venerdì 15 gennaio 2016

Lo scrittore ruminante – scribacchiando


In uno dei commenti al post sulle storie che verranno, Michele si è definito scrittore ruminante.

Definizione perfetta per come mi sento io adesso.
Non sto rivedendo il romanzo, ormai lo sto ruminando.
Lo sto masticando e rimasticando per trasformare le idee grezze in qualcosa di assai più ragionato e fruibile (digeribile?).
Rumino, cercando di essere placida e riflessiva come una mucca scozzese, anziché scalpitare come un torello, impaziente di avere un'opera finita e passare ad altro.

In passato sono arrivata molto vicina a pubblicare con due romanzi con grossi editori. Entrambe le storie erano state ruminate ben poco. Stesura revisione e via. Mi chiedo, adesso, se non si meritassero quel "quasi". Con questo romanzo, la cui importanza per me è infinitamente maggiore rispetto ai precedenti, non voglio il rimpianto di non averci lavorato abbastanza. Se deve essere un no, che mi arrivi almeno con la coscienza a posto. Con la consapevolezza che ho fatto, a livello di scrittura, tutto il possibile.

Terminato a settembre, il romanzo è stato inviato in lettura valutativa a ottobre. È tornato a casa con delle indicazioni operative prima di Natale. Ho fatto delle modifiche e adesso sto revisionando di nuovo il tutto. La revisione della revisione. Cos'è questo, se non ruminare?

Per quanto riguarda le modifiche ho, in sostanza:
– Inserito un elemento di background di uno dei personaggi principali.
– Ho mostrato degli eventi che accadevano in origine fuori scena, rendendo più evidente il loro scopo di motore per una serie di scelte personali da parte di almeno due dei tre personaggi principali.
– Ho compattato la vicenda a livello temporale, accorciando la sua durata di una giornata.
– Ho tagliato qua e là per arrivare a un ritmo più serrato (per modo di dire, la storia lenta era e lenta resta, diciamo che stiamo passando da lumaca a tartaruga) e evitare ogni ripetizione.

Ovviamente ognuna di queste modifiche porta con sé "l'effetto farfalla" quello per cui una riga modificata al cap.1 ti porta a riscrivere totalmente il cap. 45. Quindi sto rileggendo tutto di nuovo, per uniformare al nuovo ritmo, per cercare tutte le minute incongruenze. Per levigare e lisciare la mia opera, perché diventi il meglio possibile che io possa fare.

Ho scoperto che non è poi così male, quest'attitudine ruminante. Ci sarà un motivo, del resto, perché le mucche lasciate in pace a rimasticare in mezzo a un prato hanno un aspetto così beato.
In parte questa beatitudine non è del tutto sana. Perché rimanda il momento del distacco nei confronti dell'opera e del giudizio. Ci si può cullare un attimo di più in quel momento in cui sì, "è proprio un bel lavoro" (sia chiaro, un attimo dopo l'invio mi sembrerà pessimo e indegno).
Però porta a una confidenza maggiore con il proprio testo e, quindi, con tutto ciò che consapevolmente o no ci si è messo dentro.

Ieri ho scoperto, ad esempio, una cosa a cui non avevo assolutamente pensato. 
Ho inserito una scena che nella prima stesura non c'era, ambientata in un poligono di tiro. Ho dovuto farmi una cultura in fatto di poligoni e armi e spero che ciò sia ripagato da una serie di considerazioni un po' più sensate su un personaggio. Ne è uscito fuori senza che io lo volessi o lo avessi preventivato, un giallo in cui le armi da fuoco non sono mai strumento di morte. Ci sono, sparano, ma  in tutta la vicenda (che conta alla fine 16 morti, 3 feriti gravi e un ferito lieve) le armi non uccidono mai. C'è un'arma, in particolare, che ha una sua storia particolare e che è sempre connessa, se stiamo ben a vedere, a valori positivi di libertà e salvezza.
Com'è possibile che io, una pacifista convinta, abbia scritto una cosa del genere?
Ebbene, credo che sia molto mia la considerazione che il male non ha bisogno di armi particolari per compiersi. 
E che un oggetto può essere più o meno pericoloso, ma è pur sempre uno strumento di per sé neutro.
Lungi da me qualsiasi discorso di liberalizzazione, ma è un fatto che io tenga come fermacarte due riproduzioni di rivoltelle storiche ereditate da mio nonno e che io sia affascinata dalla loro oggettiva bellezza. Si tratta di oggetti ben fatti, premendo il grilletto si mette in moto tutto il meccanismo che porterebbe allo sparo ed è inevitabile che finiscano in mano a qualsiasi curioso giunga a casa mia. Perché no, non credo, suppongo, che siano di per sé un male. Non credo che se uno gioca alla guerra poi diventi violento. Credo che la violenza, quella vera, sia sempre una scelta. 
E quindi sì, sono e rimango una pacifista. No, non voglio che le armi siano liberalizzate, perché sono pericolose. Ma non credo siano un male in sé.
Tutto questo ragionamento è nato rimasticando la mia storia. Rendendomi conto che anche un particolare narrativo non pianificato (presenza di armi da fuoco che, però, non uccidono) aveva dentro qualcosa di profondamente mio.

Di altre cose, invece, mi sono assunta con più sicurezza le responsabilità.
No, non è una storia disimpegnata, questa.
No, non è altro, rispetto alla realtà.
Questo impone l'affrontare di petto alcuni temi e accettare che questa scelta possa avere un peso in fase di valutazione editoriale.
Non è un giallo da ombrellone, ha una sua dimensione sociale e politica (intesa in senso lato), che non ha senso rinnegare, ma che ovviamene mi negherà accesso a tutta una serie di collane dedite al giallo disimpegnato (quando si dice andarsela a cercare...).

Questa è la mia esperienza di scrittrice ruminante. Voi vi siete mai sentiti tali? Qual è la vostra esperienza di rimasticatori di storie?


32 commenti:

  1. Ciao Antonella, anche io sento molto calzante questa descrizione. Mi piace acchiappare un'idea poi riguardarla, espanderla e sistemarla. Più la rumino e più sono soddisfatta, anche storie ormai finite e pubblicate, le riprendo in mano e le rovescio sottosopra riscrivendole, ogni volta salta fuori qualcosa di nuovo che arricchisce. Per me è anche un modo per migliorare la mia scrittura acerba.
    In bocca al lupo per il tuo libro!
    Isabella

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  2. Post molto interessante e adatto al mio momento attuale. Rovistando ho realizzato che il mio romanzo ha avuto 5 stesure, quindi rumino anch’io e parecchio. Ora, tu ritieni che non aver ruminato abbastanza possa essere il motivo per cui il “quasi” non sia diventato una pubblicazione con un editore big. Io credo che esista l’imponderabile nell’editoria, cose a cui noi umani non arriveremo mai, ci è proprio vietato l’accesso. Paradossalmente io per aver ruminato tanto ora mi ritrovo con parti di romanzo ritenute superflue. Insomma, anche non volendo interviene il gusto
    di chi legge e ahimè valuta. Non tutti le opere sono uguali, può essere bello andare via lisci e veloci così come ruminare a lungo. Perché e cito come spesso faccio Chiara Beretta Mazzotta, in una sua mail mi disse: “perché è in quel fare su e giù per il testo che arrivano le idee” e io credo sia proprio così. Solo che se la ruminazione si fa lunga e articolata poi diventa troppo difficile staccarsi dal romanzo. Spero che tra non tantissimo saremo qui a rallegrarci per le rispettive pubblicazioni. Io il tuo lo aspetto con la gioia delle attese belle. Sandra

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    1. Certo, le variabili editoriali sono imponderabili. Però questa volta da parte mia non voglio rimpianti. Niente "se solo ci avessi lavorato un mese di più". Voglio dire "più di questo non potevo fare".
      In generale, poi, penso che questa storia avesse bisogno di essere ruminata ancora. È anche vero che più un lavoro è ruminato e più è difficile poi staccarsi e accettare i no...
      Teniamo le dita incrociate e aspettiamo a vedere!

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  3. Dicono che Salinger ci abbia lavorato vent'anni al suo Giovane Holden... Rumina, rumina e poi, però, sfonda. ;)

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  4. Avendo letto il romanzo, ho letto questo articolo con un sorrisetto sulle labbra e mi sono a dir poco incuriosita, in particolare per quel che riguarda il background dei personaggi principali e il condensare tutto in un'unica giornata. Faccio fatica a immaginarmi una soluzione del genere, perché certi rapporti hanno bisogno di consolidarsi. Se vorrai farmi leggere di nuovo qualcosa ne sarò molto felice!

    Nel mio caso, il ruminare troppo durante la prima stesura è stato il male assoluto, un errore che non ripeterò mai più. Mettere le mani su un'opera non ancora conclusa non risolve i problemi, anzi! Demanderò dunque il mio istinto revisionante al momento opportuno. Per ora, cerco di andare avanti.
    Grazie al cielo sbagliando si impara! :-)
    P.S. A proposito, mi sono dimenticata di dirti una cosa, è già da tempo che mi propongo di farlo ma mi scordo sempre. ora ti mando una mail!

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    1. Non condensare in un'unica giornata! Ridurre la durata di una giornata!
      Si passa, credo, da sette a sei giorni, nulla di più!
      E sì, sbagliando si impara...

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    2. Ah scusami non avevo proprio capito. è già la seconda volta che mi confondo (la prima con il movimento "Rainbow"), sto perdendo colpi. :)

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    3. Figurati!
      I Rainbow li conoscono proprio in quattro gatti. Loro stessi, i loro parenti e chi, come me, si imbatte sempre in gente "peculiare".

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  5. Ehi, ma sono io, lassùùùùù!
    Cioè, subito sotto alle muuuuucche, ecco. :)

    Io sono uno che progetta molto, prima di scrivere; di conseguenza pensavo che le mie prime stesure fossero "buone". Sbagliato. Ci sono un sacco di riferimenti incrociati, in un romanzo: non mi riferisco a quelli di trama (un personaggio che da alto non deve diventare basso, per dire un'ovvietà) ma a tutti quegli echi che rimbalzano tra descrizioni, sensazioni, ritmo. Queste cose si scoprono solo dopo, a posteriori. Proprio come hai fatto tu con le armi.
    Io, ad esempio, ho scoperto che i pezzi delle stesure precedenti che sono stati tagliati non lo sono stati veramente: sono diventati un background. Un "non detto" che viene fuori comunque e che il lettore percepisce. Se non le avessi mai scritte (ma solo pensate, accennate) non avrei mai ottenuto questo effetto.
    Buona ruminazione ;)

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  6. Io penso che non si finisca mai di "ruminare". Avete mai provato a guardare una vostra foto di tanti anni prima e a provare una piccola punta di imbarazzo per come si era vestiti o pettinati? Eppure al momento della foto ci sentivamo alla "moda" o quanto meno non ci sentivamo in imbarazzo. Credo che accada la stessa cosa con racconti e romanzi: per quanto ci lavoriamo sopra, arriva un momento in cui ci diciamo "Ok, ora è tutto perfetto". Racconto terminato e magari pubblicato. Se ci dovesse capitare di rileggere lo stesso racconto dopo anni, sicuramente proveremmo la tentazione di voler riorganizzare le parole e rimettere mano ad interi paragrafi. Ma non credo che si tratti di riscrivere parti scritte male: semplicemente il nostro stile si evolve e ci fa sembrare diverso tutto quanto scritto prima. Almeno, questa è la mia sensazione. E' per questo motivo che penso che non si smetta mai di "ruminare"...

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    1. Non si smette mai, ma ad un certo punto bisogna anche dire "ok, mi fermo qui".
      Non è facile, però, capire quando quel momento è quello giusto e non è la fretta, l'impazienza o solo la stanchezza a parlare.

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  7. Mi piace questa immagine della mucca ruminante! Secondo me ruminare fa bene alla scrittura perché certe scene che all'inizio crediamo di aver reso perfettamente a una rilettura successiva possono apparirci incomplete o comunque da integrare. Più ruminiamo più miglioriamo il risultato...

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    1. Sicuro. Ruminare è parte integrante del lavoro di scrittura.

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  8. Io ho separato nettamente i miei due campi di attività: da una parte, il romanzo, rumino rumino e rumino. Dall'altra, la Blog Novel, mastico e sputo (cit. De Andrè).
    Voglio esplorare a fondo i due metodi di lavoro e trarne le mie conclusioni.

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    1. A volte, per mille motivi (tempo, scadenze, immediatezza) è necessario masticare e sputare. Ma, quando si può, ruminare è sempre meglio, credo.

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  9. Rumino anch'io! Siamo tutti delle simpatiche mucche, a quanto pare!
    Mi succede quello che dici tu, a proposito del fatto che un cambiamento al capitolo 5 significhi tutta una serie di modifiche fatte ai successivi capitoli: piccoli o grandi riadattamenti che diventano necessari. Ed è un continuo ricominciare, ritoccare, ricominciare, ritoccare...
    Alla decima masticazione lenta, forse, qualcosa di buono comincia a venire fuori!

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    1. Tutte mucche, mi sa di sì!
      W gli scrittori bovini.

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  10. Presente! Sono una ruminante cronica, mastico e rimastico la mia storia, pur non avendola ancora conclusa, con un effetto farfalla devastante.
    L'ultima ruminata ha portato all'eliminazione di ben tre capitoli, due dei quali introducevano personaggi principali che ho dovuto inserire altrove.

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  11. Sono la campionessa delle ruminatrici, da ragazza come adesso in cui ho qualche anno di più! E non dipende nemmeno dalla lunghezza dei romanzi, perché Una Storia Fiorentina è un romanzo breve, mentre i romanzi del ciclo crociato sono tutti corposi. Si potrebbe anche usare il verbo "sedimentare" anziché ruminare, ma il concetto è quello. Il seguito de La Colomba I è stato ruminato per tre anni e mezzo, stesura esclusa.

    C'è da dire che quando lascio andare, lascio andare senza rimpianti.

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    1. Lasciar andare senza rimpianti è un mio grande obiettivo.

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  12. Mi sento pienamente il linea con questo ruminare. Attualmente sto riscrivendo un romanzo per l'ennesima volta, a volte ho quasi l'impressione di gingillarmi con le parole. Poi è verissimo quello che dici sulla paura del distacco, l'ho provata tante volte.
    Non credo che il ruminare testi in sé sia grave, forse è solo necessario trovare il coraggio e il buon senso a un certo punto per dire "basta", è ora di andare avanti!

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    1. Ruminare è indispensabile. Come per tutto, anche qui poi il troppo stroppia.

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  13. Il prezzo da pagare quando un romanzo impiega anni di stesura è che se da una parte impari cose nuove che puoi inserire all'interno della struttura, dall'altra c'è appunto la possibilità che vengano stravolti pezzi della trama e quindi dover incollare tutto.
    A me è capitato di avere di recente appresso nuove conoscenze teoriche, che non avevo avuto modo di inserire in origine (anche se mi sarebbe piaciuto) perchè andavano al di là dei miei studi; ora l'ho potuto fare, ma per fortuna erano sufficientemente circostanziante da non richiedermi una revisione dell'intera opera.

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    1. Sì, ogni piccola modifica rischia di portare a rimaneggiare il tutto...

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  14. Io rumino tantissimo ma lo faccio soprattutto durante la stesura. Torno indietro, vado avanti, ritorno indietro, sto ferma da qualche parte, vado avanti. Tutto così, fino alla fine. Un casino, insomma.
    Ah, rieccomi. :)

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  15. I miei ruminamenti non sempre sono fruttuosi, perché tendo ad attaccarmi come una cozza alle scelte iniziali. Credo sia un fronte importante.

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    1. Un fronte importante?
      C'è qualcosa che mi sfugge.
      Tutti, credo, siamo attaccati alle nostre idee, ma a volte tagliare, come buttar via le vecchie cose, è liberatorio (parla una che conserva il corredo della sua trisnonna...)

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