domenica 18 novembre 2012

Visioni - Argo


Inverno 1979/80. In Iran scoppia la rivoluzione islamica e la rabbia popolare si riversa contro gli USA, colpevoli di aver dato asilo allo Scià. Poco prima dell'assalto all'ambasciata statunitense, sei dipendenti riescono a fuggire, rifugiandosi in quella Canadese. In poco tempo diventano dei ricercati dalla polizia islamica e le loro possibilità di uscire vivi dal paese si riducono all'osso.
Pare che la CIA abbia degli esperti per questo tipo di situazioni, gli "esfiltratori". Il problema è, però, che le idee latitano. Scartata l'ipotesi di far arrivare i sei in Turchia in bicicletta o di farli passare per incaricati di esaminare i raccolti (in pieno inverno), la "migliore peggiore idea" in campo è quella di mettere in piedi un finto film di fantascienza con ambientazione mediorientale e far passere gli americani per membri di una troupe canadese. E se bisogna fare un finto film, che sia almeno un finto successo...

Argo dribla con successo i due pericoli principali insiti nello script, cioè far diventare la storia una farsa o, al contrario, un polpettone propagandistico.
Argo è e rimane un film di spionaggio vecchio stampo con appena dei tocchi deliziosamente surreali. Non si indaga la situazione iraniana, anche se le scene ambientate a Theran sembrano quasi uscire dai filmati d'epoca, né si butta la situazione in commedia. Il protagonista è della CIA, ma la CIA è anche quella "che non si è accorta che in Iran stava avvenendo una rivoluzione".
Argo è la storia di sei persone qualunque finite in una pessima situazione e dell'uomo che gioca con l'assurdo pur di salvarli e, come tale, funziona. Gioca intelligentemente col film nel film, mostrando una realtà ben più confusa e incredibile di quella delle storie di fantascienza ed eroi assai meno patinati di quelli che impugnano pistole laser. Anche se come tutti i film tratti da storie vere si sa già come andrà a finire, si rimane incollati allo schermo.

Il passaggio di Ben Affleck alla regia, dunque, funziona. Anzi, auspico un passaggio più radicale, dato che il buon Ben tiene per tutto il film la stessa espressione, sia che saluti il figlio, sia che rischi la vita. Il Nik fa però notare che un certo attore con solo due espressioni è diventato alla fine il mio regista preferito

Voto: 7 e mezzo.

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