mercoledì 26 aprile 2017

Chiacchierando con i ragazzi sui personaggi de "La spada, il cuore e lo zaffiro"


Per il ponte del 25 aprile io, pupattola e marito siamo scappati per una mini vacanza, sempre il barba a chi dice "spostarsi con un pupo! Sarà il delirio!". La pupattola ha mangiato come se non ci fosse un domani, ha dormito come un ghiro e ha fatto scappare una leonessa del parco faunistico che si era incautamente avvicinata a un vetro. La pupattola l'ha vista e ha espresso il suo desiderio di accarezzare il gatto grosso con un grido gioioso in grado di trapanare i timpani di chiunque e la povera leonessa ha pensato che solo un predatore davvero davvero grosso poteva emettere quel verso.
Prima della vacanzina, però, mi sono presa io mezza giornata di libertà per andare a parlare agli alunni di un amico e collega dei miei scritti.

Purtroppo per l'antologia "La spada, il cuore e lo zaffiro" le presentazioni serali risultano problematiche perché tra cena e addormentamento ho ben poca libertà di movimento (in realtà alla sera concentro tutta la mia vita sociale, ma deve svolgersi a casa mia...). Non ho resistito, però, all'invito di un amico collega ed è stato bellissimo passare una mattinata a parlare di storie e di scrittura.
Bellissimo perché ho conosciuto tre terze medie educate e sensibili e perché ho un po' di nostalgia sia del lavoro a scuola che della scrittura e del parlare di scrittura.

L'idea su cui ho lavorato, pensando a un pubblico così giovane, è a cosa serve leggere e quindi cosa è necessario allo scrittore per essere tale. Non come tecnica, ma come spinta emotiva.

Sono convinta che leggere sia la miglior palestra per esercitare la propria intelligenza emotiva.
Leggere significa vivere altre vite, entrare nella testa di altri personaggi. Concepire e toccare con mano altri modi di ragionare (che magari ci faranno arrabbiare, vedasi la mia reazione a La cripta dei cappuccini). Questo ci rende un po' più capaci di capire gli altri e, sopratutto, di dare un nome e identificare un po' meglio i nostri sentimenti.
Leggendo quello che accade ad altri, siano anche personaggi inventati di vicende inesistenti, capiamo meglio quello che accade a noi e intorno a noi.
Non è una cosa da poco. 
La diseducazione emotiva è, secondo me, un dramma delle nuove generazioni e si affacciano all'età adulta impreparati ad affrontare i loro stessi sentimenti, inermi di fronte alla loro stessa rabbia, alla loro stessa delusione, alle sconfitte. La sensazione di essere i primi e soli ad affrontare questi sentimenti ha a volte esiti anche tragici. La lettura ci consente di renderci conto, invece, che i nostri drammi non sono poi così unici, che altri hanno provato quegli stessi sentimenti e in base ad essi hanno compiuto delle scelte in cui possiamo oppure no rispecchiarci.

Da qui io per prima mi sono chiesta qual è dunque la prima caratteristica che deve avere uno scrittore, che non sia di tecnica o di volontà.
La risposta che ho trovato è camminare nelle scarpe altrui.
Per scrivere bisogna saper immergersi nella mente dei personaggi, di tutti i personaggi, per renderli vivi e credibili, anche in quelli più lontani da noi o che ci stanno umanamente più antipatici. Per scrivere un giallo, ad esempio, bisogna essere sia il detective che l'assassino (ops...).

Curiosamente, è proprio con l'antologia La spada, il cuore e lo zaffiro che ho scritto alcuni dei personaggi più lontani da me. 
Il racconto, per la sua brevità, permette di convivere anche con protagonisti che non sopporteremmo per un romanzo o con cui non oseremmo confrontarci per un tempo più lungo. Quindi, tra tutte le cose che ho scritto, i miei virtuosismi di immedesimazione li ho compiuti per i racconti di questa antologia.

Il personaggio in assoluto più antipatico con cui mi sia confrontata è il politico io narrante del racconto Notte stellata. Un uomo corrotto, che si giostrava moglie e amante e nascondeva in casa i denari indebitamente acquisiti. Ormai fantasma, guarda alla sua vita senza un briciolo di pentimento, solo con il rammarico di non averla fatta franca. La cosa strana, avvenuta mentre scrivevo il racconto, è che via via che andavo avanti nella narrazione e più la mia antipatia per questo personaggio scemava e ne scoprivo l'umanità. Tutt'ora penso che questo racconto funzioni perché, nonostante tutto, io quest'uomo non lo riesco a odiare e neppure il lettore ci riesce fino in fondo. Nonostante tutto, nostro malgrado, facciamo il tifo per lui.

Sempre nella stessa antologia c'è anche il racconto Ulisse e la tartaruga in cui mi sono trovata a muovere Ulisse. L'Ulisse di Omero e in qualche modo anche di Dante, da rendere vivo tenendo presente e dimenticando Omero e Dante per cercare di rispondere in modo sincero a un'unica domanda: cosa teme il cuore di Ulisse.

Se sia riuscita nei miei intenti narrativi saranno i ragazzi, che leggeranno questi due racconti, a dirlo.
Io per il momento ringrazio loro e il loro prof, Ruggero, per questa chiacchierata, che è stata anche l'occasione per un viaggio introspettivo sulle motivazioni che mi spingono a scrivere.

Infatti, tornando indietro, in questo momento in cui ho dichiarato di essere in pausa dalla scrittura, mi è venuta l'idea per un racconto. Adesso il problema è il tempo per scriverlo!

13 commenti:

  1. Immedesimarsi e camminare nelle scarpe altrui, molto d'accordo, molto bello e salvifico.
    Sandra

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    1. Molto Depeche Mode anche 😆

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    2. Altroché. Io ho intitolato Try walking in my shoes il primo capitolo di un mio romanzo. Sandra

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  2. Un pubblico giovane può essere insidioso (sembra che la lettura non riscuota particolare successo...) però anche più stimolante poiché un giovane può ancora "scoprire" che in effetti la lettura può essere molto più interessante di quanto lui pensasse. Ovviamente ti auguro di folgorare molti fanciulli sulla strada di Damasco ;-)

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    1. Più che altro in mio problema è che sono abituata a parlare con i ragazzi, ma non scrivo espressamente per ragazzi. A partire dai testi si pone un problema lessicale (prof, ma lei scrive difficile!) e poi so che una presentazione tradizionale con dei quattordicenni risulta di una noia mortale. Devo dire che sono stata molto contenta della partecipazione di queste classi che mi hanno lasciato proprio un ottimo ricordo.

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  3. Il grido della pupattola ha fatto scappare la leonessa, fantastico! Mi hai fatto immaginare benissimo la scena :-)
    Riguardo alla lettura è verissimo, un modo fantastico per immergersi nell'anima di un altro e provare le stesse emozioni, quando leggo un libro e riesco a immedesimarmi particolarmente nei personaggi b

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  4. ...ne sono sempre felice! Ehm...non avevo finito il commento

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    1. Sì, per me rimane questo l'aspetto migliore della scrittura e della lettura, anche quando non mi piacciono molto le scarpe del personaggio in cui mi calo ne torno sempre arricchita.

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  5. Sapere che i ragazzi leggeranno i tuoi racconti è sempre stimolante, anche perché si tratta di un pubblico esigente (quando legge...). Come hai detto bene, poi, leggere vuol dire immedesimarsi, ragionare, discutere, ed è sempre cibo per la mente.

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  6. Lo sai? Io ho proposto ai miei figli la lettura delle tue storie: uno, il grande, ha una passione per Sherlock Holmes, quale migliore occasione!
    All'altro vorrei fare leggere questi tuoi racconti: secondo me gli piaceranno. 😉

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    1. Wow! Voglio sapere la recensione, poi! Ed evviva i giovani sherlockiani!

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