Negli ultimi tempi, girovagando, mi sono imbattuta in moltissimi siti che trattano di tecniche di scrittura. Alcuni li ho trovati molto gradevoli, altri presentano una serie di regole come diktat o comandamenti di una religione della scrittura di cui sono gli unici depositari.
Da queste peregrinazioni sono riemersa con alcune considerazioni che volevo condividere.
Giusto ieri mi è capitato di leggere sul sito di Franco Forte una sacrosanta verità. Se mi perde un rubinetto chiamo l'idraulico, dunque se devo aggiustare un testo, sarà bene che mi rivolga ad un editor qualificato. Spesso invece non è chiaro di questi profeti di bella scrittura, da quale pulpito provengano. Chiarezza vorrebbe che si percorressero due strade. O si ha un curriculum consultabile che spiega quale professionalità spinga a scrivere un dato post o si sta solo discutendo un'opinione che può essere condivisa o meno, come sto facendo io in questo momento, consapevole di non avere in tasca alcuna verità.
La seconda cosa che mi è venuta in mente è che regole e tecniche di scrittura esistono, vanno conosciute e, il più delle volte, applicate, ma la letteratura non è matematica e pertanto ogni regola è frangibile.
Pensavo alla prima e più semplice regola che ci viene insegnata.
Mostrare, non raccontare.
Significa che devo mostrare l'azione in modo che il lettore arrivi autonomamente a formulare un giudizio. Non dire "Tizio era spaventato", ma far sentire al lettore la paura di Tizio. "Tizio mosse un passo incerto, la sua gamba tremava e le mani erano bagnate da un sudore freddo. Non sapeva cosa si nascondesse dietro l'angolo, ma era di certo terribile".
Non sono brava con gli esempi, ma ho reso l'idea.
Mostrare, non raccontare è un'ottima regola.
Tuttavia mi rendo conto di non riuscire ad applicarla sempre. Sopratutto sui racconti che, essendo tali, hanno delle esigenze di brevità. Allora ho ripreso in mano dei romanzi che giudico buoni e mi sono accorta che nessun autore applica sempre questa regola. Ci sono i momenti in cui si sofferma a farci respirare l'atmosfera, a farci sentire le emozioni dei personaggi o a farcele dedurre dai loro comportamenti e altri in cui ci viene data un'indicazione e si passa velocemente oltre.
Ho il fondato sospetto che in scrittura tutte le regole debbano essere frangibili. Vanno conosciute, ma un buono scrittore sa quando applicarle e quando, semplicemente, fregarsene.
Cosa ne pensate?
Se la scrittura fosse fondata solo su dictat e leggi credo che sarebbe fredda come un'equazione, se fosse fondata su dogmi sarebbe ancor più deprimente perchè non si potrebbe nemmeno chiedere il perchè di tale regola; che ci siano buoni principi per una scrittura degna di tale nome è innegabile, l'uso della grammatica, del lessico, della consecutio in primis...ma la genialità, la grandezza, l'unicità di certe opere risiedono proprio nel creare nuove strade.
RispondiEliminaNon sempre va a finire bene.....a meno che tu non sia Tolkien, Asimov o almeno uno con un quid in più, le tue originalità saranno al più scambiate per stravaganze.
Eppure l'essenza stessa della letteratura non è racchiudibile in gabbie troppo strette....con buona pace di tutti i guru della scrittura.
Tolkien è spesso citato come autore pessimo dal punto di vista dell'applicazione delle regole. Eppure continua a essere letto e questo qualcosa vorrà dire.
RispondiEliminaComunque non mi riferivo alla grammatica, che è sacrosanta, ma alle regole narrative, come, ad esempio "mostrare, non raccontare".
E, sia chiaro, non mi riferisco a nessuno dei frequentatori di questo blog.
Mi è proprio capitato di leggere un post che sembrava molto autorevole. Sul momento mi aveva convinto, poi, prendendo in mano i romanzi che stavo leggendo mi sono accorta di quante volte quegli autori, bravi e noti, infrangessero le regole. Da qui la piccola riflessione
Hai ragione, non sempre nei romanzi si trovano applicate quelle regole che sembrano sacrosante. Enon è poi detto che applicarle renda automaticamente un testo piacevole da leggere. Ci sono libri pedanti che non trasmettono nulla, anche se magari impeccabili sotto un certo profilo. Le regole in fondo servono solo se aiutano a rendere meglio ciò che abbiamo in testa... Un'ottima riflessione la tua :)
RispondiEliminaIl problema è che a seguire le regole scriveremmo tutti nello stesso modo e invece per fortuna anche no. Io ad esempio non sono sempre d'accordo sulla regola 'mostra, non dire'. Dipende dalla storia, dipende dall'autore, dipende dallo stile, dal contesto. Conoscere gli strumenti è sempre utile. Non sempre bisogna utilizzarli perché qualcuno ha detto che.
RispondiEliminaMi trovo assolutamente d'accordo con te, Carlotta!
RispondiEliminaCapito qui perché è un bel post, e fa riflettere. Sono d'accordo con voi e aggiungo che, secondo me, bisogna scegliere cosa dire e come dirlo, in partenza. Ad esempio penso alla lunghezza del pezzo che voglio scrivere (più o meno) e inizio a stendere un canovaccio. Non sono capace di scrivere subito bene. Poi mi accorgo di dove voglio andare a parare e scelgo (ecco la parola chiave) dove "mostrare" una scena e dove solo raccontare en passant, dove mettere una metafora e dove una riflessione. Poi c'è l'istinto dello scrittore, la vena che hai in quel momento, la libertà appunto come dite voi. L'importante è conoscere le regola (quello sì), poi scegliere se e quali applicare. E comunque è vero che, poi, leggi un romanzo importante e vedi che lo scrittore ha fatto di testa sua.
RispondiEliminaTornerò a trovarti!
Ciao!
Elisabetta
Io, che non scrivo, lo show don't tell non lo sopporto quasi più.
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