domenica 19 marzo 2017

Obelischi in autostrada e la poetica della dislessia

In questi giorni sto trascurando in blog. Colpa delle belle giornata che mi portano fuori, insieme alla pupattola, a rubare foto ai fiori selvatici o a famigliarizzare con gli asinelli dello zio. La pupattola è già stata messa in groppa all'asinella Zenobia, con apparente soddisfazione reciproca.
Il poco tempo che riesco a stare al computer cerco di dedicarlo alla narrativa. Ho troppi conti aperti con troppe storie lunghe, alcune da piazzare, altre da rivedere, altre ancora da finire. Ho deciso di chiuderne almeno uno, quello con la storia delle "Piccole Nonne", interrotta per causa di forza maggiore. Mi sono accorta che purtroppo ha più magagne di trama di quanto ricordassi, il che rende il lavoro più incerto e frustrante di quanto vorrei. Avendo poco tempo, vorrei avere una scrittura facile, una storia in cui sguinzagliare la mia creatività e immergermi totalmente in un mondo o in un personaggio, invece litigo con parole e coerenza interna. Ma questo è il motivo per cui i conti in sospeso sono i più difficili da saldare.
Rubo letture qua e là, in momenti persi e nanne improvvise, spesso fuori casa, cosa che acuisce la mia tendenza alla decontestualizzazione. Ricordo i contenuti, ma fatico ad associarli a nomi precisi, faccio il pieno di affermazioni senza autori.
Quindi è su un qualche giornale nella caffetteria sotto casa, cosa che restringe il campo a La Stampa o al bollettino parrocchiale, che mi sono imbattuta nell'intervista a un poeta dislessico. Per me rimarrà solo questo, il poeta dislessico, di cui non ricordo ne il nome ne il viso. Presumo solo di non averne letto le opere, in caso contrario confido che sarei riuscita a fissarlo con più precisione nella memoria. Ecco, come me, un altro dislessico scrivente. Certo, la sua intervista finisce su La Stampa, la mia nel bollettino parrocchiale, ma facciamo parte della stessa sparuta minoranza.
Spiegava, il poeta dislessico, come per lui la dislessia sia strettamente connessa con la poesia. Non so se un non dislessico possa davvero apprezzare l'articolata spiegazione data dal poeta. Ma io potrei dire, con altrettanta sicurezza che la dislessia è strettamente connessa alla narrativa. O, almeno, alla mia narrativa. Della poesia non mi è stato dato il dono, purtroppo, mi sono votata a muse differenti, ma probabilmente il poeta ha ragione. La dislessia è di per sé vocazione poetica o narrativa.
Qui mi tocca fare il solito spiegone per i nuovi arrivati. La dislessia non è, come mi è stato detto "la malattia di chi non vuol studiare". Non è proprio una malattia, è una funzionamento non patologico, ma minoritario del cervello. Si ragiona per percorsi differenti rispetto a quelli percorsi dalla maggioranza. Cosa che rende più lenti degli altri ad associare un'immagine a un suono o a una parola. Si è più lenti (frazioni di secondo, secondo un recente studio pubblicato su Le Scienze) nel ricordarsi il nome di un conoscente incontrato per strada (anche minuti, nel mio caso). Non si crea automatismo nel collegare i simboli, come le lettere, ai suoni. Per la maggioranza questa è una via di collegamento mentale facilmente percorribile, per noi è sbarrata. Io non so dedurre la grafia di una parola dal suo ascolto. Devo imparare a memoria la sequenza di lettere senza riuscire ad attribuire ad esse un senso fonetico. Fatico a ricordare elenchi a cui non so attribuire il senso. Fatico a ricordarmi il posto di ciascuna lettera nell'alfabeto e, dovendolo dire velocemente, è facile che ne perda dei pezzi per strada. 
Sono sopravvissuta al liceo classico in un'epoca in cui la dislessia non era certificata perché comunque il cervello crea altre strade, altre vie. Io non leggo le parole, le riconosco, come se fossero un geroglifico, un'immagine. Questo mi dà, nei momenti migliori, una velocità di lettura invidiabile. C'è però da dire che le parole, per me, sono come le sagome di animali che il cacciatore spia da lontano in un'alba nebbiosa. Il cavallo, il cervo e la renna possono confondersi. Il cacciatore esperto saprà se è più probabile che sia l'uno o l'altro. Le parole lunghe più o meno o uguali con all'incirca le stesse lettere mi sembrano uguali. È il contesto che mi dice se sto leggendo "megera" o "mangerà", ad esempio. 
Se però il contesto manca, si insinua la poesia, o la narrativa. Perché il cervello fa le sue sostituzioni, attraversa le sue vie, arriva poi alla soluzione giusta, ma intanto si è creata un'immagine che può essere l'inizio di una poesia o di un racconto.
Qualche giorno fa ero in autostrada, guidava il marito e io osservavo pigra il paesaggio. Abbiamo incontrato uno di quegli avvisi agli automobilisti. E io come prima parola ho letto obelisco. Ovviamente la parola era "obbligo". Ma io avevo letto obelisco. E mentre la parte della mia mente preposta al linguaggio segnalava il possibile errore e cercava una soluzione logica, l'altra, quella creativa, mi presentava un quadro surrealista con un obelisco, o meglio, un monolito come quello di 2001 Odissea nello Spazio sorto all'improvviso in mezzo a un'autostrada. 
Se fossi un poeta le avrei tratto dei versi, ma essendo il mio animo narrativo, mentre il paesaggio cambiava, mi facevo domande, avrebbe causato incidenti l'obelisco? Perché era sorto? Qualche civiltà aliena che lo aveva inviato? Come avrebbero dato la notizia i telegiornali?
Come raccontava il poeta dislessico nell'intervista, quando si tratta di compilare velocemente dei moduli è un incubo, sopratutto se ci sono delle persone in coda dietro di te che hanno fretta. Però la dislessia ha una sua poesia, si prendono armadilli per armadi (per anni ho pensato che il famoso libro di Lewis fosse "Il leone, la strega e l'armadillo", fino a che non mi sono imbattuta nella pubblicità del film e ho finalmente capito che non era una fiaba africana) e si aprono intuizioni improvvise, immagini non cercate che possono essere porte per altri mondi.

20 commenti:

  1. Io puntualmente, mentre spiego in classe, confondo parole con suono simile creando ilarità e allievi con le stesse iniziali e lunghezza del nome. Scrivendo scambio spesso le "classiche" consonanti del dislessico. Mi chiedo se al liceo avessi fatto il solito iter di certificazione cosa ne sarebbe venuto fuori. Ma oggi chi me lo fa un Pdp?!

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    1. Nessuno. Io mi sono informata, perché ad esempio per il concorso si potrebbe avere diritto al tempo aggiuntivo, ma i test non sono considerati indicativi sull'adulto perché il dislessico ottiene gli stessi risultati di un analfabeta di ritorno (e il fatto che si sia ad esempio un'insegnante/scrittrice non è considerata una discriminante).
      Comunque benvenuta nel club.
      Siamo comunque più creativi e intuitivi della media anche senza pdp!

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    2. Cosa sono gli analfabeti di ritorno?!

      Comunque una curiosità: come fai a correggere gli errori di grammatica? Io spesso ringrazio di non insegnare italiano, perché non credo sarei in grado, proprio perché faccio fatica a leggere tutta la parola

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    3. Mi affido al vocabolario per l'ortografia, infatti ci metto una vita.

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  2. Effettivamente tra obelischi, armadilli e chissà quant'altro esce un quadro meraviglioso. Ho appena terminato un libro dove ci sono 3 vecchiette in una casa di riposto, il loro è il gruppo delle Abelarde e ho pensato alle tue Piccole nonne chiedendomi a che punto fosse, mi spiace quindi che sia ingarbugliato, ma bene comunque che vada avanti. La vita è fatta di tanti tasselli da mettere insieme, non sempre ci si riesce al primo giro.
    Un salutone al lago primaverile.
    Sandra

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    1. Le mie vecchiette ne usciranno vincitrici, che a un certo punto le cose si ingarbuglino è, temo, normale. E poi con la primavera tutto è più luminoso

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  3. Ammetto di conoscere poco la dislessia e hoimparato qualcosa leggendo questo post. Mi sembra che hai saputo trarne anche dei pregi, come il poeta intervistato.

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    1. Non è una malattia è un funzionamento alternativo. Il fatto che siamo minoranza non ci aiuta, ma non è sempre un problema

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  4. Ho una certa conoscenza della dislessia, almeno a livello teorico, in quanto nel mio lavoro prepariamo i nostri corsi di lingue nella versione per i dislessici. Proprio lo scorso anno ho dovuto trasformare un intero volume di esercizi per la scuola media nella sua versione BES. Non è stato per nulla facile, malgrado avessi il vademecum.
    Ti auguro che le tue vecchiette ritrovino lo sprint!

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    1. Da prof dislessica ti dirò che a volte si vede proprio che gli esercizi ad hoc li hanno studiati i teorici, anche perché si cerca di fare qualcosa che vada bene per tutti i bes, il che è impossibile. Però alcune cose specifiche aiutano e col senno di poi se le avessi avute da studentessa avrei vissuto assai meglio

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  5. Il poeta di cui parli sarà mica lui?
    http://www.huffingtonpost.it/luca-stanchieri/lesempio-di-philip-schultz-il-poeta-dislessico_b_11565284.html

    è possibile che tu abbia letto l'articolo su Facebook, condiviso da me?
    Questa storia mi ha colpita moltissimo. :-)

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    1. L'ho letto su la stampa, mi ha confermato il marito, ma non escludo che l'intervista sia girata anche su altri canali

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    2. Sì, lui, su La Stampa c'era l'intervista.

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    3. Perfetto, ora abbiamo un nome. :-)

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  6. Che bel post :)
    Non so molto di dislessia, uno dei miei nipoti lo è, per il momento si deve ancora abituare alle difficoltà, è ancora piccolino. Comunque sappi che hai dato a questa differenza di ragionamento che è la dislessia dei contorni da fiaba XD

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    1. Vissute con il giusto spirito sono difficoltà del tutto superabili (un pochino più pesanti con le lingue straniere) e comunque ci consoliamo dicendoci che siamo, appunto, più intuitivi e creativi (chissà poi se è vero, ma noi ci crediamo).

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  7. Pur essendo insegnante, ho capito solo con l'esperienza cosa fosse questa "sconosciuta". Mi sono imbattuta in tanti alunni e alunne con le stesse difficoltà che elenchi, in anni in cui non si era ancora arrivati a leggi che oggi pongono particolare attenzione al fenomeno fin dal suo riconoscimento come tale.
    Al momento sto completando un percorso di conoscenza della dislessia con un corso online afferente a Dislessia Amica, al quale partecipiamo in venti circa nella scuola in cui lavoro. Mi si sono aperti scenari diversi, sconosciuti, e tanti altri in cui ho riconosciuto usi e abitudini di molti alunni.
    Ciò che mi affascina di questo straordinario mondo è che la pratica diventa uno strumento fondamentale di conoscenza, il che ha acuito in tanti un estro artistico senza pari.
    Bello il tuo argomentare.

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    1. Vivendo in un mondo in cui gli obelischi possono caderti in testa in ogni momento si diventa creativi per forza
      ;)

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  8. Ciao Tenar bellissimo l'obelisco :))) sei una forza della natura.
    Dal tuo racconto mi sono fatta un'idea più chiara della dislessia, so che ve ne sono di diversi tipi e mi è venuto il dubbio che forse anch'io potrei essere dislessica. Di anni ne ho parecchi e ho concluso la scuola magistrale alla fine degli anni 60, senza lode e gloria, ma devo ammettere che mi impegnavo molto poco. Nel tempo mi sono accorda che rispetto ad altri faccio fatica a memorizzare i nomi, così anche per i titoli dei libri, anche se mi piacciono molto o li ho letti da poco. Ho sempre pensato fosse un problema di memoria legata ad uno scarso interesse per i nomi di luoghi in cui sono stata o dei titoli. In definitiva è il ricordo di quel luogo, o la storia del libro che per me ha un valore e un ricordo. Il problema sorge quando vuoi raccontare un episodio o un'emozione, legata a quel luogo o libro, ma non sai indicarlo, così evitti di parlarne. Alla prima lettura di una storia ad alta voce, dopo un po' interpreto la parola solo dalle prime lettere, soprattutto quando sono molto stanca, in più scrivo certe parole invertendo le lettere, es. cioa invece di ciao. Una volta questi errori venivano detti errori di distrazione, ora per fortuna c'è il computer che corregge.

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    1. Raccontata così sembra proprio una dislessia comunque compensata. Una volta, come dici tu, si veniva bollati come distratti e via, se si imparava ad arrangiarsi bene, se no si veniva lasciati indietro. Inoltre, come dici giustamente, ci sono diversi tipi di dislessia. Da prof visiono le diagnosi degli alunni e alcune, odiose, dicono solo "dislessico", mentre quelle serie mostrano i risultati dei singoli test, evidenziando ad esempio se è più frequente l'inversione delle lettere o la sostituzione con suoni simili (come capita a me). Un'altra cosa che ho scoperto è che c'è chi legge ad alta voce malissimo, come fosse un bimbo di prima elementare, ma ha un'ottima comprensione e a mente va via velocissimo e chi legge correttamente ma poi non ha idea di cosa abbia letto. Visto il successo del post, magari ne faccio uno più tecnico di approfondimento.

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