lunedì 10 novembre 2014

Il patto col lettore e i rischi dell'imprecisione – Scrittevolezze


Tanto è un romanzo!
Tanto è un'opera di fantasia: è tutto inventato.

Io sono ferocemente contraria a questa visione della scrittura.
Tento di spiegarmi, addolcendo un po' la vis polemica che l'argomento già di per sé mi suscita e che è stata esacerbata da un pomeriggio particolarmente irritante.

Il patto col lettore
Quando si scrive si costruisce un patto con i lettore, si presenta loro un mondo altro dai tratti definiti, all'interno dei quali alcuni elementi non sono reali, ma frutto della nostra fantasia. Tali elementi sono, a seconda della storia pochissimo o moltissimi, non importa, in ogni caso il lettore, accettando di leggerci,  crederà, fintanto che il patto sussiste, che tutto sia reale. È la famosa sospensione dell'incredulità
Che i nostri elementi d'invenzione siano molti o pochissimi, essi saranno comunque circoscritti e definiti. Come diceva U. Eco ne Le postille al Nome della Rosa dovremo comunque definire le regole che governano i nostro mondo letterario e rispettarle e stabilire quali e quante coincidono con quello reale.
Nel nostro mondo inventato gli asini volano? Bene. Ma tutti gli asini? Secondo quali regole? Solo gli asini e non i cavalli? E i muli?
E, ancora, più importante, asini, cavalli e muli saranno o non saranno quelli del nostro mondo reale? Se la risposta è sì, non importa se l'asino vola o non vola, in ogni caso dovrà ragliare. Se nitrisce è un errore.
Insomma, posso stipulare un patto con il lettore per cui gli asini in quel mondo sono come quelli del mondo reale, ma volano. Se però nel ben mezzo della narrazione il mio asino volante si mette a nitrire violo il patto che io stesso ho stipulato. Come scrittore sbaglio e il lettore, se se ne accorge, si arrabbia. Peggio ancora, smette di credere a tutto ciò che gli ho raccontato.

La precisione nella narrativa fantastica
La storia dell'asino che vola e si mette a nitrire è esemplificativo di molta fantasy amatoriale.
È errore comune (mio come di qualsiasi altro) degli autori alle prime armi pensare che, siccome siamo in un mondo fantasy, allora tutto sia lecito e tutto si possa inventare.
Tutto si può inventare, beninteso, ma secondo delle regole chiare che funzionino sempre all'interno della storia. Non devono per forza essere esplicitata. Il lettore si accorgerà da solo che qualcosa funziona funziona sempre in uno stesso modo che è diverso da quello del mondo reale (es: la magia in un mondo fantasy).
Ciò che, però, viene presentato come uguale al mondo che conosciamo deve essere uguale, pena la rottura della sospensione dell'incredulità.
Gli asini, fino a che non ci viene detto il contrario (presentandoci come normale un asino che parla, ad esempio), ragliano. I combattimenti con le spade si svolgono in un determinato modo e gli archi hanno un loro funzionamento. Le armature pesano. 
Non so quanti fantasy amatoriali ho idealmente gettato dalla finestra perché i combattimenti erano inverosimili, fanciulle esili in due giorni imparavano a usare spadoni a due mani e saltellavano allegre nelle loro armature complete di piastre.

La precisione nella narrativa non fantastica
A maggior ragione la precisione non può essere un optional in tutte le narrazioni di ambientazione non fantastica.
Anche qui si devono e si possono definire i confini.
Si può fare un romanzo in cui l'avversario odioso è il cardinale Richelieu e la massima preoccupazione dei moschettieri è la salvaguardia dell'onore di una regina un po' farfallona. C'è da credere, fonti alla mano, che il cardinale Richelieu avesse altro da pensare se non a mettere i bastoni tra le ruote ai moschettieri del re e che questi, in fin dei conti, non fossero gli eroi che ci sono stati raccontati.
Tuttavia i moschetti sono moschetti, i fioretti sono fioretti e per andare da Parigi a Londra bisogna necessariamente fare un determinato percorso senza poter prendere l'autostrada.
Se un moschettiere a un certo punto tira fuori un revolver la mia sospensione dell'incredulità va a farsi friggere.
Non cambiano le cose se ambiento una storia ai nostri giorni. Se ho un personaggio che deve spostarsi in auto da Milano a Roma e ci mette due ore guidando con prudenza, la sospensione dell'incredulità va comunque a farsi friggere.

Ovvio, starà pensando ora il mio narratario, nessuno fa errori così banali. 
Il diavolo, però, sta nei dettagli e di dettagli in un romanzo ce ne sono a migliaia. E sì, tutto ciò che non sta all'interno dei confini che noi abbiamo tracciato, i confini del "non reale condiviso" su cui il lettore sospende la propria incredulità, deve essere accurato.

Ma chi vuoi che se ne accorga!
Quando noi affidiamo una storia ai lettori, che sia tramite pubblicazione tradizionale, autopubblicazione o semplicemente postandola in rete, la storia acquisisce vita propria. Non sappiamo a chi andrà in mano, per cosa sarà utilizzata o con che occhi sarà letta.

Lo raccontavo l'altra sera alle presentazioni, io rispetto sempre il detto della "sfiga che ci vede benissimo". Se scrivo un racconto storico posso stare certa che finirà in mano a uno storico e che magari sarà costui a giudicarmelo. Se ambiento una storia in un luogo, non importa quanto improbabile, state pur certi che il primo lettore ci sarà vissuto per anni.
Quando inviai il racconto Come foglie d'autunno a un concorso di Giallo Mondadori non avevo idea di stare di fatto inviando un racconto ambientato nell'Antica Roma a uno dei massimi esperti dell'argomento che si trovava a presiedere la giuria.

Una questione di etica
Alla fine è questo.
Stabilire un patto con il lettore, definire i confini della nostra immaginazione e attenercisi è una questione di etica.
Nella scrittura possiamo fare tutto, possiamo far volare gli asini e pure farli parlare.
Se decidiamo, però, che "asino" corrisponde a "equino tale e quale a quello che nel mondo reale viene definito asino" allora deve ragliare.
Se nitrisce stiamo ingannando un lettore. Che magari è un bambino che il giorno dopo andrà a scuola, dirà che l'asino nitrisce e verrà preso in giro dai compagni (per colpa nostra?)

14 commenti:

  1. Il patto fiduciario è importantissimo, ne abbiamo parlato al corso! E io ho citato Harry Potter dove sì avvengono cose ben strane, ma il patto non viene mai rotto, c'è una grande coerenza interna, Harry Potter avrà sempre la cicatrice, ad esempio, e Hermione sarà sempre secchiona, e i babbani non è che all'improvviso possano fare magie, come i maghi. Se si tradisce il patto, ciò che avviene è l'abbandono del testo, o, se va un pelino meglio, il mancato acquisto di un nuovo romanzo. bacio Sandra

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  2. È proprio così! E quando Harry Potter entra nel mondo babbano, tutto funziona come siamo abituati

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  3. Sfondi una porta aperta con questo post. Io tengo al realismo in modo maniacale al punto che a volte rischio, con un eccesso di coerenza, di impoverire la narrazione. È vero che si tratta di vite di persone comuni, ma ci devono essere anche elementi di straordinarietà altrimenti diventa noiosissimo.
    Comunque qualche libertà creativa me la prendo anche io. Anche se l'ambientazione milanese è reale, ho inventato alcuni luoghi. Una scuola, ad esempio. Oppure il locale in cui il protagonista suona con la sua band.Ma in fondo sono simili a molti altri, mi ispiro a mille altri posti analoghi... quindi il patto non è tradito.
    Se non ricordo male, qualche settimana fa c'è stato un malinteso sul mio blog, che poi avevo spiegato in risposta al tuo commento. Io non avevo infatti detto che chi scrive opere storiche può stare meno attento. Al contrario tende a documentarsi di più e meglio perché da meno cose per scontate. In questo potrebbe essere avvantaggiato. Questa è però solo una mia supposizione :)
    p.s. sono bravissima a scovare magagne nelle opere altrui, a scoprire se il patto è stato rispettato, se ci sono state anacronismi o incoerenze. Mi sento decisamente tignosa e rompiscatole. Mi hanno soprannominata beta - radar. :D

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    1. Avevi chiarito benissimo, non avevo più commentato solo per mancanza di tempo!
      Per il resto come non posso che essere d'accordo con quanto scrivi!
      Tenar

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    2. A me un paio di volte è capitato di perdere qualche risposta ai miei commenti, quindi pensavo non avessi visto :)
      Buona serata

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  4. Quella sensazione di "eeeh, figurati!", da lettore è mortale! Ma anche il fatto che tanto "è un fantasy, che problema c'è?" non scherza...

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    1. Ricordo ancora un "bionda come le barbe del mais" riferito a una donna dell'alto medioevo che mi ha quasi ucciso un libro per altro bellissimo (sospetto ancora del traduttore, non avendo mai controllato l'edizione originale). Magari qualcuno indovina anche che libro è...

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  5. Una delle cose che dico sempre è che un romanzo fantasy deve apparire più verosimile (all'interno delle regole della sua realtà) del reale.

    Bel post ;)

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  6. Quando edito un testo altrui ed evidenzio "buchi logici" (così li chiamo io), spesso mi viene detta la frase che citi in apertura del post...
    La mia risposta in genere è che si può mettere in un testo anche la cosa più surreale e incredibile, ma deve essere perfettamente coerente nel testo.

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    1. Appunto, in caso contrario si sta prendendo in giro il lettore! Sii implacabile, mi raccomando ;)

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  7. Ammetto che a volte ho la tentazione di cambiare una piccola caratteristica di un personaggio in corso d'opera, solo perché mi fa comodo ai fini della trama che si comporti così e non cosà... solo per una volta... ma so che sarebbe un errore fatidico. Anche se nessuno se ne accorgerebbe, io lo saprei e rimarrebbe una tona stonata.

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    1. Guarda, la sfiga come il solito ci vede benissimo: sarebbe l'unico particolare ad essere notato e a tornare in ogni recensione come una maledizione. E sto parlando per esperienza...

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  8. Secondo me il lettore nota quando c'è uno sforzo di coerenza complessivo e quindi si spera che perdoni l'errore, a patto che sia veniale. Si perdona molto meno la gigioneria del 'tanto è un romanzo' perché la si sente a pelle.

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