sabato 1 febbraio 2014

Letture - K


S. Tosaki - J. Taniguchi

Lettrice onnivora, assumo dosi settimanali di fumetti e non disdegno un bel manga.
Se qualche lettore del blog crede ancora che "manga" significhi: fumetto di bassa lega con azione e/o donnine nude, questo è uno dei titoli adatti per cambiare idea.
Il mondo del manga è variegato esattamente come quello del fumetto europeo. Vi si trovano opere del tutto aderenti allo stereotipo, ma anche storie di rara raffinatezza, curate nei disegni quanto nella scrittura e K appartiene a quest'ultimo gruppo.

K vive tra gli sherpa himalayani, anche se molti credono che si tratti di un alpinista giapponese, unico sopravvissuto di una sfortunata spedizione. Profondo conoscitore delle condizioni d'alta quota, pur lavorando spesso come una comune guida, K è specializzato in operazioni di salvataggio estreme, anche se qualcuno sussurra che sia solo il desiderio di denaro a guidarlo.
Il volume ci racconta cinque di queste spedizioni, ciascuna su un diverso gigante asiatico e ciascuna rappresenta, per K, insieme una sfida, una preghiera e un desiderio di espiazione.
Diverse cose rimangono impresse nella lettura del volume. La prima è il realismo con cui è descritta la realtà himalayana, priva di eccessiva poesia. Le scalate sono un business. Arrivare in vetta può essere il capriccio di un ricco o una sfida egoistica tra stati o organizzazioni rivali. Intorno ad esse c'è una variegata economia, non priva di ambiguità e sotterfugi. Arrivare in vetta per gli sherpa non è poesia, è solo lavoro, serve a comprarsi una moglie o a portare avanti una famiglia. Quando il tempo, cambia, però, la natura, gli dei, si riprendono prepotentemente il posto, mostrando all'uomo tutta la sua fragilità.
È in questa cornice che si muove K, figura affascinante e ambigua. Uomo di silenzi, di espressioni enigmatiche e pochi gesti e quindi personaggio particolarmente difficile da trattare in un fumetto. 
Pagina dopo pagina, K si svela pian piano. La fragile serenità conquistata, la continua sfida alle vette, che lo porta a tentare anche imprese che sa, non potranno mai essere conquistate, la consapevolezza della sconfitta, dipingono un ritratto non banale. K non si nasconde per vergogna o per espiare una pena. Il suo rapporto con la montagna è una continua preghiera, la ricerca di una comunione con un divino che si manifesta come natura possente e spietata.
Il contrasto da questo atteggiamento, ostinato e fatalista insieme, con il prosaico affarismo del business delle scalate e ciò che più colpisce di quest'opera, insieme all'astensione dal giudizio. K non è un eroe e non si sente superiore, dal momento che non gli mancano le ombre. Quando arriva il maltempo, quando qualcosa va storto, tuttavia, ogni uomo è solo di fronte a Dio e al destino, che sia un agente segreto, il figlio di un miliardario o un uomo senza nome, poco importa.

Una lettura decisamente atipica, che mi sento di consigliare anche a chi non ha mai preso in mano un manga.

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