domenica 22 novembre 2020

Di DDI, DAD, Didattica capovolta, incrociata e spesso arrangiata


 La DaD dello scorso anno scolastico l'ho odiata con tutte le mie forze.
Sia chiaro, ero consapevole che fosse necessaria, ero consapevole che andasse portata avanti in un certo modo e alcuni risultati li abbiamo anche ottenuti. Però l'ho odiata. Ho odiato dover improvvisare da un momento all'altro qualcosa di cui non mi sentivo pronta. Ho odiato perdere di colpo il contatto umano che caratterizza il mio lavoro per trovarmi a fare esattamente ciò che per tutta la vita avevo rifuggito, un lavoro che mi portasse a stare giornate intere a fissare un monitor.

Quest'anno, almeno a settembre mi sono illusa.
Illusa che ce l'avremmo fatta in presenza.
Ho visto cose che una prof pensava impossibile. Non solo carta igienica in abbondanza in ogni bagno (in realtà non non ne abbiamo mai avuto carenza), ma disinfettante ovunque, carta ovunque, un livello di pulizia tale che sui pavimenti si sarebbe potuto mangiare. Addirittura il report della pulizia delle maniglie. Aree ben delimitare per l'intervallo, percorsi di ingresso e di uscita differenti. Un grado di organizzazione tale da farmi davvero sperare.
Poi li ho visti arrivare, gli alunni. Stipati come sempre nei pulmini, tutti mescolati. E ho capito che no, la mia era stata, appunto, un'illusione.
Infine nella mia zona è saltato del tutto il tracciamento. Qualche settimana fa si è arrivati all'assurdo che un esito di un tampone poteva arrivare anche due settimane dopo la richiesta, quando l'ipotetica quarantena per i contatti era bella che finita. Intorno a me ho perso il conto della gente ammalata e tutti i nostri bei disinfettanti scolastici nulla hanno potuto.
Da allora l'abituale follia della scuola è diventata ancora più folle.
Perché non siamo tutti a casa. Quest'anno non c'è la DaD, didattica a distanza, che fa venire attacchi di stress post traumatico solo a nominarla. Quest'anno c'è la DDI, Didattica Digitale Integrata.
Perché le seconde e le terze medie sono a casa, ma non completamente. Chi ha diritto a un piano didattico personalizzato viene in presenza. Cosa che sulla carta è sensatissima. Se hai bisogno di un insegnante di sostegno o di un aiuto didattico lavori meglio a scuola. Però si tratta di due/tre/quattro sparuti alunni per classe. Io sono dislessica. Ai miei tempi non c'erano i Piani Didattici Personalizzati. Oggi ne avrei avuto uno. Sarei stata una di quei due/tre alunni. Onestamente non so come mi sarei sentita. Sollevata per poter comunque uscire di casa o sfigata? 

Io ho le prime medie. Quindi tutto normale come prima?
E no, troppo semplice.
Ogni giorno è una scommessa.
Qualcuno, alunno o collega, avrà avuto un tampone positivo? La classe ci sarà ancora in classe? Oppure sono in isolamento? Sono anch'io in isolamento?
E se siamo in classe, in quanti siamo in classe?
Perché col tasso di contagi della nostra zona è inevitabile avere un tot di alunni in isolamento in quanto contatti diretti. Loro si collegano da casa mentre i compagni sono in classe. E poi, dato che la noia è diventato il più grande nemico degli adolescenti, anche chi è a casa per qualche motivo si connette. Siamo passati a "ho mal di pancia per non andare a scuola" a "mi connetto con scuola anche se ho mal di pancia".
Quindi non so mai quanti alunni avrò dal vivo e quanti in video. Questo pone una serie di problemi pratici che ben potete immaginare.
Il gruppo on line viene proiettato sulla lim. Noi vediamo loro. O, meglio, li vediamo se hanno una connessione decente. Se no li immaginiamo al di là di una sagoma sfocata o di una lettera. Loro vedono me se sto ferma in cattedra o due compagni se sposto il computer. Se mi muovo per la classe non mi sentono più. Se loro tengono accesi i microfoni fa rimbombo. Quindi li tengono spenti e se devono intervenire alzano la mano o scrivono nella chat. Cosa di cui mi accorgo con eoni di ritardo.
Inoltre nel caso di tutta una classe a casa è prevista una scansione oraria leggermente diversa che non preveda il fissare il monitor per 6/8 ore. In questa gestione mista però la cosa si fa più difficile e quindi mi sto inventando l'impossibile per fare delle cose pratiche, gestibili a casa e a scuola, rigorosamente in singolo. La materia dei miei esperimenti al momento è la geografia. Abbiamo simulato lo scontro tra placche con uova, pancarrè e farina. Abbiamo costruito un mini plastico del nostro territorio e infine abbiamo fatto il classico vulcano con aceto e bicarbonato. In quest'ultimo caso i ragazzi da remoto hanno lavorato a favore di telecamere improvvisando una gara al vulcano più veloce. Non ho idea se alla fine sia servito a qualcosa ai fini dell'apprendimento, ma ci siamo divertiti, che di questi tempi è già una gran cosa.
Ma questo non esaurisce le multiforme possibilità della DDI ai tempi del Covid. 
Che si fa se il prof è a casa in isolamento, ma sta bene? Si connette pure lui.
Inutile dire che ho avuto l'onore di provare e fare da cavia a questa meravigliosa modalità didattica che si può riassumere come "lavorare il doppio in due (o in tre) per ottenere un quarto".
Perché idealmente servono tre docenti. Quello a casa che si connette, quello che gestisce il computer e quello che controlla/aiuta gli alunni in classe. E questo è il meno.
Nella classe in cui passo la maggior parte del mio tempo non c'è un modo per posizionare il computer in modo che si vedano tutti gli alunni. Quindi potevo guardare il collega, oppure due o tre alunni a caso, oppure la colonna. Ogni lezione aveva i suoi continui passaggi da seduta spiritica "mi sentite?" "datemi un segno". Ovviamente quando proiettavo qualcosa vedevo ancora meno e per non creare rimbombo il microfono di scuola era chiuso. Quindi avevo la sensazione di parlare al nulla. Per quanto ci si ingegnasse per creare qualcosa di interattivo, in queste condizioni non è che ci fosse molta alternativa alla lezione frontale. E se sono noiosa in presenza vi lascio immaginare come possa essere interessante proiettata sulla lim con la voce che a seconda della connessione diventava flebile, oppure metallica, oppure intermittente. Ciliegina sulla torta, non ero a casa mia, ma a casa dei miei, accampata nel vecchio appartamento della nonna. Per motivi di prese elettrice il computer stava su un vero tavolino a tre gambe da seduta spiritica lasciatoci da chissà quale antenato che rendeva molto l'atmosfera del tutto.

Insomma, volevo un lavoro che fosse ogni giorno una sfida? L'ho avuto. 
Domani si torna nella scuola perfettamente disinfettata e semi deserta. Scoprirò quanti e quali alunni appaiono sulla lavagna e quanti sono in classe. Guarderò il gruppetti dei Bisogni Educativi Speciali vagare un po' sconsolati all'intervallo nell'area destinata alla loro classe diventata improvvisamente enorme.
Per come vanno le cose qui in Piemonte non si poteva fare molto altro, anzi, forse bisognava chiudere anche di più. Ma a 12/13 anni non si è studenti universitari. Non si studia allo stesso modo davanti a uno schermo o in una classe. Quindi se adesso ai piani alti qualcuno decide di aprire i centri commerciali per favorire lo shopping natalizio tenendo le scuole chiuse e ponendo le basi per un rialzo dei contagi dopo Natale che porterà inevitabilmente a tenere ancora di più le scuole chiuse mi parte l'embolo.

Intanto, se volete continuare ad avventurarvi nel mio universo steampunk, ecco Racconto di Pratile – Primo capitolo

12 commenti:

  1. Situazione pesante, la capisco in pieno. Peraltro anche dal punto di vista degli studenti, quanto meno vedo mia figlia (che a scuola ci andava volentieri) che segue questa "didattica a distanza" con lo stesso entusiasmo con cui seguirebbe una conferenza sul sesso degli angeli...

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    1. Guarda, oggi ho fatto ho fatto compagnia a un gruppo di seconda media (i famosi bes) che seguivano una lezione di musica fatta dal docente in isolamento mentre i loro compagni erano a casa. Il collega è molto preparato, ma dire che io ho capito poco è riduttivo, figuriamoci loro che hanno difficoltà e lacune pregresse...

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  2. Ho alcuni amici che insegnano ad elementari e medie e dicono all'incirca le tue stesse cose: un delirio, difficilmente immaginabile dall'esterno. Il punto scandaloso è stato proprio quello dei trasporti pubblici: una scuola può essere perfettamente sanificata e a norma con banchi e distanze, ma se tutti si assembrano sui mezzi non ci vuole un virologo per capire che il contagio riparte.
    Peraltro la DDI è difficoltosa anche per gli studenti universitari, io sto seguendo le lezioni di Storia Romana anche come ripasso, e all'inizio non si capiva a quale "riunione" accedere (è sempre il malnato Teams, piattaforma complicatissima), tutti cliccavano a vanvera o chattavano, la professoressa dava in escandescenze a ogni momento. Anche noi dobbiamo tenere i microfoni spenti perché il ritorno audio è potente, e farlo anche dopo aver "alzato la manina" e aver formulato la domanda. Dato che la lezione in streaming è registrata, la professoressa parla per un'ora e mezza, poi spegne la registrazione e possiamo fare le domande. La cosa ridicola è che noi non possiamo essere registrati per la privacy...

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    1. La cosa che mi fa tristezza è che la mia scuola è enorme. Mille aule, ampi spazi esterni. Ma se sul pulmino sono tutti mescolati e stipati e sopratutto se salta il tracciamento è inutile. Abbiamo avuto colleghi ammalati con tamponi positivi arrivati 15 giorni dopo i primi sintomi. In queste condizioni ogni sforzo è inutile.

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  3. Che incubo insegnare in questo modo! Ricordo i miei anni in prima media... Io sono sempre stata una tranquilla e asociale, che se ne stava bene in un angolino in disparte con meno interazioni possibili, ma ricordo la mia prof di italiano che se ne inventava di ogni per tenere sveglia la classe e gli studenti seduti al proprio posto.
    Se la DaD aveva i suoi problemi da seduta spiritica, la versione metà in presenza - metà digitale è terrificante.

    Fortunatamente l'unica interazione costante che prevede il mio lavoro è un computer per cui, da casa o in ufficio, è uguale.
    Da casa la mancanza dei colleghi per scambiare quattro chiacchiere si sente, ma l'assenza di traffico per arrivare sul posto di lavoro e la presenza della gatta e del gufo riportano in asse la bilancia.
    Ogni tanto, quando chiamo qualche collega la cui moglie fa l'insegnante, in sottofondo sento "Noemi! Noemi! Ci sei ancora?" oppure "mi vedete? Ehi? C'è nessuno?" o ancora "mi sa che hai il microfono spento. Controlla, per favore."

    Ringrazio di non essere né studentessa né insegnante in questo anno tragico... Spero solo che non riaprano per natale, lasciando le scuole in questa situazione allucinante.

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    1. Ci inventiamo comunque le cose più assurde per cercare di coinvolgere tutti, ma con la DaD è davvero difficile. In modalità mista, poi, quasi impossibile.

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  4. Mi è venuta la pelle d'oca a sentire questo racconto raccapricciante.
    Non è colpa di nessuno ma c'è davvero tanta fatica e tanto disagio.
    Io alle medie non ascoltavo i prof, guardavo di sottecchi il belloccio della classe che mandava i bigliettini alla mia migliore amica. Come faranno questi ragazzi a godersi la lezione? :D
    Grazie della condivisione, mi fa piacere sapere almeno un pochino cosa succede da quelle parti.
    In bocca al lupo! Tenete botta!

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    1. È proprio un modo triste di fare scuola. Cerchiamo di renderlo il meno disagevole possibile, ma è innegabile il fatto che ai ragazzi stiamo chiedendo grandi sacrifici che spesso neppure vengono riconosciuti come tali.

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  5. Che incubo! Viviamo tutto dalla parte dei figli studenti, ma sentire le testimonianze dei professori mostra un lato della medaglia che non si immagina facilmente. In casa mia, la dad ha portato un po’ di noia e anche un po’ di lassismo: almeno una tuta mettetela invece di rimanere in pigiama!

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    1. La noia e il lassismo sono inevitabili, è triste che colpiscano anche studenti come i tuoi figli che, mi pare di capire, di solito sono esemplari. Per chi ha delle difficoltà, poi, tutto si amplifica mille volte.

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  6. Immagino la fatica di insegnare in questo modo, anche nel mio piccolo le nostre riunioni di lavoro sono un delirio, costretti a tenere i microfoni spenti (e non tutti si ricordano di farlo) altrimenti c'è un fischio di sottofondo fastidiosissimo...

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    1. Io la trovo una modalità faticosissima, poi è chiaro che c'è anche un aspetto caratteriale. Personalmente avrei odiato fare scuola così.

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