle idee complesse e che una buona storia non si misura a spanne o a centimetri di spessore.

- I protagonisti come uomini e donne di pensiero
Nei romanzi della Le Guin c'è tutta un'ampia casistica di personaggi improbabili, specie come protagonisti di romanzi di genere. Un fisico teorico. Una vedova di paese. Una matematica. Una ragazza che sa di essere il personaggio incompiuto di un poeta morente. Sono tutte persone poco atte all'azione. Animi introversi e filosofici. E funzionano. Proprio perché così palesemente inatti all'azione, quando ci si trovano dentro, non possono che attirarsi le simpatie dei lettori. E ragionare, il loro essere attori coscienti degli eventi, dona spessore alle storie. I protagonisti de La roccia nel cuore sono un ragazzo appassionato di fisica e un prete esperto in storia del vicino oriente antico. Piuttosto improbabili. L'averli pensati come protagonisti possibili lo devo senza dubbio alla lettura dei romanzi della Le Guin e di dialoghi di questo tono (inseriti in una storia d'avventura):
— L’ignoto. L’imprevisto, l’indimostrato, è tutto questo la base della vita. L’ignoranza è la base del pensiero. La mancanza di prove è il terreno dell’azione. Se fosse provato che non esiste un Dio, non ci sarebbe religione. [...] Ma anche se fosse provato che esiste un Dio, non ci sarebbe religione… Ditemi, Genry, che cosa è conosciuto? Che cos’è sicuro, prevedibile, inevitabile… la sola cosa certa che voi sappiate sul vostro futuro e sul mio?
— Che dobbiamo morire.
— Sì. In realtà c’è una sola domanda alla quale si può rispondere, Genry, e noi sappiamo già la risposta… La sola cosa che rende la vita possibile è la permanente, intollerabile incertezza: non sapere che cosa verrà dopo. ( La mano sinistra delle tenebre)

Voi che cosa avete imparato o vorreste imparare dai vostri maestri?


giovedì 28 novembre 2013

Voglio più tempo (e meno follia)!

Nonostante i luoghi comuni che ci vogliono tutti nullafacenti, quello del prof sarebbe un lavoro a tempo pieno. Perché è vero che in classe si sta 3/4 ore al giorno e qualcuno riesce a evitare di perdere anche solo un altro minuto in attività correlate, ma per preparare in modo decente le cose da dire in quelle 3/4 ore e correggere quanto prodotto, dobbiamo aggiungerne almeno altre 2/3 al giorno. E poi ci sono i Consigli di Classe, i Collegi Docenti, i Dipartimenti, i Consigli Orientativi i PDP... Altre 5 ore a settimana di media.
Quello dello scrittore, a ben vedere, sarebbe pure lui un lavoro. Perché una storia va pensata, scritta, rivista. Una volta pubblicata va promossa. Ci sono contatti da prendere, presentazioni da organizzare etc...
Vogliamo aggiungere pure che il marito ogni tanto due minuti ce li ha bisogno, i genitori con i loro malanni anche più di due e pure il gatto ha le sue esigenze, poveretto.
Una volta avevo anche qualche altra collaborazione e degli hobby, ma lasciamo perdere, mettiamoci pure solo i tempi di percorrenza da un posto all'altro.
Dove cavolo lo caccio il corso per abilitarmi al lavoro che già svolgo da anni? Da svolgersi, leggo nella gentile mail informativa "di pomeriggio e/o di sabato e/o nei periodi di sospensione dell'attività scolastica", ma "con esame finale nel luglio 2014" (quindi lezione a Natale?)
Ah, dimenticavo, i corsi dovrebbero partire a metà dicembre (tra due settimane?) ma non si sa dove.
Dimenticavo ancora. Il corso non è gratis. Ma non si sa quanto costi.

PS: aggiorno in corsa per segnalare il bell'articolo che Fantascienza.com dedica all'antologia Perché nulla vada perduto
Nella mia rincorsa al tempo che si perde spesso ometto queste segnalazioni, ma fa sempre piacere quando si parla (bene) dei progetti a cui si partecipa!

lunedì 25 novembre 2013

Visioni - Pacific Rim


Dei grandi gozzilloni provenienti da un'altra dimensione sbucano in mezzo al mare e per combatterli non si trova niente di meglio che costruire dei super robottoni guidati da dei piloti che al loro interno ne simulano i movimenti, in connessione neurale tra loro e con i robottoni stessi, come nei cartoni animati giapponesi.
Il fatto è che un medio cartone animato giapponese con i robottoni (senza scomodare Evangelion) batte Pacific Rim su introspezione psicologica e approfondimento della trama 90 a 0.
Qui i gozzilloni sono proprio cattivi cattivi, i buoni sono proprio buoni buoni, al massimo un po' ribelli nei confronti dei propri padri, ma neppure tanto, gli scienziati pazzi sono geniali e dal cuore d'oro e tutto si riduce in un "ammazza i mostri fino a che non ne rimangono più". 
A fare da contraltare a questa pochezza narrativa c'è l'indubbio talento visivo di Del Toro. Il film è visivamente splendido, i mostri sono ognuno diverso dall'altro, tutti dotati di una loro terrificante eleganza, in grado di distruggere le città con un realismo sconcertante. I robottoni sono meraviglie della tecnica e della computer grafica e i combattimenti, pur nella loro folle implausibilità, incantano anche gli occhi più critici. 
Quindi, accettato che intellettualmente questo film ha il valore di una carta di cioccolatino accartocciata, basta staccare il cervello per godersi due ore di puro spettacolo visivo, città distrutte ed esplosioni. Ore che passano anche in fretta perché, in fondo, non pensare a volte è piacevole.
Certo, se ti accorgi a un certo punto che stai tifando per i gozzilloni, come è successo a me, forse qualche problema c'è.

Voto: 7 (ma solo a cervello spento)

sabato 23 novembre 2013

Quegli splendidi libri che nonostante tutto abbiamo odiato

Torna la splendida falce di pessimo gusto per la seconda puntata di confessioni.
Nel post precedente ci siamo concentrati sui libri letterariamente imbarazzanti che tuttavia abbiamo amato, perché sono riusciti a farci sognare, innamorare o semplicemente ci hanno svagato al momento giusto.
Inevitabilmente ci sono anche libri splendidi che abbiamo odiato. Testi che sono riconosciuti capolavori della letteratura di cui, a mente fredda, individuiamo gli indubbi pregi, ma la cui lettura ci ha lasciato freddini o che ancora ricordiamo come un incubo. Perché l'innamoramento, si sa, non si può decidere a tavolino e a volte la scintilla non scatta nonostante tutte le nostre buone intenzioni.
Credo che un po' per tutti gli splendidi libri che abbiamo odiato coincidano con quelli che ci sono stati fatti leggere dalla scuola. Capolavori affrontati, però, per dovere, in tempi non maturi, con l'incubo della valutazione. Libri odiati, nonostante tutto.
I miei?
Madame Bovary
Ne ho già parlato, si tratta del mio più grande trauma letterario. Io a quattordici anni costretta a leggere delle lagne di questa donna irrisolta che non mi ha suscitato neppure un briciolo di empatia. Sono tutt'ora convinta che la buona Emma avrebbe dovuto sporcarsi un po' le mani, andare a lavorare, altro che a lezioni di piano, e forse tutta quella voglia di piangersi addosso le sarebbe passata.
Addio alle armi
Frederic caro, ti sei arruolato come volontario e poi hai scoperto che la guerra non è un pic-nic? Un po' prevedibile, non trovi? E non trovi niente di meglio per risolvere la situazione che trascinare la tua innamorata (incinta) in una fuga fino alla Svizzera? E poi io dovrei stupirmi se la cosa finisce in tragedia e magari commuovermi?
Altro libro che sono stata costretta a leggere a quattordici anni (nella stessa estate di Madame Bovary). Ero un'adolescente decisamente priva di pietà.
Cronaca di una morte annunciata
Più o meno lo stesso periodo, letto forse l'anno dopo rispetto ai primi due. Ne ho un ricordo sfocato e non riesco a ricostruirne con precisione la trama. Mi ricordo benissimo, invece, che era un testo breve, ma non finiva più, lo trovato del tutto freddo e poco coinvolgente e le pagine erano corte, ma non le riuscivo mai a finire... Ci ho fatto anche un incubo, ero inseguita dai sicari, sapevo che mi avrebbero presa, era inevitabile, ma continuavo a correre e a correre e loro non mi raggiungevano mai, invece io volevo solo farla finita...

Quali sono stati, per voi, gli splendidi libri che avete odiato?

giovedì 21 novembre 2013

Pessimi libri che abbiamo amato, nonostante tutto

Prendo spunto da questo simpatico post di Giramenti e da questo delizioso attrezzo scenico di pessimo gusto fotografato a Lucca per una piccola riflessione/confessione.
A volte ragione e passione coincidono, leggiamo e amiamo dei gran bei libri. Sollazzo intellettuale e emozione vanno a braccetto, con somma gratificazione di mente e cuore. Tutti, tuttavia, ci siamo scontrati con dei classici, libri oggettivamente belli, che non siamo riusciti ad amare. Nulla e nessuno al mondo mi convincerà che Madame Bovary non è una lagna pazzesca a cui sarebbero serviti due ceffoni. Lucia l'avrei senza problemi lasciata a don Rodrigo, con i miei auguri e sono sempre convinta che l'Innominato avrebbe dovuto soffocarla nel sonno, altro che pentirsi.
D'altro canto tutti noi abbiamo letto anche dei pessimi libri. Alcuni di essi li abbiamo anche amati. Ebbene sì. Libri letti da ragazzi o solo per svagarci, che sappiamo avere il valore letterario di un foglio di carta da forno unta d'olio, e che tuttavia ci hanno tenuto avvinti fino all'ultima pagina. Sapete una cosa, non ci trovo niente di male, come sempre è una questione di consapevolezza. Del resto io amo il cinema, ma non tutte le sere ho voglia di un capolavoro epocale. A volte voglio solo staccare la spina e posso rimanere ipnotizzata da pellicole imbarazzanti, che pure sono quello che in quel momento ho bisogno di vedere.
Stessa cosa con i libri. 
I peggiori libri che ho amato?
La saga di Dragonlance
Una trilogia fantasy letta quand'ero alle medie. Riesumati i libri anni dopo, li ho ripresi in mano. Mi sono venuti i crampi e l'orticaria. Sono letterariamente porcheria, non c'è proprio altro modo per definirli. Però a dodici anni io ero un po' innamorata di Raistlin, il mago con gli occhi a clessidra (che gusti, eh?)
I libri di Clive Clussel
Quand'ero alle medie mi annoiavo davvero tanto. Mi sono sparata una decina di libri tutti uguali con un'eroe che più perfetto e figo non si può che con disinvoltura e battuta pronta salva il mondo con la naturalezza con cui io vado al supermercato. Pessimo. Inqualificabile. E la giustificazione della minore età non vale (nel mentre mi stavo facendo una cultura anche sull'epica medioevale con tanto di letture in francese antico). Ma che ci posso fare, allora li ho amati.
Poi c'era anche un'altra serie, ancora più imbarazzante, con un nobile scozzese, ricco, bello e più volte reincarnato che portava a termine complicate indagini grazie al suo acume e alle sue capacità sovrannaturali, ma ho censurato autori e titoli (i libri devono essere rimasti da qualche parte a casa dei miei). La cosa peggiore è che questi li ho letti ben oltre i dodici anni, temo addirittura all'università...
E quali sono stati i pessimi libri che voi avete amato?

Sperando invece che LA ROCCIA NEL CUORE non sia un libro di cui doversi vergognare, devo dire che Giove Alluvio lo ama molto, visto che non perde una presentazione. Anche ieri sera un tempo da lupi e pochi coraggiosi presenti. Pochi ma buoni. Davvero super le letture di Etta Rispoli e la presentazione della sig.a Fantino che mi hanno fatto sentire una scrittrice seria! E tra il pubblico che emozione trovare un'altra Mecenero che non conoscevo!

Su Kultural, invece, un mio articolo su una lettura di cui non mi vergogno per niente, il fumetto Magico Vento.

martedì 19 novembre 2013

Mentre scende la pioggia


Piove.
Andassi oggi sul lago, troverei molte meno foglie nel bosco riflesso sull'acqua che vedete il foto.
È un tempo strano, questo uggioso di novembre, un tempo d'attesa.
Aspetto.
Aspetto che la pioggia finisca di cadere.
Aspetto che decidano quando e dove devo frequentare il maledetto corso abilitante.
Aspetto alcune novità nell'assetto famigliare.
Intanto lavoro, scrivo, leggo, rifletto.

Ieri e oggi, sui blog letterari non si parla che di Masterpiece, il talent per aspiranti scrittori. Sembra che tutti l'abbiano guardato per parlarne male. Io non l'ho visto. Sono diurna e con poca pazienza nei confronti dei programmi televisivi non narrativi. Mi rimane l'impressione di un'occasione sprecata. Al di là dell'operazione in sé, che mi lascia qualche perplessità di base (poche cose sono anti televisive come la scrittura) credo che ci fossero delle potenzialità. Il maggior pregio dei talent sta, dal mio sguardo di prof, nel far capire che dietro il successo c'è sempre un gran lavoro. Di solito in questi programmi, per il poco che li guardo, viene ribadito quanto studio e allenamento ci sia dietro una performance e che il talento, da solo, non basta a vincere. Un discorso analogo sarebbe stato di estrema importanza anche per la scrittura. Spiegare magari due o tre tecniche di base e ribadire che scrittori non ci si improvvisa, che ci sono anni di lavoro a monte, male, secondo me, non avrebbe fatto. Pare l'occasione non sia stata colta, peccato.

La mia piccola comunità di impenitenti giocatori di ruolo è stata travolta da una polemica che rimbalza in rete secondo cui i giocatori di ruolo sono rincoglioniti. Oppure antisociali potenzialmente pericolosi.
Non credevo fosse il caso, ma forse, alla luce di queste recenti letture (occhio al post linkato nei commenti) è il caso di ribadire che:
- Non sono una satanista
- Non ho alcuna conoscenza di pratiche esoteriche e/o divinatorie
- Non sono seguace di filosofie new age
- Il gioco di ruolo non prevedere alcunché di sessuale
- Se sono rincoglionita non penso sia colpa del gioco di ruolo.
Il gioco di ruolo è un hobby narrativo in cui si crea insieme una storia all'interno della quale ciascun giocatore stabilisce le azioni del proprio personaggio. Si sta tutti seduti a un tavolo (con i vestiti addosso) si usano dadi, matite e fogli. Si consuma una grande quantità di cibo spazzatura, è vero, e questo ritengo che sia l'aspetto più pericoloso di questa "pratica".
Va da sé che qualsiasi passione può trasformarsi in ossessione, conosco corridori della domenica che si sono rovinati la salute nel tentativo di superare il vicino di casa alla corsa del paese, tifosi di calcio che parlano solo di calcio e hanno atteggiamenti violenti nei confronti della tifoseria avversaria. Non dubito che anche tra i giocatori di ruolo ci sia una percentuale fisiologica di idioti, ma non mi sembra superiore a quella che si trova in altri ambiti. 
Come si ricorda su un manuale di gioco:
"Se batti qualcuno a Monopoli non esci e gli ipotechi la casa. Se affondi qualcuno a Battaglia Navale non vai all'arsenale per lanciare bombe contro le navi vere. Quando la sessione di gioco finisce, metti via il libro, i dadi e ti godi la vita e lasci fare lo stesso agli altri."
Per questo non credo che ci sia nulla di vergognoso o socialmente pericoloso nell'hobby che mi sono scelta. E NON INTENDO VERGOGNARMENE

Su www.mondorosashokking.com, intanto, è uscita la seconda parte dell'intervista.
La potete leggere qui
All'oscuro delle polemiche che si stavano per scatenare, quando l'ho rilasciata, non pensato di poter essere identificata come rincoglionita in quanto giocatrice di ruolo...
A qualcun altro è capitato di essere etichettato per via di un suo hobby?

lunedì 18 novembre 2013

INTERVISTA su Mondo Rosa Shokking


Si parla del mio romanzo, LA ROCCIA NEL CUORE, ma anche dei racconti e in generale della mia idea di scrittura nell'intervista che la brava Sabrina Minetti (grazie!) mi ha fatto per il sito www.mondorosashokking.com
QUI la prima parte dell'intervista.

sabato 16 novembre 2013

Letture - Paradisi Perduti


U. K. Le Guin
Oggi in Italia la Le Guin è un'autrice di nicchia, un mito per pochi. Che sia comunque amata, lo dimostra un gruppetto di case editrici medie e piccole (Delos, Gargoyle, Cavallo di Ferro) che negli ultimi anni stanno traducendo o ri traducendo le sue opere meno note, per portarle o riportarle in Italia.
Da fan, il mio ringraziamento va quindi a questi editori coraggiosi che ci regalano tanti piccoli gioielli.
Nell'ambito della sua produzione fantascientifica, Paradisi Perduti, è un'opera tipicamente LeGuiniana. Fantascienza sociale che diventa filosofia.
Una nave, la Discovery, è partita per raggiungere un altro mondo, presumibilmente abitabile. Il viaggio, però, richiede sette generazioni. Via via che ci si allontana dalla Terra (la "palla di fango") la Discovery diventa l'unico mondo che i suoi abitanti conoscano. Le vecchie parole terresti diventano suoni senza significato, il ricordo della vita su un pianeta diventa sfocato, il sogno di quella sulla destinazione una fantasia che a molti sembra oziosa. 
Paradisi Perduti racconta di un universo circoscritto che diventa l'Universo, l'unico possibile, della nascita di nuove religioni e della paura del cambiamento.
Quando il mondo di destinazione da ipotesi lontana diventa una realtà tangibile la scelta arriva improvvisa in una società isolata che fino a quel momento ne è stata protetta, seguendo i rigidi e ineluttabili dettami delle regole di sopravvivenza che la vita in un ambiente chiuso comporta.

Paradisi Perduti è un libro di poche pagine, che pure ha un altissimo peso specifico. Poca azione, pochi conflitti dilanianti. I personaggi, come quasi sempre accade nei romanzi di questa autrice, non sono eroi, ma miti pensatori che si trovano al centro di passaggi epocali e navigano armati solo di buon senso in mezzo alle contrapposte ideologie. Si disquisisce molto, in Paradisi Perduti, e molto spazio è lasciato ai lunghi dialoghi tra i protagonisti, ma le chiacchiere non sono mai oziose. Si fa filosofia, appunto, ragionando sul linguaggio e sulla religione. 
Si finisce la lettura un po' frastornati, ma infinitamente grati per un'esperienza sicuramente più intellettuale che emotiva, ma comunque intensa.
La prosa, poi, è di una limpida eleganza che non ha pari (i capitoli iniziali di descrizione del mondo-nave, poi, sono superlativi).

Sono di parte, è la mia autrice preferita. Anche questo libro, però, mi ha ricordato il perché lo è.

venerdì 15 novembre 2013

Appuntamenti - Con LA ROCCIA NEL CUORE a Sesto Calende


MERCOLEDì 20 NOVEMBRE 2013 - ORE 18.00
Biblioteca Comunale di SESTO CALENDE
-piazza Mazzini 2 -
Sarà presentato il romanzo LA ROCCIA NEL CUORE
Letture di Etta Rispoli

Colgo l'occasione di questa mia prima presentazione fuori provincia per invitare tutti i lettori lombardi.
Ringrazio fin da ora la Biblioteca e la gentilissima Etta per la disponibilità e la professionalità.

mercoledì 13 novembre 2013

Visioni - I delitti del BarLume, Il re dei giochi



Altissima l'attesa per la messa in onda de "I delitti del BarLume - Il re dei giochi", film tv a produzione tutta italiana dai romanzi di Malvaldi andato in onda lunedì su Sky Cinema.
I gialli di Malvaldi sono tra le più belle scoperte la lettura del blog di Alessandra mi ha regalato.
Gialli ironici, dove nella ricerca del colpevole si insinua la risata, i delitti del BarLume raccontano di come quattro terribili vecchietti e il nipote barista di uno di loro elevino il pettegolezzo a arte investigativa arrivando spesso ad anticipare le forze dell'ordine.
Mi sembrava quindi che ci fossero tutti gli ingredienti per la realizzazione di un piccolo gioiellino, non dico alla Sherlock, ma almeno in grado di tener testa ai film tv su Montalbano. A ingolosirmi c'era anche un cast a prima vista perfetto, con lo scomparso Carlo Monni nel ruolo del più terribile tra i vecchietti, Ampelio.
Va detto che proprio lunedì sera una mezza influenza che sembrava sconfitta mi ha dato il suo colpo di coda proprio in faccia, per cui non sempre la mia attenzione era al 100%, ma l'obiettivo mi è sembrato raggiunto per tre quarti.
Scorrevole la trama, forse non la più memorabile della serie di romanzi, azzeccate le gag, fantastici, ma meno centrali di quanto mi fossi aspettata, i quattro vecchietti, da applausi la sigla iniziale.
La regia mi ha esaltato molto meno. Una voce off più irritante che divertente e alcune scelte inutilmente pretenziose (passaggi con camera a mano, sequenze più o meno oniriche) che hanno finito per spezzare il ritmo. Il risultato è stato che la parte gialla mi è parsa più scontata di quanto non mi fosse sembrata in lettura e ho sorriso quando mi aspettavo di sghignazzare.
Particolarmente fastidiose le fantasie erotiche del barista, con un nudo del tutto gratuito. C'è da dire che il Nik ha commentato che la scena era gratuita, ma che lui ha apprezzato e che l'attrice in questione si è così riscattata da una recitazione non esaltante (uomini!).
Attendo il secondo film, sperando di vederlo senza disturbi vari, per un giudizio più ponderato. Per il momento la produzione Sky è promossa con riserva.

lunedì 11 novembre 2013

Scrittevolezze - Ideazione, scrittura e far tacere Compagna Paranoia


Esco da un fine settimana solo in apparenza divanoso, ma in realtà emotivamente molto, molto intenso.

Come sempre per me vita e scrittura si fondono e un pensiero sulla vita si trasforma immediatamente in uno sulla scrittura.
Sono quindi arrivata a un ragionamento scrittevole piuttosto inaspettato, per quanto ovvio: il tempo della progettazione e quello dell'azione non coincidono, né devono farlo.
Io sono una figlia del dubbio, nella vita come nella scrittura, la paranoia è mia compagna costante e mi sussurra in ogni momento all'orecchio. C'è un momento in cui va ascoltata, quando si pensa alla trama, si valuta in quale progetto letterario buttarsi. Non sono questioni da poco, un romanzo risucchia mesi, se non anni, di vita. Prima di iniziarlo è necessario soffermasi a valutarne trama, snodi, contenuti, il perché si senta la necessità di scrivere proprio quella storia in quel momento e anche, perché no, quali possibilità poi abbia la storia in questione di incontrare il pubblico.
Poi si prende una decisione e si scrive.
E la paranoia va messa a tacere. Si scrive.
Ho iniziato un nuovo romanzo e per vari motivi ho deciso di darmi dei ritmi di scrittura molto serrati. Su di me incombe un corso abilitante obbligatorio che partirà non si sa quando che mi risucchierà chissà quanto tempo e non sarà di certo l'unica cosa a prendermi energie. Quindi, dato che oggi ho il tempo di scrivere e domani non si sa, la decisione è stata: "adesso si scrive". I primi 13 capitoli sono stati scritti con la rapidità di chi segue un flusso di pensieri ormai ben ordinato. Poi ho fatto l'errore, una sera, di perdere tempo su vari siti di scrittura. Ora, in generale confrontarsi con i diversi siti di scrittura non è mai una perdita di tempo, serve a crescere. Ma leggere tutti in una sera 5 o 6 articoli sull'articolazione delle trame mentre si sta scrivendo un romanzo non è stata una buona idea. La mia trama non segue gli schemi standard, lo fa a modo suo. Ma il suo modo sarà giusto? Sarà fruibile? Ha iniziato a domandarmi Compagna Paranoia (la paranoia è sicuramente comunista, dato che suddivide equamente le sue risorse per infestare tutti gli ambiti della mia vita). E lì mi sono bloccata.
C'è voluta una buona dose di forza di volontà per mettere a tacere Compagna Paranoia e riprendere a scrivere. Perché questo non è più il tempo delle scelte e non è ancora quello della valutazione.
La trama è stata tracciata, ho avuto tutta un'estate per pensare a snodi narrativi e a evoluzioni dei personaggi. Un conto è ascoltare l'istinto e prendere una deviazione imprevista, un conto è bloccarsi perché qualcuno in un blog o in un manuale ha scritto che in un romanza va fatta o non va fatta una determinata cosa.
Ho deciso che devo imparare a scindere l'ideazione, la scrittura e la valutazione. Ho ripensato alle storie della mia sempre amata Le Guin e alla filosofia dei maghi di Heartsea che può essere riassunta così "Fai solo ciò che è necessario. Quando è necessario agisci. Dopo l'azione si dorme." E quando ci si è risvegliati, immagino, si valuta. Si pensa, si valuta la trama, si ragiona, si ascolta anche Compagna Paranoia. Poi si scrive. Si scrive e basta, seguendo la rotta prefissata, l'intuizione e l'improvvisazione, come sembra meglio. Poi si dorme, si lascia la storia riposare. Poi la si valuta, magari con l'aiuto di Compagna Paranoia, e la si ricorregge.
E quindi, adesso, si scrive.

Voi come ve la cavate con Compagna Paranoia?

venerdì 8 novembre 2013

Scrittevolezze - Scrittura e Gioco di Ruolo


Sarà per il ricordo ancora vivo di Lucca Comics, sarà per alcuni commenti nel sempre ottimo blog Penna Blu, ma mi è venuta una gran voglia si ragionare sul rapporto tra la scrittura e il gioco di ruolo.

Cosa si intende per Gioco di Ruolo
Il Gioco di Ruolo tradizionale, quello che conosco e pratico, consiste, sostanzialmente nell'interpretare un personaggio in un contesto presentato da un Narratore. Ogni giocatore ha a disposizione una scheda con le caratteristiche del proprio personaggio e in base a quelle, non al buon senso del giocatore, bisogna deciderne le azioni. I tiri di dado risolvono le questioni casuali (ad esempio: una dato personaggio può avere una probabilità più o meno alta di riuscire a compiere una data azione. All'atto di compierla, sommerà un punteggio abilità al risultato di un tiro di dado. Se il risultato è superiore a una data soglia, l'azione è riuscita). Idealmente i giochi di ruolo possono essere legati a qualsiasi ambientazione. Le più famose sono ambientazioni fantasy, il più famoso gioco di ruolo D&D è ambientato in un mondo fantasy classico, ma ce ne sono fantascientifici, urban-fantasy o cyberpunk, solo per citare ambientazioni che ho sperimentato di persona.

Cosa ho imparato come scrittrice dal Gioco di Ruolo?
- Gestione dei personaggi
Questa è sicuramente l'ambito in cui il Gioco di Ruolo ha più influenzato la mia scrittura.
Per fare un personaggio di Gioco di Ruolo bisogna completare una scheda secondo regole che variano da gioco a gioco. Due però sono le costanti: non esistono personaggi perfetti, ognuno avrà pregi e difetti, proprio come le persone comuni. Il personaggio non sono io.
Sembra una sciocchezza, ma l'essenza del Gioco di Ruolo è interpretare e cercare di capire come agirebbe in una data situazione un dato personaggio. In una memorabile sessione di gioco uno dei personaggi del gruppo, con un problema di dipendenza, vendette gli amici per una dose di droga. Era un'azione ovviamente stupida, che il giocatore sapeva foriera di disgrazia ma era ciò che il personaggio avrebbe fatto in quel momento. Scrivere significa muovere dei personaggi secondo le loro motivazioni, non le nostre e il Gioco di Ruolo insegna moltissimo a farlo. 
Alcuni Giochi di Ruolo (penso ad esempio a Vampiri-The Masquerade) insegnano a ragionare molto sul passato dei personaggi e sulla loro storia e sono una palestra ideale per imparare a creare personaggi a tutto tondo (non amo giocare a Vampiri, ma per certi versi il manuale di gioco è anche un manuale di scrittura).
Infine si possono creare vere e proprie palestre narrative. la mia amica Jamila nel suo blog racconta le avventure del proprio personaggio narrate in prima persona. Lei dice che il non doversi occupare della trama la aiuta a concentrarsi sullo stile e sulla psicologia della protagonista. Di certo il suo blog è seguito anche da persone del tutte esterne al nostro gruppo di gioco, che ne leggono con piacere la storia

- Gestione delle scene d'azione
Io sono una frana con le scene d'azione, se non fossi una giocatrice di ruolo sarei ancora peggio.
Spesso per gestire le scene d'azione, in un gioco di ruolo si utilizzano mappe e anche miniature per visualizzare dinamiche e movimenti. Diventa subito ovvio ciò che è plausibile e ciò che non lo è, se un personaggio da un punto possa vedere l'altro, se c'è linea di tiro o copertura.
Ricostruire nello stesso modo scene d'azione che si desiderano scrivere aiuta a renderle più coerenti e plausibili.

- Gestione degli spazi
Tutti i giocatori di ruolo sono piccoli cartografi. Quando l'avventura si svolge nel classico sotterraneo, il Narratore ne ha disegnato la mappa, ma anche i giocatori ne tracciano la mappa, in modo che i personaggi non si perdano. Questo aiuta a ragionare su tempi di percorrenza, plausibilità di ostacoli da superare, tempistica delle scene. Non bisogna arrivare ai livelli di U.Eco che per il Nome della Rosa aveva cronometrato il tempo che i personaggi impiegavano ad andare da un luogo all'altro dell'abbazia per regolarsi sulla durata dei dialoghi, ma aiuta.

Cosa non ho imparato dal Gioco di Ruolo?
- Gestione dell'ambientazione
I Mondi in cui si ambientato i giochi di ruolo sono, appunto, giocabili (oltre che protetti dal diritto d'autore). Gli avventurieri trovano sempre avversari calibrati sulle loro abilità, spesso trovano ciò che a loro serve al momento giusto, ogni tre passi inciampano in un'avventura. Tra giocatori di ruolo si fa molta ironia sull'ecologia impossibile di molte ambientazioni, dove ci sono talmente tanti mostri che uscire di tre passi dal villaggio è morte certa.
È vero che ci sono romanzi ambientati nei mondi dei GdR, ma si tratta di storie che hanno la loro forza nei personaggi, penso a Raistlin della Dragonlance o a Drizzt del Faerun.

- Gestione delle trame
In un GdR la storia si fa insieme, Narratore e Giocatori insieme. Se muore un personaggio il Narratore getta nel cestino un'intera linea narrativa già immaginata, se capita un imprevisto, tutto prende una strada diversa. La famosa giocata di cui sopra, con il personaggio che ha venduto i compagni ha causato conseguenze al di là dell'immaginazione di tutti. Inoltre anche i dadi hanno la loro importanza, nonostante le abilità di un personaggio tutto può andare male o, al contrario, possono riuscire le imprese più impensate. È rimasta storica anche una giocata in cui una serie di tiri fortunati ha ucciso letteralmente un'avventura. Il narratore aveva immaginato che una nave spaziale nemica abbordasse la nostra. In realtà la nave nemica non riuscì mai ad avvicinarsi, stroncata da una serie di bordate di potenza inaudita (4 o c5 tiri successivi in cui totalizzammo il massimo). Insomma, nessuno ha il controllo totale della trama.

Conclusioni (?)
A parte il fatto che il post è diventato chilometrico...
Lo scopo del GdR è divertire e intorno al tavolo da gioco bisogna divertirsi, senza concentrarsi troppo sulla metanarrazione.
D'altro canto il GdR è una palestra di scrittura non trascurabile, sopratutto per la gestione del personaggio. Quindi uno sguardo a un manuale di Gioco di Ruolo, specialmente a uno di quelli dei giochi più narrativi (come ad esempio Vampiri) non fa sicuramente male a uno scrittore o a un aspirante tale.

martedì 5 novembre 2013

Con LA CONQUISTA alla premiazione del XIX Trofeo Rill


Questo è il terzo anno di fila che mi ritrovo alla premiazione del Trofeo Rill, la prima che mi sia veramente goduta.
Due anni fa non ero emozionata, ero in panico totale, quasi incapace di spiaccicare parola, in uno stato d'ansia che andava avanti dal mattino.
L'anno scorso ero sballottata tra troppi diversi impegni, alcuni gradevoli, come le premiazioni letterarie, altri molto meno.
Quest'anno ero tranquilla. Ero già vincitrice, in quanto tutti i cinque racconti pubblicati nella sezione SFIDA, il concorso riservato a chi è già stato almeno una volta in finale al trofeo, sono considerati vincitori a parimerito. Tra essi, tuttavia, dal 2008, viene selezionato un "vincitore assoluto" a cui viene assegnato il Premio Speciale Lucca Comics&Games. Il vincitore sarebbe stato proclamato in diretta, ma, insomma, l'avere 4 probabilità su 5 di non vincere mi rendeva abbastanza tranquilla.

Il mio stato di beatitudine credo non fosse condiviso da quello che è un po' l'anima di Rill, nonché presentatore ufficiale delle premiazioni, Alberto Panicucci, che era visibilmente stanco sin dall'ingresso in sala Ingellis (una delle sale di Lucca Comics, che aveva ospitato giusto prima autori fantasy e disegnatori di fama internazionale). Mi è stato spiegato poi che aveva avuto una giornata di quelle che avrebbero davvero sfinito un gigante delle tempeste e quindi, innanzi tutto, il mio GRAZIE va a lui, per aver saputo gestire in modo professionale e simpatico la serata, nonostante tutti gli imprevisti abbattutisi sui Rillini.

Io invece, come detto, me la godevo. Nelle ultime file, come a scuola, con i miei amici/giocatori di ruolo/compagni di avventura, tra cui due, che saluto particolarmente, conosciuti tramite il blog.
Certo, la calma serafica è un po' sfumata via via che si avvicinava il temuto momento della premiazione a sorpresa, più che altro per motivi post traumatici. La prima volta che mi è capitata una premiazione di questo tipo in cui sono stata chiamata sono caduta scendendo dal palco (giuro), sacrificando un gomito per salvare la targa appena ricevuta. Comunque, appunto, le probabilità erano a mio favore.
Come sia andata a finire, lo potete vedere dalla foto.
Posso dire, però, con estrema fierezza, che NON sono caduta.
In compenso ho dato pubblicamente dei "disgraziati" ai miei amici (con i quali mi scuso) e al Nik che si sono messi ad applaudire manco avessi vinto le olimpiadi. Ragazzi, davvero, mi ha fatto piacere, sono contenta che abbia fatto piacere anche a voi, ma considerate che non è il modo migliore per mettere a suo agio una col mio carattere... Però, ribadisco, nonostante la sorpresa, il tifo e l'abito medioevale che indossavo (niente tacchi, però) NON sono caduta.

Che dire, di più?
La presentazione dell'antologia la trovate qui
Il mio racconto l'ho presentato qui

In questi giorni ho iniziato a sfogliare l'antologia, leggendo un po' a macchia di leopardo, con l'ordine e la metodicità che mi è propria. Due cose mi hanno colpito. La qualità di tutti i testi "assaggiati", compresi quelli stranieri, la novità di quest'anno (onore al merito al traduttore dal Finlandese) e l'elenco dei giurati. Cioè, intendiamoci, io l'ho sempre saputo che Rill è il non plus ultra per il racconto fantastico, però non mi ero fermata a ragionare sul fatto che ci fossero i più grandi scrittori e esperti di fantastico italiani (e non solo) e che per tre anni di seguito ho avuto la loro attenzione.
Che cosa posso dire, se non GRAZIE a tutti loro?

lunedì 4 novembre 2013

Come sopravvivere a Lucca Comics


1) Equipaggiarsi in modo adatto e assicurarsi di avere un ranger nel gruppo.



2) Seguire scrupolosamente le istruzioni...



... Perché dal cielo può cadere QUALUNQUE cosa (anche chiunque)



4) Non accettare passaggi dagli sconosciuti, non si sa dove o quando potresti finire...



... E comunque fai attenzione anche a chi ti offre da bere




5) Non importunare chi potrebbe rivelarsi un pericolo...



... Anche se sai che sono i dadi che decidono lo scontro.




6) Presta attenzione ai dettagli



7) Guarda dove stai andando



8) Anche se vedrai le cose più strane...



... Ricorda che non sei in un fumetto (o forse sì?)




Anche quest'anno essere a Lucca Comics è stata un'esperienza magica e quindi un enorme GRAZIE agli organizzatori, alla pazienza dei membri dello staff (che dopo 12 ore ancora spiegavano gentilmente a tutti dove fosse l'uscita), alle forze dell'ordine, a medici e volontari della croce rossa e a tutti quelle migliaia di persone che ogni anno si riversano a Lucca con spirito goliardico, ma anche piene di pazienza e senso civico. Grazie a tutti loro anche quest'anno Lucca è stata il mio "Altrove Possibile".

Per la parte più strettamente letteraria, aggiornamento a domani, quello che posso anticipare è che l'antologia di RiLL (Perché nulla vada perduto) è fantastica e che per me c'è stata una super sorpresa!
Per chi fosse davvero curioso, ne stanno già parlando su FantasyMagazine