Ci dev'essere una peculiare maledizione per cui i venerdì del gruppo di lettura sono sempre i venerdì più incasinati della settimana più incasinata del mese. A volte io e mio marito arriviamo al volo da posti improbabili, da labirintiche trasferte torinesi, altre volte, semplicemente, sembra di aver corso con un macigno all'inseguimento, come nell'inizio di Indiana Jones. Questa volta la settimana ci aveva regalato ospedalizzazione suocera (con operazione proprio venerdì), vari malanni nel parentado, due notti insonni per motivi assortiti e vari tetris organizzativi. Il risultato è stato crollare a metà dibattito. Cosa che mi è spiaciuta tantissimo, anche perché il libro del mese si è rivelato, per me come per molti (quando sono andata via i pareri positivi erano in netto vantaggio) un gioiello inatteso e avrei amato sentire tutti.
Ne approfitto per scusarmi ancora, ma il marito mi si è addormentato in auto e io sono crollata appena oltre la porta di casa. Per la sicurezza di tutti è stato meglio così.
VENERE PRIVATA – Giorgio Scerbanenco
Qui una mia recensione.
Qui un interessante approfondimento di un'altra lettrice.
Io, come altri lettori, mi sono avvicinata a questo romanzo con una certa diffidenza. Certo, lo sapevo che Scerbanenco è considerato il padre del noir italiano. Infatti mi aspettavo una cosa triste triste in una Milano triste triste scritta con uno stile triste triste. Altri hanno detto che il fatto che dai suoi libri siano stati tratti film che non si possano definire dei capolavori non ha aiutato ad abbattere il pregiudizio. Mai diffidenza fu più mal riposta.
Milano 1966. Duca Lamberti è un giovane medico radiato dall'albo per eutanasia. Ha scontato tre anni di prigione per aver aiutato a morire una malata terminale. Ora, senza un soldo e con una sorella ragazza madre a carico, accetta il primo incarico che gli venga proposto: riportare alla sobrietà il giovane alcolizzato Davide, figlio di un ricco industriale. Solo che Davide non è un alcolizzato qualsiasi, dopo una sera Duca già capisce che la causa del suo bere è una profonda depressione e la causa della depressione un ancor più profondo senso di colpa per un presunto suicidio che il ragazzo non è riuscito a evitare. Solo che il suicidio non è poi così tale... E da qui inizia l'indagine.
Sono così tante le cose che mi hanno colpito (forse perché, in fondo, vorrei scrivere come Scerbanenco), che è meglio fare ordine.
Tematiche
Eccoci qua, pagina due. Eutanasia, depressione. Poi, avanti, sfruttamento della prostituzione con ricadute economiche e sociali. Ragazze madre e giovani sociologhe che cercano di andare avanti con le proprie gambe. Giustizia contro vendetta.
Quando è stato scritto? 1966. Ah...
Scerbanenco le sue tematiche le prende di prende di petto. Non ha paura di affrontarle a muso duro in tutte le loro sfaccettature, senza risparmiare niente ai propri personaggi, che pagano sempre, fino in fondo.
Duca Lamberti ha ucciso per pietà una donna malata terminale. Ne ha avuto in cambio tre anni di carcere, un padre morto di crepacuore, una sorella abbandonata incinta dall'amato e ogni possibilità di carriera preclusa eppure è davvero, davvero difficile condannarlo. Oggi questa sarebbe una tematica attuale, il fine vita e tutto quanto. Il libro è del 1966 e siamo solo a pagina due.
Mi sono chiesta se questo, come altri libri della serie, oggi potrebbero uscire in questa forma. Forse un editor consiglierebbe di ingentilirli. Rendere meno ambigua la scelta di Duca e, di sicuro, addolcire il finale del libro, che io ho trovato perfetto, ma che per molti lettori è stato troppo duro e insistito.
Scerbanenco non ha addolcito niente, non nasconde niente e non si cura del buonismo. Vede una Milano piena di brutte cose e brutte persone e di dilemmi morali. Per ogni scelta c'è un prezzo da pagare, che i suoi personaggi pagano sempre per intero. E io ho trovato il tutto di una attualità sconvolgente.
Stile
Io darei un rene per scrivere come Scerbanenco, sia agli atti.
Lo stile è semplicemente perfetto. Perché nonostante tutto, nonostante quello che accade e come accade, non abdica mai all'eleganza e all'ironia. Un'ironia che, proseguendo con la serie, si fa più amara, diventa sarcasmo, ma che non abbandona mai la prosa e i personaggi.
C'è un passaggio delizioso, in Venere Privata, in cui Duca vuole indagare l'origine della depressione di Davide. Sarà forse dovuta a problemi con le donne? Quindi Duca procura compagnia al giovanotto e poi interroga, a incontro finito, la fanciulla. Il tutto è raccontato senza mai usare una parola che sia meno che elegante (credo per altro che "prostituta", per non parlare di termini più volgari, non sia mai usato e stiamo parlando di un'indagine nel mondo della prostituzione). Da ogni frase traspare il profondo imbarazzo e senso del ridicolo di Duca, il che dà alla scena un connotato quasi comico, che però nulla toglie alla tensione del romanzo.
Io tutto mi aspettato in un noir meno che un'ironia che permette di sorridere e una riga dopo di angosciarsi con un ritmo che è più unico che raro.
Venere Privata, diciamolo, qualche buchetto di trama ce l'ha. Almeno due piccole voragini, ma tutto passa così in scioltezza, condotti per mano da uno stile tanto elegante e piacevole che alla fine vien voglia di fare un applauso all'autore per come si è tolto dai guai, piuttosto che accusarlo per quegli inciampi.
Le figure femminili
Abbiamo molto discusso sulle figure femminili di Scerbanenco. Lui, orfano di padre, è stato cresciuto dalla madre e da una famiglia molto femminile. Per gran parte della sua vita ha scritto sotto pseudonimo romanzi rosa (che mi viene quasi voglia di recuperare) e ha tenuto la posta del cuore in alcune riviste.
Tutto questo deve aver contribuito alla sua capacità di scrivere personaggi femminili. Né qui né nei sequel ce ne sono di scontati, anzi.
In Venere Privata domina su tutti Livia Ussaro. Contattata in quanto amica della vittima, Livia Ussaro si connota, passatemi il termine, come un personaggio "alla Sherlock Holmes". Estremamente intelligente, vagamente annoiata dalla vita, iper razionale, non vede l'ora di buttarsi in un'indagine, anche a costo di rischiare in prima persona e di pagare in prima persona. Sin da subito c'è tra lei e Duca un'alchimia che va ben oltre l'attrazione fisica o il banale innamoramento (il buon Duca, per altro, ci metterà romanzi interi solo per passare dal "lei" al "tu"). È comprensione e fiducia. Si stabilisce un rapporto paritario e una coppia d'indagine in cui è Livia la parte razionale, quella delle deduzioni consequenziali, mentre Duca comprende i più impalpabili moti dell'animo e le emozioni di vittime e carnefici.
Milano
Non so perché, ma la mia introduzione sosteneva che la Milano di Scerbanenco non è una Milano reale. A me, invece, è apparsa verissima, la Milano di fine anni '60 che io non ho potuto vedere, già città, ma non ancora metropoli, con i suoi delitti ancora quasi di paese e già le prime infiltrazioni mafiose. Abitata da tutta una popolazione in piena metamorfosi, nuovi cittadini dall'anima ancora rurale. La descrizione di una porzione della nostra storia spesso trascurata, tra il boom economico e la contestazione, non più l'uno e non ancora l'altra.
Venere Privata è il primo romanzo di una serie, che la morte di Scerbanenco ha bloccato al quarto volume. Questo per me è stato il "mese di Scerbanenco" e di Duca Lamberti, quindi, senza spoiler, ecco qualche flash dai romanzi seguenti.
TRADITORI DI TUTTI
È il seguito che mi aspettato, nel senso migliore del termine. Una trama più solida rispetto a quella di Venere Privata, un'indagine che parte per caso e che porta, come nella migliore tradizione gialla, a svelare una trama più grossa.
A gestire il caso, non ancora poliziotto, ma decisamente non più medico, è un Duca fortemente segnato dai fatti di Venere Privata. A contatto con personaggi molto italiani, quei "traditori di tutti" pronti sempre a saltare sul carro dei vincitori, quali che siano i vincitori, sente sempre più labile il confine tra giustizia e vendetta. Perché, proprio in un paese come l'Italia, a volte la vendetta sembra l'unica giustizia certa. Ma, come sempre, c'è un prezzo da pagare...
I RAGAZZI DEL MASSACRO
Il '68 secondo Scerbanenco.
Questo romanzo, il più duro e inaspettato della serie, oggi, ne sono sicura, non potrebbe uscire così com'è.
Ce lo vedo un editore solo a considerare l'inizio della sinossi: "in una scuola in un quartiere disagiato una maestra viene stuprata e uccisa dai propri alunni, tutti minorenni..." Ecco, no, l'editore, oggi, già scuoterebbe il capo. Almeno maggiorenni. Magari solo uccisa la maestra. Magari...
Invece, sempre con il suo stile elegante (la parola stupro credo mai usata in tutto il romanzo) Scerbanenco ci racconta proprio questo, la prima indagine ufficiale di Duca, peggiore possibile che arriva, per lui, nel peggior momento possibile.
Un libro durissimo, che non risparmia niente, che ci mostra il peggio del peggio dell'animo umano e ci costringe a guardare anche dove vorremmo distogliere lo sguardo.
Un Duca disperato, pieno di angosce e di dubbi, il cui amore per la verità però è più forte di tutto. Perché il buon Duca i suoi pregiudizi li ha. Gli "invertiti" ad esempio gli fanno schifo e certi ragazzi per lui nascono marci. Però questi ragazzi, i ragazzi del massacro, nonostante tutto, se li prende a cuore, almeno alcuni ("i meno marci") e per loro va fino in fondo, per capire cosa davvero sia successo in quell'aula.
Un libro che mi ha fatto stare male, ma che penso si sia preso un pezzo di me.
I MILANESI AMMAZZANO DI SABATO
Per errore l'ho letto subito dopo Venere Privata e forse per questo qualcosa non mi tornava. Probabilmente, dopo I ragazzi del massacro, voleva essere una sorta di pausa, un momento (appena) meno plumbeo. Tornano tanti elementi di Venere Privata, l'indagine nel mondo della prostituzione, qualche elemento di trama un po' poco credibile. Duca è meno presente, meno incisivo, un po' svuotato, forse, dagli eventi precedenti.
Non doveva essere l'ultimo romanzo, eppure chiude perfettamente il cerchio, Duca torna a una nuova, possibile partenza, forse, finalmente, un raggio di sole. E una serie iniziata con come titolo Venere privata, si conclude con le parole "Minerva privata". Che, una sua verità personale, una certezza umana Duca l'abbia trovata?