domenica 8 settembre 2019

Piccola favola vera sulla cultura inutile


Non so quale sia il nome esatto di questi fiori. Io li ho sentiti chiamare gigli di sabbia o gigli di mare. Per me, sono il simbolo perfetto della resilienza. Sembrano fragili, ma fioriscono in agosto, sulle spiagge della Sardegna. Splendono di bellezza tra la calura e i turisti.
Quest'anno, fotografando questi fiori dolci e ostinati, ho pensato che è questo quello che serve, fare ciò che si sente di fare, nonostante tutto. Ho pensato al blog, che negli ultimi tempi ho un po' trascurato. Non so quanta regolarità potrò regalargli, ma so che potrò usarlo per scrivere anche cose in cui credo. Forse saranno inutili, forse verranno calpestate. Ma in questa Italia che mi spaventa sempre più, credo sia necessario far fiorire ragionamento e gentilezza, senza preoccuparsi troppo dei risultati. Non tentarci neppure sarebbe peggio.
Così, dato che lunedì ricominciano le lezioni (nel solito caos generale, nella mia scuola siamo una cosa come otto insegnanti per otto classi e riusciamo a malapena a garantire l'apertura su orario ridotto...), iniziamo con una piccola favola vera sulla cultura inutile.


PICCOLA FAVOLA VERA SULLA CULTURA INUTILE

Che una parte della cultura sia "inutile" non è una cosa che si dica da oggi. Prendiamo le lingue classiche, per esempio. Il latino ormai chi lo parla più? E il greco antico? Voglio dire, non è inutile da oggi, è inutile, all'atto pratico, già da un mille anni.
Dovevano pensarla così anche i superiori di mio nonno. Strano tipo, mio nonno. Erudito fino, appunto, all'inutilità, due lauree, una in lettere classiche, con una goffaggine congenita che ha trasmesso a figlia e nipote. Quando scoppia la seconda guerra mondiale ha appena preso la seconda laurea (lettere, appunto, dopo la prima, giurisprudenza, per far contento papà), non ha trent'anni, che fai lo mandi come soldato semplice? Al corso di allievi ufficiali mio nonno riesce a rompersi una gamba e a dare prova, parole sue di "scarsa attitudine al comando". Immagino lo sconforto dei superiori. Dove lo mandiamo questo? È inetto, pieno solo di cultura inutile. Mandiamolo dove fa meno danni possibile, dove non tornerà, probabilmente, che tanto, per le capacità militari che presenta sai che perdita... Mandiamolo in Russia!

Quindi mio nonno parte per la Russia, con il grado più basso che potevano dare a uno con due lauree, un attendente, una divina commedia, qualche libro di greco e latino, che non si sa mai. Arrivano là, lo guardano e lo piazzano a gestire un magazzino viveri. E lui fa quello che sa fare. Gestisce i (pochi) viveri e insegno greco e latino a chi vuole. Chi vuole sono anche soldati degli allora alleati tedeschi, perché mio nonno non sa il tedesco, ma il francese. A quanto pare, nel magazzino viveri, si imbastisce un'improbabile scuola di greco antico in francese per italiani e tedeschi...

Ora, come sia andata in Russia per gli italiani nella seconda guerra mondiale lo sappiamo tutti. Sappiamo tutti della sacca in cui gli italiani si sono ritrovati, della ritirata a piedi nella neve...  Quando le cose si sono messe male, il battaglione di mio nonno ha capito subito che non era cosa, che l'artiglieria pesante che bisognava a tutti i costi recuperare poteva anche rimanere lì e era il caso di scappare. A piedi. Nella neve della Russia. A un certo punto, non so quando, passa un gruppo di tedeschi su un mezzo motorizzato. Riconoscono mio nonno. Il professore. Sono carichi, non stanno andando dove si stanno dirigendo gli altri italiani del battaglione. Ma nella neve c'è il professore di greco antico. Si stringono, lo caricano su. Mio nonno esige che venga recuperato anche l'attendente. Il greco antico porta due uomini fuori dalla sacca da cui non è tornato quasi nessuno.

Non è proprio finita lì. Perché è comunque una rotta. Dove sono finiti gli altri non si sa. I tedeschi hanno altri ordini da seguire e una guerra da perdere per conto loro. Mio nonno e l'attendente vengono lasciati non proprio in mezzo al nulla ma quasi con tanti auguri.
Su come mio nonno sia tornato in Italia ho avuto solo racconti frammentari. Ci è arrivato dopo essere stato dato per morto. Ci è arrivato quando l'Italia era già nel caos.  Dopo aver attraversato l'Europa ancora in guerra con mezzi di fortuna. Ci è arrivato comunicando in greco antico e latino con le persone istruite incontrate qua e là, sopratutto preti. Ci è arrivato insieme all'attendente e quel poco che so di questa storia, la so perché ad ogni Natale, finché è vissuto, l'ex attendente ha regalato a mio nonno una bottiglia di vino pregiato. Dal momento che mio nonno non beveva, alla sua morte abbiamo ereditato una cosa come quaranta bottiglie da collezione (immolate, quelle ancora bevibili, da mio padre, che invece apprezza il vino e non il collezionismo in un numero ragguardevole di feste comandate).

Credo di aver fatto in tempo a conoscerlo anch'io l'ex attendente, ho un ricordo vago di un signore anziano, venuto in visita con una bottiglia il giorno di Santo Stefano, che mi ha raccomandato di studiare come mio nonno. Perché lui era stato salvato dal greco antico e dal latino. 

BUON ANNO SCOLASTICO A TUTTI QUELLI CHE LO STANNO PER INIZIARE, ALUNNI E PROF
BUONA CULTURA INUTILE A TUTTI
(Che sia davvero inutile, magari aspettiamo a stabilirlo quando abbiamo l'età per raccontare la nostra vita ai nipoti...)

16 commenti:

  1. Mi hai commossa. Grazie per questa storia.

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  2. Che racconto meraviglioso!
    Grazie per averlo condiviso.

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  3. Una storia splendida, grazie x averla condivisa, mi colpisce doppiamente perché il fratello di mio nonno non tornò dal fronte russo e il racconto tramandato di lui che saluta la famiglia dì mia madre attaccato allo stipite della porta piangendo e dicendo "non voglio partire" mi mette sempre grande tristezza, era solo un ragazzo. Buona scuola a tutti

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  4. Bellissima storia e bellissima morale da trarne. La cultura è utile anche quando è inutile :-)

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  5. Che storia meravigliosa. Hai ragione, vale sempre la pena di scrivere di cose in cui si crede, a prescindere da tutto.

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  6. Una testimonianza bella e utile. Dovrebbero essere conservate una a una, e mai perse, a beneficio delle nuove generazioni.
    Buon anno scolastico! :)

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  7. Mi associo al commento di Luz, la bellissima storia di tuo nonno, merita di essere divulgata, da profano mi domando potrebbe essere la base per un romanzo biografico?

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  8. Ha commosso anche me: è un racconto molto bello, con un messaggio che lo è ancora di più.
    Buona ripresa di scuola, che non sia solo stress e fatica, ma soddisfazione e gratitudine.

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  9. Grazie, adoro queste storie di vita così toccanti.

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  10. Scusate, la prima settimana di lezione, in cui fino a questa mattina eravamo 8 prof con 8 classi e nessun sostegno mi ha stremato.
    Ho letto tutti i vostri commenti e vi ringrazio davvero di cuore.
    @Mist.
    Ci sono tanti che questa parte di storia l'hanno vissuta in prima persona e l'hanno scritta divinamente, vedasi, nel caso specifico, Il sergente nella neve. Io la storia di mio nonno la conosco a pezzi e a bocconi, ricordo solo due occasioni in cui lui ha raccontanto qualcosa con me presente, altre informazioni le ho avute da mia nonna e da mia mamma, ma sono molto frammentarie. Ci sarebbe da romanzare molto e forse, questa pagina di storia non si merita il romanzo scritto nella comoda stanza riscaldata.

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  11. Sono rimasta senza parole di fronte a questa piccola grande storia. Grazie di avercela raccontata. Proprio di recente ho letto "Centomila gavette di ghiaccio" ed è inimmaginabile le sofferenze che i nostri nonni o padri dovettero attraversare. Stavo male nel leggere la marcia nella neve, peggio ancora che in "Il sergente nella neve". E, comunque, evviva l'inutile cultura.

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    1. Inutile cultura a volte ci salva. È il caso di ricordarcelo. Grazie per essere passata.

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  12. Ciao! Sono Martina, admin del blog Il Rumore delle Pagine! Ho trovato il tuo blog e ho pensato di lasciarti il follow! Se ti va ti aspetto da me!

    http://ilrumore-dellepagine.blogspot.com/

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  13. Davvero, come dicevano un tempo, il sapere è vita e i classici ci soccorrono nelle più impreviste circostanze! Ma questa storia, come tante altre, descrive bene la follia della guerra, che mastica allo stesso modo grecisti, contadini e ingegneri e spesso non si preoccupa nemmeno di risputare gli ossicini. Tuo nonno per sua e vostra fortuna ne è uscito vivo, ma capisco che non ne parlasse spesso e volentieri. Intanto buon anno, ché i primi giorni sono sempre un osso duro.

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    1. Grazie davvero per la tua riflessione. È vero. Entrambi i miei nonni, pur essendo finiti nel peggio, uno in Russia, l'altro deportato dopo l'8 settembre, hanno avuto un'enorme fortuna.
      E buon anno anche a te!

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