domenica 4 giugno 2017

Il bacio della vedova – racconto inedito a puntate, parte 3

Parte prima

Parte seconda

Riassunto breve 

Padre Marco, parroco e docente di religione in un liceo, è a Parigi come accompagnatore di alcune classi in gita. In un mattino di pioggia lui e gli altri colleghi si rendono conto che uno degli alunni, Livio Massenzio, è scomparso.
Parlando con i compagni di classe dello scomparso, si scopre che Livio aveva dato appuntamento a un ragazzo di un'altra scuola, anche lui in gita a Parigi. Questi, Massimo, di madrelingua francese, aveva organizzato per lui e l'amico l'incontro con una escort, Amelie. Massimo, tuttavia, è tornato da solo al proprio albergo dopo aver lasciato Livio ancora in compagnia di Amelie.

PARTE TERZA

E così erano finiti a Pigalle, sperando che Amelie li conducesse da Livio.

 Pioveva e, alle dieci e mezza del mattino, il quartiere si adagiava nel sonno sgualcito delle cortigiane. C’erano poche luci accese e ancor meno bar aperti. I pochi negozi che avevano orario mattutino non vendevano esattamente generi alimentari.
 Clara era rimasta a piantonare Massimo e padre Marco provava un certo disagio a passeggiare con una donna al fianco così vicina a lui, dato che dividevano lo stesso ombrello, tra un vetrina che esponeva corsetti e manette e un’insegna a forma di fallo.
 – È colpa mia – disse Anita. – Tutto quello che inizio finisce male.
 – Nessuno può prendersi la colpa di questa colossale idiozia, eccetto Livio e Massimo.
 – Allora è una maledizione. O un destino. Quando faccio qualcosa, per quanta cura ci metta, va sempre tutto male. Come col mio matrimonio. Sai quanto ci ho messo per organizzare questa gita? Tre mesi. Ho scelto i giorni e le attività per usufruire di tutte le agevolazioni e le tariffe ridotte. Doveva essere tutto perfetto…
 – Io credo nel libero arbitrio, non nel destino.
 – Libero arbitrio un corno. L’ho scelto io che mio marito mi cornificasse? Oppure il resto? Appena ho conosciuto un altro mia madre è caduta dalle scale rompendosi tutte e due le gambe. Lei è venuta a vivere con me e il mio fidanzato non si è più fatto vedere. O questo? L’ho scelto io?
 – Alcune cose capitano e basta. Altre sono frutto di decisioni, che magari non sono le nostre.
 – E dunque starei scontando colpe commesse da altri a mia insaputa? Questo dovrebbe confortarmi?
 – No. Dovrebbe spingerci a considerare bene le nostre scelte, pensando anche gli effetti che possono avere sugli altri… E quello cosa dovrebbe essere?
 Non aveva voluto parlare ad alta voce. Era del tutto impossibile camminare per quel quartiere controllando i numeri civici e ignorare i prodotti che erano esposti nelle vetrine. Fino a quel momento Marco vi aveva lanciato sguardi distratti e solo vagamente infastiditi. E tuttavia era ancora più irritante non riconoscere il tipo di oggetto che stava guardando. La parte di studioso che era in lui si ribellava a quella possibilità.
 Anita, presa nella sua spirale di autocommiserazione, avrebbe potuto attraversare tutta Sodoma senza notare alcunché di strano. Si chinò verso la vetrina per osservare meglio la paperetta di plastica viola dal collare di pelo.
 – Un vibratore – sentenziò infine. Poi, vedendo ancora la perplessità sul viso del prete, provò ad aggiungere – Sai, un vibratore serve...
 – So che cos’è un vibratore – la interruppe Marco. – Mi chiedevo solo come… Be’, lasciamo perdere. La ragazza dovrebbe abitare nel prossimo stabile.
 E proseguì.
 – Certo che sei uno strano tipo di prete. 
 Un prete curioso. Si disse Marco. Dannatamente, era il termine giusto, curioso. Chissà quanto ci avrebbe messo, adesso, a togliersi di mente quegli interrogativi squisitamente tecnici sulla paperetta. Chissà come doveva essere usata per non rovinare il collare di pelo? Di sicuro il vescovo non avrebbe approvato quei pensieri. E neppure Qualcuno di assai più in alto. Si costrinse a controllare l’indirizzo.
 – Ci siamo.
 Il numero civico coincideva con il punto di partenza inserito da Massimo sul navigatore e tra i nomi dei campanelli spiccava una “Amelie, estetista e servizi alla persona”, come tradusse Anita. Suonarono. 
 Qualche minuto e si aprì una finestra.
 Senza trucco, con i capelli un poco spettinati tirati in dietro da un cerchietto, Amelie sembrava una ragazza come tante. Più graziosa, secondo Marco, della femme fatale delle foto su internet.
 – Oui? – chiese
 – Bonjour, nous sommes… – iniziò Marco nel suo francese dal suono incerto.
 – Italiens? – chiese Amelie.
 – Oui.
 – Studio italiano – rispose lei, con inflessione impeccabile. – Cosa volete? Sul sito è chiaro “solo orario serale. Prenotazioni via telefono.”
 – È più complicato.
 Solo allora la ragazza sembrò accorgersi del colletto che portava Marco e della piccola spilla sulla maglia.
 – Un prete e una donna. Ci credo che è complicato. Vi faccio salire.

3 commenti:

  1. Il gioco degli equivoci è molto simpatico. Cavoli, però, troppo brevi gli stralci che proponi 😉😉😉

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    1. Non si può staccare ovunque e aggiungendo anche il pezzo successivo sarebbe diventato troppo lungo...

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    2. Ma sì, scherzavo. Ribadisco il gradimento per la struttura dei dialoghi. Vediamo dove ci porta la storia. Brava Antonella.

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