mercoledì 10 febbraio 2016

Di svolte di trama violente e di insoliti equilibri emotivi – Scrittevolezze


Negli ultimi tempi ho avuto una sorta di folgorazione sulla strada del noir italiano.
Grazie al gruppo di lettura ho scoperto Scerbanenco
Mi vergogno persino, adesso, al solo pensiero di aver tentato di scrivere giallo in Italia senza aver letto Scerbanenco, ma tant'è. Inutile dire che parlerò diffusamente dei libri che sto leggendo più avanti, anche se potete trovare già una mia recensione a Venere Privata qui.

Come spesso mi accade in questi casi, letto il primo libro di una serie, Venere Privata, appunto, dovevo leggere anche gli altri. Il secondo, Traditori di tutti, è, più o meno, il seguito che mi aspettavo. Poi sono arrivata al terzo romanzo, I ragazzi del massacro
Riparlerò sicuramente di questo romanzo. Per ora basti sapere che è un pugno nello stomaco. Io non mi impressiono facilmente. Per diletto mi leggo saggi sull'antropofagia o sugli infanticidi nell'antichità, ma l'indagine presentata ne I ragazzi del massacro è di quelle da non fare dormire la notte (sopratutto per una prof). 
Le prime sessanta pagine di romanzo sono sostanzialmente un lungo, interminabile interrogatorio delle persone coinvolte nel massacro che dà il titolo al romanzo. Mentre questo interrogatorio fiume prosegue, però, sta accadendo anche qualcos'altro, che è narrato tramite concitate telefonate e che ha a che fare con la vita privata del protagonista, Duca Lamberti. Eppure, fino almeno a pagina 40, ero convinta che almeno quell'aspetto si sarebbe concluso positivamente. Invece c'è un ulteriore pugno nello stomaco, tanto più violento quanto più del tutto inaspettato.
Perché inaspettato?
Superato lo shock emotivo (vi assicuro, una notte di incubi, giusto per dire fino a che punto ero coinvolta) mi sono chiesta, però, perché non mi aspettassi per niente quell'evento.
Ebbene siamo abituati, ormai, a giudicare un libro anche da un punto di vista metanarrativo.
Cioè non a considerare ciò che nella realtà potrebbe accadere, ma ciò che ci aspettiamo che accada perché "narrativamente corretto".

C'erano diversi motivi per cui non mi aspettavo quell'evento e tutti avevano a che fare con questioni narrative, cioè:
– È improbabile che un evento altamente traumatizzante per il protagonista avvenga a pagina 60, a vicenda appena avviata. Ci si aspetta che il peggio avvenga a ridosso della fine, in quello che viene definito "il momento di massima difficoltà". Del resto se spari il colpo più forte all'inizio, cosa devi fare, poi, per il finale?
– Il romanzo è un giallo/noir, verte su un'indagine e questo evento è invece del tutto esterno. Non mi aspettavo che l'autore piazzasse a pagina 60 un evento in grado di destabilizzare del tutto il protagonista. Pensavo che il fulcro emotivo della storia dovesse rimanere l'indagine, che, per altro, è già abbastanza disturbante di suo.
–Pensavo che i personaggi coinvolti fossero intoccabili. Mi è stato spiegato che in una serie gialla i personaggi di contorno ricorrenti servono ad alleggerire la tensione e a dare, appunto, un senso di continuità, quasi di famiglia al lettore. Al massimo possono essere coinvolti nella trama gialla (presi di mira da un assassino sadico che vuole vendicarsi del protagonista, ad esempio), non essere colpiti da strali del destino senza un perché. 

Insomma, ciò che avviene è assolutamente plausibile nel mondo reale (anche se ammettiamo che il buon Duca Lamberti, il protagonista, non brilla per fortuna), ma nell'ambito di una narrazione che verte su un'indagine io non me la aspettavo.
I ragazzi del massacro è del 1968 e sono convinta che oggi farebbe fatica ad essere pubblicato in questa forma. 
Scerbanenco se ne fa un baffo del politicamente corretto, abbiamo tredicenni assassini, stimate intellettuali che hanno torbide storie con minorenni, altri minorenni che ricattano coppie lesbo. Insomma, a proporlo oggi io già mi immagino l'editor che cerca di convincere l'autore a smussare un po' almeno alcuni angoli. Mi immagino ancora di più l'editor che cerca di convincere l'autore a togliere quel particolare colpo di scena, perché un po' di speranza deve pur rimanere, anche all'interno di una storia così desolata e cupa, e così, invece, sembra proprio di ucciderla tutta. Infine, ricorderebbe proprio quelle regole narrative che mi facevano pensare quella svolta impossibile.
Ma l'editor avrebbe ragione?

Può funzionare una svolta violenta e inaspettata a pagina 60?
È inevitabile che I ragazzi del massacro risulti un romanzo emotivamente sbilanciato. Di solito vi è un crescendo di emotività, la tensione sale sempre più fino al finale.
Qui il picco di emotività è a pagina 60. Nulla di quanto accade dopo può davvero essere peggio. Anche se il protagonista dovesse morire male non sarebbe peggio.
Eppure la scelta di Scerbanenco dà a tutto il proseguo del romanzo un sapore peculiare. Come il protagonista, Duca Lamberti, usciamo dalle prime 60 pagine stremati. Alla disperata ricerca di un senso, anche di un solo innocente da salvare, di un cattivo da incolpare. Quella che segue non è più, non solo, la ricerca della verità o dell'assassino, ma è la ricerca di un senso. La ricerca di un barlume di speranza.
Ogni altro evento traumatizzante (e non è che manchino) viene visto come insopportabile. Diventa necessario, per il lettore come per Lamberti, arrivare in fondo, cercare un senso. Alla fine, sia chiaro, un senso vero e proprio non si trova. Ci sono interrogativi che, però, proprio perché si è passati dai traumi precedenti, acquistano un peso diverso.
Ci sto pensando da un po', ma non so dire se la scelta narrativa di Scerbanenco sia stata necessaria o possa essere archiviata come "violenza gratuita di un autore ai danni dei propri personaggi". Sicuramente il romanzo sarebbe stato ugualmente d'impatto. Un po' meno disperato, certo. Quanto quel "po' meno" avrebbe inciso sulla mia esperienza di lettura non so dirlo. Di certo questo non è stato un libro scontato e prevedibile.

Le conclusioni che come al solito non so trarre
In questo periodo non raggiungo grandi verità, anzi. Però vi posso proporre i miei interrogativi.
Tutti noi, chi più chi meno, sappiamo come va strutturata una trama. Il problema è che spesso per il lettore (o lo spettatore) diventata facilissimo prevederne le svolte su basi prettamente metanarrative. Ormai sappiamo tutti che il primo indiziato in un giallo difficilmente sarà l'assassino. Capiamo facilmente chi vivrà e chi ha il destino segnato (come il povero Piton in Harry Potter, che già dal libro primo aveva una falce enorme che gli aleggiava sulla testa...).
Forse a volte dovremmo osare di più. Non avere paura di inserire qualcosa che fa a pugni con il "percorso dell'eroe" o con qualsiasi altra cosa ci abbiano insegnato.
Forse.
Perché non posso fare a meno di notare che questo è il terzo libro di una serie. Non il primo. Non si può destabilizzare così un lettore prima di averlo fatto entrare pian piano in un mondo narrativo. E non si può agire alla cieca. Forse Scerbanenco si può permettere una trama del genere perché si muove benissimo nei meccanismi narrativi.
Di certo io non ho mai costruito una storia con un equilibrio emotivo così insolito. Il massimo della struttura emotiva insolita l'ho scritto con Sherlock Holmes e il caso del detective scomparso, dove il picco emotivo è circa a metà vicenda e non alla fine e tutto sommato mi pare che funzioni.
E voi? Il picco dell'emotività delle vostre storie è sempre verso la fine della vicenda?
Che ne pensate?


30 commenti:

  1. Non ho mai letto nulla di Scerbanenco, ma è uno di quegli autori che vorrei affrontare, prima o poi.
    È vero che ci sono le regole, ma sono fatte per essere infrante (da quelli bravi). Io non lo sono e infatti per adesso sto distante dai romanzi, preferisco i racconti. E nello sviluppo sono lineare, classico. Senza invenzioni, né scatti in avanti.

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    1. Recuperalo, perché ne vale la pena.
      Sì, credo anch'io che le regole vadano infrante consapevolmente solo quando se ne hanno i mezzi tecnici.
      Era davvero tanto, però, che un evento in un romanzo mi prendeva così alla sprovvista, proprio perché di solito, regola dopo regola, si sviluppa un "fiuto narrativo" che ti porta a capire dove andrà a parare la storia. Ogni tanto però uno scarto imprevisto ci vuole.

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  2. Quanto scrivi mi ricorda il messaggio che ti ho mandato su Facebook qualche giorno fa. Ti parlavo del romanzo di Zilahy e di come - sebbene intrigante e in grado di offrire una chiave di lettura che va oltre l' immediatezza della trama - la piena fedeltà alle convenzioni di genere l'abbia reso prevedibile. Molti romanzi, specie se pubblicati da case medio-grandi, tendono a essere pacchettini preconfezionati, non sono più in grado di sorprendere. Al tempo di S. (La tastiera del Tel mi sta dando qualche problema! :-D) forse il marketing era ancora nell'ombra...

    Questo libro mi intriga moltissimo. Immagino però che tu mi consigli di leggere prima gli altri due, giusto? :-)

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    1. Sì, anch'io pensavo al tuo messaggio, ragionando sul libro. Ecco, questo decisamente non è scontato.
      Scerbanenco, per un'amante di Milano come te, è imprescindibile. Per la serie di Duca Lamberti ti consiglio di partire senza dubbio da Venere Privata, che io ho trovato folgorante, pur con delle svolte improbabili qua e là. Salvo quando mi incarto su un vocabolo desueto (come diavolo è vestita "una donna in rendigote rosso"?) mi sembra impossibile che siano degli anni '60.

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    2. Seguirò il tuo consiglio e ti farò sapere. Lo metto in wish-list: sul Kindle ho 14 romanzi ancora da leggere! :-)

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    3. Il redingote è un soprabito :)
      https://it.wikipedia.org/wiki/Redingote

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    4. Antonella, ti voglio dire che l'ho comprato, "Venere privata", formato Kindle. Mi hai convinto, ti farò sapere. ;)

      "Rendigote" mi ricorda "paletot", termine che usava sempre mia nonna.

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    5. Grazie!
      Avevo cercato anch'io il termine. Un altro buffo effetto c'è stato quando il protagonista dichiara: "vendono armi ai terroristi". E io ho pensato all'ISIS, poi mi sono detta, no, saranno le Brigate Rosse. Invece erano gli alto atesini...

      PS: penso che Venere Privata non ti deluderà, io l'ho trovato sorprendente, poi mi dirai.

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    8. Torno a commentare questo post a distanza di mesi perché finalmente anche io ho letto questo romanzo, ovviamente dopo i due precedenti ("traditori di tutti" mi ispirava meno, quindi ho un po' temppteggiato) e sono riuscita a contestualizzare meglio questo post, che ai tempi mi aveva colpito molto. Rileggendolo adesso mi accorgo di aver avuto gli stessi pensieri a proposito dell'evento di pag.60 circa: inaspettato sicuramente, ma anche gratuito, perché poi si smette quasi di parlarne. Però ora che ho la storia completa davanti ho fatto alcune ipotesi sul suo perché, alcune molto cervellotiche. Se ti va possiamo parlarne, perché qui farei spoiler.

      P.s. comunque io mi sono affezionata a un personaggio, e volevo essere rassicurata da Scerbanenco sul fatto che non tornerà dove non vuole tornare. Non saperlo al sicuro mi è dispiaciuto. :-D il romanzo mi è piaciuto tantissimo. Ho scoperto che c'è anche il film e voglio vederlo.

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    9. Mi dicono che il film è orribile. Sulla gratuità dell'evento non so, mostra in modo inequivocabile le priorità di Duca, il suo senso del dovere viene prima di tutto e di tutti. E poi la vita non perdona. Scerbanenco non ha avuto un'esistenza facile e non indora la pillola ai suoi personaggi.

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    10. Anche io ho pensato che volesse mettere in luce la devozione di Duca nei confronti del lavoro, tant'è che mi è venuto in mente mio papà, sia in occasione delle telefonate, sia quando molla tutti lì per paura che Fiorello Grassi cambi idea sull'eventualità di parlargli. Se ho parlato di gratuità è solo perché non ha un impatto forte sulla trama, è puro "show don't tell".

      Inoltre, sembra quasi che Duca sia completamente indifferente all'accaduto, mentre quasi impazzisce quando non conosce il destino di Carolino, al punto che perde un'occasione con Livia: questa differenza di reazioni mi ha molto colpito, e mi sono chiesta se gli interessasse davvero la vita del ragazzo (direi di sì, visto che nel finale gli fa una promesso) oppure avesse paura di mettere tutti nei casini.

      Ora sono venuta meno al mio proposito di non fare spoiler. Spero che i tuoi lettori mi perdonino! :-D

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    11. ALLERTA SPOILER
      Credo che ci sia anche una profonda differenza di responsabilità personale. Duca per una leggerezza ha fatto sfregiare Livia e la cosa gli pesa come un macigno. Non ha nessuna voglia di fare un'altra idiozia simile (anche se questi scrupoli gli vengono sempre troppo tardi). Duca è un personaggio tutt'altro che perfetto e continua a fare errori, forse è per questo che mi ha tanto colpito, anche per le sue umanissime contraddizioni. Per dire, è profondamente omofobo (solo nei confronti degli uomini, se sono donne nessun problema), ma a Fiorello un po' si affeziona suo malgrado.

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    12. È omofobo, sì, ma cinquant'anni fa. In una società patriarcale come quella di allora, l'omosessualità maschile era accettata perché andava a minare la mentalità alla base del sistema culturale, mentre quella femminile era non apprezzata, ma almeno tollerata. Gli uomini non solo hanno fantasie sulle lesbiche (scusa se sono così diretta) ma trovano più naturale che una donna, per pure e semplice invidia del pene, voglia imitare un uomo. Il maschio che ha atteggiamenti femminili provoca il loro molto più ribrezzo. In molti casi, è così ancora oggi.
      Io credo che dare a Duca una posizione diversa una non avrebbe giovato a Scerbanenco stesso, ciò nonostante è riuscito a creare un personaggio a tutto tondo, in grado di vedere Fiorello come un essere umano, al di là di ogni etichetta.

      P.s. ora sto leggendo un po' di storici della Neri Pozza, ma sei altri gialli da consigliarmi li accetto volentieri

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  3. A me in realtà piace molto quando un particolare, che può essere un picco di drammaticità ma anche qualcos'altro, arriva inatteso. Per esempio ora sto leggendo un libro che mi sta piacendo, ma in cui riesco spesso a intuire i colpi di scena prima che avvengano. Non che mi abbia rovinato la lettura, però diciamo che amo di più quando mi arriva qualcosa di inaspettato :) .

    (E tu hai citato Harry Potter: li parecchie morti sono del tutto inaspettate e traumatiche, specie negli ultimi libri :D )

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    1. Immagino che un po' dipenda dalle aspettative. Se guardo "La signora in giallo" e non becco l'assassino al primo colpo un po' mi preoccupo. Elementary ho smesso di vederlo perché lo trovavo prevedibile a livelli che non sono tollerabili se stai lavorando con Sherlock Holmes.

      PS: per Harry Potter, a parte gli ultimi caduti nella battaglia finale (mi ha stupito la morte di Lupin) la maggior parte dei decessi era ampiamente prevedibile. Almeno Silente, Piton e Sirius avevano ild destino segnato (anche se ammatto che pensavo che Sirius sarebbe durato di più...)

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  4. Non è il mio genere narrativo, quindi come "scribacchino" non saprei che dire. Come lettore dico che in effetti è sempre valida la battuta di un film, non ricordo quale onestamente, in cui si sta verificando una situazione assurda e uno dei protagonisti commenta che un evento reale ha l'enorme fortuna di non dover "sembrare credibile": nel momento stesso in cui accade non deve dimostrare nulla.
    Ecco, la scrittura spesso se ne dimentica.

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    1. Sembrare credibile, sì. A volte, però, ecco, anche mandare a quel paese le regole di credibilità può essere utile.

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  5. Normalmente sì, anche se nell'ultima cosa che ho scritto ce ne sono due, uno a poco più che metà e l'altro in prossimità della fine.
    Quando leggo mi aspetto vari picchi, l'ultimo dei quali, il più importante, verso il finale. Non so come affronterei una storia come quella di cui parli. Penso non bene, soprattutto se manca del tutto di speranza.

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    1. Infatti, ci aspettiamo un determinato equilibrio emotivo. Però non è detto che debba per forza essere il migliore.
      PS: il romanzo è molto duro, però a me è comunque piaciuto parecchio.

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  6. No, l'editor avrebbe torto. Per l'autore la storia è quella e non esistono validi motivi per smussarla. Per qualcuno è scioccante? Libero di non leggerla.
    Riguardo alla pagina 60... beh, dipende da quanto è lungo il libro :)

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    1. Anche secondo me l'editor avrebbe torto. Eppure penso proprio che un tentativo per rendere più politicamente corretta la storia lo farebbe. E sarebbe un delitto.
      Il libro è sulle 240 pagine, quindi l'equilibrio interno è molto insolito. Nella mia testa le prime 60 pagine sono più lunghe delle 180 che seguono.

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  7. Scerbanenco è uno di quegli scrittori poco conosciuti anche dagli amanti del genere, sicuramente tra i più grandi, vicino a Chandler per alcuni versi. Avrei potuto leggere quelli che hai citato tu, invece sono partito da I milanesi ammazzano al sabato, che non è riuscito a portare a termine. La resa infatti non è ottima, mi è parso di intuire che avrebbe lavorato ancora parecchio alla trama e alla scrittura. Ma Duca Lamberti è sicuramente un investigatore moderno, non stereotipato, né nella professione né nella vita privata, un esempio ancora attuale.
    Mi resta la sensazione che Scerbanenco abbia utilizzato il giallo per parlare d'altro. E questo lo rende interessante anche al di fuori degli amanti del giallo.
    Helgaldo

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    1. Guarda, io per sbaglio ho preso "I milanesi ammazzano al sabato" come secondo romanzo, invece è il quarto. Adesso voglio rileggerlo dopo "I ragazzi del massacro" e credo che mi farà tutt'altro effetto, perché adesso so che il buon Duca Lamberti è un pochino destabilizzato e alcuni passaggi avranno più senso. C'è anche da dire che quest'ultimo è uscito nell'anno della morte di Scerbanenco e mi chiedo se l'uscita non sia stata un po' affrettata perché in effetti non è al livello dei precedenti.
      I primi tre invece sono splendidi. Lo stile, in particolare, mi è piaciuto tantissimo, sopratutto quello di "Venere privata", in cui c'è molta più ironia (poi il buon Duca si fa più rabbioso, per motivi anche comprensibili...).
      Comunque riparlerò più diffusamente ti tutta la serie. Ti consiglio davvero di dare un'altra possibilità a questa serie, prendendola dal principio.

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  8. Oh sì, verissimo! Abbiamo già un nostro schema mentale pronto, da sovrapporre alla storia che leggiamo o vediamo. Un po' come al cinema sappiamo già che il personaggio che si è attirato tanta simpatia in due battute è quello che sicuramente morirà... e ci azzecchiamo sempre! L'abbondanza di storie ci sta diseducando alla percezione aperta e non inquinata.

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    1. Spesso le storie devono avere un determinato equilibrio. Ci sono personaggi che devono morire e fatti che non possono non accadere. Ma bisogna anche avere la sensibilità di capire quando è più saggio allontanarsi da questi schemi.

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  9. Non ho mai letto niente di questo autore, ma mi sembra interessante. Ho la strana abitudine (non-abitudine) di non aspettarmi niente nemmeno dalle storie più banali, però a posteriori riconosco che esistono "tipi" di storie con caratteristiche ricorrenti. Non ho mai letto libri con il picco emotivo collocato all'inizio e mi interessa "vedere l'effetto che fa". Ho letto però "Quel che resta del giorno", dove il picco emotivo era diffuso un po' dovunque senza realizzarsi mai davvero, ed è stata una bella esperienza :)

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    1. Ti consiglio questi romanzi (più avanti li recensirò come si deve)!
      Invece "Quel che resta del giorno" mi riprometto sempre di leggerlo, ma finora non l'ho fatto... Mi toccherà rimediare.

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