sabato 17 ottobre 2015

Piovono libri – La luna e i falò (con bonus L'esorcista)


Ieri sera si è svolta la riunione del gruppo di lettura Piovono Libri. Ormai siamo sempre di più, sfioriamo la ventina e ci siamo fatti ospitare nella bella sala di un'associazione novarese.

Io ero in pessima, pessima forma. Dopo una nottata insonne mi ero sciroppata 5 ore filate di lezione, terminate alle 13. Alle 13.30 c'era la riunione straordinaria con dei genitori per alcuni fatti non troppo edificanti (anche l'incontro in sé non è stato molto edificante), dalle 14.00 cinque consigli di classe filati e poi riunione con i genitori per l'organizzazione dello scambio culturale con la Francia.
Il risultato?
Appena arrivata mi sono versata un bicchiere di una bibita contenente un colorante a cui sono allergica. Quindi ho rimediato devolvendo la bibita al marito e aprendo l'acqua tonica che, però, aveva stazionato vicino alla mia copia de L'esorcista e qualcosa dev'essere trasmigrato in essa. Ne è risultata un'eruzione degna dei migliori vulcani, con il pavimento della bella sala imbrattato, libri e abiti bagnati e taaaanto imbarazzo. È seguito il grande gioco e io non ho azzeccato manco una risposta, arrivando a dubitare di aver letto il libro giusto. Verso mezzanotte, quando ancora si discuteva del romanzo, poi, il mio organismo non ce l'ha più fatta e ho dovuto mestamente abbandonare la seduta. 
Nonostante le mie condizioni psico-fisiche la serata mi è piaciuta un sacco, anche più di quella precedente (forse perché allora non avevo letto uno dei due libri?). Inoltre sono riuscita a portarmi appresso il marito, che ha scoperto di trovarsi molto bene nel gruppo e di riuscire a permanere tutta una sera in una stanza in cui c'erano anche due cani (tra cui il dolcissimo bassotto cuore). Questo mi dà speranza, un passo dopo l'altro riuscirò a far arrivare un cucciolo sul divano di casa mia...

La luna e i falò
Romanzo particolare, quello di questo mese, che mescola un'ambientazione neorealista, le langhe subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, a un impianto stilistico ricercato e a una vena malinconica ed esistenzialista.
La trama è esile. Un orfano allevato sulle langhe torna, dopo aver fatto fortuna in America, nei luoghi della sua infanzia. Lo accoglie l'amico Nuto, guida in un viaggio di ritorno in cui i luoghi sono identici a quelli del ricordo, ma le persone sono quasi tutte venute a mancare.
Personalmente io ho molto apprezzato l'atmosfera di rarefatta malinconia e questo tentativo di rendere frammenti di un mondo rurale e reale attraverso il filtro di una raffinatezza letteraria. Sulla gestione della trama qualcosa mi sfugge (a parte la sfortuna che porta il protagonista, dato che, Nuto a parte, tutte le persone a cui era legato nell'infanzia sono morte e lui non è propriamente matusalemme, avrà 40 anni malcontati), dato che quasi tutti i colpi di scena sono ampiamente anticipati (sai mai che il lettore si emozioni troppo?) e il finale ha qualcosa di tronco e incompiuto.

Proprio per la natura del romanzo ho apprezzato particolarmente la discussione (anche se ho dovuto abbandonare per crollo dei neuroni) e sono emerse opinioni suggestive.
Concordo con Il Pista sul fatto che sia Nuto che l'io narrante siano in realtà due anime dello stesso Pavese, diviso tra la smania di andare altrove e il desiderio di rimanere e costruire qualcosa sulla propria terra. 
Ho trovato molto suggestiva l'ipotesi che in realtà il romanzo si chiuda con un ultimo, più tragico e sentito falò, quasi un rito precristiano di ritorno alla terra. 
Sempre Il Pista ha fatto notare che in una lettera Pavese aveva asserito di volersi ispirare alla Divina Commedia. Ecco, non metto in dubbio l'intenzione di Pavese, ma io di Dante non ho visto neppure l'ombra di una lonza. Se mai un nostos, un ritorno omerico, se proprio dobbiamo...

È stato fatto notare che a un certo punto si paragona la donna alla capra e questo la dice lunga sul ruolo delle donne nel nostro passato contadino. Per altro le donne del romanzo fanno tutte una pessima fine e nessuna riesce in qualche modo a elevarsi o a riscattarsi. Non c'è un equivalente femminile di Nuto o del protagonista, cosa che mi ha lasciato un retrogusto di tristezza.

Altra osservazione interessante è che il romanzo ci ricorda la miseria delle nostre campagne appena ai tempi dei nostri nonni o dei nostri genitori, quando non si aveva niente e per appena un filo contrario di vento della sorte si poteva finire a mendicare come Padrino, morto di freddo in un cortile. 
A volte, oggi, idealizziamo i bei vecchi tempi andati, vagheggiando un ritorno alla terra e alle tradizioni contadine, ma lo facciamo solo perché diamo per scontato il nostro attuale benessere.

Alla fine il romanzo è piaciuto molto a qualcuno, non è stato odiato profondamente quasi da nessuno, la maggior parte di noi lo lascerebbe a prendere polvere o sulla balaustra della "Torre dei classici". Io mi riconosco in questa posizione. Sono contenta di averlo letto, mi ha regalato delle suggestioni, ma dubito che lo riprenderò in mano o che si radichi con profondità nel mio immaginario.

Il mese prossimo, invece, si parlerà di uno dei miei libri preferiti di sempre Memorie di Adriano che, credo, porterà a reazioni molto più radicali di odio profondo o di grande amore.

Bonus! Consiglio di lettura – L'esorcista

Finito La luna e i falò ho iniziato, quasi per caso (l'ho visto nella libreria di un'amica e l'ho rapito.. ehm... preso in prestito) L'esorcista di William Peter Blatty. Sì, quello del famoso film, e si è trattato di una lettura sorprendente.

Il problema principale del romanzo, letto ora, è che tutti, anche chi come me non ha visto il film, sappiamo che tratta di una possessione demoniaca.
Nei primi due terzi del romanzo la domanda è: cos'ha la piccola Regan?
La bambina sta male, presenta alterazioni nel comportamento. All'inizio non c'è niente di spaventoso, anzi, la bambina viene descritta poco, viviamo per lo più l'ansia della madre, che ha già perso un figlio. Ci sono mille indizi che fanno propendere per un problema psicologico. Il divorzio dei genitori, l'istitutrice new age che parla con leggerezza di religione, dei libri che circolano in casa. Insomma, in un ambiente razionale come quello in cui vive Regan si cerca una spiegazione razionale agli avvenimenti. Solo dopo bisogna fare i conti con la possibilità, per altro proposta dai medici, di qualcosa di sovrannaturale. Addirittura per due dei personaggi principali, la madre e padre Karras l'ipotesi del demone è la migliore. Per la madre significa che c'è una cura, per padre Karras, in crisi con la fede, che c'è un aldilà.
Il tono del romanzo, quindi mi ha stupito. Non un horror, ma, quasi, una puntata del dottor House o, al limite un thriller in cui pian piano, però, la domanda "cos'ha la bambina?" si trasforma in "è possibile che ci sia un demone?" e quindi "cos'è la fede? Cos'è fare del bene?"

Altra sorpresa sono stati i personaggi. Mi aspettavo un horror con una serie di personaggi inquietanti. Ho trovato un non so cosa con una serie di personaggi dolcissimi. C'è una dolcezza infinita in tutti i personaggi, una vulnerabilità che fa venir voglia di entrare ad abbracciarli. In tutti. Anche nel regista alcolizzato o nel tetro domestico (che si rivela uno dei più dolci in assoluto). Si tratta anche, spesso, di personaggi molto colti e ironici. Via via che la storia procede l'ironia per alcuni diventa uno scudo sempre più debole, ma in alcune pagine ci sono dei passaggi quasi da commedia sofisticata.
Tra tutti spicca padre Karras. Ora, si sa, io ho un debole per i protagonisti preti (vedasi La roccia nel cuore). Ma Karras, gesuita psicologo in crisi, con enormi sensi di colpa per la morte della madre, che non vuole più farsi carico dei dolori altrui ma non riesce a fare a meno di aiutare gli altri è di una dolcezza straordinaria. 
Non ho visto il film, ma la parola "esorcista" mi fa pensare a un prete austero e tetro, non certo a questi gesuiti ironici e gentili, non certo a padre Karras, esorcista molto suo malgrado, che si preoccupa che gli altri non prendano freddo o che i giovani preti non abbiamo paura di fare amicizia.
Demoni o no, vorrei tanto avere sotto mano un paio di questi gesuiti!

Infine una notazione tecnica. In questo romanzo ci sono cambi di punto di vista all'incirca ogni mezza pagina, anche meno. Si salta da una mente all'altra come cavallette. Roba da far urlare "al rogo" ogni docente di scrittura creativa. Però funziona. Con buona pace delle regole di scrittura.
Stessa gestione anarchica per i personaggi. Personaggi presentati con cura che poi hanno un ruolo risibile nella trama, altri abbozzati appena che invece... Funziona pure questo.

Voi che ne dite? Avete letto questi libri? Cosa ne pensate?

13 commenti:

  1. Non so se posso dirlo, ma Pavese mi ha sempre fatto una cordiale antipatia.
    Invece le tue impressioni su "l'Esorcista" sono molto interessanti, sia perché ho visto il film, forse il mio primo horror, sia perché mi hai fatto venire la curiosità di leggere il libro, soprattutto per la storia delle regole di scrittura creativa infrante (ci provo quasi gusto a verificare che queste famose regole non sempre sono indice di riuscita e successo!)

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    1. Di Pavese avevo letto, tempo fa, "Dialoghi con Leucò", di cui, però, ricordo poco o niente. Temo che anche "La luna e i falò" finirà nello stesso sgabuzzino della mente, anche se non è stata una lettura spiacevole. Suggestioni, più che riflessioni.
      Se leggi "L'esorcista", invece, fammi sapere cosa ne pensi a proposito del film. Io non amo le pellicole horror e me ne sono sempre tenuta alla larga, ma i se i personaggi sono resi bene potrei farci un pensierino.
      Per le regole di scrittura, lo sai, penso che siano frangibili, se uno è bravo e consapevole di ciò che fa, può fare tutto. Bisogna dire, però, che il primo impatto è un po' difficoltoso. Le regole ci aiutano ad ottenere la massima leggibilità, più ce ne allontaniamo e più rischiamo di creare un testo respingente.

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    2. Vero anche questo. Potremmo dire che l'allontanamento dalle regole è in realtà un azzardo, come una scommessa, anche un atto di coraggio, se vogliamo: osare senza sapere quale sarà il risultato.

      (Nel film "l'Esorcista", la bambina indemoniata era perfetta, ancora adesso se penso a fenomeni di possessione diabolica ho in mente quella fantastica interpretazione.)

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    3. Credo che ci farò un post. Secondo me possiamo infrangere consapevolmente le regole quando sappiamo quale sarà il risultato e quando siamo consapevoli che creeremo un testo più respingente. Dobbiamo essere certi che il gioco valga la candela

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  2. Il film "L'esorcista" è uno dei miei preferiti da oltre quarant'anni, e proprio per questo avevo sempre evitato il libro, per timore di una delusione rispetto al film. Poi, la primavera scorsa l'ho trovato in edicola e l'ho acquistato. E mi sono dovuto del tutto ricredere. La storia è la stessa, le situazioni sono più o meno le stesse (anche se nel film mancano alcune parti e alcuni personaggi), tuttavia le due opere sono in qualche modo indipendenti l'una dall'altra, con suggestioni e atmosfere molto diverse. Vedere il film non toglie nulla alla lettura del libro, leggere il libro non toglie nulla alla visione del film.

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    1. Dato che io mi impressiono molto con le immagini mi sono tenuta sempre alla larga dal film, ma ammetto che adesso sono curiosa...

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  3. Pavese mi fa venire l'orticaria. Sarà che ci era stato imposto al liceo da un professore tiranno come lettura estiva, insieme ad altri dieci libri come "Lettere dal carcere" di Gramsci, "La ragazza di Bube" di Cassola, "La bella estate" (altro libro di Pavese) quindi letture pesantine; ma non mi piacque all'epoca né come storia né come stile. Invece di Pavese mi era piaciuto il Diario.

    "L'esorcista" non l'ho letto e non ho avuto nemmeno il coraggio di vedere il film. Le storie così mi terrorizzano! Però mi è molto piaciuta la tua nota sui cambi di punti di vista e sulla gestione dei personaggi, su cui sono assolutamente d'accordo. In fondo una volta non esistevano le scuola di scrittura creativa, eppure ci sono sempre stati fiori di scrittori.

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    1. Pavese non mi è dispiaciuto anche se poi non mi ha lasciato molto, sensazioni, impressioni, ma poco altro. Di certo "La luna e i falò" non è pesante, si legge in fretta, la prosa è molto elegante e piacevole, ha un che di freddo, però, che non mi permette di entrare del tutto nella storia.

      "L'esorcista" (il libro, il film non lo conosco) non fa paura. Te lo dice una fifona. Ha solo poche scene che inquietano, alla fine, ma il suo scopo non è certo spaventare. L'ho trovato un libro non banale, con dei personaggi ben costruiti a cui è facile affezionarsi. Alla fine non tremavo di paura, ma mi è scena una lacrimuccia di commozione.

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    2. Concordo con quel che dice Tenar, Marina: il libro è un romanzo riuscito e non fa paura.
      Il film invece è uno dei pochi film dell'orrore che ci riesce e bene ;)

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    3. Ehm... volevo dire Cristina M., non Marina. Mi sono intrecciate le consonanti e le vocali :P

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  4. Non sapevo (o ho capito male?) che per l'Esorcista fosse uno spoiler la possessione... certo che con un titolo così... :-)

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    1. L'effettiva possessione. Il dubbio dell'esorcista stesso (almeno di uno dei due) è se la bambina non abbia invece un problema psichiatrico. Il titolo quindi ci sta, come viene spiegato ogni prete è in potenza un esorcista, il punto è se ci sia bisogno di un esorcismo.
      In teoria per il lettore, come per padre Karras la possessione dovrebbe essere un'ipotesi davvero improbabile, a cui approdare un po' per esclusione e un po' per disperazione (proviamo anche questo, tanto...).
      È ovvio che con i mente anche solo due fotogrammi del film, il lettore invece freme già a pagina 10 "e fatelo questo rito, su!".

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