Moz è stato il primo a invitarci a questo viaggio nei ricordi.
Come per Chiara, anche per me, classe 1980, il decennio della mia adolescenza è quello degli anni '90.
Non rimpiango molto la mia adolescenza, le paturnie, l'accettazione di sé e un carico di lavoro, tra liceo classico e atletica a livello agonistico, che neppure nei miei periodi più intensi ho mai più uguagliato. A guardar indietro adesso, però, a parte quella stanchezza terribile della versione di greco da fare nel dopo allenamento, i ricordi piacevoli prevalgono.
La mia non è stata un'adolescenza standard. Ero uno strano esemplare di nerd atleta che univa gli interessi stravaganti dei nerd, quando i nerd non erano di moda, alla vita monacale dell'atleta eppure erano proprio queste mie due identità a darmi maggiori soddisfazioni.
Nell'estate tra la seconda e la terza superiore ho avuto la mia grande crisi d'identità e ho deciso che non me ne importava più niente di nessuno e sarei stata solo ciò che volevo essere. Ho mollato di punto in bianco il bellissimo e fighissimo liceo privato dove giravo come un'aliena in mezzo a figli di papà per lo sgangherato liceo pubblico con l'aula magna che rischiava letteralmente di crollare a ogni assemblea. Non so se sia stato un caso o destino o altro (in quel periodo ho letto un romanzo che usava la suggestiva frase "camminare sulla strada del dio") ma entro la fine dell'anno scolastico sono successe tre cose. Non ho avuto problemi a inserirmi nella nuova scuola e ho trovato persino delle compagne più nerd di me. La società di atletica in cui militavo si è fusa con un'altra che aveva un allenatore specializzato in mezzofondo e una squadra femminile di corsa di resistenza, al di là dei risultati sportivi (di cui, lo ammetto, vado fierissima tutt'oggi, con un ottavo posto agli italiani), venerdì andrò al matrimonio di una di quelle ragazze, giusto per dare un'idea dei legami che si formano correndo. Infine, per una ricerca scolastica sono andata in biblioteca e ho trovato il volantino di un gruppo archeologico. Vi ho trovato Alfa dei Misteri, una delle persone migliori in cui mi sia imbattuta. Lui mi ha subito coinvolta nel mio primo scavo archeologico, dove ho incontrato due ragazzi. Uno è stato il mio primo fidanzato, il secondo lo vedo tutt'ora ogni settimana per la serata gioco di ruolo.
Essere una nerd atleta, da un certo punto in poi, non è stato più un motivo d'esclusione. È stato bellissimo.
Questa lunghissima premessa era necessaria, credo, per raccontare i miei anni '90.
Televisione
Quale televisione? Battute a parte, ne guardavo veramente poca, perché le mie giornate prevedevano un'ora e mezza di allenamento e alle 21.30 crollavo addormentata ovunque fossi. C'è però, un telefilm che una come me non poteva non amare.
X files solleticava in mio senso del mistero e il mio gusto per l'avventura. Dana era un modello di donna in cui potevo riconoscermi, che non abdicava alla propria intelligenza e seguiva fino in fondo la propria vocazione. Inoltre mi è sempre piaciuto il rapporto di complicità e fiducia, prima che di attrazione o amore che aveva con Mulder. Ricordo che riuscivo quasi mai a vedere fino in fondo una puntata e per ricostruire la cronologia precisa degli eventi mi affidato a un'amica che mi riassumeva quanto mi ero persa.
Due film per me sono stati, più di ogni altro, dei cult, negli anni '90.
La leggenda del re pescatore. Questo film sembrava girato per me. Non so quante volte ho riguardato la videocassetta, presa per caso insieme a un giornale, ma ogni volta la ricerca del santo graal a New York mi commuoveva. Ero nel mio pieno periodo medioevale. Mi stavo leggendo tutta l'epica medioevale francese (compresa la versione integrale de la Chanson de Roland in lingua originale). Questo film mi diceva con dolcezza che stavo vivendo in un mondo in cui solo i folli potevano essere ancora puri cavalieri, ma che alla fine non importava e se qualcosa avviene anche solo nella nostra mente, non è detto che non sia importante. Penso ancora che sia un gioiello da riscoprire, con i fazzoletti a portato di mano.
L'ultimo dei Mohicani
Prima che tutte le mie compagne impazzissero per il Leonardo di Caprio di Titanic io avevo dato il mio cuore a un altro personaggio cinematografico e a un'altra idea di storia d'amore. Come solo nell'adolescenza può succedere, L'ultimo dei Mohicani ha segnato il mio immaginario e definito l'estetica del mio uomo ideale. Alto, magro e con i capelli lunghi. Bravissimo a fare il suo lavoro, rude all'occorrenza, ma pronto a stringere con una donna un rapporto paritario, basato sul rispetto e sul riconoscimento del reciproco valore. Ogni volta che lo riguardo un po' torno l'adolescente che ero e un po' mi vergogno di questo mio lato più sfacciatamente romantico.
Libri
Da brava nerd, leggevo tantissimo, sopratutto d'estate. Quindi temo di dover distinguere tra i libri che mi sono portata dentro e hanno contribuito alla mia formazione e quelli che sono stati importanti allora e di cui oggi un po' mi vergogno ma che so di aver letteralmente consumato.
Il decennio, nel '91, si è aperto con la scoperta del fantasy e con l'incontro con Il signore degli anelli, che da un lato mi ha instradato verso altre letture del genere (molto amata allora La grotta di cristallo di Mary Stuart e i primi tre romanzi de La saga di Earthsea della Le Guin), dall'altro mi ha dato la consapevolezza che non si può creare una nuova epica senza delle solide basi. Da qui l'immersione nell'epica medioevale, dalla Chanson fino all'Orlando Furioso, passando per tutte le leggende arturiane, che mi ha tenuto compagnia negli anni delle medie (un pensiero alla mia vita sociale di quel periodo, visualizzatemi intenta a queste letture di fianco a una tredicenne media con in mano Cioè). L'incontro con Il nome della rosa a quel punto sembrava scritto nel destino e quella lettura mi ha traghettato al liceo, dove approfondire i classici e gli antichi, per fortuna, non era cosa strana. Troppo immersa nel passato, negli anni '90 ho ignorato quasi del tutto gli autori del '900, con l'eccezione di Borges, scoperto per caso in solaio, che mi ha dimostrato senza ombra di dubbio che il fantastico può essere alta letteratura.
In mezzo a tutti questi classici, leggevo anche un sacco di libri di consumo, compresi di Harmony di mia mamma. In quel marasma c'è una serie che nella mia adolescenza ha avuto un peso non indifferente. Si tratta della Saga di Darkover di Marion Zimmer Bradley. Ho trovato la mia prima amica nel nuovo liceo proprio grazie a questi libri. L'anno scorso me ne sono ricapitati in mano un paio e ho subito capito perché fossero stati così importanti all'epoca. Ci sono tre caratteristiche essenziali. I personaggi si facevano una quantità di problemi che sono un adolescente può capire. Non importa quanti anni avessero, erano sempre dei sedicenni in preda a quell'ansia esistenziale che solo a sedici anni si vive davvero. I dilemmi etici erano sempre portati all'ennesima potenza, pur in assenza di un assoluto morale. Si parlava di sesso. Con l'eccezione di un unico romanzo che infatti era introvabile e se ne favoleggiava solo, non era descritto in modo esplicito, ma era una presenza costante e approcciata senza tabù. Col senno di poi credo che, anche se all'epoca negavo che fosse quello un motivo d'interesse, per una timida adolescente di provincia fosse un particolare con la sua importanza.
Fumetti
Magico Vento
Nell'estate del 1997 è uscito il primo numero di Magico Vento, acquistato ovviamente (non lo avrei ammesso neppure sotto tortura) perché il protagonista era ricalcato sul Nathan de L'ultimo dei Mohicani, è tutt'ora il mio più grande amore fumettistico. Adesso il fumetto è diventata una passione e posso dire di averne letti abbastanza per capirci qualcosa, ma questa serie continua ad avere nel mio cuore un posto speciale. Vorrei dire recuperatela e leggetela, ma temo sia quasi impossibile.
Questo fumetto è cresciuto con me, mi ha accompagnato in tutti i miei spostamenti, mi ha aperto a un mondo più vasto e introdotto alla cultura dei nativi americani e convinto. Ci sono alcuni albi che mi hanno seguito in quattro o cinque abitazioni differenti e ora spettano che la pupattola abbia l'età per leggerli.
Oggetti
Salto a pié pari la parte sui vestiti. L'unica cosa che allora per me avesse importanza, in questa categoria, erano le mie scarpe da corsa Adidas, che consumavo a una velocità impressionante.
L'oggetto di quegli anni, per me è questo:
La mitica scatola rossa di D&D, l'introduzione imprescindibile al gioco di ruolo. Ancora oggi i miei dadi sono quelli della scatola rosso (temutissimi, quando masterizzo io). E ancora oggi alcune delle persone al tavolo da gioco sono le stesse degli anni '90.
So che c'è ancora chi dice che siano passatempi che distolgono dalla realtà. Io facendo rotolare i dadi ho cementato molte delle mie amicizie. I draghi, ho scoperto, si affrontano insieme, quelli immaginari del gioco e i molti reali, senza scaglie né fiamme, della vita vera. Facendo rotolare i dadi ho conosciuto mio marito.
Faccio davvero fatica a immaginare la mia vita non tanto senza il gioco di ruolo in sé, quanto senza quella rete di rapporti e la valvola di sfogo offerta dalla serata settimanale.
C'è una parte di me che è ancora quell'adolescente degli anni '90. E non me ne pento affatto.
Ecco qua. È stato un lungo (è tardissimo, almeno per il mio presente di risvegli notturni) e bellissimo viaggio.
Nei prossimi giorni sono un po' incasinata tra lavoro, matrimoni, zie in visita ed escursioni programmate (con la bimba in spalla, ce la farò?), quindi non so né se posterò né se leggerò i blog altrui. In generale credo che per tutto giugno il blog andrà avanti un poco a singhiozzo, ma cercherò di esserci il più possibile, perché mi rendo conto che il blog è una cosa che amo.