L’ORIZZONTE DEGLI EVENTI
Lo sapevano.
Era stato previsto. Un giorno il rumore dell’universo in espansione sarebbe cessato. Sapevano cosa li attendeva. Una distesa bianca, silenziosa, sotto un cielo di cartone. L’Orizzonte degli Eventi, lo chiamavano. Il punto oltre il quale null’altro sarebbe accaduto.
Vi erano diverse teorie su quale sarebbe stato il loro destino.
La vecchia bambinaia aveva persuaso la principessa che tutto sarebbe stato congelato in un eterno presente. Un attimo che si sarebbe proteso verso l’eternità. Un’idea che non dispiaceva alla principessa stessa, allevata nella convinzione che tutta la sua esistenza si sarebbe conclusa con un bacio. Una gioia totale e mai scalfita. Un modo, in fin dei conti, assai piacevole per trascorrere l’eternità.
Il suo innamorato, però, non era sicuro che una sorte simile fosse la migliore. La vita lo aveva messo davanti a così tante traversie che non era un desiderio poi così incomprensibile, il suo, di non volersi fermare al bacio. Avrebbe molto gradito scoprire anche quello che veniva dopo quell’atto, oltre al fatto di scoprire la principessa in sé e osservarne finalmente il corpo al chiar di luna. Se l’Orizzonte degli Eventi lo avesse cristallizzato al primo bacio, avrebbe trascorso l’eternità con una certa irritazione e un bel po‘ di insofferenza.
C’erano poi i filosofi dell’Eterno Ritorno.
Una volta arrivata all’Orizzonte degli Eventi, la storia si sarebbe riavvolta su se stessa e avrebbe iniziato a svolgersi di nuovo, tale e quale, dall’inizio del tempo sino all’Orizzonte degli Eventi stesso.
Ogni cosa, ogni atto si sarebbe riproposto esattamente tale e quale. Ognuno avrebbe pronunciato le stesse precise parole ogni volta. La principessa sarebbe uscita dal castello negli abiti dell’ancella, avrebbe visto il ragazzo di strada, se ne sarebbe innamorata. Poi il mago, malvagio consigliere, l’avrebbe rapita, rinchiusa nella torre. Avrebbe evocato il drago... E via dicendo, sempre all’identico modo.
Era un’idea che frustrava il ragazzo ancor più della prima ipotesi. Continuare a innamorarsi da lontano della principessa, avvicinarla piano, farla ridere, arrivare a sfiorarle le labbra senza riuscire a toccarla. Vederla svanire catturata dalla magia del malvagio. Ogni volta. Per l’eternità. E mai un volgere degli eventi, neppure una volta, che lo portasse verso una svolta differente. A innamorarsi della fioraia e non della principessa, ad esempio, e poter affondare il capo tra i suoi seni generosi.
C’era chi asseriva che ad ogni riavvolgersi della storia, gli eventi avrebbero potuto danneggiarsi. Come uno straccio troppe volte utilizzato, che si scolorisce e poi si spezza. Così la principessa avrebbe potuto svegliarsi, decidere di mettersi gli abiti dell’ancella e poi trovarsi a cospetto del drago e poi salvata da uno che non aveva mai incontrato. Di cui magari non ricordava di essere stata innamorata. Il ragazzo, a sua volta, sbuffava all’idea. Se c’era qualcosa di peggio di essere condannato a ripetere in eterno lo stesso combattimento quasi mortale, pensava, era l’essere condannato a ripetere in eterno lo stesso combattimento senza ricordarsi il motivo che lo aveva spinto a brandire la spada. Senza neppure il ricordo del sorriso di lei. O delle sue curve.
C’era poi un gruppo di vecchie che si riunivano nel bosco, di quelle volgarmente dette streghe, che credeva che, sì, la storia si avvolgesse e che tornasse a svolgersi dal principio, ma che non fosse mai esattamente uguale. Come una stessa leggenda cambia a seconda di chi la racconta e una poesia muta di inflessione per la voce di chi la recita, anche se i fatti rimangono gli stessi, così anche la storia avrebbe avuto minute variazioni ad ogni suo adagiarsi nel tempo. In un percorso la principessa sarebbe stata una ragazzina sciocca, mossa solo da una curiosità infantile, in un’altra, invece, una giovane appassionata, desiderosa di vedere da vicino le vere condizioni di vita del suo popolo. E così il ragazzo sarebbe stato di volta in volta un furfante, un idealista, un coraggioso. Ma si trattava di sfumature. In nessuna di quelle versioni possibili il mago sarebbe stato un uomo retto o il drago vegetariano. E mai la principessa si sarebbe concessa prima del matrimonio.
Così il ragazzo, ogni volta che poteva, si fermava. Restava del tutto immobile, fino a riuscire a sentire, in sottofondo, il rumore dell’universo che si espandeva. Il ritmico battere delle dita di Dio sull’Inconoscibile Strumento che scriveva la storia. E pregava che Dio continuasse a narrare, allontanando l’Orizzonte degli Eventi e gli concedesse un seguito dopo oltre il primo bacio.
Era una vita che non scrivevo un racconto breve (ultimamente solo cose lunghe e lunghissime). E' una sciocchezza, ma mi sono assai divertita.
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