venerdì 4 gennaio 2019

Padrone del tuo destino – racconto a puntate, capitolo 14

Capitolo 13

Appena era giunto a San Pietroburgo, poco più di un anno prima, V. si era innamorato della pista secondaria del palaghiaccio, con le vetrate che davano su tre lati. Aveva pensato che avrebbe voluto pattinare lì per il resto della sua vita.
G. si avvicinò. Con il suo viso affilato, a V. sembrava un topo, ma si sforzò comunque di sorridere.
– Siamo rimasti noi due – disse G.
– Così pare – non aveva davvero voglia di parlare.
– Tu lo sai cos’è successo a K.
Non era una domanda. 
– Domani torna a casa sua – disse V. – Il padre ha litigato con Y. Se lo rivedremo, sarà in qualche gara, con il suo vecchio allenatore.
V., volente o nolente, aveva ascoltato la metà di quel litigio telefonico, dato che Y., quando si arrabbiava, faceva in modo che tutta San Pietroburgo lo sentisse. Padre e allenatore si erano accusati a vicenda di essere la causa di quello che era capitato. Alla fine Y. aveva buttato giù il telefono ed era uscito di casa sbattendo la porta. Sua moglie era via per lavoro e l’allenatore era rientrato tardi, aveva lasciato in cucina del cibo d’asporto per lui e poi si era chiuso in camera. Per la prima volta V. aveva avuto la sensazione che forse anche Y. potesse essere un essere umano.
– Sei stato un bastardo con quella combinazione – disse G.
– Lo so. Ma io volevo solo vincere – replicò V.
Adesso non era più sicuro di essere contento per quella vittoria. O, peggio, si sentiva in colpa per esserne ancora contento. 
La sera prima aveva chiamato la donna che lo aveva accompagnato, in una vita precedente, alla gara in cui aveva conosciuto Y. A quanto pareva, lassù erano tutti estasiati per quella vittoria. Lui, però, non era stato in grado di raccontare tutto ciò che era successo. Cosa doveva dire? Ho fatto uno sgarbo al mio compagno di allenamento che poi ha cercato di uccidersi, anche perché, forse, era innamorato di me e io neppure me n’ero accorto? Invece la ragazza di cui forse sono innamorato io ha abortito il figlio di un tipo che non è neppure andato a trovarla in ospedale, e io non dovrei neanche saperlo, perché ufficialmente si è fatta male in allenamento… Era stato più semplice, anche più bello, offrire la versione breve della storia. A un anno dalla sua partenza aveva vinto la sua prima competizione internazionale. L'assistente sociale aveva fatto in modo che gli altri ragazzi vedessero la registrazione della gara. «La maggior parte di voi è convinta di non valere niente» aveva detto. «È bello dimostrare che non è vero. Ricordatelo, V., se diventerai famoso, un sacco di ragazzi trarrà ispirazione da te, non solo gli sportivi». Non sapeva come rapportarsi con quelle parole o con le proprie omissioni. Quando quella notte Y. era rientrato, ormai erano quasi le cinque del mattino, dopo aver raccontato in breve quello che era accaduto, gli aveva messo una mano sulla testa e gli aveva detto solo: «non è colpa tua». V. non sapeva neppure se lo pensasse. Si sarebbe comportato diversamente, se avesse saputo cosa passava nella testa di K? Forse la verità era che del compagno d’allenamento non gliene era mai fregato niente.
– Lo so – disse G., riportandolo al presente. – Sai, è una fortuna che io non abbia il talento di K. Io lo so che potrò batterti solo se ti troverò in una pessima giornata, ma sapere di avere la possibilità di pattinare come te e non riuscirlo a fare dev’essere terribile.
– K. qui, era più bravo di me – replicò V.
Lo pensava davvero. Aveva iniziato prima di lui, con allenatori migliori. Era più tecnico e preciso.
G. scosse il capo.
– Tu non ti vedi, quando pattini. Ah, non sei sempre perfetto. Ogni tanto fai degli errori imbarazzanti… Però ipnotizzi. Mi spiace per tutti quelli che si scorneranno con te, anche perché della maggior parte di loro non ti accorgerai neppure… Vuoi venire al cinema, sabato pomeriggio?
La domanda prese V. in contropiede.
– Perché me lo chiedi?
– Perché io vado al cinema con i miei amici del pensionato e tu mi sembri piuttosto sprovvisto di compagnia… E io non posso passare il resto della mia vita fingendo che tu non esista o odiandoti.
– Non Harry Potter…
– L’era glaciale. Tranquillo, è un cartone animato per bambini, al tuo livello intellettuale.
V. gli fece una linguaccia. 
Non vedeva molte possibilità di diventare davvero amico di G., ma provare non costava nulla…
Guardò fuori e, attraverso le vetrate, vide una figura magra che camminava verso il palaghiaccio.
– E! – esclamò.
Senza pensarci, senza chiedere il permesso a D., V. uscì dalla pista per correrle incontro.
La intercettò nell’atrio e le gettò le braccia al collo prima ancora che lei avesse il tempo di metterlo a fuoco.
– E! Sei tornata!
– Ehi, ragazzino, mi soffochi…
Lei gli mise le mani sulle spalle e arretrò di un passo.
– Non sono tornata, vado via, ero passata per salutare D… Non fare così, ragazzino, vieni fuori, parliamo un po’.
V. annuì, usando tutta la sua forza di volontà per non piangere.
Finirono sulla solita panchina. Per i pochi metri necessari a raggiungerla, E. aveva evitato di guardarlo in faccia, ma non aveva lasciato la sua mano.
– Tu sapevi quello che mi era successo e non l’hai detto a nessuno, credo di doverti ringraziare – esordì, quando furono seduti, sempre senza guardarlo.
– E., non avrei mai…
– Pensavo che, tra tutti, tu fossi quello più arrabbiato con me.
– E perché mai?
Poteva sentirsi ferito da E., ma non avrebbe mai provato rabbia nei suoi confronti.
Lei sorrise, un sorriso triste, nel viso che era ancora più magro di quanto V. ricordasse.
– Sei proprio strano, ragazzino.
– Che cosa farai adesso?
– Vado via. I miei mi hanno iscritta a una scuola internazionale, a Parigi. Per aiutarmi a dimenticare, dicono. In realtà sono loro che vogliono dimenticare. E dimenticarmi. E evitare che la cosa si sappia. Perché loro farebbero una brutta figura.
V. annuì. La Francia era lontana, ma, aveva scoperto, non irraggiungibile.
– Tornerai ad allenarti? Potremo vederci durante le gare, quando anch’io passerò tra i senior.
E. scosse il capo.
– Non lo so. Non credo di voler pattinare sotto qualcuno che non sia Y. Non credo neppure di voler pattinare… Iniziare di nuovo, una vita in cui non ci sia sempre qualcosa che mi faccia male, in cui essere solo una qualsiasi, non è un’idea che mi dispiaccia.
Anche se non voleva, una lacrima scese sulla guancia di V.
– E., ma tu sei… Sei come una dea sul ghiaccio.
Lei raccolse la sua lacrima con la punta dell’indice e rimase a guardarla. Il cielo era di un grigio uniforme e la lacrima non rifletteva alcuna luce.
– Forse lo sono, ma non è una cosa che ho scelto io… – E prese un respiro. – Ascolta, ragazzino, mi sono quasi distrutta nel tentativo di essere quello che volevano gli altri. Volevo essere la bella bambolina da esibizione per i miei, l’atleta perfetta per Y… Con I ci sono finita a letto, senza pensare davvero al dopo, solo perché speravo che poi mi guardasse come a volte mi guardi tu, quando dici che sono una dea. Non ne vale la pena. Non ci ho guadagnato niente. A parte Y, se la sono data tutti a gambe quando le cose sono andate storte… Noi siamo uguali, ragazzino, ma tu non fare come me. Fregatene di quello che vogliono gli altri. Tutti quanti, persino Y. Vivi la vita che desideri, pattina fino a che ti va di farlo, smetti quando non ti va più. Fai il contrario di quello che la gente si aspetta da te, perché forse è quello ciò di cui la gente ha bisogno.
– Resta qui – mormorò V., anche se sapeva che era una richiesta puerile e impossibile.
Sapeva anche, però, che non era in grado di dire se quello che provava per E. fosse amore, ma di certo lei era l’unica persona con cui, lì a San Pietroburgo, non si sentisse solo.
– Lasceresti tutto per venire tu via con me? – chiese lei, con dolcezza.
– No – rispose V.
Neppure E. valeva la sensazione che aveva provato al termine della gara, in Francia.

– E allora resta… Ma se un giorno tu trovassi una persona per cui senti di poter andare anche in capo al mondo, non chiederti se sia o no un capriccio, se ne valga la pena. Vai.

SULLE LAME DELLA STORIA.
Con questo capitolo siamo praticamente alla fine. La settimana prossima pubblicherò l'epilogo.
Vorrei intanto ringraziare chi è arrivato a leggere fin qui, seguendo questi miei personaggi che stanno diventando adulti in modo tanto doloroso.
PS: scovare quali film fossero nelle sale in Russia nel momento della storia non è stato facilissimo, è un dettaglio di cui però sono molto soddisfatta.

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