martedì 25 giugno 2019

Riflessioni di fine anno scolastico


A fine anno scolastico mi sento un po' come il pontile della foto: letteralmente a pezzi, ma ancora rivolta a qualcosa di bello, che non sono, non solo, le vacanze.

Si è concluso per i ragazzi, ma non ancora per noi, un anno impegnativo, in cui per la prima volta la burocrazia mi è pesata più della didattica. 
Sarà un po' stato il laboratorio PON, con i suoi moduli dal significato imperscrutabile (cosa servirà mai segnalare con precisione maniacale quanti giorni ciascun ragazzo aderente al laboratorio è entrato in ritardo? E, davvero, tutti i documenti dei genitori dei ragazzi, compresi quelli che vivono altrove? Neppure dovessimo usare questi alunni per chissà quale esperimento segreto...), un po' la necessità di rendicontare in modo univoco tutti i progetti di un comprensivo che ha mille piccole sedi.  Sarà, ma per me che sono una di quelle prof che va già in panico quando deve contare i soldi per la gita, tutta questa mole di dati da gestire mi fa sentire uno sciatore da barzelletta che cerca di scendere dalla montagna più velocemente dell'enorme palla di neve subito dietro. E si sa già nelle barzellette chi vince in questi casi...

E poi ci sono questi ragazzi, figli di un mondo in evoluzione, nati da genitori analogici in un mondo digitale di cui non conoscono rischi e regole, sballottati in un presente incerto dalle prospettive nebbiose, spesso con troppe ansie sulle spalle, di cui non sanno farsi carico. Etichettati in un sistema che sulla carta vuole l'inclusione, ma di fatto li divide in pacchetti e pacchettini, H, BES, DSA, DHD, con il PEI e il PDP, sigle che a me ricordano quelle degli additivi chimici sulle etichette di certe bevande dai colori fluo. Ormai ogni libro di testo, ogni programma didattico, ha il suo contenuto diviso per pacchettini, da associare ciascuno alla giusta sigla, dimenticandosi che in fondo sempre di pre adolescenti stiamo parlando.

Quali riflessioni mi rimangono di quest'anno scolastico?

La rivincita del concreto nel mondo del digitale
A me piace lavorare col supporto digitale, per quanto imbranata io sia. Ho un blog didattico, uso tutti i supporti che trovo, eppure quest'anno più che mai ho riflettuto su quanto serva a questi ragazzi usare le mani. Fare. Toccare. Provare.
I miei sono ragazzi di campagna, grazie al cielo. Vanno in bicicletta, nuotano nel lago, vedono i nonni che fanno l'orto. Non so se si rendano conto di quanto siano fortunati per tutto questo. Tuttavia la loro vita esperienziale è mediata dallo schermo. Io capisco poco del fenomeno degli yuotuber. Mi sembrano per lo più di una noia abissale. Gente che parla davanti a una telecamera. Ma forse rispondono a un bisogno elementare: avere qualcuno che ci parli. Permettendoci di illuderci che lo faccia guardandoci negli occhi.
E allora facciamoli uscire questi ragazzi dalle loro camerette, facciamoli toccare il mondo.
Una delle esperienze più belle di quest'anno, di cui sarò sempre grata alla collega che l'ha proposta, è stata la gita in miniera, di cui ho già avuto modo di parlare sul blog. Entrare in una miniera, solo con la luce dei caschetti e poi spegnerli è una cosa che non si dimentica.
Ma mi ha anche sorpreso l'entusiasmo che i ragazzi hanno profuso in ogni attività che permettesse loro di costruire, persino i modellini di inferno, purgatorio e paradiso. O come si riguardano alcune cose create l'anno scorso. 
Questo dopo tutto è un mondo in cui quasi non si stampano più neppure le foto delle cerimonie. Rimane tutto a schermo, perso nella nuvola. L'idea creare qualcosa che rimanga nel mondo fisico acquista una sua dimensione nuova se guardata con gli occhi di questa generazione.

Custodi della terra che abitiamo
Se mi leggete da un po', non avete bisogno che vi ribadisca come la penso su un sacco di cose.
L'idea di dividere l'umanità in "noi" e "loro" mi fa ribrezzo. L'idea di classificare "loro" in base all'origine mi spaventa.
L'istantanea più bella di quest'anno scolastico, è quella dei ragazzi sulla spiaggia del lago. Il lago che abbiamo studiato e, nel nostro piccolo valorizzato, con il famoso e famigerato progetto PON. Ragazzi dalla pelle di svariate sfumature, dal bianco latte all'ebano, con cognomi e origini che vanno dall'Est Europa al centro dell'Africa. Ma quella è la loro spiaggia. È loro perché ci vanno a sguazzare, a prendere il sole, a giocare a pallavolo. È loro perché adesso ne conoscono la storia. È loro perché sanno quanto è fragile l'ecosistema lacustre e sanno che dovranno avere delle attenzioni se vorranno continuare a poterci sguazzare e giocare. 
Non riesco a capire che importanza possa avere il da dove vengano. Sono qui. Sono una risorsa.
Ho scoperto che è molto più facile spiegare le cose partendo da ciò che è vicino, se è possibile. Qualcosa di tangibile, a portata di mano. Funziona per tutti, anche per chi è nato nei posti più disparati.
Si parla tanto di integrazione e io non so mai bene cosa dovrei fare. Ma voler bene al posto in cui si vive, conoscerlo e proteggerlo mi sembra un buon punto di partenza.

Senza zaino ma non senza fonti
Non il prossimo anno, ma quello dopo approderanno nella mia scuola media dei bambini che hanno fatto le elementari "senza zaino". Dato che quell'anno le prime toccheranno a me non c'è tanto da fare diatribe culturali pro o contro. I miei alunni saranno formati secondo il metodo senza zaino e quindi dovrò esserlo anch'io, se non altro per sapere come sono abituati a lavorare.
Quest'anno ho iniziato a studiare per capire innanzi tutto di cosa si tratta. In pratica, per quello che ho capito, che è ancora poco, è un metodo di derivazione montessoriana che privilegia l'apprendimento cooperativo e il lavoro in classe rispetto allo studio casalingo.
Mi sento ancora molto ignorante e non sempre sono d'accordo con quello che leggo e studio, anche se ho un grande rispetto per le maestre delle primarie da cui verranno i miei alunni. Ad esempio io mi trovo bene con il metodo della "classe capovolta" che tutti mi dicono essere simile come impronta generale, ma in realtà parte dall'assunto che gli alunni studino (o almeno leggano) in autonomia a casa il materiale fornito dall'insegnante prima della lezione vera e propria, che quindi è più applicativa (detto più semplicemente: a casa si lavora e pure tanto).
Quello in cui sicuramente non sono d'accordo è eliminare i libri di testo, sopratutto in alcune materie.
So che alcune scuole senza zaino preferiscono far acquistare dei supporti (tipo tablet) piuttosto che dei testi e spesso si appoggiano poi a dei libri di testo "autoprodotti". Cosa che va benissimo in alcune discipline. Nel mio istituto circola già un bel libro di arte "home made". Forse si potrebbe eliminare l'antologia a favore di un utilizzo migliore dei testi della biblioteca scolastica, evitando l'acquisto di un libro scomodo, pesante sia sul piano economico che su quello fisico e di cui di fatto se utilizzo un terzo è tanto.
Ma il libro di storia? Io non saprei produrre un manuale scolastico neppure per la storia antica (che tanto alle medie non si fa più), che è il mio ambito specifico di studi. Figuriamoci per il resto. E se poi arriva un collega negazionista? O un collega di scienze che pensa che la medicina "tradizionale" sia tutta da buttare e che si possa curare il cancro con l'acqua di rose? Perché diciamocelo, professori così ne esistono. Quindi non vorrei mai alimentare, anziché contrastare, uno dei grandi mali del nostro tempo, quello che vuole l'opinione equiparata al fatto. Tutto sommato di questi tempo il caro, vecchio manuale, controllato da qualche cattedratico docente universitario o chi per esso, ma controllato, me lo terrei caro.
Su questo fronte, quindi, sono in cammino, studio, mi guardo in giro, penso.
Alla faccia di chi dice che gli insegnanti hanno tre mesi di vacanze...


14 commenti:

  1. Riflessioni molto interessanti anche x chi come me partecipa alla scuola solo da zia, una zia parecchio presente ma sempre zia. Dal prossimo anno entrambi i nipoti saranno alle medie, istituti differenti, vedremo come andrà.

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    1. Fammi sapere come si trovano e quali differenze ci sono!

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  2. Ciao....come mi piace leggere i tuoi resoconti. Un bacione.
    Eliana

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  3. Riflessioni legittime di una prof che si rende conto quanto la scuola si sia "burocratizzata" e l'attenzione, volenti o no e purtroppo, si sposta sempre di più dal lavoro dell'insegnante a quello della burocrate. Buona estate.
    sinforosa

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    1. In parte mi rendo conto che un po' di burocrazia è necessaria. Però continua a non essere il mio mestierei, quello e ho sempre l'impressione di fare più danni che altro.
      Buona estate anche a te

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  4. Indubbiamente la scuola tenta di evolversi, cosa inevitabile e per certi aspetti auspicabile visto quanto cambiato il mondo. Speriamo solo che riesca a continuare ad avere il suo ruolo di insegnamento, con il fondamentale contributo di voi docenti che vi adattate di volta in volta ai nuovi metodi didattici ma poi, alla base, ci mettete sempre la vostra passione per insegnare.

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    1. Certo, alla fine la scuola la fanno gli insegnanti. Ma se gli insegnanti sono anche formati ai nuovi metodi secondo me è meglio.

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  5. Mi fa piacere sentire la tua positività, vivace anche tra gli intoppi di vario genere. Ho l'impressione che la maggior parte degli insegnanti viva peggio la situazione lavorativa, ma spero di sbagliarmi. Buona estate!

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    1. Da noi oggettivamente si sta bene. Da anni la dirigente riesce a far fare classi piccole (una delle mie di quest'anno era di 14), il che, da solo fa una differenza enorme in fatto di vivibilità e rapporti. E poi c'è un contesto sociale in cui la scuola ha ancora un valore. Infine, il lago è a due passi e anche questo aiuta.

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  6. Comincio dalla fine: ormai a chi dice che abbiamo tre mesi di vacanze ho deciso di non rispondere nemmeno più, mi limito a buttare loro una banana, tanto non li si convince neanche se ce li trascini dinanzi alla verità.
    Da tua collega, comprendo ogni passaggio, questa stanchezza di fine anno, ad esempio, che è la prova di quanta energia serva per questo lavoro. Ogni anno poi è sempre più stancante, forse per quanto mi riguarda sarà l'età.
    La scuola va verso una direzione del tutto nuova, questa sperimentazione degli alunni senza zaino è una delle tante novità. Credo però, e lo scrivi nel post, di non essere abbastanza preparata neppure io dinanzi a una cosa del genere, se venisse annunciata nella mia scuola. Delle materie che insegno posso immaginare senza manuale in adozione solo la geografia, ma come si fa a tracciare un solco nei ragazzi se devi inventare totalmente letteratura e storia, ma anche grammatica, che ha bisogno di esercizio continuo? Sono scettica.

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    1. La prima cosa che ci hanno detto è che i libri si possono adottare. Stiamo valutando di non adottare l'antologia, con in cambio di acquisti di pacchetti di libti per la biblioteca scolastica da usare in condivisione, ma sicuramente avremo grammatica, storia e, se posso dire la mia, epica/letteratura.
      Per il resto vediamo. Alcune cose mi piacciono, altre meno, cercheremo di costruire una versione "mediata". Speriamo di non fare danni...

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  7. Ai libri liquidi mi sono messa a pensare anch'io con una certa intensità, ma ogni insegnante funziona a modo suo. Personalmente, sarei dispostissima a farmi l'antologia homemade, anche di epica e letteratura (in fondo, già lo faccio) e mi adatterei anche ad arrangiarmi senza grammatica, o con una grammatica molto essenziale. Ma senza storia e geografia andrei veramente in crisi, e il manuale autoprodotto mi lascia molto diffidente, per tutti gli ottimi motivi che indichi (noi per esempio in anni passati abbiamo avuto la collega che non credeva nell'evoluzione, e buon per tutti che facesse sostegno ma...). C'è da dire che per quel che riguarda la geografia ormai vado abbastanza in crisi anche col manuale, perché spesso riporta dati antiquati, superficiali...o consolanti. Comunque la questione è complicata. Tienici informati 😰😰😰

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    1. Storia non si tocca!
      Al momento stiamo valutando con molta cautela il discorso antologia. Per geografia lavorerei anche solo con un buon atlante. La grammatica si tiene. È tutto ancora molto "da pensare", speriamo bene...

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