domenica 29 maggio 2016

Il fantasma dell'opera – Piovono Libri


Causa concorso e guai vari ho saltato una lettura e un incontro del gruppo (Uomini e Topi), ma torno in pista per questo Il fantasma dell'opera, il romanzo del 1911 a cui è ispirato il famoso musical, a sua volta ispiratore di svariate rivisitazioni cinematografiche.
Si tratta quindi di una di quelle opere di cui tutti hanno sentito parlare, di cui molti hanno visto opere derivare, ma di cui pochissimi hanno letto l'originale.
La lettura è stata affrontata da tutti con entusiasmo, ma un buon numero dei lettori del gruppo non è arrivato alla fine, tra quanti sono giunti al traguardo, si sono create due fazioni, quelli che il libro tutto sommato lo salvano e quelli che lo "scagliano dalla torre" con violenza. Io appartengo al secondo partito.

L'opera di Parigi è un palazzo labirintico, in grado di dare le vertigini a Borges. Ha infiniti sotterranei, dove vi è un po' di tutto, dalle stalle con i cavalli a scenografie da tempo immemore dimenticate. Un'intera umanità la abita, dai cantanti ai ballerini, ma anche i macchinisti, gli addetti alle scene, misteriosi cacciatori di topi e chissà chi altro. Si sussurra, infatti, che vi sia anche un fantasma, o, meglio una mefistofelica presenza che abbia preso dimora nei sotterranei e che conosca l'opera meglio di chiunque altro.
È l'ambientazione la cosa migliore del romanzo. L'idea dell'opera come di una città nella città, con regole sue proprie, popolazioni indigene e usanze peculiari, su cui i direttori nominati dalla politica hanno ben poco controllo. Ogni volta che ci si addentra nei sotterranei o che si getta uno sguardo in questo molto parallelo di musicista e ballerini si rimane incantati.
Peccato per tutto il resto.
I personaggi gareggiano tutti tra loro per idiozia.
Pur non avendo mai visto il musical la trama a grandi linee mi era nota. Una giovane cantante viene presa sotto la protezione del misterioso fantasma, un uomo sfigurato, che le insegna i segreti del canto, ma ne desidera anche l'amore.
Quello a cui non ero preparata era la totale idiozia della giovane cantante dell'opera originale, che crede genuinamente che la voce che le insegna i segreti del canto appartenga a un angelo (!). Quando scopre che l'angelo è in realtà un uomo dall'aspetto orrendo ne è comprensibilmente delusa, ma pensa comunque di riuscire in qualche modo a placare il suo maestro e a vivere una storia d'amore con il giovane rampollo di una nobile famiglia. Ne è più acuto quest'ultimo, che ha la brillante idea di spiegare il proprio piano per rapire la bella cantante dove il fantasma può udirlo. 
Il mio personale premio idiozia lo vince comunque il fratello del giovane rampollo che nel tentativo di capire cosa stia accadendo si inoltra solo nei sotterranei dell'opera, finendo per annegarsi da solo nel lago sotterraneo in cui il fantasma ha dimora. 
Secondi classificati i direttori dell'opera, che tra lettere che chiedono denaro, macchinisti trovati impiccati e lampadari che cadono non si rivolgono alle forze dell'ordine, pensando di poter catturare il fantasma con le loro sole forze.
Terzo premio per il personaggio potenzialmente più intrigante dell'opera e il meno sfruttato. Il Persiano. Costui è l'unico a conoscere l'identità del fantasma e il suo passato, entra in scena con il fare sicuro dell'avventuriero navigato, per finire come un fesso in una trappola di cui conosceva l'esistenza.

Insomma, in una scenografia sontuosa e ben narrata si muovono personaggi mal costruiti, capaci di fare tutti tutte le scelte sbagliate nel peggior momento possibile. Neppure il fantasma fa eccezione. Nelle intenzioni dell'autore dovrebbe essere amorale, spaventoso e affascinante, il mostro reso tale dal pregiudizio della gente. Personalmente l'ho trovato un personaggio dalla storia improbabile e dalla resa caricaturale, una via di mezzo tra un Dracula mal riuscito e un Innominato di manzoniana memoria.

Alcuni lettori hanno salvato il romanzo, ricordando che si tratta comunque di letteratura d'intrattenimento, da cui non è necessario pretendere approfondimento psicologico. Io non considero la vocazione popolare del romanzo una scusante. La letteratura d'intrattenimento ottocentesca ci ha regalato, magari per caso, intrecci e personaggi memorabili. Ben prima di questa cantante svampita che crede di essere la prescelta di un angelo (salvo poi inorridire quando scopre che il suo angelo ha un viso orribile), abbiamo avuto ogni sorta di eroine e anche nella categoria "cattivi misteriosi e affascinanti" il Fantasma faticherebbe a trovare posto in una top 10.

Sono comunque contenta di aver letto questo romanzo. Mi incuriosiva e forse avrei finito per prenderlo comunque in mano, senza la soddisfazione catartica di poterne poi dire male in pubblico. Di certo ne ho ricavato l'impressione che quando le opere derivate sono più famose dell'originale, magari un motivo c'è.

venerdì 27 maggio 2016

La forma fragile del silenzio – letture


Ci sono alcuni rari libri in cui si procede a tentoni perché perfettamente riusciti.
Da prof, mi trovo sommersa da proposte di libri su adolescenti, che spesso si confrontano con piccoli o grandi drammi. Tra questi vanno fortissimo le disabilità e le malattie incurabili. Ho imparato a diffidarne. Sono al 90% in bilico tra il didascalico e la ricerca della facile lacrime. Fanciulle di latte inevitabilmente condannate alla morte, parenti disabili, ma tanto dolci. Tutti personaggi che una mia amica definisce "i diversi puliti". Fanno tenerezza (giusto per citare una recente polemica), generano commozione e il pensiero si ferma al "poveretto".

Sapevo che il romanzo di Fabio, che è un amico, sarebbe stato diverso e per questo ne avevo paura. 
È più facile immergersi in una storia che induce al poverinismo, piuttosto che in una che ti fa vivere dall'interno l'inesorabile scivolare dalla normalità alla diversità.
Il protagonista de La forma fragile del silenzio è un sedicenne come tanti. Genitori separati, un'intelligenza vivace che a scuola scalpita, un gruppo di amici scalcagnati, la passione per la musica. Solo che questo particolare adolescente sta diventando sordo. Una disabilità che non si vede, ma che si insinua a tradimento nella vita, avviluppa e crea una barriera invisibile.
Non ha nulla di didascalico questo romanzo. Siamo lì, nella testa del protagonista e seguiamo i suoi pensieri guizzanti, pieni di malinconia e quasi privi di rabbia. Fabio ha la capacità di cristallizzare gli attimi in una frase. Frammenti che sono taglienti come lame, nel trasmettere il disagio composto di questo ragazzo che, mentre affonda, non può fare a meno di continuare a prendersi cura degli altri più che di se stesso.
In questo sta anche l'altra differenza tra questo libro e i molti che mi vengono proposti, che poi è la differenza tra la narrativa e la letteratura. Il linguaggio.
Gli autori che scrivono di adolescenti per adolescenti addomesticano il linguaggio, in un'ansia di comprensibilità che troppo spesso annulla l'eleganza.
Fabio dà voce a un ragazzo di ampia cultura letteraria e musicale. Ne segue i pensieri senza piegarsi alle leggi della comprensibilità. Non ha paura della raffinatezza. Di mescolare l'aulico al gergale. Non ha l'esigenza pressante di far capire che parliamo dell'oggi, inserendo telefonini e linguaggio da sms. Ne risulta una prosa sincopata, non semplice, ma dal raro potere evocativo.

Ho fatto fatica a leggere questo libro, ci ho messo molto tempo nonostante le 151 pagine nette, per motivi opposti a quelli per cui di solito si fa fatica a leggere un libro.
La tematica mi è vicina, troppo, e leggere di questa particolare sofferenza in modo così vivido è stato a tratti quasi troppo. Ho dovuto interrompermi per il magone.
Non induce al poverinismo, fa toccare con mano il coraggio di chi quel coraggio non vorrebbe averne, di chi è costretto suo malgrado a vivere la normalità con eroismo ed è insieme un inno all'adolescenza e alla musica.
Per una volta, la copertina è perfetta. 
Guardate l'immagina sfocata nel tramonto di un ragazzo con la sua chitarra, in mezzo al deserto. È esattamente la sensazione che trasmette il romanzo. L'ostinazione e il coraggio ad attraversare quel deserto, con la chitarra in spalla, nonostante tutto. Un deserto non voluto, non cercato, che amici e parenti fanno di tutto per eliminare, riuscendoci però solo in parte.

La forma fragile del silenzio è un libro da leggere prendendosi il proprio tempo, a piccole dosi, senza aspettarsi la faciloneria che hanno troppi romanzi che parlano di adolescenti.
Non è fatto per il rapido consumo, ma per insinuarsi in permanenza nell'immaginario del lettore.

mercoledì 25 maggio 2016

Istantanee dalla Corsica

Oggi cedo la parola ai miei alunni e vi lascio ai loro commenti sull'esperienza fatta in Corsica, perché credo che le loro parole dicano di più e meglio di quanto potrei scrivere io.




"Mi è piaciuto molto il gioco fatto venerdì in giro per Bastia, perché non pensavo che la città fosse così bella"
Luca A.



"Mi è piaciuto fare il gioco venerdì, perché è stato un modo più simpatico per conoscere Bastia"
Mattia T.



"Mi è piaciuta l'uscita a Bonifacio, anche se non siamo andati all'isola Lavezzi. Mi è piaciuto visitare la cittadella, questo viaggio è stato un modo per conoscere nuove città."
Rachele F.



"Le uscite che abbiamo fatto con i ragazzi francesi sono state molto interessanti e divertenti. Abbiamo potuto confrontarci con altre tradizioni, culture e abitudini di vita. Abbiamo conosciuto moltissime persone, ragazzi e ragazze che non avevo mai visto prima."
Rachele R.

"La fiducia che i professori ci hanno dato quando andavamo in giro con i corrispondenti mi ha fatto sentire molto indipendente e adesso ho un po' più di fiducia in me."
Riccardo R.



"Ho legato molto con la mia corrispondente e anche con altri ragazzi francesi che mi hanno aiutato quando ero triste"
Nicola S.

"Mi dispiace molto che una ragazza francese sia stata male e non abbia potuto trascorrere una delle giornate con noi"
Riccardo Z.

"Mi è piaciuto il fatto che abbiano provato a cucinare i piatti del nostro paese, perché così abbiamo potuto dare consigli sulla preparazione"
Rachele F.

" Mi è piaciuto usare il francese anche fuori dalla scuola, perché non pensavo che mi potesse servire."
Patrick A.



"Secondo me la gita doveva durare due o tre giorni in più e spero che la mia amicizia con i francesi non finisca qui, perché tengo davvero molto a loro, come loro a me."
Nicola S.

Per quanto riguarda me, invece, come comprensibile non ho pensato molto alla scrittura in questi giorni. Qualcuno ci ha pensato per me, però.
È uscito anche su cartaceo il mio racconto Scherlock Holmes e la vittima del dottore sul nuovo numero della Sherlock Magazine.
E, sempre riguardo alla mia produzione sherlockiana è uscita una bella intervista su C-Side Writer, un blog che vi consiglio caldamente

sabato 14 maggio 2016

Liebster Award 2016

È con imperdonabile ritardo che arrivo anch'io al Liebster Award. Ci arrivo così tardi che ormai tutti sapete di cosa si tratta, un premio per far conoscere i blog con meno di 200 affezionati, e come funziona.
Il fatto che io sia in ritardo non vuol dire che non sia infinitamente grata a chi mi ha nominato o che non mi diverta a partecipare, è solo che in questi giorni vivo con la pacatezza del bianconiglio, "È tardi! È tardi!". Ecco...

Visto che è tardi, semplifico la procedura e nomino sue soli blog, che parlano di libri:
Ve li consiglio caldamente entrambi, perché ragionano sui libri in modo assolutamente non banale.

Veniamo quindi ai ringraziamenti ai blog che mi hanno nominato e alle loro domande.
Grazie Ivano!

1 Tra le culture extra-europee tuttora esistenti nel mondo quale vi attrae di più?
Quella dei nativi americani delle grandi pianure. Anche se devo ammettere di essere abbastanza soddisfatta della mia europeità (ecco, ho anche coniato un neologismo), pur riconoscendo tutti i limiti del nostro pensiero/della nostra storia

2. A istinto, quale pensate che sia il vostro spirito animale o animale totem?
La paffin, altrimenti detta Pulcinella di Mare. Un animale buffissimo e imbranato. Chissà perché mi ci riconosco così tanto...

3. Qual è la vostra poesia del cuore, se ne avete una?
Scelta difficilissima. A istinto si contendono il posto il Carme 8 di Catullo e il Canto notturno di un pastore errante di Leopardi

4. E la vostra canzone del cuore?
Quando verranno a chiederti del nostro amore – De André

5. Sempre in tema musicale, quale sarà la prossima rockstar a tirare le cuoia nel 2016? (E se volete, già che ci siete, potrete anche partecipare al Totomorti)
Posso avvalermi della facoltà di non rispondere?

6. Domanda tris: L'ultimo libro che avete letto? Quello in corso di lettura? Il prossimo che avete in programma di leggere?
Ho finito un estratto dei Saggi di Montaigne, sto leggendo "Il fantasma dell'opera" e sul comodino tre volumi si stanno azzuffando per decidere chi sarà il prossimo.

7. Domanda tris n. 2: Quale personaggio letterario vorreste avere inventato voi? Quale cinematografico? E quale dei fumetti o cartoni animati?
Ovvio, Sherlock Holmes, per il cinema non so, per i fumetti Corto Maltese

8. Se vi fosse concesso di realizzare un film tratto da un romanzo, quale opera letteraria scegliereste di adattare per il grande schermo?
Rifarei gli adattamenti dei romanzi di Scerbanenco, che non gli rendono giustizia.

9. Qual è il libro che vi è più piaciuto ricevere in regalo nella vostra vita?
Il nome della rosa

10. Per conoscere nuovi blog e blogger mi affido soprattutto a...?
Consigli di altri blog

11. Chiudo in bellezza, con la domanda intelligente: Vi trovate, per vostro piacere o per penitenza, a volere o dovere indossare i panni della cosplayer. Che personaggio scegliete?
Lady Oscar o Riza di Full Metal Alchemist (in entrambi i casi una pratica divisa militare e pettinature poco elaborate).

Ora Monica (grazie mille)!
1. Perché hai aperto un blog?
Per comunicare e dire la mia opinione senza essere interrotta fino alla fine del post!
2. In base a cosa scegli di seguire un blog?
Affinità caratteriale e interesse per gli argomenti trattati
3. Qual è il tuo genere letterario preferito?
Giallo e fantastico.
4. Quando decidi che un libro fa per te?
Difficile da dire. Spesso è il giusto momento per quella storia.
5. Quando decidi che un libro non fa per te?
Quando mi rendo conto che dei personaggi non mi importa nulla. 
6. Qual è la cosa che preferisci fare in assoluto?
Il sorriso delle persone a cui tengo.
7. Che musica ascolti?
Cantautori italiani e rock. 
8. Qual è la cosa che odi di più al mondo?
Il lamentarsi senza far nulla per migliorare la propria condizione/il lamentarsi quando in realtà si ha tutto o quasi.
9. Animale preferito?
Se ha pelo o piume a me piace.
Veniamo alle assurdità. 
10. Carne, pesce o verdure?
Purché ben cucinato/e 
11. Quanti caffè bevi al giorno?
Di solito tre. 


 Dopo Monica è il turno di Maria Teresa (Super Grazie!).
1 Il genio della lampada esaurisce un tuo desiderio. Qual è?
In questo momento c'è un desiderio grande che è già stato recapitato al genio. Scarmanzia vuole che non venga rivelato, però, prima del tempo.
2 Come ti vedi tra dieci anni?
Spero soddisfatta del percorso fatto. Con una famiglia più grande e, immagino, impegnativa. Con ancora l'entusiasmo per iniziare nuove cose.
3 Come sei la mattina, appena alzato/a?
Uno zombi rianimato da un necromante che ha preso la laurea al CEPU.
4 Una parola che ti descrive?
Riflessione.
5 Il libro che porteresti su un’isola deserta?
Uno solo? Oddio, non so se posso sopravvivere...
6 Credi nell’esistenza degli Angeli?
Ho dei problemi di base con il verbo credere. Secondo mio marito, però, il mio angelo si chiama Esaurito, è calvo e un po' spiumato per il suo continuo dovermi salvare dalla mia imbranataggine.
7 Il primo ricordo che hai di quando eri piccolo/a?
Forse l'albero di Natale all'asilo nido, con gli addobbi di lana.
8 Un film che ti ha fatto piangere?
Tanti. Vedasi post precedente.
9 Se fossi un animale, saresti...?
Uno scoiattolo.
10 Un personaggio storico che ammiri?
I grandi artisti del rinascimento, Leonardo e Michelangelo.

11 In qualche epoca avresti voluto vivere?
Molte epoche storiche mi affascinano, ma poi penso alla condizione della donna e alla mancanza di antibiotici e mi tengo questa, con tutti i suoi difetti.

Ora tocca alla collega Luz (grazie millissime!)
1. Il primissimo libro che hai letto.
Potrebbe essere "Il giornalino di Gian Burrasca", ma non ci giurerei. "Piccole donne" è una valida alternativa.
2. Qual era il tuo sogno da bambino/bambina? Lo hai realizzato almeno in parte?
Diventare archeologa. Non sapevo che la cosa difficile non era andare a scavare oscure rovine, ma farsi pagare... Comunque mi ritengo soddisfatta per il tentativo.
3. C'è un insegnante che ha segnato un momento importante della tua vita scolastica o universitaria?
L'insegnante di italiano avuto il prima media. Io sono dislessica, ma all'epoca si diceva solo che ero distratta e facevo tanti errori. Lui ai colloqui disse ai miei di non preoccuparsi, sicuramente avrei fatto il classico e o avrei smesso di fare errori o i miei professori se ne sarebbero fatti una ragione. Quel "sicuramente" è stata quasi una promessa a cui tenere fede. E sì, i miei professori se ne sono fatti una ragione.
4. I tuoi familiari condividono con te la tua esperienza di blogger?
Mio marito legge (sopratutto le recensioni) i miei genitori e i computer sono mondi incompatibili.
5. Qual è il "viaggio impossibile" che compi puntualmente nei tuoi pensieri?
Ci sono un paio di mondi immaginari in cui torno sempre volentieri, per non parlare di un certo appartamento in Baker Street
6. Da 1 a 10 quanto ti piace il tuo carattere?
7 
7. Quanto conta l'amicizia per te?
Moltissimo. Ad esempio questa sera viene a cena una mia amica conosciuta all'asilo...
8. Sei un tipo sportivo? O irrimediabilmente pigro?
Sportivo che si sta impigrendo con l'età-
9. L'ultimo modello di pc che hai acquistato?
Mi sono convertita al Mc.
10. Se tu fossi un libro, saresti...
Un volume economico con la copertina un po' sgualcita. Potrei essere una vecchia edizione de "Il signore degli anelli", penso.
11. Quanto tempo avrai impiegato a scrivere questo post? 
Taaaaanto!

E terminiamo con Cristina (mille grazie anche a te, cara)!
1- Definisci con una breve frase il tempo della tua infanzia o quando eri pulzello/a.
Un periodo di cui gli adulti riconoscono le gioie, ma negano le tristezze e le malinconie.
2- Qual è il motto che faresti incidere sul tuo scudo?
Ricordati di dubitare.
3- Qual è il tuo rapporto con le regole in generale (verso il tuo comandante in capo, nel redigere i tuoi scritti e le tue missive, rispetto ai tuoi compagni d'arme ecc.)?
In linea di massima sono ligia (ancora noleggio i film che guardo...), ma nelle giuste (o ingiuste) condizioni potrei essere diventare una rivoluzionaria fatta e finita.
4- Qual è/è stata la persona che ha influito di più nella tua vita, anche in senso negativo?
Che mi piaccia o no, c'è molto di mio padre in me, dalla testardaggine all'amore per la natura. Ovviamente da adolescente dovevo rimarcare in ogni modo il mio essere diversa, ora il riconoscermi in lui mi fa tenerezza.
5- Qual è il tuo rapporto con la nobile arte, intesa in tutte le sue forme (pittura, musica, scultura ecc.)?
Grande ammirazione. Anche perché sono totalmente negata.
6- Che cosa significa per te prendere in mano un libro e leggere?
Vivere altre vite.
7- Che cosa preferisci tra: a) romanzo, b) racconto, c) poesia e perché?
Romanzo, perché da piccola, quando una storia finiva, chiedevo sempre come continuava. Racconti e poesie mi piacciono molto, ma un romanzo, ecco, dura di più...
8- Che cosa ti fa perdere veramente le staffe e partire lancia in resta?
Non mi piace l'ingiustizia, ma il più delle volte mi sento impotente.
9- Che cosa ti placa l'animo maggiormente?
Le fusa di un gatto.
10- Qualcosa di cui non potresti fare a meno nella vita.
Il contatto con la natura.
11- Qualcosa che, nella vita, elimineresti volentieri (attenzione, ho detto "qualcosa" e non "qualcuno"!).
La burocrazia. Mai come in questo momento.


Ce l'ho fatta! Essendo io stessa in super ritardo non potrei proporre nuove domande senza ripeterne altre già fatte.
Mi limito quindi a salutare tutti i lettori. Martedì parto con la scuola per ricambiare la visita fattaci dai  corsi il mese scorso, quindi il blog si prende un'ulteriore pausa. Al rientro, però, prometto di tornare a scrivere con regolarità!

mercoledì 11 maggio 2016

Venticinque domande sul cinema!


Sto cercando di riappropriarmi della mia vita. Tentativo effimero, dato che settimana prossima parto con la scuola per contraccambiare la visita dei francesi. Sono sicura che sarà un'esperienza meravigliosa... E spossante! Ieri sera, però, ho riaperto la cartella "racconti", chiusa dal 30 marzo. È stato un momento di pura gioia.
Com'è gioia anche scrivere per il blog. Sono questi i giorni del liebster award ed è stato davvero bello vedermi nominata da tanti amici blogger! Ho tanti arretrati da smaltire, però, e da qualche parte devo pur cominciare. Parto da un meme, quindi, che sta girando da un po' nella rete. Mi dicono i bene informati che a partire è stata Marina, seguita da Massimiliano, Ivano, Ariano e Chiara.
Oggi è il mio turno di rispondere a queste belle 25 domande sul cinema.

1-Il personaggio cinematografico che vorrei essere:
Da brava archeologa in disarmo, come non rispondere Indiana Jones (quello nella versione non invecchiata, però)? Non mi spiacerebbe neppure essere la sua partner femminile del primo film, tosta e determinata (oltre che archeologa). Certo, potendo scegliere mi eviterei tutti quei serpenti...

2-Genere che amo e genere che odio:
Sono onnivora, ma ho qualche problema a digerire l'horror. Di tutto il mio percorso di studi uno dei corsi più belli che mi sia capitato di seguire è stato quello di critica cinematografica tenuto da Bruno Fornara. E lui ha tentato in ogni modo di farmi capire che anche gli horror vanno guardati. Sono anche andata al cinema a vederne uno per una delle tesine... Ma ho tenuto gli occhi chiusi per quasi tutta la durata...

3-Film in lingua originale o doppiati:
Per abitudine tendo a guardare film doppiati, ma il sottotitolo non mi spaventa. Se non c'è una versione italiana o il doppiaggio è imbarazzante (i doppiatori italiani sono molto bravi, ma esistono anche le eccezioni...) non è la lingua originale a fermarmi. 

4-Ultimo film comprato:
Tra i film in offerta nei supermercati ogni tanto trovo vecchi classici a pochi euro e non so resistere. L'ultimo? Ladyhowke

5-Sono mai andato al cinema da sola
Sì, sopratutto quando studiavo e mi capitava spesso di non avere la giusta compagnia. Adesso sono sposata a un uomo che mi ha conquistato portandomi a vedere un film di Cronemberg (sempre per una tesina del corso di critica cinematografica) per cui nessun altro voleva accompagnarmi, quindi il problema non sussiste più.

6-Cosa ne penso del blue-ray:
Quando vedrò un film in blue-ray ne penserò qualcosa.

7-Che rapporto ho con il 3d:
Mettere altri occhiali sopra ai miei mi fa passare la voglia già in partenza. In alcuni casi mi sono comunque adattata e alcuni film in effetti ne beneficiano, ma sono davvero pochi (l'ultimo caso che ricordi è Hugo Cabret, dove il 3D è davvero ben usato).

8-Cosa rende un film uno dei miei preferiti:
Un'alchimia difficilmente descrivibile di sceneggiatura, attori, location e musiche. 

9-Preferisco vedere i film da solo o in compagnia:
In compagnia, se è una compagnia interessata al film, per poterne poi parlare. 

10-Ultimo film che ho visto:
Ieri sera ho visto Monna Lisa smile, che non avevo mai visto. Non mi ha esaltato, ma temevo peggio.

11-Un film che mi ha fatto riflettere:
In generale ho la tendenza a riflettere su tutto, anche su Capitan America, però, se intendiamo "film impegnato", sicuramente negli ultimi mesi Il caso Spotlight ha dato il via a parecchi pensieri.

12-Un film che mi ha fatto ridere:
Ave Cesare dei Cohen

13-Un film che mi ha fatto piangere
Non vale, ho la lacrima facile! Se poi sono da sola non ho alcun pudore. Ricordo di aver pianto tantissimo vedendo Jane Eyre, ma per fortuna non ho testimoni...

14- Un film orribile:
Se un film è orribile di solito lo abbandono. Però ricordo con estrema sofferenza Wolwerine - il film...

15- Un film che non ho visto perché mi sono addormentata:
Mi è capitata una sola volta, credo, nella mia breve vita da critica cinematografica, a tarda sera al Torino Film Festival, una pellicola girata in Asia centrale con sottotitoli lillipuziani. Credo dovesse raccontare il passaggio dalla campagna alla città, ma mi sono addormentata prima che il treno che doveva portare i protagonisti in città si fermasse...

16-Il film più lungo che ho visto:
Chiara mi ha ricordato che "La meglio gioventù", in effetti, è lunghetto, non saprei dire, però, se sia il più lungo che ho visto, anche se ricordo di avergli dedicato due sere. In generale reggo bene fino alle tre ore, oltre deve proprio valerne la pena.

17-Il film che mi ha deluso:
The revenant, aspettative altissime e poi mi sono trovata a pensare che l'orso avrebbe avuto bisogno di maggior sostegno.

18-Un film che so a memoria:
Ce ne sono parecchi, film che amo sempre rivedere da quando ero bambina. Mia madre era un'amante dei classici così tra quelli che rivedo sempre anche se li so a memoria ci sono Sabrina e il delizioso Operazione sottoveste (una commedia con Cary Grant ambientata durante la seconda guerra mondiale in un sottomarino che si trova dipinto di rosa).

19 – Un film che ho visto al cinema perché mi ci hanno trascinato:
Solo errori di gioventù su questo fronte. Ricordo con raccapriccio un Batman e Robin inguardabile che il mio fidanzatino di allora mi trascinò a vedere...

20- Il film più bello tratto da un libro:
Mi piacciono gli adattamenti infedeli, che partono da un'idea narrativa per sviluppare un ragionamento proprio. In questo senso penso che Apocalypse Now come adattamento di Cuore di Tenebra sia ancora imbattibile.

21- Il film più datato che ho visto:
Una serie di cortometraggi russi del 1919 e poi qualcosa di Ejzenstejn.

22- Miglior colonna sonora:
Rimane imbattuta, secondo me, quella di Morricone per Mission

23 – Miglior saga cinematografica:
Migliore è difficile, perché richiede un'oggettività che non so dare. Star Wars ha accompagnato la mia infanzia. Il signore degli anelli è stato il cult dei miei anni universitari.

24-Miglior remake:
Mad Max

25-Un film che non ho visto perché stavo facendo le cosacce:
Prima o dopo (o prima e dopo), mai durante. 

lunedì 9 maggio 2016

Capitan America, Civil War – Visioni


Il passaggio dal nostrano Lo chiamavano Jeeg Robot all'americanissimo Capitan America, Civil War è un po' brusco e, al netto degli effetti speciali, per quel che mi riguarda vince la rustica brutalità del prodotto nostrano.
La prima cosa che salta all'occhio, guardando questo film dopo aver visto la pellicola italiana, è proprio come tutti siano attenti a fare il compito impeccabile e pulito. L'impressione è di assistere a una di quelle interrogazioni della ragazzina che ha imparato tutto a memoria e ha il terrore di sbagliare. Non le puoi dare un brutto voto, ma l'originalità è un'altra cosa.
Si parla di dilemmi morali e di danni collaterali causati dalle azioni dei super eroi, ma il sangue si vede con il contagocce, le vittime sono solo figuranti che muoiono fuori scena e qualsiasi danno i nostri eroi si producano è rimediabile. Tutti sono più attenti a fare in modo che nessuna madre ansiosa possa lamentarsi che un piccolo spettatore sia rimasto impressionato, piuttosto che a creare tensione narrativa.
La trama è presto detta. Il gruppo degli eroi formatosi nei film precedenti si frattura per una questione di principio e le due fazioni se le danno di santa ragione.
 Osservazioni sparse:

– La sceneggiatura sin dal principio della saga ci tiene a dire che questi tipi non hanno solo muscoli e super poteri, ma anche cervello. Iron Man è un genio, Hulk è uno scienziato, l'Uomo Ragno un ragazzetto geniale e persino Ant Man ha una laurea al MIT. Ora, per cotanta intelligenza non si spiega davvero come possano essere raggirati tanto facilmente dal cattivo di turno che non è neppure super, è solo uno che architetta un piano non tanto astuto e lo porta avanti. Per cotanta intelligenza, poi, non si capisce come ogni scontro finisca sempre a scazzottate. Per la serie, siamo due geni con i super poteri, dobbiamo chiarirci su una questione morale, va be' facciamo a botte distruggendo anche un aeroporto. Chissà perché poi i civili hanno paura di noi...

– La formazione dei super poteri inibisce la crescita emotiva. Per l'osservazione a cui sopra, puoi avere tutte le lauree che vuoi, ma appena si manifesta il super potere inizia a ragionare come un tredicenne. E no, non venitemi a dire che è un film per tredicenni, lo so. Ma non dovremmo mostrare ai ragazzi dei modelli da emulare, piuttosto che dei più grandi loro stessi? 
Poi, per carità, alcuni personaggi fanno simpatia anche per questo (vedasi le acclamazioni in sala quando uno degli eroi finalmente bacia, castamente, la sua donna, acclamazioni partite per lo più dagli adulti), però che uno dei più centrati sia il ragazzino che non ha ancora finito le superiori un po' stona.

SPOILER ALLERT
– Per quello che era stato presentato come uno scontro al vertice tra super eroi mi aspettavo almeno un morto. Se non altro per pensionare dignitosamente qualche attore che ormai non ne può più e si vede. Per dare spessore all'idea di base che i super poteri sono comunque pericolosi e anche se usati con coscienza qualcosa può andare storto. Lo capisco che in fin dei conti è un film per bambini, ma lo è anche Bambi. Invece i super poter sono pericolosi solo per gli altri, per i passanti di turno (senza volto). Per gli eroi feriti una soluzione si trova. E comunque è sempre l'amico meno forte che si prende il colpo, gli eroi sono invulnerabili.
FINE SPOILER

Rimane poi il fatto che i film Marvel di super eroi rimangono degli appuntamenti fissi per una serata al cinema in famiglia. Alla fine danno quello che lo spettatori si aspetta: un intrattenimento pulito e innocuo, dove le ombre nelle anime dei buoni alla fine sono solo altre sfumature di bontà, i cattivi sono cattivissimi. C'è un innegabile piacere visivo nel mettere insieme così tanti super eroi così diversi e lo scontro tra le due squadre di eroi è divertente e pieno di trovate nella messa in scena.
Certo è che se vi aspettate innovazioni, emozioni o straordinari colpi di scena, forse avete sbagliato film.


venerdì 6 maggio 2016

Corsi, concorsi e ricorsi


La mia attuale semi latitanza dal web è dovuta principalmente a due cose: il Concorso a Cattedre e l'Odissea burocratica. Se avessi tempo, entrambi meriterebbero un romanzo. Ieri ad esempio sono andata a ritirare un documento richiesto con proceduta d'urgenza che doveva essere pronto per settimana scorsa. Si erano dimenticati di firmarlo. Dato che comunque io ci metto un'ora di viaggio a raggiungere quell'ufficio e che loro avevano già una settimana di ritardo ho semplicemente dichiarato che non me ne sarei andata senza. Mi sono accampata lì davanti e due ore e mezza dopo sono uscita con il mio documento.
Ho vinto, ma ho comunque perso tutto un pomeriggio e, dato che il posto in cui mi sono accampata era gelido, ho guadagnato un superbo raffreddore. 

L'evento della settimana è stato comunque lo scritto del Concorso a Cattedre. Un romanzo non ho tempo per scriverlo, ma almeno un post bisogna pur dedicarglielo!

Antefatto
Tanto tempo fa per diventare prof ci si laureava e poi si doveva superare un Concorso Pubblico, tale concorso, si narra, era bandito con un certa regolarità. Si narra, non ho alcuna esperienza diretta, poiché l'ultimo Concorso di quella razza fu avvistato nel 1999 mentre io sostenevo la maturità.
Poi si pensarono due cose. Che forse i prof andavano preparati un po' meglio e che sulle loro aspirazioni professionali si poteva guadagnare di più. Nacque così una scuola biennale a pagamento per preparare gli insegnanti. Anch'essa, però, si estinse prima che io potessi accedervi. Fu chiusa con la scusa che aveva funzionato troppo bene e che c'erano ormai troppi prof in coda nelle "Graduatorie ad esaurimento" (nervoso) in attesa di passare di ruolo.
Date queste premesse non è chiaro come sia possibile che io e molti come me si abbia lavorato per anni nella scuola senza abilitazione alcuna. Ufficialmente i professori abilitati erano troppi, ma in pratica ogni santo settembre le scuole si trovavano senza docenti. Non per la necessità di coprire sostituzioni di malattia o maternità, proprio senza. Io ho lavorato pochissimo su sostituzioni, quasi sempre su "cattedra vacante" cioè posto vuoto. Assunta a settembre e licenziata a giugno. Negli ultimi tre anni assunta sempre dalla stessa scuola e per lo stesso posto.
Pian piano il controsenso ha iniziato a sembrare tale anche ai piani alti, ma la logica delle soluzioni che sono state proposte è come l'araba fenice che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.

Così nel 2012 è stato bandito un altro concorso, ma solo per coloro che si erano laureati prima del 2002. Ora, se mi sono diplomata nel 1999 e ho fatto una laurea quadriennale vedete anche voi come fosse improbabile per me partecipare al concorso del 2012, che per altro doveva svecchiare la scuola.
Nel frattempo però pareva brutto non guadagnare sugli insegnanti non abilitati (che nel frattempo continuavano a lavorare su posti disponibili, pur non esistendo ufficialmente). Quindi sono stati aperti due percorsi abilitanti, ovviamente a pagamento e tutt'altro che pro forma.
L'anno scorso ho investito mesi della mia vita, parte della mia sanità mentale e qualche migliaio di euro per conseguire l'abilitazione.

Rischiatutto in 15 minuti
Una volta bastava aver fatto la scuola abilitante per entrare in una graduatoria e ottenere, prima o dopo (spesso molto dopo, a dire il vero) un posto di ruolo.
Che banalità!
Bisogna essere selettivi e meritocratici!
Quindi è stato deciso che ci sarebbe stato un nuovo concorso, riservato agli abilitati, al fine di determinare i fortunati assunti nei prossimi tre anni.
Giusto per non metterci ansia, ci è stato detto che chi non lo avesse passato avrebbe dovuto cambiare lavoro (personalmente dubito che sarà davvero davvero così). Conti alla mano, noi partecipanti siamo tutti 35/40 anni, per la maggior parte donne, insomma, appartenenti a una categoria che non si ricicla proprio così facilmente nell'odierno mercato del lavoro, quasi tutti con famiglia. Giusto per prepararci con serenità.
Ora, in linea di principio, non ero del tutto contraria a quello che stava scritto sulla carta: un esame che doveva valutare le conoscenze didattiche, la capacità di usare il computer e la conoscenza di una lingua straniera. Ok, in effetti ci sta.
Nella pratica: 8 domande, sei aperte e due in lingua con 5 sottoquesiti ciascuno a cui rispondere in 150 minuti. Unico supporto: il vocabolario monolingua per la lingua straniera.
Al netto del tempo necessario a capire il funzionamento del programma su cui la prova si è svolta e quello necessario per salvare e assicurarsi che il salvataggio fosse andato a buon fine, 15 minuti a domanda.
Un quarto d'ora.
Qualche esempio di domanda a cui mi sono trovata davanti?
– Il candidato progetti un percorso sulla Memoria nella poesia tra '800 e '900 per un ultimo anno superiori che tocchi Leopardi, Pascoli, Gozzano, Ungaretti e Montale e indichi: testi proposti, verifica finale, griglia di correzione della verifica finale.
– Il candidato progetti un percorso di lettura per la scuola media sul tema del diverso, dello straniero e del profugo in cui figurino almeno tre brani, di cui almeno uno di autore straniero. Il percorso può prevedere l'utilizzo di strumenti multimediali.
– Il candidato progetti una lezione di due ore su un sonetto di Petrarca, in cui spieghi l'importanza di quest'opera nella storia letteraria italiana per una classe con alunni con Bisogni Educativi Speciali (indicare contenuti e metodi)...
Ognuna di queste domande avrebbe necessitato una risposta di almeno 2/3 cartelle editoriali. Non so quale sia la vostra velocità di scrittura, ma voi riuscite a scrivere 2 cartelle in italiano corretto in 15 minuti? 
Al di là dei contenuti (faccio presente che bisognava citare testi precisi o autori e titoli precisi di opere, per quanto gli argomenti fossero noti qualche secondo per fare mente locale...) voi ci sareste riusciti?
Possibile che l'unica capacità davvero valutata in un concorso di questo tipo sia la velocità di scrittura? 
È questo che fa di un prof un buon prof?

Il mio futuro vale 50 centesimi
Coloro che valuteranno il mio scritto saranno pagati 50 centesimi a elaborato.
Quanta attenzione potranno metterci?
Quanta attenzione ci metterei io, per 50 centesimi?
In una delle risposte (quella sul percorso di lettura) ho citato un autore, ho spiegato perché avrei scelto un suo brano, ma non mi è venuto il titolo dell'opera. Si tratta di un autore contemporaneo che ha al suo attivo moltissime pubblicazione, per 50 centesimi avranno voglia di controllare per vedere se quella di cui parlo esiste davvero o avrei dovuto azzardare un titolo a caso?
È bello, suppongo, sapere quanto lo stato valuta il mio futuro. 
50 centesimi.

Corsi e ricorsi
Molti professori precari sono stati esclusi da questo concorso. Moltissimi tra loro hanno fatto ricorso.
I casi sono i più vari.
Alcuni hanno ogni ragione. C'è un gruppetto di professori che non è riuscito a conseguire l'abilitazione entro il termine previsto (31 marzo) solo perché stavano facendo in quel momento il corso e i loro docenti hanno fissato l'esame finale ad aprile. Fossi in loro sarei furibonda.
Alcuni hanno una buona parte di ragione, perché per la loro classe di concorso non è stato previsto alcun percorso abilitante, almeno nella loro zona d'Italia.
Altri ci hanno comunque provato.
Ovvio che i posti disponibili sempre quelli sono e che più gente partecipa e minori diventano le possibilità di ciascuno di accedere a un posto disponibile. Così ci si trova, in aula insegnanti, a guardare con sospetto il collega ricorsista, che è un caro amico, sì, ma anche un competitor. E scoccia l'idea che il corso abilitante (costato denaro, tempo, salute e sanità mentale) sia stato in fin dei conti inutile.
Il gioco, dopo tutto, è sempre questo, frammentare una categoria in tante piccole sottocategorie per scatenare la più tipica guerra tra poveri cosicché quella che dovrebbe essere tuo amico finisci per vederlo come un avversario.

Questa è la situazione attuale. Lunedì ho sostenuto lo scritto, non so quando avrò gli esiti e non ho alcuna voglia di vederli. Domande alla mano, non potrei dare la sufficienza alle mie risposte abbozzate. Ho addosso una stanchezza infinita e un profondo senso di inutilità.
Poi, è chiaro, si cerca comunque di rimboccarsi le maniche e di andare avanti. Sbocciare sotto la pioggia, come il fiore che ho fotografato domenica. Però, ecco, la voglia di prendere a pugni qualcuno viene.

martedì 3 maggio 2016

Lo chiamavano Jeeg robot – Visioni


Contrariamente a quanto si può pensare vista la mia assenza dal web tutto, sono ancora viva. Almeno credo. Diciamo che lo spero. 
Il periodo è incasinato a livelli epocali (non drammatico, sono incasinato) e quando appena rallento mi addormento. Questo è il motivo per cui non sto leggendo, non ho aggiornato il blog come d'abitudine e ho abbandonato a sé stesso fb. Da qui in poi dovrebbe iniziare ad andare meglio, o almeno lo spero, ma tra gite, scambi culturali e altre amenità non so quanto il tempo a mia disposizione potrà aumentare.

Venerdì sera stavo per addormentarmi anche prima dell'inizio di Lo chiamavano Jeeg robot, anzi, credo di aver perso tra le braccia di morfeo i trailer che hanno preceduto la pellicola, ma poi mi sono costretta a svegliarmi.

Nel suo piccolo è un film evento. La via italiana ai super eroi che diventa prima un piccolo cult e poi fa incetta di premi ai David di Donatello e viene pertanto riproposto in sala.
Insomma, un film che può piacere oppure no, ma che non si può non vedere.

La prima impressione è che sia un film profondamente italiano e lontanissimo dal cinema italiano. 
Più vicino a serie tv come Gomorra che a qualsiasi altra cosa passata sui grandi schermi, racconta, di primo impatto, l'Italia brutta della periferia squallida, della micro delinquenza feroce, che vorrebbe non essere poi così micro, ma a cui manca forza e intelligenza.
Ecco dunque tre personaggi accomunati dallo stesso squallore esistenziale, il ladruncolo di scarso ingegno e scarsa prospettiva Enzo, Sergio, ladruncolo di appena una tacca sopra, con figlia psicotica a carico, umano a parole e pragmatico a fatti e lo Zingaro, piccolo boss di borgata dall'enorme ego. Il destino, però, ci mette lo zampino e se Sergio finisce male in un lavoro sfortunato e lo Zingaro deve così scontrarsi con boss più boss di lui, Enzo finisce a mollo nel Tevere. In perfetto stile supereroistico, finisce dritto dritto in mezzo a liquami radioattivi che gli donano una forza sovrumana e straordinarie capacità di guarigione.
Enzo, però, non è Peter Parker, non pensa che a grandi poteri conseguano grandi responsabilità e invece che per difendere i deboli i poteri servono per rubare un bancomat o rapinare un porta valori. Imprese che per altro lo rendono assai popolare nel quartiere. Solo la figlia di Sergio vede in lui un potenziale super eroe, l'incarnazione del protagonista della serie Jeeg Robot. Per lo Zingaro, invece, l'apparire di un super qualcosa nel quartiere è un affronto personale. Lui che vuole emergere a tutti i costi e in qualsiasi modo non può certo farsi scippare quel poco di potere e fama che ha da un tizio qualunque, solo perché può portarsi via un bancomat a mani nude!

Il tocco di genialità di questo film è quello di non abbandonare mai il tono da racconto di borgata, quasi neorealistico e allo stesso tempo ricalcare perfettamente il modello narrativo delle storie di super eroi. Abbiamo tutto, la trasformazione dell'eroe, il progressivo scoprire i propri poteri, l'essere indirizzato da un mentore, la nascita e lo scontro con il super cattivo. Il tutto in una Tor Bella Monaca squallida, in una storia di piccola delinquenza, con la violenza estrema dei crudi fatti di cronaca. 
Se l'america racconta storie di super eroi patinate, in cui paladini senza macchia e senza paura prendono a mazzate cattivi macchiettistici senza quasi spargimenti di sangue, qui abbiamo corrieri della droga che muoiono d'overdose, incontri con trans, un eroe che solo una psicotica sognatrice potrebbe considerare tale e un super cattivo tanto sopra le righe quanto calato nel proprio contesto.
Se c'è una cosa che Lo chiamavano Jeeg Robot ha capito sui film dei super eroi quasi meglio dell'America è proprio l'importanza della costruzione del cattivo. Allo Zingaro viene riservato quasi lo stesso spazio che a Enzo. Risulta stranamente allo stesso modo sia sopra le righe, nella sua crudeltà, nel suo essere personaggio stravangante, che perfettamente calato nel contesto. Un ragazzo di borgata che vuole disperatamente uscire dallo squallore che lo circonda, costi quel che costi, e che, tuttavia, non ha esperienza che di squallore.
Se proprio dobbiamo trovare un limite al film, alla fine, è proprio questo. Lo Zingaro risulta più interessante e meglio costruito di Enzo, che rimane un ragazzone un po' tonto, senza grosse possibilità di evoluzione o spunti narrativi (tanto che, in bocca a lui, la riflessione su Tor Bella Monaca risulta un po' forzata, come se di colpo gli si fossero accesi dei neuroni sopiti che poi subito vanno a spegnersi). 
Anche il finale risulta un po' troppo legato alla tradizione supereroistica e troppo poco affine allo spirito di un film che, comunque, la speranza l'ha uccisa in ogni modo possibile.

Lo chiamavano Jeeg robot è un film da vedere, sicuramente senza dei bambini, senza pensare a un film di super eroi per come siamo abituati a pensarli. 
È l'incrocio quasi perfetto tra Gomorra e l'uomo ragno. 
Tenete però presente che vince Gomorra.