sabato 19 gennaio 2019

Provando a scrivere per il fumetto



Come accennavo nel post precedente, in questi giorni mi sono imbarcata nella follia di provare a venire a capo di una sceneggiatura per fumetti.

Perché? 
La domanda dovrebbe magari essere: perché no? Dopo tutto sono stata svezzata a fumetti Disney e Bonelli, leggo fumetti tanto quanto leggo narrativa, ben più di quanto non legga saggistica, sono anche molto più "sul pezzo" sulle novità e le tendenze del fumetto rispetto a quanto non lo sia per la narrativa. La nostra piccola "comune del fumetto" che fa girare gli acquisti mi ha permesso di leggere quasi tutte le opere premiate negli ultimi anni in Italia, Francia e Stati Uniti. Anni fa ho persino seguito un mini corso di sceneggiatura per fumetti.

E tuttavia perché farlo? A disegnare sono una capra, quindi avrei bisogno o un disegnatore indipendente che decida di dedicarmi un anno del suo tempo o poco meno o un editore interessato alla sola sceneggiatura. Questo tralasciando il fatto che sono una dilettante allo sbaraglio.

In fatto è che mi sono imbattuta, o sono stata fatta sbattere (ciao, care), in una storia che è prettamente visiva. È bella mostrata, disegnata. Raccontata perderebbe tre quarti del suo senso di esistere.

E così, da brava dilettante allo sbaraglio, ho riesumato vecchi appunti, comprato un manuale, cercato materiale in rete e mi sono messa a scrivere.
Quindi non ho assolutamente le basi per scrivere un post su come si sceneggi per fumetto, ma ho qualche riflessione su cosa significa provarci per la prima volta con una storia lunga venendo dalla narrativa.

Provare a ragionare per tavole e vignette
Mi sto muovendo immaginando per la mia storia un formato europeo, un doppio albo francese o un albo di formato bonelliano.
Quindi la mia unità narrativa è la tavola. Che non corrisponde a una pagina. Un testo può stare in mezza pagina, una, due, dieci. I capoversi e le pagine non hanno nulla a che vedere con la pagina. C'è un ritmo, certo, che è dato dall'uso della grammatica e dalla sintassi della lingua.
Nel fumetto c'è la tavola, che il lettore vede nella sua interezza in un unico colpo d'occhio e poi legge.  Il girare pagina è una frattura visiva molto più marcata del girare pagina in narrativa. Quindi una tavola è una mini unità che deve avere una sua coerenza e una sua tensione interna. A sua volta la tavola è frazionata in vignette, che non possono essere mille. Di base sono sei, che poi possono essere variamente assemblate.
Quindi devo frazionare la storia in un numero finito di tavole, ognuna con un suo senso, che a sua volta va frazionata in un massimo di 6 o 7 istantanee.
Non sto scrivendo narrativa, neppure filmando una scena. È cose se dovessi fotografare la storia. Devo scegliere quali e quante fotografie accostare perché il susseguirsi degli eventi si capisca. Troppe immagini diventa noioso e poi il mio spazio è definito, non mi sta dentro la storia. Troppo poche e non si capisce.
Al momento questa è la parte più difficile e più divertente.
Difficile perché non so se sto usando la grammatica del fumetto in modo corretto. Né so, al momento, se starò nel numero di tavole previsto. Che non è "più o meno" è quello e basta, nessun margine di tolleranza nel fumetto.
Più divertente perché ogni scena si può assembrare e riassembrare in mille modi. Mi compongo la tavola davanti agli occhi, mimando la posizione delle vignette con le mani. Sembro più pazza del solito. Ma è come scrivere e allo stesso tempo comporre un puzzle. Doppio divertimento.

Raccontare per immagini
Le parole dentro una tavola di fumetto sono dannatamente poche. Mezza riga fa una didascalia didascalia. Due righe per una battuta sono già quasi d'avanzo. Ma non è detto che il fumetto debba per forza raccontare cose semplici. Io ho un amore per lo sceneggiatore Gianfranco Manfredi, che scrive spesso fumetti storici e racconta cose complicatissime, con un numero comunque limitato di parole. Perché le immagini non sono puri sfondi, ma portatori di significato.
Giusto per complicarmi la vita, la mia storia è un fantasy steampunk, quindi ambientata in una sorta di fino XIX secolo alternativo con tutta una serie di mutamenti sociali in atto solo in parte mutuati dal nostro XIX secolo. Non ho parole per raccontarli. Nel senso che proprio non ho parole in numero sufficiente. Deve essere l'ambientazione a parlare per me. E allora è divertente immaginare luoghi di culto riconvertiti in società operaie. Con vecchie vetrate a raccontare un immaginario, manifesti appesi alle pareti a narrarne un altro contrapposto. Anche le psicologie dei personaggi devono uscire più da ciò che fanno che da ciò che dicono.
Ci riesco? Non ci riesco? Non lo so, ma è divertente.

Scrivere per essere capiti
Nella più rosea e fantascientifica delle ipotesi un domandi tutto ciò deve arrivare nelle mani di un disegnatore che ha solo le mie parole per dare vita al mio mondo.
In narrativa le parole devono essere precise, ma anche creare suggestioni che si mescolano con l'immaginario del lettore. Chi sono, quante sono e come sono vestite le persone presenti a un ballo di corte in un romanzo? Difficilmente ci verrà detto di tutte quante. Quante sono, chi sono e come sono vestite le persone a un ballo di corte in una tavola di fumetto? Eh, forse il disegnatore, che può non essere un esperto di balli di corte, deve saperlo.
Cambia proprio il modo di scrivere, quindi, che non deve essere "bello", quale che sia l'accezione che noi diamo a questo termine, ma chiaro. E non è affatto facile.

Ciò di cui puoi farcire un fumetto
Io sto provando a scrivere una sceneggiatura di un fumetto in cui comunque prevale l'azione. Non è certo Persepolis o Maus (due storie a fumetti che raccontano rispettivamente le vicissitudini autobiografiche di una ragazza iraniana e l'olocausto). Questo non vuol dire che non ci possano essere dei passaggi che mi stanno a cuore.
In questo preciso momento mi sto arrovellando sulle riflessioni della protagonista in un momento cruciale. Per vari motivi ha passato gran parte della sua vita a essere trattata come se fosse un uomo, anche se chi la circondava sapeva benissimo che non lo era, con un ruolo di comando e relazioni con gli uomini basate sulla parità. Si trova ora a essere interrogata come testimone di un delitto da poliziotti che la vedono solo come una donna e sono interessati esclusivamente al rapporto sessuale che aveva con la vittima. Ci è andata a letto di recente? Aveva avuto una relazione? Lo ha ucciso lei insieme all'attuale compagno per togliere di mezzo un ex scomodo? Senza alcun interesse alla dimensione di profonda stima personale e fiducia che invece caratterizzava il suo rapporto con il poveretto. In quanto donna viene trattata come puro corpo e nessuno è interessato a sentire le sue considerazione e le sue ipotesi. Vorrei che queste cose saltassero fuori in un fumetto in cui comunque prevale l'azione, senza appesantirlo troppo. Ci riuscirò, non ci riuscirò? La sfida è aperta.

Questo al momento è il mio "gioco" letterario. Qual è il vostro?

15 commenti:

  1. Non ci credo, cioè sì certo che ci credo ma sto facendo la stessa cosa. Nata in maniera del tutto diversa e siccome non riguarda solo me te la racconto in privato. A me sta tornando utile il corso di sceneggiatura frequentato tipo 15 anni fa.

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    1. Bene! Non ci resta che mettere in comune le conoscenze...

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  2. Come già sai, esattamente lo stesso ;-)
    Io ho ovviato alla mia incapacità di disegnatore con un software 3D e, semplicemente, immagino la storia, la sviluppo mentalmente (la vicenda complessiva e certe singole scene) e poi creo le tavole. I testi sono provvisori in questa fase, li modifico o aggiorno pian piano che la storia complessiva prende forma in tutti i suoi dettagli.

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    1. Al momento l'utilizzo un software va oltre le mie possibilità, ma seguo con molto interesse i tuoi lavori

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  3. Il mio è realizzare le copertine dei miei ultimi racconti, così da proporli in download sul blog con una veste più professionale.
    Speriamo di non fare disastri ^_^

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    1. Bello! Io per la grafica sono proprio negata, quindi ti invidio molto

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  4. La tua mi sembra una bella e stimolante sfida, in bocca al lupo. La mia sfida in questo periodo è mantenere la voglia di scrivere perché mi sento un po' scarica di energie...

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    1. Devo dire che cambiare modo di scrivere è molto stimolante. Da un lato me ne frego dello stile, dall'altro devo stare attenta alla chiarezza per fare in modo che un eventuale disegnatore capisca esattamente ciò che ho in testa. Lo trovo molto divertente.

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  6. Fai bene a ragionare per tavole. In più, anche se non sai disegnare, devi crearti gli storyboard della storia: quindi abbozzare a grandi linee le scene di ogni vignetta. Ti aiuta nella scelta delle inquadrature.

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    1. Al momento me lo creo in testa perché con la matita in mano sono negata, anche se visualizzo esattamente come voglio la tavola. Poi vedremo...

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  7. Complimenti per l'intraprendenza! Non dubito che ti farà guadagnare belle esperienze e gioia di scrivere. Io al momento tratto come gioco il nuovo romanzo che sto scrivendo: navigando a vista mi sento molto leggera... anche un po' ansiosa, volendo, ma mi piace.

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    1. Navigare a vista è angosciante, ma anche molto emozionante.

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  8. Ti sei imbarcata in una bella avventura, complimenti! Di essere divertente, immagino lo sia, sì, ma... oddio, la realizzazione a me sembra un'impresa titanica. Mi incuriosisce il fantasy steampunk: cos'è, esattamente?
    Comunque, brava: lavorare a questo progetto è assai stimolante. (sei una pazza, ahahahah!)

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    1. Sono pazza, sì. Fantasy stampunk nel mio caso vuol dire un 1900 alternativo, ma con un contesto sociale se vogliamo simile, con società operaie e suffragette.

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