domenica 12 maggio 2019

Appuntamento con il buio


La primavera scolastica dei prof si può riassumere con una sola parola: fatica.
Non starò a tediarvi con tutti i noiosi motivi che mi hanno tenuto lontana dal blog. Finisce sempre che, mentre i fiori sbocciano, ci sia tanto da fare.
C'è anche qualcosa di più sottile. Il desiderio di chiudere i cerchi, tirare le fila dei progetti, in termini di risultati misurabili e budget, ma anche, sempre di più di senso. Arrivare a guardare la fine di un percorso durato o uno o più anni scolastici con la sensazione che ne sia valsa la pena.
In questo mondo di ragazzini disumani che si dedicano al pestaggio ricreativo, noi prof, forse più di altri, cerchiamo un segnale che ci dica che abbiamo aiutato a instillare una goccia di empatia, il seme di un dubbio. Perché alla fine è questo lo scopo ultimo del nostro lavoro, al di là dei complementi dell'analisi logica, le giuste date delle guerre napoleoniche e altre amenità che si dimenticheranno comunque già nel momento esatto del suono della campanella.
Portarli alla fine di un percorso salvaguardando la loro umanità.

Non so, ovviamente, trarre un bilancio del mio lavoro, cosa si porteranno davvero verso il futuro questi miei ragazzini che mediamente studiano, mediamente si impegnano e già questo, a sentire quel che si dice in giro, li rende appartenenti a una specie in via d'estinzione. So però che, alla fine di questo percorso scolastico, ho avuto il privilegio di condividere con loro un'esperienza, perché, grazie a una collega intraprendente, li abbiamo portati al buio.

Quello che manca, spesso, a questa generazione che vive il virtuale come un faccia del reale, è l'esperienza diretta. Il trovarsi nudi, spogliati dalle loro armature di schermi a cospetto con se stessi. Manca sempre di più anche a noi, che pure siamo cresciuti in un mondo differente.
E quindi mi sento di consigliarla anche a voi, quest'esperienza che ho avuto la possibilità di condividere con i miei alunni: andate in miniera.

Andateci a piedi, partendo dalle case dove partivano i lavoratori, spesso di notte, con i loro attrezzi sulle spalle. Salite a piedi, attenti a non inciampare, senza paura della fatica, pensando che quella che per noi è la gita per loro era solo l'inizio di una giornata che prevedeva poi 8/10 ore di lavoro.

E poi entrate, con caschetto e mantellina, in una miniera. Ce ne sono parecchie visitabili in Italia. Ma, se possibile, sceglietene una attrezzata il meno possibile. Con una guida esperta, in sicurezza, ma con la luce più bassa possibile, quello che basta a non inciampare. Con l'acqua che scende dall'alto e scorre a rigagnoli sotto i vostri piedi.
Non importa in quanti siete, potete essere anche con un gruppetto di tredicenni. Le chiacchiere finiscono presto, durano due svolte. Poi si inizia a sentire l'odore della roccia, la temperatura che nulla  più a che fare con quella dell'esterno, il rumore dell'acqua. Si inizia a sentire il rumore dei passi. Si inizia a riconoscere quello distintivo di ciascuno dei presenti.

E quando si è arrivati abbastanza in fondo da chiedersi se, senza guida, si sarebbe in grado di uscire, si possono spegnere le luci. Magari una per volta, come un viaggio nel tempo luminoso. Via l'impianto elettrico che rende la miniera fruibile al turismo e si rimane con le luci dei caschetti, ognuno responsabile della propria visione. Poi la lanterna, con la candela o qualcosa che simuli la lampada a petrolio. E poi il buio.

A questo punto non c'è più bisogno di immaginare. Tutte le letture fatte a scuola, così noiose, acquisiscono un senso diverso. Perché siamo lì, come sono stati generazioni di lavoratori prima di noi. Al buio. All'umidità. Nella polvere. Per rubare alla montagna una ricchezza che finiva in altre mani.
Come succede ancora, ovunque sia l'unica alternativa al non avere niente.

Io non lo so se sia servita, questa esperienza, ai miei ragazzi. Se l'abbiano vissuta con lo stesso distacco con cui si visita un sito archeologico, anche se alcuni di loro sono nipoti o bisnipoti di scalpellini, o se qualcosa sia entrato dentro.

Era di proprietà inglese, la miniera che abbiamo visitato, quella di Pieve Vergone, da cui si estraeva l'oro. A leggere i documenti degli inglesi, ci lavoravano degli "indigeni" dall'idioma incomprensibile. Sporchi, brutali ancora più che brutti, forse neppure, ai loro occhi, umani. Questo accadeva poco più di cent'anni fa.
Forse a tutti farebbe bene, di questi tempi, un appuntamento con il buio.


PICCOLA NOTA FINALE AUTOPROMOZIONALE
Domenica prossima, 19 maggio, alle ore 17.00 sarò a VERCELLI FANTASTICA presso la libreria Mondadori di Vercelli per parlare della mia esperienza con Trofeo RiLL e dell'antologia "La spada, il cuore e lo zaffiro".

9 commenti:

  1. Sì che è servita: non la dimenticheranno.
    Forse sarà apparsa loro anche un po' fantasy, come esplorare un videogame, ma l'esperienza è forte e vedrai che hanno capito.

    Moz-

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  2. L’eserienza diretta ha sempre un valore diverso rispetto a tutto ciò che è solo raccontato o riferito da documenti scritti. È stata un’iniziativa bellissima, che sento molto vicina, perché Caltanissetta è una città famosa per le sue miniere: lo zolfo è sempre stato la sua risorsa più importante prima della tragedia di Gessolungo, solfara dove nel 1881 morirono più di sessanta minatori a causa di uno scoppio di grisù innescato da una lampada a olio; 19 erano bambini, di cui nove rimasti senza nome. Il “cimitero dei carusi” è un luogo di silenzio, tra i più suggestivi della mia città. Bambini “venduti” dalle famiglie per campare, che sacrificavano i figli costringendoli a lavorare a trecento metri di profondità. Sono storie che vanno raccontate e “provate”. Se ne ricorderanno eccome, i tuoi alunni!

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    1. Sì, l'Italia è piena di storie simili. Appena giriamo le spalle al presente troviamo tanta povertà e sofferenza. È bene che se ne rendano conto.... Ammesso che lo facciano...

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  3. Ho visitato una miniera in Norvegia, e devo dire che l'impressione è stata forte, anche senza spegnere la luce. Già penetrare nelle viscere della terra su quel carrello, come lombrichi, con pochi centimetri tra te e la roccia, era pesante. Le esperienze reali sono quelle che ci possono salvare, in un mondo che propende troppo per il virtuale.

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    1. Sì, l'idea era quella. Domani gita "culturale" a Milano, speriamo che vada altrettanto bene.

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  4. Bella idea, me la appunto: qua le miniere scarseggiano ma immagino basti spostarsi un po'...

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    1. Penso di sì, l'Italia è un po' un gruviera, ce ne sono ovunque ci sia un minimo di roccia in cui scavare

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