venerdì 1 marzo 2013

Grazie, Marco!


Non sono un'appassionata di teatro. Come disse "Lo zio Bruno", l'uomo che mi fece amare ancora di più al cinema, è come avere la camera sempre fissa ed è il montaggio che fa il ritmo.
Ma avevo diciassette o diciotto anni, quando per caso, in tv, fui portata via dalla voce di un affabulatore straordinario che senza effetti speciali, con la pura forza della parola, incantava.
Raccontava di Venezia, di com'è cambiata da Marco Polo ad oggi, ma pensai che avrebbe potuto parlarmi di qualsiasi cosa e l'avrei ascoltato.
L'ho fatto, infatti. Negli anni l'ho sentito raccontare della tragedia del Vajont, del ritorno dalla campagna di Russia, delle trasformazioni del veneto, degli orrori del nazismo.
E' riuscito perfino a farmi vedere la poesia del rugby. Mi ha incantato una sera che parlava di colonie estive...
Tutto questo mai dal vivo.
Prima di Natale ho saputo che sarebbe venuto a cinque minuti da casa mia.
Miracoli di provincia.
Una volta, quasi per caso (in sostituzione di uno spettacolo di Franca Rame che non si poteva montare nel teatro), è arrivato persino un Dario Fo fresco di nobel.
Quando ho preso i biglietti non sapevo che questo 28 febbraio sarebbe stato un atollo in un mare di preoccupazioni varie e proprio per questo tanto più prezioso.

Eccomi lì, dunque, ieri sera, con un raffreddore quasi degenerato in bronchite, una parte della testa altrove, in un teatro pieno, in gran parte di ragazzi. Alcuni erano accompagnati da insegnanti, ma molte erano famiglie, alcuni erano gruppi di amici. Diciassettenni e diciottenni stregati com'ero io quasi quindici anni fa.
Due ore a sentir parlare di Galileo.
Due ore con una scenografia quasi inesistente, poca musica, quasi niente oggetti di scena, solo corpo e voce. E filosofia e matematica e fisica. Forza del pensiero.

Due ore da cui esci sentendoti meglio.
Perché esistono ancora artisti così, talmente bravi che potrebbero fare qualsiasi cosa e portarsi a casa molti più facili applausi e invece scelgono di parlare di Galileo e di Scienza.
Perché esistono ragazzi che il giovedì sera vanno a teatro a vedere un artista straordinario, ma non proprio della loro generazione, che parla di Galileo e di Scienza. Magari alcuni, all'inizio, non saranno stati del tutto convinti, ma alla fine erano in piedi ad applaudirlo.
Perché anche in questa mia provincia, che a volte mi deprime, si può riempire il teatro parlando di Galileo e di Scienza

Borgomanero, 28 febbraio 2013, Marco Paolini - ITIS Galileo.
Grazie.

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