martedì 30 agosto 2022

Volta la carta


 

Il post scorso l'ho dedicato a Sandman. In questo morire dell'estate sto leggendo le ultime storie a fumetti dedicate al personaggio, che ancora mi mancavano. In una delle introduzioni l'autore tenta una sinossi in due frasi: "Il signore dei Sogni si rende conto che o si cambia o si muore. Compie la sua scelta"

Suppongo che sia vero per tutti, non solo per il signore dei sogni e qui è tempo di cambiamenti.

Quando sono diventata mamma ascoltavo con una certa diffidenza le frasi tipo "goditela ora, poi cresce in un baleno", "ti giri un attimo ed è già diventata grande". Ecco. E ora sono puntualmente qui con la lacrimuccia agli occhi a preparare la festa per i suoi sei anni, lo zaino per la scuola, i grembiulini neri che mi fanno tanto tristezza. Mi chiedo dove siano finiti tutti questi anni. Però in realtà lo so, perché, come Tolkien insegna, i periodi che passano in fretta e sono solo poche righe nei racconti sono i tempi felici.

Negli ultimi cinque anni siamo andati avanti e indietro dal Nido Scuola Giacomini.

Ci siamo arrivati, come capita nelle storie migliori, per caso, perché era un nido che aveva posti disponibili, era vicino alla scuola dove insegno e aveva anche orari compatibili con i miei. E le maestre all'open day ci parlavano del metodo educativo, della particolarità degli ambienti, ma io guardavo solo la tabella oraria, quindi tutta la spiegazione sulla matrice montessoriana del "Reggio Children" me lo sono persa. Mi ero resa conto che a disposizione dei bambini c'erano tubi di varie dimensioni, una ruota di bicicletta, delle cose semifuse credo in plastica, ma alla fine era una struttura aziendale e l'azienda faceva, fa ancora, valvole e tubature. Ovvio che con valvole e tubature facessero giocare i bambini.

Il primo giorno di inserimento ho incontrato la flemma granitica della maestra Anna. Ci ha fatto fare un giro, mostrandoci gli armadietti che i bambini avrebbero imparato a usare in autonomia. "Ma le antine sono pesanti, non si schiacciano le manine?" ha chiesto una mamma. "Sì, ma una volta sola" ha risposto la maestra. Da quel momento nella mia testa lei è diventata una sorta di divinità preistorica cretese incarnata, signora di bambini e serpenti, capace di placare entrambi con lo sguardo, di trasportarne tre alla volta e di rendere possibile l'impensabile. Una volta a un incontro con i genitori ha proiettato le foto dei lavori che stava facendo con i bambini con l'acqua e la luce. I bambini (del nido) osservavano l'acqua contenuta in un grosso vaso di vetro che veniva via via colorata da luci diverse. I bimbi nel filmato toccavano, indicavano, maneggiavano il vaso in svariati modi. "Ma è di vetro!" ha osservato una mamma. "Certo, glielo ho detto e per questo sono stati attenti" ha risposto la maestra. Quando quest'anno, all'ultimo anno di asilo, ogni bambino ha portato a scuola un vaso di vetro "di forma strana", ormai l'unica preoccupazione dei genitori è stata che la forma fosse abbastanza strana.

Questi cinque anni sono trascorsi così. Tra le restituzioni difficili di nostra figlia: "Abbiamo fatto un albero che non era un albero con tante cose che poi facevano ombra e poi abbiamo colorato le ombre con le conchiglie" (era una meridiana prodotta da loro, con le strisce a terra tracciate dai bambini con delle conchiglie allineate). Richieste complicate: "Devo portare a scuola una cosa che assomiglia a un'altra perché devo costruire una città di grattacieli". Racconti avventurosi: "È entrato un pipistrello a scuola e la maestra è riuscita a fotografarlo, poi l'ha fatto uscire prima che arrivasse su noi bimbi e poi abbiamo visto dei video sui pipistrelli.

L'albero meridiana, molto difficile da raccontare!

In mezzo a tutto questo c'è stata una pandemia mondiale, c'è stato la chiusura, ci sono state le zone rosse, arancioni, gialle, arcobaleno. Il sistema asilo ha retto con insperata facilità. Norme molto severe sui genitori. Guai a fermarsi! Guai a toccare! Vietato anche un passo dentro la struttura! Norme sensate per i bambini, che in pratica venivano disinfettanti all'ingresso, lasciavano scarpe e giacca e si buttavano nella "bolla" dove la vita proseguiva come sempre. Al termine della giornata tutte le cose usate (cioè tubi, vasi di vetro, strani paletti, oggetti vari di forma indefinita) venivano disinfettate. Sarà stato il caso, la buona sorte o chissà cos'altro, ma non abbiamo avuto neppure una quarantena da scontare.

Fosse stato per me avrei lasciato alla maestra Anna (e alla maestra Cristina e alla maestra Michela e a tutte le altre) mia figlia fino all'università. Ma il cambiamento fa parte della vita, è l'unica alternativa alla distruzione e è giunto il tempo per andare.

Ci sono tante cose che non ho imparato come mamma in questi cinque anni. Non ho imparato a gestire i capricci per non andare a scuola. Se arrivavano mal di pancia improvvisi ho sempre e solo sentito la pediatra paventando virus intestinali. Non ho imparato a discutere con le maestre, solo a chiedere consiglio. Non ho imparato a gestirmi in una chat genitori, dove al massimo arrivano messaggi del tipo "il vaso di vetro che è tornato a casa non è il nostro". Non ho imparato a gestire dinamiche in cui bambini venivano esclusi o presi in giro. Non ho imparato a gestire la competitività. Non ho imparato a temere i colloqui con le maestre.

Vorrei continuare a non imparare queste cose. La scuola elementare che alla fine abbiamo scelto non ha un particolare metodo educativo, è una banale scuola elementare statale. Però ha un dolce azzurro pastello alle pareti. La possiamo raggiungere anche in bicicletta. Dentro è un tripudio di cartelloni e la maestra ha un sorriso gentile.

Spero che il cambiamento, seppur inevitabile, possa essere dolce.

Spero di continuare a ricevere richieste improbabili.

Spero di sentire ancora un sacco di informazioni sui pipistrelli, apprese perché uno di loro era entrato in aula.

Spero di continuare a sentire domande e curiosità negli occhi.

Spero di continuare a vedere bambini che giocano con gentilezza reciproca.

Voliamo verso nuovi orizzonti, andiamo incontro al cambiamento

Mi mancherà questa vista ogni mattina

Se qualcuno volesse leggere un nuovo capitolo della mia storia, lo trova qui

venerdì 12 agosto 2022

Di Sandman, del potere del Sogno, di strane polemiche su Morte


 Per noi che cerchiamo nelle storie un riflesso di noi stessi e che pensiamo da sempre che nulla possa realizzarsi nel mondo reale senza prima essere stato sognato, Sandman è un mito da sempre. Un fumetto di nicchia, che appena si legge si fa amare. Lo sanno bene gli editori che lo propongono in pratici volumetti al costo di un medio organo interno l'uno. Ma la lettura di Sandman è, per noi, semplicemente imprescindibile. Ora, con l'adattamento di Netflix, Sandman si appresta a diventare di tutti, senza neppure snaturarsi del tutto.


Sandman – l'adattamento

Chiunque abbia letto il fumetto, anche solo di sfuggita, ha pensato che non fosse possibile adattarlo per lo schermo, grande o piccolo che fosse. Il problema non era (solo) visivo. Il problema è una struttura atipica, con un personaggio principale, Morfeo o Sogno degli Eterni, il signore dei sogni, non solo a tratti respingente, ma anche spesso assente. Molte storie o digressioni, infatti relegano la presenza di Sogno a mero osservatore o deus ex machina finale o semplice comprimario. Le storie in Sandman si intrecciano, si sfiorano e si sfilacciano senza molto rispetto per le aspettative dei lettori. Cambiano continuamente di tono. Un attimo prima si sorride, poi si scivola nel grottesco e poi di colpo tutto si fa lirico. Questo senza perdere mai di vista il fatto che il tutto è una meditazione, a tratti profonda, sul potere dell'immaginario e gli effetti che il sogno ha sulla vita reale. Infine, per quanto assurdo possa sembrare, Sandman era una creatura di Vertigo, una costola di DC Comics. Cioè Sandman si muoveva nello stesso universo di Superman e Batman e con le sue più varie diramazioni, interagendoci direttamente.
Al netto di quest'ultima parte (per meri motivi di diritto d'autore), l'adattamento Netfix riesce a rendere tutto questo.
Il merito va senza dubbio alla supervisione di Neil Gaiman, il papà di Sandman, ma anche a un approccio insolitamente rispettoso verso il materiale di partenza.
Certo, non tutto funziona a dovere, a un certo punto il Signore dei Sogni sfida Lucifero a un duello magico che fa terribilmente Merlino vs Maga Magò (distruggendo con un solo pensiero l'intensità del momento), ma l'essenziale è rimasto.

Sogno degli Eterni è rimasto Sogno. Una creatura inumana, a tratti infantile e capricciosa, crudele, con inaspettati lampi di dolcezza. Mai avrei pensato che un attore avrebbe davvero potuto dare vita a Sogno, ma tutto, dalle sue movenze ai suoi sguardi rimanda al fumetto. L'attore ha fatto uno straordinario lavoro col proprio corpo cosicché basta un movimento ed ecco entrare in scena il Signore dei Sogni. In generale, l'impressione è che nessun attore sia fuori parte e questo, da solo, è un enorme risultato.

Sandman è rimasto Sandman. Semplificato, addolcito, ma non snaturato. Le storie hanno le stesse caratteristiche di quelle del fumetto (di cui rispettano per altro la sequenza e i titoli dei singoli episodi). Sono è un protagonista spesso assente, il tono varia di momento in momento. Si sorride di Caino e Abele, si scivola nel grottesco alla ritrovo per Serial Killer, si hanno momenti genuinamente horror (da cui il giustificato divieto ai minori di anni 18) per poi sciogliersi nella dolcezza o aprirsi a riflessioni non banali. Dopo un certo disorientamento iniziale in tutto risulta ipnotico. Sandman rimane un'esperienza intellettuale che non permette una fruizione passiva.

Non so dire se piacerà al grande pubblico. Le trame sono state semplificate al punto che possono essere seguite senza perdercisi e l'impianto visivo è tale da catturare. Rimane una narrazione atipica. So che vale comunque sempre la pena di inoltrarsi delle terre del Sogno.

Improbabili polemiche

Sogno appartiene alla "simpatica" famiglia degli Eterni di cui fa parte anche sua sorella Morte. Morte è, senza se e senza ma, il personaggio più amato della serie. Una ragazzetta dall'abbigliamento gotico, ma dal carattere solare, che compie con dolcezza il suo dovere: offrire un sorriso che faciliti il momento del trapasso. Tra tutti gli Eterni, Morte è quella che maggiormente ha in simpatia l'umanità, di cui conosce grandezze e meschinità. E tutti noi lettori vorremmo trovare lei al termine del nostro cammino. Ora, per la serie è stata scelta un'attrice di colore e questo ha scatenato un putiferio.
È politica di Netflix quella di aumentare i personaggi di colore all'interno delle storie (anche i personaggi GLBT, ma già di base questi non mancavano in Sandman). Fatto in maniera acritica ha portato dei risultati quanto meno discutibili. Da poco è disponibile sulla piattaforma anche un adattamento di Persuasione di Jane Austen dove alcuni elementi sono "stati resi più moderni" quindi abbiamo prima del 1820 capitani che salvano balene in difficoltà e una ricca fetta della nobiltà terriera di colore. L'effetto, purtroppo, è quello della parodia involontaria. Non funziona perché forzato e posticcio. Qui abbiamo la personificazione della Morte che, con la benedizione del suo creatore, viene affidata a un'attrice di colore. A una brava attrice di colore, che riesce a restituire tutto il calore della sua pallida controparte cartacea. Quindi trovo assurdo che un sacco di gente si sia sentita tradita dalla scelta. "Non è questione di razzismo, ma di immaginario" dicono, ma no, non mi convince.
Innanzi tutto è importante offrire una varietà di etnie, orientamenti sessuali, credi religiosi e condizioni fisiche e psichiche. Come dice Sandman l'immaginario plasma la realtà. Un immaginario in cui personaggi "fighi" siano di diverse appartenenze, vivano diverse peculiarità plasma l'idea che il tuo vicino di banco di colore/buddista/gay/disabile possa non essere solo "quello di colore/buddista/gay/disabile" ma una persona interessante a prescindere. È importante per chiunque sia minoranza vedere la rappresentazione in veste positiva di chi è simile a lui. Ci sono casi in cui questa sovraesposizione delle minoranze non è opportuna (vedasi contesti storici) oppure in cui un cambio di etnia/orientamento sessuale sarebbe un palese tradimento dell'idea originale dell'autore. Per dire Galadriel nera e lesbica no, perché il buon Tolkien non ha la possibilità di dire la sua su un personaggi che ha creato, immaginato in un determinato modo e molto amato. Ma se l'autore stesso approva, l'attrice scelta è brava, che problema c'è?
Sono rimasta molto sorpresa da queste polemiche, espresse anche da persone di cui ho stima e l'unico pensiero che ho avuto in merito è che per molti il colore della pelle è ancora importante. Se si sono innamorati di un personaggi bianco non lo possono amare allo stesso modo nero. E questo mi ha messo molta tristezza.
Voi che ne pensate?

Se invece volete qualcosa di mio, ecco qui un nuovo capitolo