giovedì 13 settembre 2018

Romanzo, sceneggiatura, film


Un paio di settimane fa mi è capitato di vedere in rapida successione due film apparentemente diversissimi che hanno in comune, in realtà due elementi. Il film sono L'esorcista e Mission.
Le caratteristiche in comune sono che entrambi hanno nei gesuiti dei personaggi positivi (infatti ho commentato col marito che era "la settimana dello spottone gesuita") e di entrambi esiste un romanzo scritto dallo stesso autore della sceneggiatura del film.
Avevo letto e già parlato sul blog del romanzo L'esorcista qui.
Non conoscevo invece l'esistenza di un romanzo legato al film Mission, se non che, appena dopo averlo rivisto mi sono imbattuta in una bancarella di usati posta sotto la scuola in cui dovevo fare una riunione. La copertina con la faccia di Robert De Niro in costumi di scena e il titolo "La Missione" mi hanno lasciato pochi dubbi e ho investito quindi un euro per adottarlo. Ho scoperto così che l'autore del romanzo e lo sceneggiatore coincidono e che l'autore, Robert Bolt, ha collaborato in modo attivo al film, così come lo scrittore/sceneggiatore de L'esorcista.

Sono quindi due curiosi casi di studio, perché in entrambi i casi abbiamo due autori con una storia ben chiara in mente, a cui evidentemente tengono, ne curano la sceneggiatura e la affidano a un regista senza però rimanere del tutto tagliati fuori dalla produzione. Ci si aspetterebbe una trasposizioni cinematografica molto fedele e in effetti le cose che accadono sono più o meno quelle, ma il sapore del film è diverso.

L'esorcista è un film d'inquietudine e un romanzo di malinconia.
Ho molto apprezzato il film. Non me lo aspettavo. Non sono un'amante dell'horror sullo schermo, mi fa appunto orrore. Invece non l'ho trovato spaventoso o disgustoso, ma sottilmente disturbante, con delle scelte registiche e di fotografia meravigliose (l'uso della luce in primis).
Il film è la storia di una bambina che cambia personalità e viene posseduta dal demonio, di una madre in crisi e di un prete sconfitto che non sa che pesci pigliare.
Il romanzo è la storia di un prete in crisi che cerca disperatamente un senso per la propria vita e le proprie scelte, che viene interpellato da una donna disperata per via della misteriosa malattia della figlia.
Cambia il focus della storia.
Ho trovato il personaggio di padre Karras molto meno incisivo nel film di quanto non sia nel libro. Nel romanzo la storia è principalmente la sua. La sua morte (spoiler?) alla fine ha un sapore agrodolce. Non solo perché permette alla bambina di tornare se stessa, ma perché se esiste il demonio, allora esiste anche Dio e la sua vita ha avuto senso. La stessa morte, nello stesso modo, mi ha colpito assai meno nel film. È necessaria per la salvezza di Regan, è quello che ci sta a cuore. La morte di Karras nel romanzo mi ha commosso, nel film quasi mi è venuto da pensare "depresso com'era, meglio così..."
Anche la madre risulta parecchio sottotono rispetto alla sua corrispettiva cartacea. Per ovvie ragioni di tempo non viene approfondito il suo passato, il contrasto tra una vita apparentemente perfetta di attrice di successo e il dolore segreto per un figlio perduto.
Ci guadagna invece la piccola Regan che nel romanzo è importante solo per l'importanza che gli danno gli altri, ma non è quasi mai in scena da sola. Nel romanzo Regan è un enigma da risolvere, non qualcuno per cui tifare. Nella pellicola, invece, beh, non c'è nessuno che abbia visto il film che non ricordi Regan. Lei è il centro, dolce, inquietante e spaventosa, a seconda dei momenti.
La trama è identica eppure l'impressione è di avere a che fare con due storie diverse, ugualmente interessanti.

Anche per quanto riguarda Mission tra libro e film c'è un cambiamento di focus. Anzi, a ben vedere, anche se il rapporto tra le due opere è più stretto (l'autore fin dall'inizio ha lavorato alle due versioni, per il cinema e per la libreria) le differenze di trama sono maggiori.
Mission è un film che narra la storia di due uomini diversi, un commerciante di schiavi e un missionario le cui vite andranno a convergere fino a che entrambi moriranno insieme agli indios di una missione.
Mission è un romanzo che narra la storia di un giovane che diventa mercante di schiavi in sud America e poi cambia vita fino a morire insieme agli indios della missione fondata da un prete che ha contribuito a cambiargli la vita.
Nel film Mendoza, il commerciante di schiavi, e padre Gabriel, il gesuita, sono due protagonisti alla pari. Hanno all'incirca la stessa età. La storia inizia poco prima che Mendoza uccida il fratello e padre Gabriel, volendo, può diventare per lui un sostituto del fratello perduto. Per Gabriel Mendoza è solo un'altra pecorella che gli viene affidata da Dio.
Nel romanzo seguiamo le vicende di Mendoza da quando è ragazzino, scopriamo come diventi mercenario e commerciante di schiavi suo malgrado, per mantenere il fratello minore, ma siamo anche inquietati da tratti francamente da serial killer del suo carattere. Padre Gabriel entra in scena molto dopo ed è più anziano di Mendoza, al punto da vedere nel ormai ex mercenario il figlio che non ha mai avuto.
Il romanzo chiarisce la natura del legame speciale tra Mendoza e il fratello e per certi versi il dolore dell'uomo alla morte di quest'ultimo è ancora più lacerante, guardando il film è però evidente che questo pregresso era ben chiaro ad attori e regista. Non viene mostrato, ma, quando ne si conosce l'esistenza lo si intuisce negli sguardi e nelle azioni.
Padre Gabriel è meglio tratteggiato nel romanzo, in cui conosciamo la vicenda personale e vocazionale, tuttavia il personaggio risulta più incisivo nel film. Un attore può rendere memorabile un ruolo al di là di come è stato scritto, persino tradendo l'idea con cui era stato pensato.
Sia l'autore che il regista, secondo me, avevano ben chiaro in mente il rischio "mattone indigeribile" insito nella vicenda. La pellicola vira al lirico, si appoggia alle musiche di Morricone, alla fotografia, alle sequenze silenziose. Il romanzo al contrario scarnifica all'osso le parte descrittive, è un susseguirsi di scene d'azione (per lo più assenti nella pellicola) ha il sapore del romanzo d'avventura ottocentesco.

Quest'analisi rafforza la mia idea che sia impossibile e ingiusto giudicare un film alla luce del romanzo da cui è tratto. Anche nei casi in cui la sceneggiatura è scritta dallo stesso romanziere, il mezzo film e la mano del regista portano il focus altrove. Un attore azzeccato rende il proprio personaggio più forte di quanto non fosse stato pensato e catalizza su di sé l'attenzione dello spettatore. 
Ancora meno senso ha dire "il libro è sempre meglio". Il romanzo L'esorcista è stato una gradevolissima sorpresa che mi sento di consigliare. Il romanzo Mission è leggero e godibile, specie se piace il genere avventura, ma di sicuro non è un libro di spessore.
Mi riservo di cercare, se mi capiterà l'occasione, un romanzo il cui autore è poi diventato regista della trasposizione cinematografica per vedere se anche in quel caso vi è un inevitabile cambiamento di focus.

16 commenti:

  1. Il mezzo è il messaggio, no? Impossibile trascinare una storia fedelmente da un libro a una pellicola, anche se lo scrittore fosse sceneggiatore e persino regista. Questo perché poi entra in gioco l'attore, che attraverso il non detto crea degli "spessori" che spostano tutte le prospettive. Per dire, il famoso monologo "Ho visto cose che voi umani", da solo, nell'interpretazione di Rutger Hauer, ha spostato tutti gli equilibri del film.

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    1. Non solo il mezzo è il messaggio, ma il film è del regista, non dello sceneggiatore. È giusto, almeno entro certi limiti, che una stessa storia di partenza, passando di mano comunichi sensazioni differenti. In più un film è l'insieme di mille cose, a Mission se togli le interpretazioni, la colonna sonora e la fotografia cosa rimane? Una storia di cappa e spada (o spada e croce) piuttosto banalotta, in effetti.

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  2. Esattamente: amo il film L'Esorcista e ho letto anche l'opera di Blatty... che dire, due punti di vista sulla medesima storia, del medesimo autore.
    E non è un male: sono legatissimo al film ma ho apprezzato anche l'approfondimento su padre Karras del romanzo.
    Mission non l'ho letto, diciamo che non sono nemmeno propriamente fan del film pur apprezzandolo.

    Mi ritrovo, comumque, in quello che dici. Due media diversi hanno linguaggi, tempi e storie diverse... è quasi naturale.

    Moz-

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    1. Per l'esorcista mi trovi perfettamente d'accordo, due tagli diversi che si completano e non si negano a vicenda. Il romanzo Mission l'ho preso proprio a "fini didattici". Dopo tutto costava un euro...

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  3. Ho paura che ti toccherebbe cadere su Moccia, e come scrittore è ollibile, come regista non credo sia meglio...

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    1. Non so dirti. Non frequento Moccia in nessuna forma.

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    2. io ho cercato di sfogliarlo per capire cosa stavo dando in prestito alle ragazzine, ma non sono andata oltre pagina tre, troppi orrori linguistici.
      E ho cominciato a sconsigliarlo vivamente (già oggi è passato di moda, ma non per questo sono finiti i libri perniciosi o scritti male)

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  4. Post molto bello, Antonella. Condivido in pieno la tua analisi e le tue conclusioni. Anch'io de "L'esorcista" amo sia il film che il romanzo, sebbene quest'ultimo mi sia deciso a leggerlo solo quarant'anni dopo aver visto il film perché temevo fosse un romanzo da quattro soldi. Invece, per fortuna, alla fine mi è capitato fra le mani e ho avuto l'occasione di ricredermi, così che adesso lo custodisco gelosamente in uno scaffale della mia libreria (tra l'altro nella prima, bella edizione italiana rilegata del 1974).
    Per "Mission", vale per me quello che ha scritto Moz. Il film non mi è per niente dispiaciuto, ma non mi ispira al punto da pensare di leggere il romanzo da cui è tratto.

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    1. Come scrivevo sopra, il romanzo di Mission mi è capitato in mano e costava un euro, mi sembrava un esperimento interessante vedere come fosse.
      L'esorcista invece l'ho trovato proprio godibile, da consigliare.

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  5. Infatti di solito di chiunque si stia parlando il paragone film libro mi annoia parecchio.

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  6. continuo, perché necessitano di registri linguistici differenti, e in uno trovi elementi di cui l'altro è totalmente privo ovviamente. Non mi piace la gara, poi è chiaro che leggendo il libro e vedendo il film sono io la prima a fare un confronto ma ecco non la faccio tanto lunga.

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    1. Sono uscita dall'analisi convinta che il confronto proprio non abbia senso. Tu pensi una storia con un missionario anziano e paterno nei confronti del protagonista. Poi però ti propongono un attore carismatico con un'età diversa. Che fai, non lo prendi? Lo prendi e in automatico hai già un'altra storia...

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  7. Dell'Esorcista non ho visto il film, e non ho letto il libro. In genere i libri ben scritti su argomenti inquietanti, come ad esempio quelli di Stephen King, riescono a disturbarmi in maniera terribile. Di Mission ho visto soltanto il film, che mi era piaciuto molto. Condivido la tua analisi, che non attribuisce nessuna supremazia.

    Pensa che ieri sera davano in televisione "Silence" di Scorsese proprio sui gesuiti, un film del 2017 che narra della ricerca, da parte di due giovani gesuiti portoghesi, del loro maestro spirituale in Giappone. Il clima è quello violento del Giappone nel 1600 dove i samurai cercando di sradicare il proliferare del cristianesimo, e dove le scene di tortura sono a dir poco insostenibili, con una tensione che corre durante tutto il film. Nonostante questo, è un film incredibilmente bello e lacerante.

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    1. Il libro L'esorcista non è disturbante. È pieno di personaggi molti dolci e molti tristi, vira sulla malinconia. Secondo me potrebbe anche piacerti.

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  8. Interessante questo cambio di focus tra libro e film. Concordo con te sul fatto che certi attori con la loro bravura possano rendere una storia incredibilmente potente, Mission l'ho visto tanti anni fa ma ricordo ancora la grande sensazione che mi lasciò l'interpretazione di Irons e De Niro, entrambi bravissimi.

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    1. Infatti. Ora so che la prima idea prevedeva De Niro protagonista assoluto. Ma che fai? Releghi Irons in un angolino? Lo scarti per cercare un attore più attempato che non darebbe però la stessa carica al personaggio?

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