lunedì 25 settembre 2017

I dubbi della mamma socratica – "era meglio una volta"

Fb ha finalmente scoperto che sono diventata mamma.
Dico finalmente, perché prima, basandosi sui miei interessi aveva stimato la mia età intorno ai 98 anni e mi proponeva, come "post sponsorizzati" metodi per tenere il cervello attivo nonostante l'età, rimedi ai malanni della vecchiaia, consigli su come non rompersi il femore, per non parlare delle pubblicità delle case di riposo (giuro).
Ora invece, dopo un momento in cui mi ha preso per una direttrice d'orchestra (!), pubblicizzandomi corsi d'aggiornamento e riviste specializzate, mi propone ogni sorta di articolo di pedagogia. Grata del cambiamento, li leggo avidamente, senza negarmi i commenti degli altri utenti.
Lì, come altro e non solo per quanto riguarda i pupi, vedo un grande ritorno del "era meglio una volta".

Era meglio una volta quando i bambini erano seguiti dalle mamme, che stavano a casa e avevano tempo da dedicare.
Era meglio una volta quando giocavano nei cortili.
Era meglio una volta quando si mangiavano cibi più sani.
Era meglio una volta quando i maestri si facevano rispettare.
Era meglio una volta quando tutte queste "malattie" (di solito si parla di disturbi specifici dell'apprendimento) non c'erano.
Come dicevo non riguarda solo l'educazione dei pupi. Il "era meglio una volta" sembra un mantra tornato di moda (o forse non era mai passato di moda, ma ora sono più sensibile).
Ma siamo sicuri che fosse davvero meglio una volta?

La premessa a questo discorso è che forse la mia ottica è sfalsata dal fatto che io vivo in campagna. Le mie amiche di città in effetti mi raccontano di bambini che non sanno più giocare all'aperto e non sanno come sia fatta una mucca. Io vivo in paese, i bambini giocano a calcio per le strade o nei cortili, rimaniamo bloccati dai greggi in transumanza e compriamo carne e formaggio dal pastore. Quindi mi assumo la responsabilità di parlare da una posizione che non vive (per scelta) alcune problematica.
Comunque...

Era meglio una volta?
Innanzi tutto una volta quando?

Negli anni '70/'80 quando le isole pedonali non esistevano, le auto erano più inquinanti, l'aria era peggio di adesso e le norme in fatto di additivi alimentati erano meno restrittive? Negli anni '70/'80 ci siamo mangiati le peggio cose, sguazzavamo nell'inquinamento assai più di adesso. Ne eravamo meno consapevoli, quello sì. Molte delle famiglie avevano già entrambi i genitori lavoratori e quindi le cure che questi potevano dare ai pargoli erano più o meno le stesse di oggi. Meno, perché gli elettrodomestici erano meno e meno efficienti, quindi la casa dava ancora più da fare alle madri. Da bimba degli anni '80 posso dire che si passava da un estremo all'altro, dalla riproposizione di modelli pedagogici obsoleti all'introduzione di nuovi modelli in modo un po' troppo ideologizzato (sono figlia di una femminista militante che mi ha cresciuto secondo le sue convinzioni, so di quello che parlo). È questo il periodo in cui "era meglio"?

Le famiglie degli anni '50 e '60 hanno creato il '68 e i ragazzi di quella generazione hanno espresso fin troppo bene il disagio per il modo in cui erano stati cresciuti...

O forse parliamo di un passato più sognato che vissuto, idealizzato, l'indefinita "epoca dei nostri nonni"?
Ecco, allora guardiamo con un occhio un poco più storico come sono cresciuti i nostri nonni.
Mi baso sulla mia storia famigliare, ma solo perché, complice una madre borghese fuggita con un operaio, così ho un campione assai diversificato.

I miei nonni paterni erano contadini poveri. I bambini crescevano senza padre, perché i padri andavano a lavorare lontano come manovali. In Svizzera o in Germania se andava bene, se no oltre oceano. Alla faccia dell'indispensabile della figura maschile di riferimento. I paesi erano popolati quasi solo da donne e da bambini (già allora le donne vivevano di più, quindi di nonni erano rarissimi), gli uomini tornavano a casa una/due volte l'anno e ripartivano.
Le donne dovevano farsi carico della casa, degli animali domestici e dei campi. I bambini, una volta svezzati, erano lasciati per lo più a loro stessi e alla cura di quelli più grandi. Più grandi e più responsabili assai relativamente, mia nonna è rimasta famosa per la sua affermazione "io il fratellino lo curo, ma poi quando lo mangiamo voglio la parte migliore". A quattro anni potevi badare alle oche, poi passavi alle capre e alle mucche. Chi viene da un'infanzia simile la ricorda bellissima. Salvo poi ricordare anche gli amichetti morti, di malattia o incidente.
Io la frase "meglio un figlio morto che la mucca morta" l'ho sentita raccontare da mio nonno, che si vantava (giustamente) di aver cresciuto tutti e cinque i figli. A nessuno delle generazioni precedenti era andata altrettanto bene. Inutile dire che l'istruzione era un fatto del tutto secondario, cosa che non permetteva a nessuno di cambiare vita. Non era cattiva volontà, tutt'altro, mio nonno si è stremato per far studiare almeno l'ultimo figlio, ma per quelli prima vigeva la regola (sacrosanta) che appena possibile bisognava contribuire alle necessità della famiglia. Mio padre, che pure legge moltissimo e si è dato un gran da fare per colmare le sue lacune, soffre tutt'ora per questa istruzione mancata che lo ha posto per tutta la vita in una posizione di inferiorità rispetto a chi poteva vantare un titolo di studio.

La famiglia di mia madre era, prima della guerra, altoborghese (poi la ditta è fallita e i sopravvissuti sono tornati tra i comuni mortali).
I padri si occupavano del lavoro, erano figure autoritarie e distanti. Di mamme amorevoli i ricordi di nonni e prozie ne rammentano pochissime. I figli dovevano. Dovevano essere all'altezza dei padri e portare avanti il buon nome della famiglia. I figli maschi andavano in collegio, le figlie femmine avevano un'istruzione minima, perché oltre non serviva (mia nonna materna e mio padre avevano rimpianti simili riguardo allo studio) e dovevano prepararsi alla loro vita da adulte. Se c'era più di un figlio e/o più di una figlia qualcuno doveva per forza diventare prete o suora. Mia nonna ricordava con tristezza la sorella morta di tetano, ma la sua morte era anche legata allo scampato pericolo del convento, mentre di suo fratello a volte commentava che era un peccato fosse l'unico maschio, perché se la sarebbe cavata meglio come prete. La scelta data ai figli sul loro destino era tra il minimo e il nullo. 
Quanto a mio nonno, i suoi ricordi del collegio rivaleggiano con le più angoscianti pagine di una certa letteratura per ragazzi. In uno ha rischiato la morte per polmonite a causa del freddo e della cattiva alimentazione che, a detta dei preti che gestivano il posto, dovevano temprare il suo fisico e il suo carattere. Essendo lui l'unico figlio di un industriale è stato recuperato dalla famiglia... Solo per essere spostato in un altro collegio (però al mare, dove il clima gli avrebbe giovato)!

È chiaro che generalizzare non fa bene, sicuramente ci sono state famiglie amorevoli e felici che hanno cresciuto ottimamente i loro figli. Di certo nella famiglia di mio padre, nonostante le carenze alimentari (la pellagra era assai diffusa) e i pericoli di una vita così brada i figli erano più felici e si sentivano più amati. 
Però, ecco, è questo il "Una volta" di cui stiamo parlando?

26 commenti:

  1. Sono felice, mamma socratica, che tu riesca anche a trovare il tempo per scrivere. Sempre un piacere leggerti!

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    1. Non so chi tu sia, ma ti ringrazio. C'è da dire che oggi è il santo patrono del paese in cui lavoro e mi godo la vacanza, più avanti vedremo se riuscirò a mantenere il ritmo.

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  2. L'iper sicurezza attuale ha reso tutto un po' complicato, portare in gita i nipoti diventa difficile se non abbiamo i seggiolini, e mio nipote di prima media ancora va accompagnato e ripreso da scuola. In effetti in città nei cortili non si gioca più, e io bimba degli anni 70 ci ho giocato tanto pure a Milano, ma la motivazione risiede anche nel fatto che oggi si va a scuola fino alle 16.30 (non dopo scuola!) per cui dopo si va mediamente a casa. Insomma è cambiato tutto, in città magari il cambiamento si avverte di più, poi è chiaro che si chiama progresso: è inarrestabile e ha portato grandissime innovazioni. Sempre che quel "meglio prima" si riferisca appunto agli anni 70/80 che prima ancora faccio fatica a trovarci il meglio. Sandra

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    1. Sulle condizioni di vita in città non so esprimermi, non vivendola. Sulla sicurezza non mi sento di chiamarla "iper". Due mi cuginette sono da poco uscite illese da un brutto incidente grazie ai seggiolini, la loro mamma (mia cugina) con solo la cintura di sicurezza si è parecchio ammaccata, non oso immaginare cosa sarebbe capitato se non li avessero avuti. Mi rendo conto che non semplifichi la vita, sopratutto se si ha solo saltuariamente un bimbo in auto, però può salvar loro la vita.
      Sul prendere e portare i bimbi in prima media mi trovi stupita: i miei alunni vengono per lo più in scuolabus e chi abita vicino va e viene da solo, l'obbligo di recupero c'è solo in caso di gita e di uscita anticipata, che io sappia (o, almeno salvo casi particolari come prof non mi occupo su come vadano e tornano, ma ne vedo parecchi muoversi da soli)

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    2. @ il seggiolino è sacrosanto e ho fatto un sacco di battaglie quando avevo Natallia e Olga con gli altri che è già tanto se usavano la cintura, figurati. Nanni in effetti va a scuola lontanuccio nonostante siano le medie ma è stato scelto un istituto privato, e deve prendere la metropolitana, cosa che magari più avanti farà autonomamente, però in effetti alle elementari se anche abiti a un metro da scuola esiste l'obbligo di prenderti/portarti. Sandra

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    3. Infatti mi ricordo che avevi parlato nel blog del seggiolino!

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  3. Non si può allargare il discorso a tutti gli spaccati della società dal supermercato all'educazione dei figli o si parla di una cosa o dell'altra. E anche puntualizzando il discorso sul versante educativo ci vorrebbero giorni per arrivare a conclusioni.
    Come insegnante mi rendo conto che le mamme di oggi sono certamente più formate e informate che non significa per forza essere in grado di porsi in modo maturo ed educativo nei confronti del figlio, il quale, nella stragrande maggioranza dei casi, è percepito o come il principe/principessa erede al trono, un "bene di famiglia" da preservare da ogni male e o come un peso da sopportare con tutte quelle sue esigenze "infantili" che non si vede l'ora che diventi grande così' "non rompe più".
    Come in tutte le cose il giusto starebbe nel mezzo. Dalla mia esperienza, la stragrande maggioranza delle mamme degli anni settanta/ottanta era in questo mezzo: mamme molto meno formate e informate, ma molto più "mamme equilibrate".
    sinforosa

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    1. Il giusto sta sempre nel mezzo. Non sono però così sicura che le mamme settanta/ottanta fossero per lo più in quel mezzo. Oggi mi sembrano periodi un po' troppo idealizzati. Le emergenze educative di oggi sono diverse, però, quella era l'epoca dei bambini parcheggiati davanti alla tv, privi di alcuna educazione alimentare, vittime, spesso di un consumismo travolgente in quanto fenomeno nuovo. Da figlia e nipote di insegnante riconosco di avere problemi diversi da quelli di mia mamma o di mio nonno, ma se poi parliamo di percentuali di ragazzi interessanti, poco interessati etc. più o meno ci siamo. Oggi giocano col cellulare, ai tempi di mio nonno con i coltellini, i problemi educativi ci sono sempre...

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  4. A tutti coloro che, su Facebook, "era meglio una volta" consiglio di mettere un bel like alla pagina "dinosauri onesti": ci troveranno tanti pensieri con i quali non potranno che concordare ;)

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  5. "Era meglio una volta" è uno di quegli stereotipi che si accompagna alla stigmatizzazione "dei giovani d'oggi".
    Proprio in questi giorni, confrontandomi con un'altra mamma, pensavo a come oggi i ragazzini siano molto meno snob che ai nostri tempi. Negli anni '80 era molto facile essere preso in giro perché "non sei vestito firmato", tanto più in una zona come la mia, la Biella ricca.
    Oggi è tutto meno netto, anche le differenze: vuoi la crisi, vuoi una maggiore consapevolezza delle famiglie.
    A volte mi fanno sorridere quei post su Fb dove si prende il giro il fatto che ora si sia super protetti mentre ai nostri tempi non esistevano caschetti per le biciclette né seggiolini per auto né cinture di sicurezza: poi leggi le statistiche e ti accorgi che negli anni '70 a fronte di 1/5 di automobili, c'erano 4 volte il numero di morti infantili in incidenti stradali rispetto ad ora. Allora ti accorgi che non fa tanto ridere e ringrazi che i tuoi figli siano nati in quest'epoca, a volte un po' esagerata ma certo più sicura.

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    1. Ecco sì, mi trovi d'accordo. Non che adesso i problemi non ci siano, ma il "era meglio una volta" mi lascia perplessa.

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  6. Ogni epoca raccoglie pro e contro in tutti i settori. Io ho qualche rimpianto dei miei tempi, però sono cresciuta in una città tranquilla, con un tasso molto basso di delinquenza, guardavo la tv fino a un certo orario, giocavo in cortile a nascondino e guardie e ladri, però mi rendo conto che non serve fare paragoni e sostenere che oggi sia peggio. Sono cambiati i tempi, la società corre dietro al progresso, il sistema educativo va dietro alle nuove esigenze. È normale. E quando dico ai miei figli (che parlano ore e ore con gli amici su Skype anziché incontrarli fuori) che ai miei tempi si usciva e si chiacchierava con un gelato sopra una panchina lo faccio per esercitare il mio ruolo di madre che tenta di dare delle dritte, ma so che per loro quello strumento elettronico ha lo stesso valore delle mie uscite serali di allora. Domani saranno loro a lagnarsi con i loro figli di quanto si stesse bene in questi anni rispetto al nuovo e "moderno" che ci sarà in futuro.
    Tutto cammina, avanza, cambia.

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    1. Sicuramente, quando ero bambina era tutto un "ai miei tempi" e ora è la mia generazione che lo dice...

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  7. Personalmente mi considero fortunato ad aver fatto in tempo a vivere nella mia infanzia gli ultimi scampoli di una cultura tribale in via di estinzione, secondo me l'ultima vera cultura espressa da questo paese.
    La mia posizione sull'argomento coincide comunque in tutto con quella espressa nel video di Pasolini che ho incorporato in questo mio post:

    http://ivanolandi.blogspot.it/2015/11/torneranno-i-prati.html

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    1. Oddio, cultura tribale mi fa un po' foresta amazzonica, mi sa che da noi le tribù le abbiamo perse dai tempi di Roma, anche se abbiamo delle bellissime sopravvivenze di cultura rurale (qui però andiamo sull'antropologhense e a seconda delle scuole di pensiero potremmo scannarci per mesi su un singolo termine). Forse il vivere in campagna mi rende molto più fortunata di altri, però non voglio pensare che tutto sia ormai perduto.

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  8. Spesso, quando si dice "era meglio una volta", si parla di una specifica caratteristica, non di un periodo in generale. Un po' di memoria in più, però, non guasterebbe.

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  9. "Era meglio una volta" potrebbe coincidere con un punto di vista individuale, e non collettivo, come ha già detto Grazia. Il tuo racconto di persone che non potevano studiare mi ha ricordato la storia di mio padre, che a tredici anni era stato spedito a lavorare per mancanza di soldi. Poi la guerra mondiale ha completato la devastazione della sua famiglia, come ho letto nella corrispondenza di quest'estate.

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    1. Scrivendo pensavo anche al tuo post su quella corrispondenza

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  10. Ciao, nuova follower; qui la mia ultima recensione: https://ioamoilibrieleserietv.blogspot.it/2017/09/recensione-serie-darkest-night-sagara_28.html



    se ti va passa a darci un occhio e unisciti ai miei lettori fissi (trovi il blog anche su instagram come: ioamoilibrieleserietv)
    grazie

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    1. Ti ringrazio. Passerò, ma in questo momento di inizio anno scolastico funziono un po' a rilento.

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  11. Sia Facebook che Youtube che tutti gli altri social continuano a dirmi che, secondo loro, è ora di figliare. Ma anche no, cari miei! Forse più avanti, ma sicuramente non ora, quindi andate a proporre le vostre pubblicità a qualcun altro.

    Riguardo ai "vecchi tempi", secondo me sono fin troppo idealizzati... da chi non ci è vissuto. Sia i miei genitori che mia nonna dicono che si sta meglio adesso. Quella sui vicentini magnagati è una battuta, ma non escluso che, in tempi di carestia, qualche gatto sia effettivamente finito in pentola (e non solo a Vicenza). Perché quando hai fame, hai fame, e per fortuna noi oggi non sappiamo che cosa significa avere veramente fame.

    P.S. Io voglio bene ai gatti, eh. Sto parlando di situazioni estreme in cui si moriva di fame, ovvio che io ora non li mangerei.

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    1. I miei parenti sono Vicentini di montagna e ho prove certe (proprio nel piatto) che non sia una battuta. Anche in Piemonte si usava per la cena dei coscritti. Del resto una volta c'era una ricetta per tutto, ma proprio tutto. Una volta ho chiesto se si mangiassero anche i corvi e la risposta è stata "sono duri" (quindi qualcuno aveva provato...). Quando c'è la fame non si sta a sottilizzare ed è una disperazione che noi neppure riusciamo a immaginare.

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  12. Sono sempre dell'idea che chi dice che le cose erano "meglio una volta" o è anziano e quindi ricorda il passato come un tempo migliore (ma forse solo perché, essendo giovane, tutto aveva un'altro aspetto); oppure ripete come dici tu un "mantra" che non va mai fuori moda... Sto leggendo una serie di articoli di Ennio Flaiano sugli italiani degli anni '60 e... beh, identici a come sono ora. Quindi "una volta" è uguale a "oggi".

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    1. Sì, a me fa ridere il fatto che ora è la mia generazione, cresciuta sotto le grida "ai miei tempi" di genitori e nonni a dire esattamente le stesse cose.

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