venerdì 12 luglio 2019

Chernobyl, la serie di cui avevamo bisogno – visioni


Lunedì sera è andata in onda la quinta e ultima puntata di Chernobyl, la serie incentrata sul più grande disastro nucleare mai avvenuto ed è stata, per molti versi una visione necessaria.

Chiunque avesse l'età per fissare i ricordi, sa come visse quella primavera del 1986. Io avevo sei anni e una mamma biologa che seguiva le notizie quasi minuto per minuto, discutendo di fatti e ipotesi, guardano male, come tutti, i tetrapack del latte e l'insalata. Quello e il seguente sono stati gli anni in cui mio padre, accanito cercatore di funghi, si è astenuto dalla raccolta. Sono stati i mesi in cui ovunque si discuteva del nucleare a anche a me, bimba di sei anni, sono state date delle informazioni base. Nella mia famiglia mia madre era comunque favorevole al mantenimento delle centrali in Italia e mio padre contrario.
Insomma, ognuno ha i suoi ricordi e per una serie televisiva giocare sulla memoria e il sensazionalismo di un evento così grosso sarebbe stato facile.

Sin dall'aspetto visivo, però, la serie cerca un'altra strada, meno facile e meno ovvia. Gioca al ribasso, creando le sue sequenze migliori a livello registico come in horror a basso budget, con cunicoli stretti e uomini che spalano detriti. La sequenza più angosciante di una serie che poteva giocarsi un'esplosione nucleare svariate volte superiore a quella di una volgare bomba è quella di un uomo che spala dei detriti oltre un bordo. Già questo è notevole. Per vedere il reattore esplodere lo spettatore deve arrivare alla fine della quinta puntata, in quello che potrebbe essere il peggiore degli spiegoni, una puntata che si regge su cartellini rossi e cartellini blu (!) e invece è un crescendo emotivo. 
Chernobyl ha una sua idea molto chiara su ciò che vuole raccontare e su come lo vuole raccontare ed è questa la cosa importante.

Chernobyl è una serie sulla scienza e sulla verità. 
Sulla scienza che è l'unica cosa a cui puoi aggrapparti quando tutto sembra perduto, per limitare i danni. Sulla verità che verrà fuori suo malgrado, perché una somma insostenibile di piccole bugie può creare un disastro epocale.
In un'epoca in cui l'opinione assurge a fatto, già questo mi sembra notevole. Ancora più notevole è la chiarezza espositiva con cui procede. La ricostruzione dei fatti, per quello che posso capirne, è estremamente accurata eppure non è mai pedante, anche quando per forza di cose deve addentrarsi nei tecnicimi. Tutti i comparti tecnici sanno cosa fare per muovere una grande storia senza sminuirla ma rendendola comprensibile.

La narrazione di Chernobyl non si basa sul disastro o sulla narrazione degli eventi, ma sulla narrazione delle scelte. Scelte che non si dividono solo in giuste o sbagliate, ma in fatte con cognizione di causa o meno.
Uno dei personaggi che viene seguito per quattro puntate e con cui non si può non empatizzare è la moglie di un vigile del fuoco che fa ogni scelta sbagliata e suicida possibile, ma non sa di farlo. A ogni inquadratura noi spettatori conosciamo il pericolo, ma lei no e in ogni momento ci chiediamo se avremmo fatto diversamente, se il suo sia coraggio, stupidità o solo ignoranza.
Allo stesso modo il coraggio non viene determinato da quanto un personaggio fa sul momento e sotto stress, ma dalla consapevolezza con cui opera. C'è chi non ha idea di fare cose che lo porteranno a morte certa, chi invece lo sa con precisione e fa lo stesso ciò che va fatto.

Come tutte le storie è anche la storia di persone. Ho apprezzato particolarmente la scelta di estremo rispetto per le varie parti coinvolte. Non viene raccontata solo la cabina di regia per la gestione dell'emergenza, ma i comuni pompieri, le loro mogli, i soldati novellini capitati lì per caso, i minatori arruolati a forza. Certo, questo sfilaccia un po' la narrazione, anche considerando le poche puntate a disposizione, ma permette uno sguardo d'insieme che non si limita ai potenti e a colore che sanno.

Inevitabilmente, a spiccare su tutti sono Legasov, capo della squadra scientifica che deve cercare di rimediare ai danni, e Shcherbina, l'uomo del partito che segue la vicenda. Due uomini grigi, non estranei a maneggi poco chiari, tutt'altro che integerrimi, ma che trovandosi a fronteggiare una possibile apocalisse smuovono l'impossibile per arginare i danni. Ora, questa parte è sicuramente romanzata, ma nei miei ricordi del 1986 c'è anche una domanda insistente "e se il nocciolo dovesse raggiungere la faglia acquifera?". Quello che ho sempre saputo di Chernobyl, quindi, è che è stato terribile, ma avrebbe potuto essere peggio. Che siano o no state queste due persone (probabilmente sono state loro) qualcuno comunque ha smosso l'impossibile per evitare l'apocalisse, sacrificando in primis la propria vita. E trovo giusto che sia dato a queste figure il giusto spazio e che sia chiaro che se Chernobyl può essere letto come un mostro costruito dalla scienza è senza dubbio la scienza che lo ha alla fine in qualche modo domato.

La considerazione estemporanea, invece, è che anche qui si vede come tanto sia così terribilmente casuale. Dopo l'ultimo episodio è stato trasmesso un documentario con un tot di interviste ai sopravvissuti. I sopravvissuti sono solo persone fortunate. Gente che a oltre 30 anni di distanza è ancora viva mentre i loro compagni sono morti tutti, senza che abbiano fatto nulla di più furbo o più prudente. Il caso più clamoroso è quello dei tre volontari che hanno chiuso a mano le pompe sciacquettando nell'acqua super radioattiva. Speranza di vita: 3 giorni. Due sono ancora vivi, uno nell'intervista mostrata sembrava anche in buono stato di salute.
L'altra considerazione estemporanea è perché mai i russi se la siano presa. Ci sono gli incompetenti che hanno portato al disastro, certo, c'è il regime che ha censurato informazioni vitali, ma ci sono tutti quelli che hanno dato la vita per scongiurare il peggio. Non so se il disastro avrebbe potuto accadere altrove, ma alla fine della visione è chiaro quanto peggio poteva essere e a chi dobbiamo essere grati. E questi ultimi sono tutti russi.

Al di là di queste considerazioni mie Chernobyl è una serie che va vista.
Da un punto meramente tecnico, perché c'è una totale unità d'intenti tra i comparti e questo porta a un risultato di estrema potenza.
Perché racconta in modo chiaro un evento relativamente vicino nel tempo, ma che sta iniziando a diventare fumoso nella memoria, con grande rispetto per le parti coinvolte.
Perché ribadisce che non possiamo fare a meno della verità e della scienza.

13 commenti:

  1. Come sai è un tema a me caro. Non abbiamo Sky e quindi non vedo l'ora che esca il cofanetto dvd. Io so che l' armata rossa sparò alle nubi per evitare che arrivassero su Kiev distruggendola.

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    1. Penso che sia in qualche modo già reperibile, sicuramente vale la visione. Questa cosa dello sparare alle nubi ci è un po' oscura, in che senso?

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    2. Sparare alle nuvole x allontanare il maltempo è possibile,l'ho visto fare a Sorrento. Nel caso di Chernobyl spararono x allontanare la nube tossica appunto da Kiev

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  2. Non ho visto la serie ma per motivi anagrafici ho vissuto l'evento. Ricordo che per molto tempo tanti dicevano che "in effetti" quei giorni faceva un caldo "anormale", ma immagino fosse solo una suggestione legata alla notizia.

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    1. Suppongo di sì, anche perché la notizia non è arrivata subitissimo da noi, perché ovviamente i russi negavano di aver avuto un problema. Se ne sono accorti per primi in una centrale nuclere in Svezia quando, visti i livelli di radioattività rilevati, sono andati in panico pensando di avere una perdita loro. Tempo di indagare e avere le prime conferme... Non so quanto tempo sia passato, ma credo giorni.

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    2. No, non era un'impressione: fu effettivamente un'estate bella calda e precoce; ma non credo proprio che la nube centrasse, perché era caldo già da prima: certi anni fa cosí, e amen.. Non ho visto la serie ma la cercherò, perché la storia mi colpí molto, e mi fece radicalmente cambiare idea sul nucleare.

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    3. E GIURO che ho scritto "c'entrasse" !!!

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    4. La serie merita davvero. Pare che andrà in chiaro su La 7, ma non so quando.

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  3. Ho qualche anno più di te e ricordo perfettamente l'evento e il giorno in cui la nube arrivò in Italia. Com'è ovvio non si vedeva nulla, ma c'era un'atmosfera di angoscia palpabile, unita dalla raccomandazione a non mangiare determinati tipi di cibi. Penso che il disastro di Chernobyl sia paragonabile per cesura e drammaticità all'11 settembre, proprio perché le cifre delle persone coinvolte, o che si ammalarono in conseguenza, non si sapranno mai.
    Ho visto la serie tv e condivido le tue stesse impressioni. A me ha straziato la visione delle persone in ospedale che si decomponevano vive tra sofferenze atroci. Ho ammirato il lavoro degli scienziati e dei volontari e soprattutto i minatori che lavoravano nudi per il grandissimo caldo del sottosuolo. Sì, ho saputo che i russi se la sono presa, del resto alcuni strascichi da guerra fredda permangono sempre.

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    1. Ho letto delle polemiche prima di vedere la serie e mi ero immaginata tutti i politici russi dipinti come cattivi cattivissimi, ma oggettivamente non è così, c'è persino il lato umano negli uomini del partito... Suppongo che sia lo stesso meccanismo che fa sì che qualcuno si offenda per le storie di Mafia, perché raccontano il brutto dell'Italia. Come se il brutto potesse sparire solo a non raccontarlo. E, per assurdo, è proprio questo il cuore della serie. Puoi insabbiare e chiudere gli occhi finché vuoi, ma le cose fanno il loro corso...
      PS: le scene in ospedale le ho mandate avanti veloci perché non riuscivo a reggerle.

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    2. Be', e' evidente la critica feroce al Sistema comunista sovietico. A iniziare dai test che sarebbero dovuti avvenire prima dell'attivazione della centrale e che invece, a distanza di tre anni, ancora non erano stati completati, dalla fretta dei responsabili a compiere quegli stessi test in condizioni inappropriate (non ricordo quale episodio descrive la procedura infranta in mille modi) nella Speranza di uno scatto di carriera; all'inesperienza del personale che lavorava nella struttura (uno degli ingegneri nucleari responsabili del test aveva 25 anni d'eta' e pochi mesi di lavoro effettivo nella centrale, mentre il dirigente della struttura era arrivato a quei livelli per raccomandazioni del partito, nemmeno laureato, da quello che si vocifera); per non parlare dei paper sul funzionamento dei reattori segretati, del Sistema di raffreddamento estremamente instabile, ma comunque adottato perche' piu' economico… insomma, il Sistema comunista sovietico ne esce fuori come un grande circo di incompetenti burocrati che si regge sulla brama dello scatto di carriera, sull'obbedienza della massa per lo piu' ignorante e sull'atto eroico di pochi - e si sa: i russi sono capaci di sacrifici sovrumani come pochi popoli nella storia.

      Io ho apprezzato enormemente la serie, talmente precisa da potersi definire documentario. Mi sono piaciuti da morire I toni, le descrizioni, l'assenza di qualsiasi intento patetico, con piccoli sprazzi poetici qua e la'. Un ottimo prodotto.

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  4. Ho aspettato di vedere tutte le puntate prima di commentare il tuo post.
    Devo dire che dopo aver visto l'ultima puntata non è stato per niente facile prendere sonno. Sentivo veramente dentro di me come un macigno, non sto scherzando era veramente come per il tuo protagonista de: "La roccia nel cuore".
    Questa serie mi colpito sotto molti punti di vista:
    ha colpito il bambino che aveva 10 anni al momento del disastro e a metà tra l'angosciato ed il curioso cercava di capirne di più seguendo i reportage di Gigi Moncalvo e gli approfondimenti di Jas Gavronski.
    Ha colpito il padre quando ho visto i genitori portare i propri figli su quello che verrà chiamato: "Il ponte della morte" e sentire il pianto del neonato contaminato all'ospedale mi spacca ancora adesso l'anima...
    Ed infine ha colpito come uomo vedere il coraggio delle persone mandate a morire perchè "andava fatto per il bene di tutti"! e mi ha colpito soprattutto vedere come le scelte fatte in seguito all'ignoranza della verità portano a conseguenze che verranno pagate dai nostri figli. Non importa quanto siano potenti le bugie che la nascondono, quanto sia forte il desiderio di dimenticare il dolore (forse uno dei motivi per cui i russi non hanno apprezzato la serie), alla fine la verità è sempre lì pronta a saltare fuori, come le uniformi pesantemente contaminate dei pompieri che sono sempre lì negli scantinati dell'ospedale sono state buttate, ancora lì, ancora radioattive!

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    1. Sì, sottoscrivo ogni tua parola. Ho provato proprio le stesse cose.

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