«Perché non scrivi sulle donne?» mi chiese mia madre.
«Non so come si fa» dissi.
Una risposta stupida ma onesta. Non sapevo scrivere sulle donne perché credevo che ciò che avevano scritto gli uomini sulle donne fosse la verità, fosse il modo giusto di scrivere sulle donne. E io non sapevo farlo.
Ho letto queste affermazioni di Ursula K. Le Guin molti anni fa, nell'introduzione del volume edito da Fanucci a metà anni '90, Il giorno del perdono, quando ancora non conoscevo la storia famigliare dell'autrice.
Riconsiderata adesso che so che donna era sua madre (vedi parte seconda, chi era Ursula K. Le Guin) mi fa sorridere, come mi fa sorridere un'altra affermazione dell'autrice, in cui in sostanza dice di non aver dato subito un gran preso al movimento femminista, per il semplice fatto che dava per scontato che tutte le donne lo fossero.
Partendo da questi presupposti, tra la metà degli anni '60 e gli inizi degli anni '70 e poi per il resto della propria vita, Ursula K. Le Guin si interroga nelle sue opere (anche) sul ruolo della donna, sulla consapevolezza che si ha o non si ha delle proprie possibilità di scelta, facendone un tema portante della propria produzione.
Vi propongo tre diverse letture, per chi volesse approfondire il tema.
Vi propongo tre diverse letture, per chi volesse approfondire il tema.
LA MANO SINISTRA DELLE TENEBRE (1969) – IN UN MONDO SENZA GENERE
Uno dei romanzi più amati dell'autrice (il più amato da me, dato che l'incipit lo uso come introduzione al blog) nasce con quello che la Le Guin definisce un esercizio mentale. Che società si svilupperebbe se non esistessero differenze di genere?
Nasce così Gheten, pianeta dove l'essere umano si è adattato al clima estremamente rigido sviluppando un ermafroditismo perfetto e pertanto tutti gli individui sono in potenza maschi e femmine.
Ne risulta una società (o meglio delle società) tutt'altro che perfetta, ma dove non esiste l'idea stessa che una parte di umanità possa dominarne un'altra solo per un'appartenenza pre definita. Non esistono ruoli predefiniti per nascita e non esistono schiavi.
La vicenda è narrata con due punti di vista, un terrestre inviato come ambasciatore e un politico locale.
Parlando dell'esperienza di scrittura del romanzo, la Le Guin ha più volte raccontato di come si sia accorta anche lei della profondità dei condizionamenti culturali. Avendo come protagonista un ambasciatore, che quindi si rapporta con politici e persone di potere, le è venuto naturale usare sempre il maschile per i ghetiani, anche perché l'inglese non ha pronomi neutri. Questo, però, condiziona l'immaginario del lettore (e del protagonista stesso) che è portato a immaginarsi i ghetiani come uomini che saltuariamente e in determinate condizioni si trasformano in donne. Di conseguenza tempo dopo l'autrice ha provato a scrivere dei racconti ambientati a Gheten usando per i nativi il solo femminile (questi racconti sono un po' sparsi in vecchie antologie Nord e non sono facilissimi da reperire al momento) e vi posso assicurare che questo condiziona non poco l'immaginario del lettore.
Facendo una breve ricerca sulle illustrazioni a questo romanzo mi sono resa conto che il principale personaggio ghetiano se rappresentato come un uomo mantiene quella che si presume essere la sua età (35/40 anni). Se invece l'illustratore prova a dargli tratti androgini immediatamente ringiovanisce a una bellezza efebica di non più di 20 anni. Anche questo credo dica molto sui nostri condizionamenti.
Al momento non c'è un'edizione acquistabile in italiano de La mano sinistra delle tenebre, anche le copie di seconda mano sono rare e costose. Per chi legge in inglese, però, ci sono splendide edizioni recenti, tra cui quella da cui ho tratto l'immagine e mi viene segnalata anche una circolazione on-line in italiano.
TEHANU (L'ISOLA DEL DRAGO, 1990) – LA FEMMINILITÀ COME RESILIENZA E SCELTA
Quarto romanzo del ciclo di Earthsea o Terramare (di cui sono disponibili svariate edizioni e almeno due traduzioni diverse), Tehanu, tradotto in Italia come L'isola del drago (perché?) è un racconto sul dopo.
Tutto in apparenza si è già compiuto. Tenar era una giovanissima sacerdotessa prescelta per un rito tenebroso, ma è già stata salvata dal mago Ged due romanzi prima. E lo stesso mago Ged è diventato arcimago, è sceso nei regni della morte, ha sanato una frattura tra i mondi e ha perso i propri poteri. Tutto è già stato compiuto. Parafrasando Blade Runner "è tempo di morire". E invece no.
Scopriamo qui che Tenar si è fatta una nuova vita sulla periferica isola di Gont, si è rifiutata di essere trattata da principessa in esilio, di studiare la magia, ha sposato un uomo comune, ha avuto dei figli, ora è vedova. Una quarantenne di paese in una società contadina. Lei, contro il parere di tutti, soccorre a adotta una bambina che è stata violenta e poi gettata tra le fiamme nel tentativo di ucciderla. Terruh è sfigurata, senza un occhio e una mano. Per molti, andava lasciata morire. Anche Ged, ormai privo di potere, debolissimo, giunto in modo avventuroso davanti alla sua soglia, andava lasciato morire. Tenar non è d'accordo, si fa carico di entrambi, perché ciascuno ha diritto a una rinascita, a cercare un cammino che sia il proprio. Tenar, che è cresciuta nelle tenebre, ha scelto la normalità e una vita ritirata, ma deve per forza sceglierla anche Terruh solo perché è una donna disabile?
C'è un brano nel romanzo che è una chiave di volta. Tenar pensa che Terruh possa un giorno diventare una sarta. È un lavoro che si fa chiusi in casa, senza dover esporre il proprio volto sfigurato. Ma perché dovrebbe imporglielo. La donna le compra invece della stoffa rossa di ottima qualità per farle un abito elegante, da sfoggiare alle feste, perché possa sentirsi bella. Terruh deve poter essere qualsiasi cosa vorrà a prescindere dal proprio sesso e dal proprio aspetto.
Per quanto sia un fantasy, c'è pochissimo fantastico, il cuore della storia potrebbe essere ambientato in un qualsiasi paese, anche in Italia oggi, certi discorsi io li sento intorno a me. Che futuro può avere una bambina violentata e sfigurata? Qualsiasi risponde Tenar, l'importante è che sia ciò che desidera davvero. Così come lei stessa ha diritto ad essere qualcosa di più di "una vedova" e Ged "uno che ha perso tutto".
Mi piace anche come in questo romanzo, nonostante sia un fantasy la saggezza non sia legata a chissà quale potere sovrannaturale. Tutt'altro. Ged è un uomo acuto anche privo dei propri poteri, Tenar sarà bene che qualcuno la ascolti e la stessa Terruh ha un buon senso che le permette di salvare la situazione molto più di qualsiasi potere magico.
LIBERAZIONE DI UNA DONNA (1994) – LA LIBERTÀ PASSA ANCHE DALLA CONSAPEVOLEZZA CON CUI SI VIVE IL PROPRIO CORPO
Recentemente riproposto in Italia nell'antologia Ritrovato e perduto edita l'anno scorso da Mondadori (e quindi reperibile ovunque, correte a comprarla), è sicuramente il racconto più esplicitamente femminista della Le Guin.
La protagonista e voce narrante era una giovanissima schiava in un mondo in cui avviene una rivoluzione. Ottiene la libertà e poco altro. Sola, ignorante, senza un soldo, finisce inevitabilmente in un giro di prostituzione. Non è una ragazza che si arrende, però. Mette da parte del denaro, cerca un qualsiasi altro lavoro. Ottenutolo, inizia a studiare, diventa una donna sempre più consapevole del mondo in cui vive. Sembra la storia di una liberazione che avviene per via intellettuale. Studiando e lavorando. Via via che diventa più consapevole, emergono però anche le ferite interiori, un corpo che non accetta, che nasconde sotto stoffe spesse, a cui nega ogni gratificazione. Ma il corpo è parte di noi. Non si può amare solo con la mente, non si può essere liberi se si è in guerra con il proprio corpo. Solo accettando la propria fisicità e aprendosi a una nuova possibilità di amore, la protagonista si riappropria anche del proprio vissuto e accetta di raccontare la sua storia.
Una donna non ha necessariamente bisogno di un uomo. Tutti abbiamo bisogno di amare, anche a livello fisico, prima noi stessi, per poi aprici all'altro, da pari.
È nei nostri corpi che perdiamo o diamo inizio alla libertà.
Vi lascio il finale del racconto (in una traduzione di fine anni '90, non la stessa attualmente in commercio), che mi ha molto colpito (e anche un po' commosso).
Considerando che oggi un mio alunno si è addormentato mentre spiegavo (ma proprio addormentato, con tanto di ronfatina, e era anche al primo banco), spero di non avervi annoiato troppo.
Per chi vorrà, la prossima (ultima puntata) parlerà di utopia e società possibili.
Infine, vorrei ringraziare di cuore la Biblioteca di Casale Monferrato, che mi ha dato l'opportunità di approfondire questi temi e di parlarne.
Ragionavo, mentre parlavo, che spesso di femminismo si parla solo tra donne. Invece l'incontro era stato organizzato da un uomo e il pubblico era eterogeneo per sesso e per età. È così che dovrebbe essere, suppongo, ma che spesso non è.
Infine, il mio commosso grazie va a Ivo de Palma, che ha dato voce alle parole di Ursula K. Le Guin
Parlando dell'esperienza di scrittura del romanzo, la Le Guin ha più volte raccontato di come si sia accorta anche lei della profondità dei condizionamenti culturali. Avendo come protagonista un ambasciatore, che quindi si rapporta con politici e persone di potere, le è venuto naturale usare sempre il maschile per i ghetiani, anche perché l'inglese non ha pronomi neutri. Questo, però, condiziona l'immaginario del lettore (e del protagonista stesso) che è portato a immaginarsi i ghetiani come uomini che saltuariamente e in determinate condizioni si trasformano in donne. Di conseguenza tempo dopo l'autrice ha provato a scrivere dei racconti ambientati a Gheten usando per i nativi il solo femminile (questi racconti sono un po' sparsi in vecchie antologie Nord e non sono facilissimi da reperire al momento) e vi posso assicurare che questo condiziona non poco l'immaginario del lettore.
Facendo una breve ricerca sulle illustrazioni a questo romanzo mi sono resa conto che il principale personaggio ghetiano se rappresentato come un uomo mantiene quella che si presume essere la sua età (35/40 anni). Se invece l'illustratore prova a dargli tratti androgini immediatamente ringiovanisce a una bellezza efebica di non più di 20 anni. Anche questo credo dica molto sui nostri condizionamenti.
Al momento non c'è un'edizione acquistabile in italiano de La mano sinistra delle tenebre, anche le copie di seconda mano sono rare e costose. Per chi legge in inglese, però, ci sono splendide edizioni recenti, tra cui quella da cui ho tratto l'immagine e mi viene segnalata anche una circolazione on-line in italiano.
TEHANU (L'ISOLA DEL DRAGO, 1990) – LA FEMMINILITÀ COME RESILIENZA E SCELTA
Quarto romanzo del ciclo di Earthsea o Terramare (di cui sono disponibili svariate edizioni e almeno due traduzioni diverse), Tehanu, tradotto in Italia come L'isola del drago (perché?) è un racconto sul dopo.
Tutto in apparenza si è già compiuto. Tenar era una giovanissima sacerdotessa prescelta per un rito tenebroso, ma è già stata salvata dal mago Ged due romanzi prima. E lo stesso mago Ged è diventato arcimago, è sceso nei regni della morte, ha sanato una frattura tra i mondi e ha perso i propri poteri. Tutto è già stato compiuto. Parafrasando Blade Runner "è tempo di morire". E invece no.
Scopriamo qui che Tenar si è fatta una nuova vita sulla periferica isola di Gont, si è rifiutata di essere trattata da principessa in esilio, di studiare la magia, ha sposato un uomo comune, ha avuto dei figli, ora è vedova. Una quarantenne di paese in una società contadina. Lei, contro il parere di tutti, soccorre a adotta una bambina che è stata violenta e poi gettata tra le fiamme nel tentativo di ucciderla. Terruh è sfigurata, senza un occhio e una mano. Per molti, andava lasciata morire. Anche Ged, ormai privo di potere, debolissimo, giunto in modo avventuroso davanti alla sua soglia, andava lasciato morire. Tenar non è d'accordo, si fa carico di entrambi, perché ciascuno ha diritto a una rinascita, a cercare un cammino che sia il proprio. Tenar, che è cresciuta nelle tenebre, ha scelto la normalità e una vita ritirata, ma deve per forza sceglierla anche Terruh solo perché è una donna disabile?
C'è un brano nel romanzo che è una chiave di volta. Tenar pensa che Terruh possa un giorno diventare una sarta. È un lavoro che si fa chiusi in casa, senza dover esporre il proprio volto sfigurato. Ma perché dovrebbe imporglielo. La donna le compra invece della stoffa rossa di ottima qualità per farle un abito elegante, da sfoggiare alle feste, perché possa sentirsi bella. Terruh deve poter essere qualsiasi cosa vorrà a prescindere dal proprio sesso e dal proprio aspetto.
Per quanto sia un fantasy, c'è pochissimo fantastico, il cuore della storia potrebbe essere ambientato in un qualsiasi paese, anche in Italia oggi, certi discorsi io li sento intorno a me. Che futuro può avere una bambina violentata e sfigurata? Qualsiasi risponde Tenar, l'importante è che sia ciò che desidera davvero. Così come lei stessa ha diritto ad essere qualcosa di più di "una vedova" e Ged "uno che ha perso tutto".
Mi piace anche come in questo romanzo, nonostante sia un fantasy la saggezza non sia legata a chissà quale potere sovrannaturale. Tutt'altro. Ged è un uomo acuto anche privo dei propri poteri, Tenar sarà bene che qualcuno la ascolti e la stessa Terruh ha un buon senso che le permette di salvare la situazione molto più di qualsiasi potere magico.
LIBERAZIONE DI UNA DONNA (1994) – LA LIBERTÀ PASSA ANCHE DALLA CONSAPEVOLEZZA CON CUI SI VIVE IL PROPRIO CORPO
Recentemente riproposto in Italia nell'antologia Ritrovato e perduto edita l'anno scorso da Mondadori (e quindi reperibile ovunque, correte a comprarla), è sicuramente il racconto più esplicitamente femminista della Le Guin.
La protagonista e voce narrante era una giovanissima schiava in un mondo in cui avviene una rivoluzione. Ottiene la libertà e poco altro. Sola, ignorante, senza un soldo, finisce inevitabilmente in un giro di prostituzione. Non è una ragazza che si arrende, però. Mette da parte del denaro, cerca un qualsiasi altro lavoro. Ottenutolo, inizia a studiare, diventa una donna sempre più consapevole del mondo in cui vive. Sembra la storia di una liberazione che avviene per via intellettuale. Studiando e lavorando. Via via che diventa più consapevole, emergono però anche le ferite interiori, un corpo che non accetta, che nasconde sotto stoffe spesse, a cui nega ogni gratificazione. Ma il corpo è parte di noi. Non si può amare solo con la mente, non si può essere liberi se si è in guerra con il proprio corpo. Solo accettando la propria fisicità e aprendosi a una nuova possibilità di amore, la protagonista si riappropria anche del proprio vissuto e accetta di raccontare la sua storia.
Una donna non ha necessariamente bisogno di un uomo. Tutti abbiamo bisogno di amare, anche a livello fisico, prima noi stessi, per poi aprici all'altro, da pari.
È nei nostri corpi che perdiamo o diamo inizio alla libertà.
Vi lascio il finale del racconto (in una traduzione di fine anni '90, non la stessa attualmente in commercio), che mi ha molto colpito (e anche un po' commosso).
Considerando che oggi un mio alunno si è addormentato mentre spiegavo (ma proprio addormentato, con tanto di ronfatina, e era anche al primo banco), spero di non avervi annoiato troppo.
Per chi vorrà, la prossima (ultima puntata) parlerà di utopia e società possibili.
Infine, vorrei ringraziare di cuore la Biblioteca di Casale Monferrato, che mi ha dato l'opportunità di approfondire questi temi e di parlarne.
Ragionavo, mentre parlavo, che spesso di femminismo si parla solo tra donne. Invece l'incontro era stato organizzato da un uomo e il pubblico era eterogeneo per sesso e per età. È così che dovrebbe essere, suppongo, ma che spesso non è.
Infine, il mio commosso grazie va a Ivo de Palma, che ha dato voce alle parole di Ursula K. Le Guin
Spesso la parola "femminismo" mette in guardia le persone, me compresa, (che sono una donna), perché si trascina dietro quel retrogusto di estremismo che mi ha sempre convinta poco. Invece il femminismo è e dovrebbe essere visto nei termini in cui nei hai parlato tu in questo articolo, attraverso queste storie molto belle e attualizzabili in ogni momento e contesto storico. Donna e uomo: due generi che, sulla bilancia, non pesano in modo differente, uno più dell'altro; con caratteristiche, attitudini, potenzialità diverse, ma sostanzialmente con le stesse opportunità e la stessa libertà di essere o fare ciò che vogliono essere o fare.
RispondiEliminaSe fosse stato così fin dall'alba dei tempi..., ma certi retaggi si sono consolidati nei secoli ed è inutile ribadire sempre quanto sia stato difficile, nel tempo, rimuovere vecchie e superate mentalità maschiliste. E quanto, nonostante tutto, le battaglie trovino ancora molte resistenze.
Il tuo nome qui, sul blog, Tenar, nasce dal romanzo di cui hai parlato?
Femminismo dovrebbe essere, in effetti lo è, una bella parola, perché mette al centro l'essere femminile. Dovrebbe essere contro al maschilismo, non certo al maschio in sé. Il più grande femminista di famiglia è mio padre. Lui era un alpinista dei Ragni di Lecco, un gruppo di eccellenza, che faceva spedizioni di esplorazione in tutto il mondo. Un giorno, racconta, si stava preparando a una scalata difficile. Sulla parete c'erano già due alpinisti di cui immediatamente si trova ad ammirare la tecnica. Decide quindi che farà in modo di incontrarli per parlare e scambiarsi i segreti del mestiere. Ma quando li raggiunge, a fine scalata, loro tolgono il casco, rivelando di essere due donne. A quanto pare questo episodio gli ha cambiato la vita, perché gli è apparso ovvio che l'abilità e la passione non possono dipendere dal sesso e, come commenta lui, "che spreco se non avessero arrampicato". Insomma, per come lo vedo io, per come mi è stato insegnato, il femminismo si batte perché ciascuno possa esprire se stesso, perché le donne in particolare lo possano fare, ma di questa libertà poi beneficia tutta la società.
EliminaQuanto alla Le Guin, lei si è sempre definita femminista. Le Guin, tuttavia, è il nome del marito. Quindi non ha mai sentito come sminuente, ma anzi, come fondante della propria identità il proprio legame matrimoniale. E tuttavia, come le sue opere stanno a dimostrare, non è certo l'unico possibile. Puoi decidere di vivere sola, con un uomo, con un'altra donna, purché tu lo faccia liberamente e nel rispetto degli altri.
E s', ovviamente, Tenar viene da lì.
Seguo con grande interesse: nel ruolino delle mie letture LeGuin dovrebbe arrivare intorno a Natale, ma tutto quel che racconti è nuovissimo per me ^_^
RispondiEliminaChe bello il Natale con la LeGuin! Spero proprio che ti piaccia!
EliminaOccorre che io recuperi i tuoi post precedenti sulla serie. Interessantissimo "La mano sinistra delle tenebre" e capisco la difficoltà linguistica sui generi. Di LeGuin avevo letto il ciclo di Earthsea. Ho approfondito il tema del condizionamento di genere sia nel laboratorio universitario cui ho partecipato la scorsa primavera, con una docente anglosassone molto in gamba, sia in una sezione del mio testo di Antropologia Culturale. Devo dire che mi si è dischiuso un mondo, anzi un universo. Ora sto approfondendo la Storia delle Donne nel medioevo e in età moderna con alcuni testi, in vista di un esame di gennaio.
RispondiEliminaMi sa che nel testo di Antropologia Culturale c'è almeno un accenno al papà della Le Guin, Kroeber, che dell'antropologia culturale è stato uno dei papà. Però devo dire che sono un po' invidiosa del tuo laboratorio universitario. Dev'essere molto bello studiare "da grandi" le proprie materie preferite. Tornando alla LeGuin, la saga di Earthsea è la sua opera più conosciuta in Italia e io ci sono anche molto affezionata, ma i suoi capolavori sono tra la fantascienza.
EliminaDeve essere stata una bellissima esperienza davvero. Non capita spesso di poter fare conoscere agli altri un autore che si considera speciale, al di fuori della cerchia di parenti e amici.
RispondiEliminaInfatti, è stata davvero un'esperienza meravigliosa
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