lunedì 31 dicembre 2012

Come la Bellucci divenne un'influenza

Tutto cominciò con uno dei regali di Natale. Il romanzo "Sherlock Holmes contro Dracula", apocrifo famoso, che recensirò a breve. L'autore, con molta abilità, interseca il canone holmesiano con il Dracula di Stoker. Se il primo lo conosco bene, il secondo però non l'ho mai letto, essendo io pavida e poco amante dell'horror. Conosco la storia a grandi linee come tutti, ma non riuscivo ad apprezzare le finezze.
Così, qualche giorno fa, quando mi accorsi che in tv passava proprio Dracula del buon Francis Ford, mi sono sentita in dovere di guardarlo. Già mi sentivo un po' appesantita, ma per dovere di documentazione mi sono guardata Sirius Black quand'era giovane trasformare in non morta quella svampita di Lucy (facendo un gran favore, credo, a tutti gli spasimanti) e tutto il resto, mentre nella mia mente l'audio di Frankestein Junior si sovrapponeva a quello originale, togliendo un po' di pathos.

Vado infine a letto, sempre un poco appesantita, finché nel cuore della notte mi sveglio con la netta sensazione di avere un piccolo Alien nella pancia, con le fattezze però delle mogli di Dracula del film e nello specifico di Monica Bellucci, che tira grandi artigliate ai miei intestini.
Anche trascorsa l'ora dei vampiri, con l'approssimarsi dell'alba, la Bellucci-Vampira non aveva nessuna intenzione di quietarsi e il mattino mi ha colto con la febbre alta e l'influenza conclamata.

Quando ho raccontato la cosa e gli incubi notturni al Nik, questi mi ha guardato serio e poi, afflitto, ha commentato:
"Ti rendi conto che hai distrutto il sogno erotico della mia adolescenza? Adesso quando qualcuno nominerà la Bellucci mi verrà per sempre in mente solo l'influenza?"

In tutto questo ho perso definitivamente in controllo sul Capodanno. Che era partito come una serata casalinga senza sbattimenti a base di cibo più o meno pronto e giochi in scatola.
In questo momento mio marito è stato rapito per pulire delle cozze e mio cognato è partito all'alba alla ricerca di un termometro da cuoco per misurare l'esatta temperatura dell'olio per la frittura.
Due cose, per altro, le cozze e la frittura, dalle quale il fantasma della Bellucci (questi non morti sono sempre difficili da eliminare del tutto) mi terrà lontana (purtroppo).

Buon fine d'anno a tutti
Che possa essere privo di fantasmi, vampiri e mostri vari!

domenica 30 dicembre 2012

I film del mio anno

Il 2012 sta pian piano finendo, in compagnia di una simpatica influenza che, temo, mi ha invitato con sé al veglione e promette di renderlo indimenticabile.

Da cinefila impenitente, è mia abitudine augurarvi un buon anno nuovo con i tre film che più mi hanno colpito nel corso dell'anno. Non si tratta di pellicole uscite nel 2012, ma di pellicole che io ho visto nel 2012 e hanno influenzato il mio immaginario di quest'anno. E' una mia classifica personale, quindi, che non ha pretese di oggettività, vale solo come consiglio su cosa guardare.


3° - Sherlock, uno studio in rosa
Non è un film, ma il primo episodio di un telefilm (tra l'altro del 2010). Però ha la durata di un film, è autoclusivo e curato nei minimi dettagli.  E' semplicemente delizioso ed è diventato un "bene rifugio", una di quelle cose da rigurdare nei momenti no.

2° - La talpa
Anche se non mette proprio di buon umore come gli altri due, è un film che più rivedo e più mi piace. Con i suoi grigi e i suoi silenzi, questa storia di spie che diventa disperata storia di solitudini e tradimenti  entra dentro. Dopo averlo visto, l'agente segreto non potrà più avere il fascino di James Bond

1° - The Artist
Per una volta mi associo ai premi e alla critica ufficiale. The Artist è un film che non si può non amare. Così intelligente, ricercato e tecnico da risultare nei fatti di una disarmante semplicità. E' il potere del cinema allo stato puro, che anche senza colori né parole ti commuove sullo sguardo di un cagnolino.
Lo stanno trasmettendo giusto in questi giorni su Sky. Da vedere tutti insieme, con i nonni e i bambini, come si conviene ai film di Natale

giovedì 27 dicembre 2012

Il Natale dell'aspirante giallista


Questo è il regalo (graditissimo per quanto insolito) ricevuto dal Nik. Insegna a riconoscere le macchie di sangue, a capire dalla goccia com'è la ferita. Spiega quali sono le procedure seguite dalle forze dell'ordine, come si devono comportare quelli capitati lì per caso e quali errori evitare.

Se non fossi così maldestra, con tutte queste informazioni che sto accumulando, potrei quasi riciclarmi come killer. Con la crisi che c'è in giro, un secondo lavoro è sempre utile...

domenica 23 dicembre 2012

Doverose precisazioni e scuse e cose che non ho mai detto

Un blog è una finestra verso il mondo tramite cui si parla, si chiacchiera e, a volte, si grida.
Può capitare a volte di passare il segno o di dimenticarsi che la parola scritta non ha intonazione, diventa un sussurro o un'accusa a seconda di come la si legge.
Quello che sono la gente che mi vede ogni giorno ce l'ha sotto gli occhi. Tendo a essere graffiante e caustica con ciò che mi sta attorno, senza risparmiare chi stimo e amo.
Io sono quella che descrive gli amici più cari come un branco di pirania che vengono a divorare tutto ciò che incontrano, eppure loro sanno (gli amici) che sono quella che riempie sempre loro il piatto e che insiste perché escano solo più che satolli. Io sono quella che dico che ammazzerei gli alunni e poi piange quando cambia classe.
Può anche capitare che qualcosa si scriva con leggerezza quando si è arrabbiati con il mondo, si metta qualche parola di troppo (non necessariamente contro chi avrebbe avuto senso prendersela) e poi, passata la bufera ci si dimentichi. E poi passano anni e non si è più quelli, ma gli scritti rimangono lì, giustamente, e fanno l'effetto che fanno.
Se poi tutto questo coinvolge la famiglia è peggio.

Io ho una famiglia numerosa e rumorosa, piena di cugine (e un cugino) e ora anche di cuginette di secondo grado (quasi) tutte bionde e tutte bellissime di cui sono assolutamente fiera.
E siccome a me viene naturale ironizzare sul mondo intero, mi è venuto naturale farlo anche su di loro. Che per anni, da single (o peggio, con uomini sbagliati) ho invidiato per la loro capacità invece di trovare quello giusto (e ora, sia chiaro, le invidio per le bimbe).
E ho ironizzato (troppo) sui regali di poco prezzo. Certo. Siamo in tanti. Tanti. E un pensierino si fa a tutti e quindi si spende poco. E ovvio. L'uscita è stata infelice e voleva rimarcare l'ovvio per suscitare un sorriso. Ma a posteriori mi sembra chiaro che sia stata di pessimo gusto.
E ho ironizzato sui babbi natale (invidiando la capacità delle cugine e degli zii di organizzare e travestirsi)
E ho ironizzato sul karaoke che coinvolge dalla prozia novantenne alla bimba di tre anni. I miei timpani non lo reggono (fisicamente), ma è una cosa carinissima e oggettivamente buffa e prima o poi finirà in una mia storia.
E su tante altre cose ancora.
Tutto ciò risale a diversi anni fa, a una conoscenza del mezzo (internet) limitata, alla scarsa empatia di una ragazza che non sapeva che strada percorrere nella vita e vedeva tutti i suoi parenti, molto più sicuri e sereni. E il non essere come loro le causava un'invidia che poteva prendere forme antipatiche.

Adesso sono una trentenne che non sa che strada percorrere nella vita, continua a vedere una famiglia  con parenti che sembrano più sicuri e sereni, ma chiama le cose con il loro nome e cerca magari anche di imparare.
E dunque mi scuso, per quel che vale, senza dire di essere stata fraintesa o arrampicarmi sugli specchi.

Non posso promettere che non offenderò mai più nessuno. Se uno deve scrivere col pensiero di non offendere, è meglio che smetta. Di certo, quindi, capiterà ancora (spero non verso le stesse persone), ci saranno parole di troppo, che poi vorrei non avere scritto. Se me lo farete notare e lo riterrò giusto, ci saranno ancora delle scuse. E magari in questo modo tutte e due le parti saranno cresciute.

E con questo non mi resta che fare a tutti gli auguri di Buon Natale. Con alcuni auguri particolari e ringraziamenti

A mia zia Anna per tutto lo sforzo che fa a tener insieme la famiglia e in particolare per esserci stata, quest'anno, quando ho avuto bisogno di lei

A mia zia Mariella e mio zio Lino che frequento meno di quanto meritino, ma che sono sempre super disponibili. E io sono più tranquilla quando so che mio padre è per funghi con uno dei miei zii, perché non mi devo preoccupare, e sono contenta quando so che sta facendo qualcosa con loro, perché so che lo rilassa e so che può sempre contare su di voi per tutto. E questo è tanto più vero quest'anno, che per mio padre è stato davvero duro

A mia zia Patrizia e mio zio Olinto che ho sempre considerato delle splendide persone e non ho mai avuto occasione di dirlo. Che da anni non frequento nel pranzo di Novembre, ma solo perché sono altrove. E vale allo stesso modo il ringraziamento per quanto ci siete stati vicini nei momenti di difficoltà.

A mio zio Claudio e mia zia Franca Ho sempre definito Claudio "matto come un cavallo" nel senso migliore del termine, cioè geniale. Senza le sue storie non sarei quella che sono adesso. Quando ero piccola, giocavo in una stanza, sotto cui c'era uno dei suoi quadre, che ha colorato per sempre il mio immaginario (era quello del contadino e del covone)

A mia cugina Lorena che per motivi anagrafici è quella che conosco meno. Ed è una cosa che rimpiango.

A mia cugina Stefania, con la quale vorrei parlare di più di viaggi e di scuola. Che stimo per il suo modo di essere e per la sua solarità. Non l'ho mai vista una volta senza un sorriso sulle labbra, credo, ed è una cosa che invidio molto

A mia cugina Chantal che è una cuoca bravissima e ha un'eleganza innata (cosa che io non ho assolutamente)

A mia cugina Manuela che stimo per le scelte di vita e ringrazio per la franchezza

A mio cugino Enrico che è il primo medico della famiglia e ho sempre la sensazione che potremmo essere amici, non solo parenti che si vedono e si scambiano convenevoli, ma poi finisce sempre che ci si dice solo le solite quattro frasi d'occasione

A mia cugina Chiara che un giorno vedrò alle olimpiadi o esporrà quadri in un museo e che mi sembra piena di potenzialità e buon senso.

Non vorrei che prendeste queste cose come un maldestro tentativo di riparazione.
Sono cose che ho sempre pensato e non ci sono mai le occasioni e i modo per dirle.
Se vorrete ancora leggermi, sono qua. Spesso più a nudo che in altre occasioni, con tutti i miei difetti in bella vista. E se sarà possibile ridere insieme sarò felice. Se vi farò arrabbiare, basterà dirlo e litigheremo o ci chiariremo, secondo il caso.

venerdì 21 dicembre 2012

All'ultimo minuto - tre libri da regalare

Il mondo non è finito. Anzi, qui il 21/12/2012 è una giornata fulgida che sta galoppando verso un tramonto arancio che è, veramente, la fine del mondo.
Se avete contato sui Maya per risparmiare sui regali o semplicemente vi trovate all'ultimo minuto con dei pensierini ancora da fare, ecco i consigli per gli acquisti di Inchiostro, fusa e draghi

Lavinia - U.K. Le Guin

Un blog che inizia con una citazione della Le Guin non può che consigliare il suo ultimo romanzo approdato in Italia.
Lavina è la sposa di Enea, un personaggio che Virgilio non ha fatto in tempo a rifinire. In bilico tra realtà storica e letteratura, Lavinia, che vive una vita indipendente, ma sa di essere personaggio di poema, si fa narratrice di se stessa.
Poetico, profondo, elegante. Per tutti. Ma sopratutto per le impenitenti prof di italiano, come me.



La via dei re - B. Sanderson
Ecco qui la splendida immagine di copertina di un fantasy talmente bello che, dopo che l'ho finito, non me la sono più sentita di affrontare il genere. Perché è così che deve essere. Un'ambientazione davvero innovativa che esalti il nostro senso del meraviglioso, personaggi ben caratterizzati e un susseguirsi di colpi di scena. Aggiungiamo che è un volume di lusso, con le cartine a colori e delle splendide tavole all'interno che sono parte integrante della storia. E' di lusso anche il prezzo.
Un po' più che un pensierino, per chi non si accontenta più delle copie al ribasso del Signore degli Anelli


L'inverno della paura - D. Simmons
L'ho recensito appena qualche giorno fa. Un horror che non è un horror ambientato proprio a ridosso delle festività natalizie.
Per chi non si sente buonista, non ha paura dei fantasmi e vorrebbe passare il Natale lontano da tutto e da tutti

mercoledì 19 dicembre 2012

La fine del mondo - L'orizzonte degli eventi

Un racconto con una variazione sul tema "La fine del Mondo". Da leggere prima di venerdì!


L’ORIZZONTE DEGLI EVENTI

 Lo sapevano. 
 Era stato previsto. Un giorno il rumore dell’universo in espansione sarebbe cessato. Sapevano cosa li attendeva. Una distesa bianca, silenziosa, sotto un cielo di cartone. L’Orizzonte degli Eventi, lo chiamavano. Il punto oltre il quale null’altro sarebbe accaduto.

 Vi erano diverse teorie su quale sarebbe stato il loro destino. 
 La vecchia bambinaia aveva persuaso la principessa che tutto sarebbe stato congelato in un eterno presente. Un attimo che si sarebbe proteso verso l’eternità. Un’idea che non dispiaceva alla principessa stessa, allevata nella convinzione che tutta la sua esistenza si sarebbe conclusa con un bacio. Una gioia totale e mai scalfita. Un modo, in fin dei conti, assai piacevole per trascorrere l’eternità. 
 Il suo innamorato, però, non era sicuro che una sorte simile fosse la migliore. La vita lo aveva messo davanti a così tante traversie che non era un desiderio poi così incomprensibile, il suo, di non volersi fermare al bacio. Avrebbe molto gradito scoprire anche quello che veniva dopo quell’atto, oltre al fatto di scoprire la principessa in sé e osservarne finalmente il corpo al chiar di luna. Se l’Orizzonte degli Eventi lo avesse  cristallizzato al primo bacio, avrebbe trascorso l’eternità con una certa irritazione e un bel po‘ di insofferenza.  

 C’erano poi i filosofi dell’Eterno Ritorno.
 Una volta arrivata all’Orizzonte degli Eventi, la storia si sarebbe riavvolta su se stessa e avrebbe iniziato a svolgersi di nuovo, tale e quale, dall’inizio del tempo sino all’Orizzonte degli Eventi stesso.
 Ogni cosa, ogni atto si sarebbe riproposto esattamente tale e quale. Ognuno avrebbe pronunciato le stesse precise parole ogni volta. La principessa sarebbe uscita dal castello negli abiti dell’ancella, avrebbe visto il ragazzo di strada, se ne sarebbe innamorata. Poi il mago, malvagio consigliere, l’avrebbe rapita, rinchiusa nella torre. Avrebbe evocato il drago... E via dicendo, sempre all’identico modo.
 Era un’idea che frustrava il ragazzo ancor più della prima ipotesi. Continuare a innamorarsi da lontano della principessa, avvicinarla piano, farla ridere, arrivare a sfiorarle le labbra senza riuscire a toccarla. Vederla svanire catturata dalla magia del malvagio. Ogni volta. Per l’eternità. E mai un volgere degli eventi, neppure una volta, che lo portasse verso una svolta differente. A innamorarsi della fioraia e non della principessa, ad esempio, e poter affondare il capo tra i suoi seni generosi.

 C’era chi asseriva che ad ogni riavvolgersi della storia, gli eventi avrebbero potuto danneggiarsi. Come uno straccio troppe volte utilizzato, che si scolorisce e poi si spezza. Così la principessa avrebbe potuto svegliarsi, decidere di mettersi gli abiti dell’ancella e poi trovarsi a cospetto del drago e poi salvata da uno che non aveva mai incontrato. Di cui magari non ricordava di essere stata innamorata. Il ragazzo, a sua volta, sbuffava all’idea. Se c’era qualcosa di peggio di essere condannato a ripetere in eterno lo stesso combattimento quasi mortale, pensava, era l’essere condannato a ripetere in eterno lo stesso combattimento senza ricordarsi il motivo che lo aveva spinto a brandire la spada. Senza neppure il ricordo del sorriso di lei. O delle sue curve.

 C’era poi un gruppo di vecchie che si riunivano nel bosco, di quelle volgarmente dette streghe, che credeva che, sì, la storia si avvolgesse e che tornasse a svolgersi dal principio, ma che non fosse mai esattamente uguale. Come una stessa leggenda cambia a seconda di chi la racconta e una poesia muta di inflessione per la voce di chi la recita, anche se i fatti rimangono gli stessi, così anche la storia avrebbe avuto minute variazioni ad ogni suo adagiarsi nel tempo. In un percorso la principessa sarebbe stata una ragazzina sciocca, mossa solo da una curiosità infantile, in un’altra, invece, una giovane appassionata, desiderosa di vedere da vicino le vere condizioni di vita del suo popolo. E così il ragazzo sarebbe stato di volta in volta un furfante, un idealista, un coraggioso. Ma si trattava di sfumature. In nessuna di quelle versioni possibili il mago sarebbe stato un uomo retto o il drago vegetariano. E mai la principessa si sarebbe concessa prima del matrimonio.

 Così il ragazzo, ogni volta che poteva, si fermava. Restava del tutto immobile, fino a riuscire a sentire, in sottofondo, il rumore dell’universo che si espandeva. Il ritmico battere delle dita di Dio sull’Inconoscibile Strumento che scriveva la storia. E pregava che Dio continuasse a narrare, allontanando l’Orizzonte degli Eventi e gli concedesse un seguito dopo oltre il primo bacio. 

lunedì 17 dicembre 2012

Visioni - Lo Hobbit


Tutto è questa nuova trilogia della Terra di Mezzo meno che un viaggio inaspettato, come il titolo del primo capitolo cerca di convincerci. E qui sta il nocciolo del problema.
E' dalla conclusione del Signore degli Anelli che si parla della trasposizione de Lo Hobbit, smentita, poi annunciata, iniziata, sospesa, ripresa e infine portata a termine da un regista diverso da quello che l'aveva iniziata, anche se alla fin fine si tratta proprio di Peter Jackson.
Stiamo parlando quindi di un film fatto principalmente per amor di pecunia da un regista riluttante.
Si tratta inoltre di un film con una marea di problemi intrinseci, a partire dalla differenza di tono del libro che vuole adattare (lo Hobbit è e rimane un bel racconto per bambini) e il "sequel" a cui vorrebbe attaccarsi. Per non parlare della pretesa di diluire il suddetto bel racconto in tre episodi.
Lo spettatore deve accostarsi alla pellicola avendo ben chiaro tutto questo. Solo a questo punto si può tirare un sospiro di sollievo e dire che poteva essere peggio. Molto peggio.
Io ho visto le facce dei veri fan di Guerre Stellari dopo Episodio I, gente che avrebbe ucciso Lucas lì, seduta stante, senza alcun rimorso e che anni dopo continua a pensare che è un peccato non averlo fatto. Qui non c'è nessun Jar Jar. Di veramente inguardabile c'è solo la slitta trainata da lepri (che la maledizione dei Valar colpisca chi l'ha ideata), brutta anche da un punto di vista meramente visivo.
Detto questo, è innegabile che manchi qualcosa.
Anima e spirito.
In tre ore, dicasi tre ore di nani canterini al punto da poter dare lezioni a quelli di Biancaneve, paesaggi mozzafiato, inseguimenti e combattimenti più o meno credibili, non è stato trovato il tempo di dare un minimo di spessore ai protagonisti. Non pretendo una caratterizzazione di tutti e tredici i nani, ma se ho capito parte del carattere di Thorin, mi rimangono oscure le motivazioni di Bilbo.
Per l'occasione è stato dato il ruolo dello hobbit a un attore, Martin Freeman, che personalmente amo e che in due battute era riuscito a spiegare le motivazioni di Watson nel primo episodio di Sherlock. Qui non ci riesce, perché due battute su Bilbo non gli sono state scritte. Così, mentre rimane bravissimo nel confronto con Gollum (l'unico momento di approfondimento nella storia), rimane del tutto incomprensibile allo spettatore perché questo signorotto di mezz'età debba abbandonare comodità che assai gli piacciono per buttarsi in un'impresa che neppure lo riguarda. Stessa cosa dicasi per i motivi che hanno spinto Gandalf a portarsi dietro proprio un hobbit. Il rapporto di amicizia tra Gandalf e Bilbo, invece, non è che non è approfondito, non c'è proprio e i due quasi non si parlano direttamente per tutta la pellicola.
Mi dicono che forse uscirà un'edizione ancora più estesa che porrà rimedio a queste lacune, ma credo davvero che in tre ore lo spazio ci fosse.
Lo Hobbit rimane quindi, essenzialmente, un film d'azione. Un bel film d'azione, probabilmente, con scenari superlativi e una Terra di Mezzo descritta con un'attenzione maniacale al particolare (anche se poi la geografica continua ad essere variabile). Le tre ore non pesano neanche tanto, il 3D è avvolgente (ma non essenziale) e non c'è scena che non sia bella da vedere (slitta a parte).
Rimane un film che non ha una direzione precisa e che non riesce a stamparsi in modo indelebile nell'immaginario.  Certo, ci sono ancora due capitoli per rimediare...

Qualcun altro di voi è andato a vederlo? Cosa ne pensate?

Voto: 6.5

sabato 15 dicembre 2012

Letture - L'inverno della paura


Dan Simmons - romanzo

Ho uno strano rapporto con Simmons. A volte i suoi romanzi mi snervano dopo poche pagine. A volte mi stregano. A volte il suo inserire elementi horror e fantastici in contesti iper realisti mi esalta, a volte mi repelle (le ultime 20 pagine de La scomparsa dell'Erebus sono state una delusione traumatica dalla quale non mi sono ancora ripresa). Questa volta si è fatto amare.

Nell'estate del 1960 il piccolo Duane, ragazzino geniale e introverso, muore in circostanze misteriose. Ma di lui rimane qualcosa, che è più e allo stesso tempo meno di un fantasma, un nucleo di coscienza inconsapevolmente (?) raccolto dall'amico Dale, che da quel momento si impegna a vivere la vita che a Duane è stata negata.
A narrare la vicenda è proprio Duane, coscienza acuta e infantile al tempo stesso, che guarda il mondo attraverso gli occhi di Dale, ma che al tempo stesso lo giudica dall'esterno.
Dall'estate del 1960 sono passati 40 anni e la vita di Dale, dopo un burrascosa storia d'amore e una profonda depressione, è allo sbando. Per trovare se stesso e scrivere finalmente il romanzo profondo che lui, autore di volumi commerciali, non ha mai portato a conclusione, Dale torna nel paese della propria infanzia. Affitta la vecchia casa di Duane e intende passarvi l'inverno, inconsapevole dei fantasmi che lo attendono.

L'inverno della paura è un libro denso. Riflessione sulla mezz'età, sull'America di fine del millennio (siamo nell'inverno 2000/2001), sulla scrittura, sulle aspettative, sulla memoria e infine sull'amicizia. E' uno di quei libri rari che con leggerezza, senza paura di sporcarsi le mani con elementi di genere, affrontano con intelligenza e cultura temi profondi. Quello di Dale è un viaggio verso l'interno, alla ricerca delle basi della propria personalità e il lettore è invitato a fare lo stesso. Gli elementi fantastici convivono con quelli squisitamente letterari senza stonare. Il romanzo riesce a trascinarci nel suo mondo senza che questo perda di credibilità. Non tutti gli elementi horror trovano una spiegazione, non tutti sono completamente plausibili, ma formano un tutto omogeneo.
E Dale e Duane rimarranno a lungo nell'immaginario del lettore.

venerdì 14 dicembre 2012

Visioni - Copper, stagione I


Avevo commentato i primi episodi e quindi, dopo la visione dell'ultimo, c'è spazio per qualche considerazione.
Se nel 2012 non avessi visto anche Sherlock, Copper sarebbe stato, tra le serie, il colpo di fulmine dell'anno.
Iniziato come un poliziesco storico sporco e fosco, è diventato un racconto storico drammatico, sporco e fosco, perdendo in parte il carattere "giallo" delle prime puntate. Non che siano spariti i delitti, ma le classici gialli da risolvere nell'arco di un episodio hanno lasciato spazio a cospirazioni di più largo respiro e drammi personali. Copper ha dunque rivelato le sue ambizioni: un racconto storico sulla nascita di una città che si colora di giallo, ma a cui un solo genere sta stretto.
Il detective Kevin ci ha dunque introdotto nei vicoli di una città violenta, in cui si scontrano ideologie politiche, immigrati di diversa provenienza, povertà e ricchezza e in cui tutto sembra sempre a un passo dallo sprofondare nel caos.
Ho visto ultimamente diverse narrazioni in cui dopo un inizio molto "sporco" i conflitti andavano a stemperarsi e personaggi pieni di ombre si rivelavano poi, in fondo, quasi eroi. Gli sceneggiatori di Copper hanno deciso di percorrere un'altra strada.
Qualcuno ha una sua forma di integrità morale, ma nessuno è innocente. Gli amici leali possono essere assassini e i padri dei traditori. I personaggi femminili, poi, sono quelli che hanno riservato le maggiori sorprese. L'impressione che se ne ricava è che le anime candide non potessero sopravvivere a New York. Ognuna delle figure angeliche delle prime puntate mostra il proprio lato oscuro, le donne non sono meno violente e spietate degli uomini, anzi.
In questo quadro, ben dipinto episodio dopo episodio, il finale mi è piaciuto particolarmente. I conflitti non esplodono in modo incontrollato, come mi aspettavo, ma ognuno si trova solo ad affrontare i propri fantasmi. Ogni personaggio raggiunge una situazione di equilibrio precario e ottiene un brandello dell'agognata verità, che porta, però, più dolore che sollievo.

Copper è una serie da vedere, consigliata a chi non ha paura di addentrarsi nei meandri bui dell'animo umano e quindi, se ho compreso bene una distinzione di generi che mi risulta ancora nebulosa, molto più noir che crime.

Voto: 8

giovedì 13 dicembre 2012

Tristezza: chiusura in vista per gli Ecomusei del Piemonte

Qui il post ufficiale di Ecomuseo Cusius.

Io ero indecisa se iniziare con la parola rabbia o con la parola tristezza, ho scelto la seconda, con fatica.

Cos'è un Ecomuseo? E' un ente che si prende cura di un territorio, ne valorizza gli aspetti culturali e ambientali per preservarne e valorizzarne le peculiarità e sceglie come interlocutori privilegiati i cittadini di quello stesso territorio.

Che cosa fa in concreto l'Ecomuseo del Lago d'Orta e del Mottarone, quello che io conosco meglio? Coordina una decina di piccoli (e non tanto piccoli) musei sul territorio e ne garantisce l'apertura estiva con servizio di visita guidata gratuita.
Offre ogni anno numerosi laboratori e percorsi didattici per le scuole del territorio che sono nella quasi totalità dei casi gratuiti. I bambini vengono portati a scoprire il Lago e le zone limitrofe con accompagnatori naturalistici e storici e poi approfondiscono in classe quanto scoperto con dei laboratori.
Organizza dei percorsi di scoperta per tutti, alla ricerca degli angoli più segreti della nostra meravigliosa zona. Ha mappato sentieri ormai in disuso, li ha resi di nuovo percorribili, ha messo una segnaletica chiara e ha pubblicato e distribuito guide per percorrerli. Organizza ogni anno almeno 5 escursioni di gruppo su percorsi sempre nuovi.
E' un polo di documentazione e ricerca. Stagisti, laureandi e ricercatori universitari sanno ormai che Ecomuseo è il punto di riferimento per tutti gli studiosi di storia locale e dunque è il luogo privilegiato per trovare informazioni specifiche sul territorio.
Organizza convegni e giornate di studio.
E' un luogo di incontro e di aggregazione che declina il "prendersi cura del territorio" dagli incontri con gli autori di storia locale alla valorizzazione dei prodotti enogastronomici al censimento dei siti di interesse storico.
Potrei andare avanti ore a raccontare cosa Ecomuseo Cusius fa con 3 dipendenti e una manciata di collaboratori. 3 dipendente. Non 300 e neppure 30.

Ieri ho scoperto che Ecomuseo Cusius rischia di chiudere da un articolo su La Stampa. La cosa che mi ha fatto più rabbia era un commento sul fatto che magari alcune attività potranno essere portate avanti da gruppi di volontari. Mi ha fatto rabbia perché qui, secondo me, c'è il nocciolo del grande fraintendimento che le istituzioni italiane hanno con la cultura. L'idea di fondo che se un lavoro ti piace, lo fai bene, con passione e questo lavoro riguarda la cultura, tu lo debba fare gratis. Dimenticando che competenza e esperienza sono un valore. Che nessuno potrà fare al meglio il lavoro che è stato formato per fare se per vivere deve lavorare altrove. Del resto a un chirurgo non chiediamo di lavorare in fabbrica e operare nel tempo libero, per hobby, anche se, di fatto, neppure un'operazione al cuore produce immediata ricchezza.

Ecomuseo vive con 3 dipendenti e un pugno di collaboratori. E' un posto dove non si contano le ore in più, i sabati e le domeniche. Anche adesso, con il rischio di chiusura alle porte, cosa hanno fatto gli ecomuseini? Una cena di beneficenza. Non per loro, ma per raccogliere fondi a sostegno di un amico affetto da SLA. In questo gesto credo che ci sia tutto il loro spirito.

Tanto immagino, a Torino o dove si decide, quali saranno i pensieri. Qualche sentiero abbandonato. Qualche monumento privo di tutele. Una decina di musei chiusi, ma tanto, oggi, a chi importa che la Val Strona abbia una storia geologica unica al mondo o che era appena stato riallestito l'unico museo in Italia dedicato al Rubinetto? Qualche attività in meno per i bambini nelle scuole. Qualche attività in meno per le famiglie nei fine settimana, in modo che nulla le distragga dallo shopping.

Il problema della cultura non è che non genera ricchezza, è che muore senza rumore.

martedì 11 dicembre 2012

La scuola al tempo di internet

LUOGO: corso d'aggiornamento sul registro elettronico e la digitalizzazione della scuola
PERSONAGGI: DC (docente corso d'aggiornamento) I (insegnante)

DC: come vedete potete compilare tutto direttamente on-line dalla LIM di classe, senza nessun carico aggiuntivo di lavoro
I: metà delle classi non ha la LIM, metà delle LIM non hanno connessione internet
DC: basta che ogni classe sia dotata di un portatile o, meglio, che ogni docente sia dotato di portatile o tablet per segnare in itinere e sul momento valutazioni e annotazioni.
I: a nostre spese?
DC: ...
I: con un portatile o un tablet in classe dove girano studenti in grado di inciampare nei loro stessi arti? A mensa dove il cibo è utilizzato principalmente come arma da lancio? In palestra mentre giocano a calcio? O lasciato in un'aula insegnanti sempre aperta, accessibile a tutti, con degli armadietti senza chiave o comunque dotati di serratura che scassinerebbe anche un bambino di tre anni (e abbiamo alunni con ben più di tre anni e esperienza in merito certificata)? Eventuali danni al suddetto tablet/portatile sarebbero a nostro carico?
DC: ...

DC: in alternativa potete lavorare sui pc dell'aula insegnanti nelle ore buche.
I: sul pc dell'aula insegnanti. Uno. Che funziona a giorni alterni e solo dopo adeguati riti propiziatori.
DC: comunque a casa, dal vostro pc personale, potrete in ogni momento aggiornare i dati, lo potete fare anche in vacanza, dalle Maldive.
I: può ripetere la parte sull'assenza del lavoro aggiuntivo?

DC: alla fine della sperimentazione non si produrranno più pagelle cartacee, ma solo digitali che i genitori consulteranno on-line tramite la loro password o direttamente sulla loro posta elettronica.
I: anche quelli che vivono in tre famiglie nello stesso appartamento, che fanno i salti mortali per mandare fisicamente i figli a scuola e non si possono permettere alcun computer?

NOTA: i personaggi e le situazioni sono puramente di fantasia. E' tuttavia possibile che alcune osservazioni derivino da un corso d'aggiornamento tenutosi oggi e che alcuni interventi di I rispecchino le mie personali perplessità circa il voler inserire nuove tecnologie senza alcun investimento sulle infrastrutture e i supporti informatici.

Segnalazione che nulla centra
Sul sito di RiLL sono state raccolte le recensioni ricevute dall'antologia 2011 Il funzionario e altri racconti che conteneva il racconto che ha sostanzialmente segnato il mio esordio, La locanda dell'ippogrifo. Chi volesse dare un'occhiata le trova qui

sabato 8 dicembre 2012

Di pianta virtù


Una volta comprai un abete vero. Avevo 8 anni. Era di quelli senza radici, che sconsigliano di prendere. L'ho addobbato per quasi dieci anni. Oggi è un abete di oltre due metri, felicemente piantato in piena terra, nel frutteto di mio padre in collina (commento di mio padre "Ecco non riesco a far attecchire i peschi, le piante inutili, invece...").
Adesso c'è l'abete di plastica. I babbi natale, però, stanno iniziando a colonizzare anche le altre piante della casa.
Buon ponte dell'Immacolata!

venerdì 7 dicembre 2012

Proprio come in Inception

Un'idea, quando si radica negli strati profondi della mente, si ramifica e si sviluppa. Non importa se si tratta di una menzogna che qualcuno di ha inculcato, tornerà fuori ancora e ancora fino a rendere convinti di aver concepito quella data idea autonomamente. E non c'è nulla di più difficile da sradicare di un'idea.
Come insegna il film Inception, l'unico modo è radicarne un'altra, ancora più in profondità.

I pregiudizi sono proprio come i falsi ricordi di Inception. Qualcuno li ha seminati nella profondità delle menti e tornano fuori ancora e ancora, non importa quanto essi siano assurdi e infondati. Continuano a riemergere ancora e ancora.

Non avrei mai pensato che nel 2012 mi sarei trovata nella necessità di spiegare a dei ragazzi che le idee antisemite sono assurde e storicamente folli.
E mentre li ascoltavo tirar fuori i pregiudizi più vecchi del mondo e vedevo i loro occhi stupiti delle mie spiegazioni, mi chiedevo se le mie parole, sole, avranno mai la forza di entrare nelle loro menti ancora più in profondità

martedì 4 dicembre 2012

Desiderio di letargo

Disegno di G. Gallerani

Che voglia, in questi giorni, di trovare un posto caldo e silenzioso, come un albero cavo.
 Foderarlo con qualcosa di morbido, come foglie secche ben spezzettate dal muoversi ritmico delle zampe. Costruire il proprio nido con la forma del corpo, dopo avere girato su se stessi un paio di volte e avere provato e riprovato la posizione. E poi, dopo aver ben sgranocchiato quanto di più calorico c'era a disposizione, addormentarsi mentre fuori c'è ancora la luce del sole e dormire fino a primavera.
E sognare di essere un essere umano che è costretto ad alzarsi e andare al lavoro, ma sapendo di potersi invece godere il letargo.
A voi non succede?

domenica 2 dicembre 2012

A cena col medico legale (parlando di cannibali)

Cose che succedono a scrivere gialli.
Succede di andare a Domodossola a presentare l'antologia, insieme ad altri autori. Succede che a moderare la presentazione ci sia Alberto Bellocco, che di professione fa il medico legale (di quelli seri) e che i delitti li risolve davvero. Succede che con un altro autore ci si metta a parlare con gusto di popolazioni cannibali, differenze tra cannibalismo rituale e alimentare. Succede che la conversazione prenda davvero, perché sono un'archeologa non praticante e i cadaveri spolpati (se ben invecchiati in sabbia o in tomba) mi intrigano assai. Succede che a quel punto si vada tutti a cena e nello spazio tra antipasto e dolce (per altro quest'ultimo da menzione d'onore) si ascoltino le descrizione dei gialli veri, imparando quali informazioni si possono dedurre dai corpi.
Succede poi che si esce tutti ben satolli e davvero soddisfatti della serata.
Alcune cose che ho imparato/pensato alla rinfusa:
- "Nik, ti è piaciuta la serata?" "Sì, è stata davvero interessante". Cioè, mio marito è strato trascinato di sabato pomeriggio alla presentazione di un libro che ha già letto che è stata seguita da una cena popolata da gente con un hobby (la scrittura), che non è il suo, in cui si è parlato con naturalezza di morti e cannibali e ha trovato la cosa interessante. E' l'uomo della mia vita (oppure è il caso di scappare a gambe levate)
- E' emersa da parte di noi scrittori l'interesse a un eventuale corso su metodi di indagine e patologia forense. Informazioni indispensabili a un buon gialliasta. Ma anche a un aspirante omicida. Come selezionare gli aspiranti studenti al corso?
- Se dovete organizzare un finto suicidio, assicuratevi di sapere se la vittima è destra o mancina, pare che sia ancora l'errore più comune degli omicidi, nonostante tutti i gialli che sono stati scritti e girati.
- Un omicidio o lo si risolve in 48 ore o diventa davvero difficile risalire al colpevole.
- La verità supera sempre la fantasia. Alberto a pagina 2 del 99% dei gialli ha già capito chi è l'assassino.
- Tutti i giallisti amano i cani e/o i gatti e possono parlarne per ore (me in primis).

Venerdì 7 dicembre Delitti d'acqua dolce sarà presentato alle ore 21.00 presso la biblioteca di Invorio