domenica 3 luglio 2016

L'incubo di Hill house – Piovono Libri


L'ultimo libro letto nella stagione 2015/2016 del gruppo di lettura Piovono Libri è stato uno di quelli che avevo proposto io, L'incubo di Hill House di S. Jackson.
Devo ammette che la mia scelta era stata fatta un po' a casaccio, mentre mi impratichivo con le regole del gruppo: papabili solo libri con più di 50 anni, con meno di 350 pagine e non già letti nelle stagioni precedenti. Di questo romanzo conoscevo solo due cose: che è considerato uno del capisaldi dell'horror e in particolare del filone "casa infestata" e che è stato scritto nel 1959 da una donna, erano comunque due cose sufficienti a incuriosirmi e quindi sono stata felice quando è stato estratto e poi scelto.
La mia felicità ha raggiunto il massimo grado con la lettura dell'incipit, uno dei più affascinanti in cui mi sia imbattuta negli ultimi tempi:

Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni.

Questa frase mi ha ricordato molto gli incipit della mia amata Le Guin e quindi mi aspettavo qualcosa di simile, un romanzo che confermasse o confutasse l'affermazione di partenza (che ho trovato per altro molto affascinante) cioè che il troppo ancorarsi alla realtà porti alla pazzia.
Probabilmente questo fraintendimento iniziale non ha giovato alla mia esperienza di lettura, poiché le mie aspettative non avevano ragione di essere nelle intenzioni dell'autrice, che ci presenta subito un mondo in cui nessuno vive in condizioni di assoluta realtà (tranne, forse, la casa).

Un antropologo col pallino del paranormale ha la bella idea di andare a studiare una casa che ha la fama di essere infestata, Hill House, invitandovi delle persone che il passato hanno avuto esperienze paranormali. Come facile aspettarsi, pochissimi rispondono al suo appello, di fatto si presentano solo due giovani donne, Theodora, che ha appena litigato con la sua compagna (il fatto che nel 1959 venga presentata con naturalezza una figura femminile che sta con una lei mi ha dato un po' da pensare su quanti pochi passi siano stati fatti da allora) ed Eleanor, che per undici anni ha badato alla madre inferma e ora qualsiasi scusa è buona per cambiare aria. A loro si unisce il giovane e sfaccendato erede di Hill house e, solo per un breve periodo alla fine della vicenda, la moglie del professore con il di lei amante (che si porta appresso con naturalezza).
Protagonista assoluta della vicenda è Eleanor, attraverso i cui occhi osserviamo la storia ed Eleanor è, fin da subito, una narratrice inaffidabile. Vissuta isolata dal mondo, è, di fatto, una fanciulla ingenua e manipolabile che ha come unica via di fuga la propria fantasia. Già lungo il viaggio verso la casa, Eleanor si costruisce un passato e un futuro immaginario, fatto di una dimora tutta sua con leoni di pietra davanti all'uscio e tendine bianche alla finestra. A Hill House entra in contatto per la prima volte con persone affascinanti, provenienti da un diverso ceto sociale. Eleanor ne è intimidita, ma è anche attratta sia dal giovane rampollo che da Theodora.
Sopratutto, però, Eleanor è attratta dalla casa, sin da subito sembra entrare in risonanza con Hill House e compentrarsi con essa. La narrazione diventa frammentaria ai limiti del disturbante via via che la presa sulla realtà di Eleanor si assottiglia.
Questo è insieme il fascino e il limite del romanzo.
Il fascino perché percepiamo l'inarrestabile disgregarsi di una personalità, senza che si riesca a capirne fino in fondo le ragioni, che il lettore è invitato a trovare autonomamente.
Il limite perché tanti elementi potenzialmente interessanti, il primo fra tutti l'interazione tra i personaggi e il particolare tra due figure di donna opposte, l'emancipata Theodora e la remissiva e tradizionale Eleanor, si perdono. Gli stessi personaggi, visti dallo sguardo deformato di Eleanor, si fanno evanescenti, contraddittori e quasi intangibili. Il tutto, pur non privo di fascino, appesantisce non poco la narrazione, tanto che più volte si ha l'impressione che manchi un pezzo o che leggendo ci siamo persi qualcosa.

ATTENZIONE SPOILER
Un libro del genere, secondo me, si presta moltissimo all'esperienza del gruppo di lettura, com'era stato per il primo libro con cui io avevo partecipato alle riunioni, Il giro di vite. Come in quel caso, qui il narratore è inaffidabile e ognuno deve trovare una risposta per spiegare i fatti. Tra tutti, sono uscite diverse teorie, ciascuna affascinante e solo con l'esperienza del gruppo è stato possibile condividerle.
Ecco le principali (la più folle, ovviamente, è quella che ho sposato io).

– La casa è normale, Eleanor è una povera pazza, tutto accade nella sua testa e la casa influisce bel poco. Questa teoria, mi dicono, è stata sposata dal regista del primo adattamento cinematografico, degli anni '60, e smentita dall'autrice che ha affermato che il paranormale c'è.

– La casa "che sana non è" gioca con Eleanor e poi la getta via, teoria sposata da mio marito. La casa, personaggio a se stante su cui mi sono soffermata molto poco, che si percepisce dritta e ben fatta, anche se ci viene detto che è tutta sghemba, è un'entità senziente. Gioca con Eleanor come aveva già giocato con altri suo abitanti, fino ad esaurirne totalmente le risorse. A quel punto la getta via e si prepara ad attrarre una nuova preda. Personalmente la trovo una soluzione un po' scontata e classica.

– Non è una storia di fantasmi, ma di poltergeist. Teoria molto interessante e ben esposta da un'altra lettrice qui. Di fatto, secondo questa teoria, la casa funzione da catalizzatore per fenomeni paranormali che è Eleanor, con la sua frustrazione e le sue aspirazioni represse a scatenare. In effetti, tranne che in una brevissima scena, sono totalmente assenti i fantasmi classici. La casa incombe su tutti i personaggi, ma gli "episodi" sono per lo più fisici, sbalzi di temperatura, rumori, movimenti, porte che si chiudono o che tentano di aprirsi, scritte che appaiono sui muri. Al centro c'è sempre Eleanor che già in passato del resto, ci informa il professore, è stata al centro di un fenomeno di poltergeist, una pioggia di pietre.

– Eleanor, all'interno della casa, è contemporaneamente sia viva che morta. È la teoria più folle, quindi è la mia. 
Sin dall'ingresso nella casa si notano due cose: come il senso del tempo dei personaggi diventi labile e come la casa ed Eleanor diventino tutt'uno. Prima sembra che una presenza provi ad avvertire la ragazza di andarsene, poi lei viene inglobata dalla casa. A un certo punto Eleanor diventa, di fatto, la casa. È in grado di udire qualsiasi rumore al suo interno e diventa cosciente di ciò che avviene in ogni stanza. Infine, la moglie del professore tenta di comunicare con gli spiriti con una plancette e le risposte sembrano provenire proprio dal fantasma di Eleanor stessa. Quindi mi ha affascinato l'idea che all'interno della casa il tempo, di fatto, non scorra come altrove e vi sia contemporaneamente la Eleanor viva e il suo fantasma che è, fin dall'inizio la presenza che ha infestato la casa. Del resto anche i personaggi femminili del passato sembravano riproporre la dualità Theodora/Eleanor. Infine, l'ultimissima frase del romanzo poteva essere perfetta per questa teoria:
...Il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.
Mi ha fatto un'enorme tristezza l'immagine di Eleanor per sempre sola, prigioniera di Hill House come prima era stata prigioniera del proprio isolamento al capezzale della madre. Questa frase, secondo me, spazza via anche l'idea che ci siano altre presenze nella casa. Fin dall'inizio Eleanor vi è sola, come una suora murata viva (altra immagine che torna come in una sorta di loop temporale, evocata prima attraverso la plancette, finisce per radicarsi nella mente di Eleanor).
Mi ha comunque fatto piacere scoprire che altre persone hanno avuto la mia stessa sensazione (sono pazza, ma non sono sola nella mia follia).

FINE SPOILER

L'incubo di Hill House è senza dubbio una lettura strana. Non è un horror o una storia di fantasmi propriamente detta, è più, quasi, un thriller psicologico in inserti paranormali. Ha lampi di grande fascino, ma la sua struttura sfilacciata lascia l'impressione che potesse essere qualcosa di più.
Un libro che sono contenta di aver letto, ma che non mi ha soddisfatto fino in fondo.

CONSIDERAZIONI SPARSE SULL'ESPERIENZA DEL GRUPPO DI LETTURA
Il gruppo di lettura tornerà a riunirsi a settembre, quindi è finita la mia prima stagione di partecipazione. Che l'esperienza sia stata altamente positiva è, credo, ovvio. L'unico problema, dal punto di vista dei rapporti umani, riguarda me stessa. Il venerdì sera sono spesso e volentieri esausta e mi spengo più o meno quando la discussione entra nel vivo. Era lo stesso problema che riscontravo quando frequentavo un collettivo di autori: loro entravano in fase creativa quando io cadevo in coma. Essere diurna è un problema.
Per quanto riguarda i libri invece:

– Un gruppo di lettura sui classici per è una manna dal cielo perché prendere o riprendere in mano romanzi che comunque sono sopravvissuti nei decenni, se non nei secoli, mi fa toccare con mano quale sia la forma della consistenza letteraria.

– Quest'anno abbiamo alternato la lettura di classici imprescindibile a opere semi dimenticate. Ebbene, i classici imprescindibili vincono. Con l'unica eccezione di Venere Privata che dovrebbe essere un classico della nostra narrativa di genere come Il giorno della civetta e che invece i più hanno dimenticato, i libri migliori erano anche i più famosi. 
Memoria di Adriano, Fahrenheit 451 e Uomini e topi (che non ho letto col gruppo, ma avevo già letto) sono infinitamente superiori agli altri libri che abbiamo letto. Non a caso sono i più famosi. Nonostante anche altri libri abbiano spunti d'interesse non indifferenti (penso in particolare a La luna e i falò) questi tre spiccano per densità di tematiche e per la loro intrinseca attualità. Letti oggi, continuano non solo ad affascinare, ma anche a porre interrogativi e cambiare il nostro modo di vedere il mondo.
Penso quindi che, se è difficile giudicare il vero valore di un'opera letteraria, se per cinquanta e più anni un libro continua non solo a essere ristampato, ma a essere letto e commentato da una moltitudine di persone, un motivo c'è.
Ci sono delle eccezioni, naturalmente, ma la qualità sul lungo periodo vince.

– Ribaltando la considerazione di prima, spesso se un'opera è stata considerata minore un motivo c'è. Se è più famoso un adattamento di un romanzo, forse anche in questo caso un motivo c'è.

– Tutte queste considerazione mi spingono a ribadire che la letteratura non può essere considerata solo "una questione di gusti o di estetica". Se mi piace il romanzo d'avventura ottocentesco posso trovare piacevole Il fantasma dell'opera, ma Memorie di Adriano (che magari posso odiare per gusti personali) è oggettivamente un romanzo più importante e, passatemi la semplificazione, "più bello". Perché si sedimentano in maniera diversa nella mente e spinge a considerazioni di peso differente. E no, non penso possa essere solo "una questione di gusti".

– La grande letteratura non è solo intrattenimento, anzi, il fatto di non essere solo intrattenimento fa di essa grande letteratura, ma può essere anche intrattenimento. I libri che più mi sono piaciuti (e che in generale, mi pare, sono piaciuti) si leggono anche con piacere, hanno un livello di semplice "cosa succederà dopo?" che non li banalizza per niente. Rifuggo dall'idea che la buona letteratura debba essere punitiva esattamente come rifuggo dall'idea che esista solo un metro di giudizio personale.

Fahrenheit 451 sta con i più grandi. Il fatto che sia fantascienza è una sua caratteristica intrinseca, come è una caratteristica intrinseca di Memoria di Adriano essere un romanzo storico, ma non lo rende in alcun modo minore. Se qualcuno ha ancora l'idea che un romanzo di fantascienza possa non essere formalmente curato e letterariamente elegante non ha in mente le descrizioni quasi psichedeliche di Faherenheit. Quest'idea ancora radicata che ci sia una letteratura per sua natura di serie A e una per sua natura di serie B è una gabbia mentale che, come tutte le gabbie mentali, danneggia solo chi la possiede. Ci sono grandi romanzi, buoni romanzi, discreti romanzi e pessimi romanzi. L'appartenenza a una di queste categorie ha molto a che fare con le capacità dell'autore, poco con le sue intenzioni, pochissimo con il genere di appartenenza.

– Da brava strutturalista/autrice mi spaventa un po' il fatto che molti lettori cerchino l'autore dentro un romanzo e in particolare dentro un personaggio specifico. Ci sono casi in cui è così e la ricerca è giustificata. Ma un autore è dentro tutto un romanzo e dentro ciascun personaggio senza che necessariamente ce ne sia uno che è il suo portavoce. Da autrice mi spaventa, anche in linea totalmente teorica, che qualcuno possa cercarmi in quel modo dentro i miei scritti. Poi, incontrandomi, avrebbe un'idea completamente sfasata di me. Come diceva Umberto Eco:
Con chi si identifica l'autore? Con gli avverbi, naturalmente.

Voi cosa ne pensate di queste mie considerazioni finali (e del libro, se l'avete letto?)

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