mercoledì 30 ottobre 2013

Verso Lucca Comics


Ho visto cose che voi umani...
Questo post potrebbe iniziare così, perché è difficile davvero spiegare agli umani standard cosa sia Lucca Comics per noi nerd/fumettari/drogati di storie/giocatori di ruolo.
Lucca Comics è una sorta di unione di mondi possibili, alchimia di esistenza, unicum spaziotemporale.
Immaginate...
Una città medioevale protetta da alte mura, circondata da un enorme prato. Una folla, un'armata d'invasione di gente dagli improbabilissimi costumi. Ho visto un Hulk vestito solo di perizoma e pittura verde, a piedi nudi a cinque gradi. Tutta una famigliola, bimba e cagnetto compresi, in tema "sposa cadavere". E poi padiglioni, fumetti introvabili come pepite, disegni originali da conquistare come tesori nascosti.
Quello che davvero amo di Lucca Comics, tuttavia, è la gentilezza. Non ho mai visto nessuno insofferente per le code, inevitabili, non ho mai visto un volontario perdere la pazienza. Ho visto il prato preso d'assalto eppure senza una carta per terra. I cosplayers continuano a sorridere e a mettersi in posa al millesimo scatto. Le forze dell'ordine hanno una presenza costante e discreta, girano in Lamborghini, a cavallo e in altri vari modi creativi. A dire il vero credo che per loro sia un incubo. Ogni anno le autorità locali cercando di arginare la follia imperante provando a far notare che girare irriconoscibili o con lunghe lame o con armi quasi come quelle vere non sia il massimo della sicurezza. Hanno ragione. Dipendesse da me la sicurezza di Lucca Comics, un posto dove si fanno tornei di scherma medioevale, di spade laser, dove camminano con sicurezza i samurai, ne sarei terrorizzata. Devo dire che in anni di Lucca Comics non ho mai visto nessuno farsi male.
E quindi si parte.
Non è mai facilissima, per noi, la partenza per Lucca. L'anno scorso avevo un serio problema di ubiquità (un bel problema, dato che avrei dovuto essere a tre premiazioni letterarie quasi in contemporanea) e questo, negli anni, non è stato l'unico guaio. Il gruppo però è cresciuto e si è affiatato. Passeggiare per Lucca, sotto gli alberi dalle foglie dorate, tra orchi e elfi che ridono insieme è una magia che vale più di un disagio.
E anche il Persiano, quest'anno, vorrebbe partire con noi.
Come famiglio, col giusto costume, farebbe furore...

lunedì 28 ottobre 2013

Privilegi d'autunno


Amo l'autunno probabilmente più dell'estate.
Le giornate di sole sono più rare e preziose. Se poi, uscendo dal lavoro, si gira per caso in un vicolo e si trova questo scorcio, come non innamorarsi?

sabato 26 ottobre 2013

La Conquista in Perché Nulla Vada Perduto


Distratta dalla scuola col pontile e da qualche (dis)avventura casalinga non mi sono resa conto che giovedì prossimo è già il momento di partire per LuccaComics.
E con LuccaComics arriva, puntualissima, l'antologia Mondi Incantati, il risultato del lavoro del 2013 di trofeo RiLL e dintorni.
Eccola qui, Perché nulla vada perduto, già disponibile sul sito di RiLL

Quest'anno è davvero una super antologia. Oltre ai quattro migliori racconti del Trofeo RiLL, uno dei più longevi e seri concorsi per la letteratura fantastica, ci saranno infatti anche dei racconti stranieri, vincitori di analoghi concorsi esteri, provenienti da Finlandia, Francia, Irlanda e Inghilterra. Questo vuol dire, tra l'alto che i anche i vincitori di RiLL saranno tradotti e distribuiti all'estero, una cosa che non capita tutti i giorni, sopratutto con i racconti!

Infine troverete i racconti vincitori del concorso SFIDA, riservato a coloro che sono stati almeno una volta finalisti di RiLL. Quest'anno l'obbligo era rispettare un tema e un titolo "La Conquista".
Quindi anche il mio racconti si intitola La Conquista. Lo avevo presentato qui

Non vi resta che correre a leggere!
E un grazie agli organizzatori di RiLL, che tengono desto il mio senso del meraviglioso!

giovedì 24 ottobre 2013

Editing, la Pietra Filosofale dello scrittore.

Mentre i Gatti di Brolo continuano a farci compagnia, mi sono decisa a parlare di Editing, chimera e pietra filosofale  per molti scrittori e aspiranti tali.
In effetti a leggere quello che si trova in rete, sembrerebbe proprio che l'editing sia la Pietra Filosofale, una magia che permette di trasformare un manoscritto digeribile quanto piombo in oro editoriale appetibile per agenti, editori e lettori.

Quindi di fatto cos'è l'editing?
È la sistemazione di un manoscritto per traghettarlo dalla sua forma da cassetto alla sua nuova (si spera) forma di libro. Qualcosa di più della vecchia e assai meno romantica "correzione delle bozze". Non si limita (in teoria) a correggere errori di battitura e sviste varie, ma interviene per rendere più leggibile le frasi e, se il caso, più fruibile la trama stessa dell'opera. Ancora più in pratica, è la lettura esterna di qualcuno di competente che ti dice "Bello, però che noia il cap. 5! Non è che accorci un po' il primo paragrafo del cap. 4?" Insomma, come spesso accade, niente magia e molto buon senso applicato.

Per come la vedo, io, di editing ne esistono di tre tipi e io ne ho sperimentato solo uno.

Editing interno pre-pubblicazione
Dovrebbe essere sempre a carico esclusivo dell'editore. È una delle ultime fasi di lavoro prima di impaginare l'opera e passare alla correzione delle bozze vere e propria (in cui si starà attenti più che altro che i segni di interpunzione siano tutti al posto giusto e a altri dettagli simili).
La prima volta che mi hanno detto che un racconto sarebbe stato "editato" mi è salito il panico. Chi osava mettere il naso nel mio racconto? 
In realtà per i racconti, per quel che mi riguarda, si è sempre trattato di editing leggerissimo, risolto di solito con qualche mail con il curatore dell'antologia. Qualche soggetto da esplicitare meglio, qualche frase da spezzare e altre cose del genere. L'editing più leggero in assoluto l'ha subito il racconto pubblicato in Giallo Mondadori, a cui è stata solo modificata la prima riga (quando l'ho letto mi è venuto un colpo: mi hanno modificato fin dalla prima frase! Poi mi sono accorta che era l'unico cambiamento). Credo comunque che sia normale. Un racconto è pronto o non è pronto per la pubblicazione, senza troppe vie di mezzo.
Per LA ROCCIA NEL CUORE in realtà il discorso è stato molto simile, tolta qualche ridondanza e sistemata qualche frase qua e là. Mi è crollata l'illusione dell'editor come un demiurgo che ti rivolta la storia come un calzino. 
Forse, se un romanzo deve essere rivoltato come un calzino, non è pronto per la pubblicazione.
Per l'apocrifo sherlockiano l'editing è in corso e in effetti è un po' più sostanzioso, ma si è tratta più che altro di trovare insieme la soluzione a un capitolo che non torna e poi ci vuole il controllo di un "esperto più esperto di me" per tutti i riferimenti interni/storici/linguistici. Nessun calzino rivoltato neanche qui.

Editing esterno pre-pubblicazione
Ho sentito che può capitare che un'agenzia letteraria consigli a un autore di farsi affiancare da un editor (a pagamento) per migliorare un testo o che una casa editrice faccia pagare l'editing da farsi presso un professionista esterno.
Non ho un'opinione precisa su questo tipo di evenienza, non essendoci mai passata. 
Di base direi che è scorretto, sopratutto se a proporre l'editing è una casa editrice, che dovrebbe farsene carico. 
Però mi rendo conto che la scrittura è, almeno in parte, un'arte che va imparata. Immagino che un buon editor, che abbia chiara fama e curriculum possa insegnare molto a un autore che ha già un buon testo, ma che deve essere rifinito. Io che a suo tempo ho speso non poco per un master sulle tecniche di narrazione, non posso certo biasimare chi spende per imparare a lavorare su un testo. Continuo a ritenere che se uno scritto è valido, ci debba lavorare la casa editrice. E che se si vuole imparare sia meglio un corso più generale che un lavoro fatto su un singolo testo.
E tutto questo resta valido solo se parliamo di editor seri e di testi poi traghettati alla pubblicazione

Editing esterno indipendente da un'eventuale pubblicazione
Vedo proliferare in rete tutta una serie di agenzie di "servizi editoriali" che dicono più o meno "non siamo una casa editrice, non siamo un'agenzia letteraria, aiutiamo a migliorare i vostri testi."
Cioè, traducendo a braccio: non vi pubblichiamo, non vi aiutiamo a pubblicare, ma ci facciamo pagare per mettere le mani sui vostri scritti e di questo campiamo.
Da qui una serie di domande: se campi sui testi che la gente ti propone, puoi dire "lascia stare, datti all'ippica, non ne vale la pena"? No, se no muori di fame. Quindi presumo che queste agenzie accettino tutto o quasi e si sforzino di renderlo leggibile. A costo di riscriverlo, temo. Al costo che l'aspirante scrittore è disposto a pagare. Senza alcuna garanzia. Senza alcun futuro in vista.
Seconda domanda: e il curriculum di questi editor? Spesso sui siti è impossibile trovarlo. E i libri editati da loro e poi pubblicati? I loro studi? I loro scritti? A che titolo mettono le mani sul mio scritto (a pagamento!)? Io ad esempio so di non avere il talento dell'editor, che è diverso da quello dello scrittore. Ho visto un editor, uno vero, capire da un manoscritto anonimo che era stato scritto a due mani da un lui e una lei. Esperienza e sensibilità che io non ho. Ma ho il sospetto di essere molto più qualificata (anche solo per titoli accademici) di molti titolari di sedicenti agenzie di "servizi editoriali" 

E quindi?
Mi spiace disilludere quanti ancora ci credono, ma la Pietra Filosofale non esiste. Se il piombo si trasforma in oro, molto probabilmente nel processo sprigiona spiacevoli radiazioni. Se un testo illeggibile diventa un capolavoro, semplicemente non è più il testo che avete scritto.
Se un testo non è pronto per la pubblicazione, non è pronto e nessun editing potrà salvarlo.
Se va migliorato, molto probabilmente sarà un editore o un curatore di antologia a proporvi un'editing che può essere paragonato a delle pulizie di primavera in una casa. Non si abbattono i muri, né si comprano mobili nuovi, al massimo si spolvera e si tinteggia.


mercoledì 23 ottobre 2013

Letture - I (primi) racconti di Bus Stop Sherlockiana


Che bella iniziativa quella di Delos di rendere disponibile in formato digitale e prezzi popolari alcuni apocrifi sherlockiani nuovi e meno nuovi!
Lo confesso, è stato il mio primo acquisto di e-book, essendo dentro l'anima una paleolitica mancata e quindi poco propensa alla tecnologia. La carta è sempre la carta, ma il passaggio è stato meno traumatico del previsto.
Ma veniamo ai racconti, ho letto per ora i primi tre e attendo il quarto.

Sherlock Holmes e la sfida dell'astrologo
S. Nava
Samuele Nava è, tra i giovani autori di apocrifi, il mio preferito. 
A volte, negli apocrifi, non si trova Sherlock Holmes, ma la fotocopia di uno stereotipo. Nei suoi mai.
Inoltre non rinuncia a essere autore non scrive delle presunte copie di racconti di cent'anni fa, ma storie fresche con per protagonista Sherlock Holmes.
In questo caso il nostro detective, non proprio distaccato come vorrebbe far credere, architetta un complicato piano per dimostrare che un presunto veggente non ci vede poi così chiaro. Una girandola di colpi di scena e un finale sorprendente e non privo di ironia.
Il racconto può essere reperito anche nell'antologia Sherlock Holmes in Italia.

Sherlock Holmes e l'ultimo preraffaelita
L. Sartori
Uno stile molto piacevole e scorrevole per una storia forse fin troppo lineare per essere un'indagine di Sherlock Holmes.
Un incidente sul lavoro che tanto incidente non è, una donna scomparsa e un quadro da completare. Ne esce un racconto lungo che si legge volentieri, più, forse, per stile e resa dei personaggi che per l'indagine in sé. Particolarmente interessante il finale che dimostra come a volte quello che riesce a mantenere un maggiore distacco sia Watson.

Sherlock Holmes e il tesoro di Sir Francis Drake
L. Martinelli
Luca Martinelli è un autori molto solido che si muove nel mondo di Sherlock Holmes con maestria e mano ferma, tutte caratteristiche che tornano in questo racconto.
Ci sono delle carte scomparse e poi siamo nel 1891, cosa che da sola fa rizzare le antenne agli appassionati.
Forse altri suoi racconti mi avevano colpito di più, ma rimane comunque un bel leggere.


lunedì 21 ottobre 2013

Ritornare sui propri passi


Sono tornata a occuparmi dei protagonisti de LA ROCCIA NEL CUORE per una possibile nuova storia lunga.
Che strana cosa tornare sui propri passi letterari, dopo che in mezzo i miei viaggi mentali mi hanno portato nell'Antica Roma e nell'Inghilterra Vittoriana.
Come sempre mi viene in mente la mia autrice faro, Ursula Le Guin. Lei scrisse una prima trilogia fantasy negli anni '60-'70 che poi riprese in mano negli anni '90 pensando di scriverne la conclusione e poi ancora anni dopo anni per un quinto romanzo e una serie di racconti. Nell'introduzione all'antologia dei racconti fece un'affermazione che mi ha molto colpito. Raccontava che mentre guardava altrove, nel suo mondo fantasy le cose erano andate avanti. I personaggi erano cresciuti o invecchiati e i presupposti che aveva creato avevano causato risvolti imprevisti. In effetti la cosa straordinaria degli ultimi capitoli della saga, I Venti di Earthsea e Le leggende di Earthesea è che di fatto distruggono i presupposti su cui si erano basati i primi romanzi. Lettori e personaggi scoprono che gran parte di quello che avevano creduto erano menzogne e falsificazione.
Ai miei personaggi non è accaduto nulla di così drammatico, ma sono cambiati. Se Padre Marco l'ho tenuto d'occhio con una serie di racconti, tra cui LA BAMBINA CON LE MAI GRIGIE che trovate in  GIALLOLAGO (Eclissi editrice), i personaggi più giovani sono cresciuti non poco.
Michele, l'impacciato, timidissimo ornitologo in erba, è diventato alto e bello. Gabriele sta per mettere in discussione le basi stesse della propria identità.
La comunità stessa è cambiata. Padre Marco non è più il prete un po' caduto dal cielo, del tutto estraneo al mondo in cui vive. Ha stretto legami, la sua presenza ha causato reazioni contrastanti.
Insomma, sono tornata sui miei passi, ma ho scoperto che il mio mondo mentale era cambiato in mia assenza e mentre cerco i vecchi sentieri trovo invece strade nuove che non so dove possano portare.

Intanto anche i racconti pubblicati quest'anno viaggiano da soli. 
In attesa di potervi rivelare la bellissima copertina dell'antologia che conterrà LA CONQUISTA, qualcun altro parla (anche) di noi.
Fabio Lotti è sempre interessantissimo nelle sue Scorribande giallistiche e molto attento sia ai romanzi che ai racconti. E così, con una certa sorpresa ho scoperto che il suo articolo sul blog di Giallo Mondadori termina proprio con qualche riga dedicata al mio racconto AVVENTURA A PARIGI, il mio apocrifo Sherlokiano (a cui sono particolarmente affezionata) di cui avevo parlato qui

La foto, invece, viene dal paese di Brolo, un abitato tutto decorato a tema felino!

sabato 19 ottobre 2013

Riflessi(oni) d'Autunno

Che bello l'autunno, quando il sole si affaccia tra le nubi!
Le viti canadesi si dipingono di quel bordeaux che gli stilisti invano cercano da sempre di copiare. Gli aceti sfoggiano infinite tonalità di giallo e di rosso e i faggi si spogliano rivelando l'eleganza dei loro lisci rami grigi. E tutto si riflette sul lago che assume nella sera una tonalità dorata che nessun filtro mai potrebbe riprodurre.
L'autunno invoglia a passeggiare, tra funghi e castagne e a pensare.
Invoglia a dormire e a sognare.
Ho fatto sogni davvero strani, da uno è nato un racconto. In un altro ero prigioniera dentro una floricultura con una tubatura di fognatura animata che mi assediava (chissà cos'avevo mangiato...)
È tempo di leggere, di scrivere, di progettare.
Il Thriller storico ha cambiato nome, rispetto a quello con cui si è presentato al Tedeschi (di cui sto leggendo il meritato vincitore) e sta navigando verso un qualche lido accogliente.
Come gli uccelli, però, in questo autunno è tornato per me il tempo di migrare, tornare a alla mia terra, al mio lago e alle montagne, che saranno al centro del prossimo progetto.
Ieri sera mi sono addormentata sulla scaletta, che però è stata conclusa, domani si inizia con la stesura.
E poi... Suonano alla porta. È arrivata l'amica che aspettavamo per cena. Meglio andare.
L'autunno è anche tempo di cene e di amicizie.

mercoledì 16 ottobre 2013

Visioni - Re della terra selvaggia


Recensione in ritardo, sia sull'uscita del film sia sulla visione, ma tra consigli di classe e collegi docenti si fa quello che si può...

In un futuro non troppo distante le calotte glaciali si stanno sciogliendo e le città sono protette dalle acque da altissime dighe. Oltre le dighe, nelle terre selvagge che, forse, presto saranno sommerse, un gruppo di irriducibili vive come moderni palafitticoli in un ritrovato contatto con la natura.
Tra loro c'è una bambina senza madre, con un padre affetto da una misteriosa malattia, che guarda il mondo con lo sguardo fiabesco e epico dei bambini. Attraverso i suoi occhi la sopravvivenza della comunità diventa epica e fiabesca, in un contesto dove lo squallore può sconfinare in ogni momento nel meraviglioso.
Il problema di Re della Terra Selvaggia è che ci vuole far piangere e usa ogni possibile arma per raggiungere l'obiettivo (a cui, sul finale, è difficile sottrarsi). Per raggiungere lo scopo cade in qualche semplificazione eccessiva e lo sguardo della pellicola è troppo indulgente verso una comunità di estremisti che, davvero, non può essere tutta feste, pesca di gamberi e solidarietà.
Quello che funziona e non può non colpire al cuore è lo sguardo della protagonista, dignitoso e, a modo suo, consapevole, con un rapporto con la natura genuino e non troppo buonista. Altrettanto riuscita è la costruzione di un mondo altro, squallido e bellissimo insieme, con una natura che, oltre le grandi dighe, si riappropria dei suoi spazi con arrogante magnificenza.
Un film che vale la pena di recuperare, senza tuttavia aspettarsi il capolavoro assoluto di cui si è parlato alla sua uscita.
7 e mezzo.

lunedì 14 ottobre 2013

Uno sguardo da un'altra prospettiva - Il Premio Letterario Linguaggi Neokulturali


Fino a ora ho parlato dei concorsi letterari dall'ottica del partecipante. 
Eppure, mentre un mio romanzo veniva giudicato al Premio Tedeschi, ero anche dall'altra parte della barricata in un super concorso per romanzi inediti di autori esordienti, il Premio Letterario Linguaggi Neokulturali, di cui qui trovate i risultati finali.
Come il solito alla rinfusa, senza pretese di verità assolute, volevo condividere qualche riflessione in proposito.

Da partecipante non ci si rende conto di quanto immane sia la mole di lavoro che un concorso letterario comporta. Ritengo che la redazione di Kultural abbia avuto qualcosa di eroico per essere riuscita a organizzare e a portare a compimento un lavoro simile. 
Leggete qui l'infinito elenco dei partecipanti. Sono arrivati più di 2000 romanzi, di cui molti non ammissibili al concorso per i più svariati motivi: plagi, opere non inedite, opere di generi non ammessi, opere di non esordienti. E quindi davvero, la mia prima considerazione è una preghiera:
Leggete sempre con attenzione il bando di partecipazione. 
Ogni opera ha diritto alla massima attenzione possibile e ogni testo che non dovrebbe essere lì ha in qualche modo sottratto energia e tempo all'organizzazione. Io stessa in passato ho partecipato con leggerezza ad alcuni concorsi e ora mi rendo conto che si è trattato di una mancanza di rispetto proprio nei confronti di quelle persone da cui speravo di ottenere correttezza e attenzione. 

Come ho già avuto modo di dire fino alla nausea, un concorso letterario è una gara, deve per sua natura incoronare un solo vincitore. Nessuno dei partecipante deve prendere il non essere andati avanti nelle selezioni come un giudizio inappellabile sulle proprie capacità di scrittura.
Il primo passaggio è stato passare da 2000 testi a 50. Ecco, io credo che ciascuno dei cinquanta debba essere applaudito. Ciascuno di essi è stato letto da decine di lettori che hanno dato una valutazione, la media di tali valutazioni ha determinato la rosa dei finalisti (con tanto di ex equo, riconteggi, testi ritirati e poi riammessi, giusto per facilitare la vita agli organizzatori, che se no si annoiavano). In ogni gara c'è una percentuale di fortuna, per cui davvero vorrei ricordare a ciascuno degli autori di questi 50 romanzi che sulla linea di partenza eravate 2000. Vi siete fatti notare, il vostro testo valeva. 
So per certo che alcune esclusioni hanno spezzato il cuore agli organizzatori stessi, che si sono dovuti attenere alle regole che erano state stabilite. In un concorso letterario si soffre anche dall'altra parte della barricata.

E infine siamo arrivati ai finalisti, i cui testi arrivati a me.
Di loro non sapevo nulla, non sapevo il nome degli autori, neppure se un'opera era scritta o meno a quattro mani (una delle cose che più mi ha stupito è stato proprio scoprire che due opere erano state scritte da una coppia di autori).
L'unica cosa che posso dire agli autori finalisti è
GRAZIE
Grazie per le vostre storie, per averci creduto, averle raccontate così bene, aver trasmesso così tanto.

La difficoltà maggiore, dal mio punto di vista, è stato il fatto che in finale siano arrivate opere valide e diversissime.
OSI è un thriller con un ritmo da film d'azione americano e un antieroe ruvido (e per questo inevitabilmente simpatico). Difficilissimo confrontarlo con le atmosfere rarefatte di MARIPOSA, romanzo soffuso, che regala passaggi di rara eleganza. 
Alla fine ho dovuto votare (e i miei voti sono riusciti a perdersi nella rete e sono stati recuperati solo all'ultimo, sempre per la serie: gli organizzatori se no si annoiavano) con una serie di dubbi e ansie che io stessa non mi attendevo di provare. 
Perché una cosa è certa. Sono tutti dei gran bei romanzi. Ciascuno a suo modo, tutti si sono fatti amare. A distanza di un certo tempo dalla lettura, mi rendo conto che sono diventati parte di me. Non entrerò più in una seconda casa senza pensare a MARIPOSA. RICONCILIAZIONE mi ha fatto riconsiderare un momento storico. VOYAGE IN ITALIE per assurdo mi ha fatto venire nostalgia della Francia e così via tutti gli altri.
Infine, una volta votato ho scoperto la tifosa che è in me. Non volevo scegliere, ma ho dovuto farlo e una volta fatto ho "adottato" delle opere più delle altre. Tutto è avvenuto via mail, non sapevo quali erano i voti degli altri e ho aspettato i risultati con la stessa ansia con cui ho atteso quelli del Tedeschi.

Un'ultimissima considerazione. Un romanzo in particolare mi ha fatto riflettere. Se mai ci fosse stato bisogno di ribadirlo, ho capito con rinnovata chiarezza che un romanzo si svela solo alla lettura. DI ALTRE METAMORFOSI ha un titolo che, d'istinto, mi preoccupava. Poi ho letto la sinossi che era allegata al testo e mi sono preoccupata ancor di più. Ho iniziato a leggerlo con una certa diffidenza... E poi di colpo erano passate tre ore e ne ero completamente ipnotizzata. Titolo e sinossi a volte non vogliono dire proprio niente (anche se sia il titolo che la sinossi erano onestissimi nel presentare il testo).

Che cosa mi rimane da dire?

Ecco l'elenco dei finalisti: 
Di Altre Metamorfosi di Stefano Valente
Mariposa Lucia Rossetti e Manuel Turolla
Voyage En Italie  di Adele Zarrilli
Riconciliazione di Coralba Capuani
Sotto La Linea Del Sogno di Blue Bettini
OSI di Ilaria Tuti e Paolo Gurisatti

Al di là del risultato finale, grazie a tutti voi.
Grazie a Stefano, Lucia, Manuel, Adele, Coralba, Blue, Ilaria e Paolo.
Spero di trovarvi tutti presto in libreria.

venerdì 11 ottobre 2013

Prossimi appuntamenti


SABATO 13 OTTOBRE - ORE 18.00
Libreria Eufemia Sesto Calende
Presentazione dell'antologia GIALLO LAGO

SABATO 19 OTTOBRE - ORE 16.00
Sala Consiliare del comune di Gozzano
Presentazione del romanzo LA ROCCIA NEL CUORE

giovedì 10 ottobre 2013

Creatività e precisione


Mentre cadono le foglie e i fulmini (la luce è già saltata cinque volte), una serie di eventi del tutto indipendenti tra loro (polemiche tra aspiranti scrittori, verifiche di storia, l'indagine che vede i giovani i italiani tra i meno istruiti dei paesi sviluppati) e un po' di malumore spiccio dovuto alla pioggia e al freddo mi portano a una serie di riflessioni autunnali.

Ma sì prof, si capiva... Tanto è uguale!
Bisogna giudicare l'opera di un esordiente per quel che vuol dire, non si può cavillare sulla forma!
Le regole uccidono la creatività.

Sono diverse forme di uno stesso male (italico?): il pressapochismo.
Viene spiegato col primato della creatività sulla forma, del contenuto sul contenitore, ma, scusate il malumore, sono emerite cretinate.
La creatività ha bisogno di precisione, ne ha bisogno, se con la creatività di vuole ottenere qualcosa.
Ricordate la famosa citazione:
Bisogna avere il caos dentro di se per generare una stella danzante
Creatività significa dare forma al caos.
Il caos della mente creativa deve assumere una forma intelligibile per poter entrare in comunicazione con l'altro e questo richiede molta precisione e poco pressapochismo.
La creatività tipicamente italiana ci ha dato la possibilità, nel tempo, di dare forma a stelle bellissime, ma solo quando il creativo abbandona il pressapochismo.
Questo non ha nulla a che vedere con vita personale o abitudine. Baudelaire era l'emblema del "genio e sregolatezza" però ordinava i propri pensieri in versi regolarissimi.
Anche i creativi che disprezzano le forme preesistenti hanno sempre creato le loro opere con estrema precisione di pensiero e conoscendo alla perfezione regole e tecniche che andavano a infrangere. Nessun compositore dodecafonico ignorava la composizione classica.

E sapete qual è, secondo me, la cosa peggiore del pressapochismo? 
Distrugge la grandezza dell'animo.
L'alunno che dice "ma sì, prof, tanto è uguale, più o meno", l'esordiente che azzanna il recensore che fa notare la grammatica traballante delle sue frasi hanno probabilmente tutte le carte in regola per percorrere la strada della grandezza, ma decidono di non farlo. 
Si fermano al "benino", si arrabbiano con chi fa notare l'errore, perché sono stati nutriti dall'idea che  "quasi" sia uguale a "tutto" e rischiano di non raggiungere mai l'eccellenza. Cosa che non danneggia solo loro, ma la società intera, alla quale vengono proposti solo risultati mediocri.

Infine, non c'è forse parola più pericolosa, oggi, di "talento". 
Non importa di quale campo si parli, il talento non basta.
Lo studente brillante, che capisce al volo, ma poi non studia, apprenderà meno di chi, consapevole magari dei propri limiti, passa il pomeriggio sui libri. Del resto neppure Bolt senza allenamento vince i 100 metri. Purtroppo mi rendo conto che tra un talento pressapochista e un mediocre preciso, io sceglierei sempre il mediocre preciso non importa per quale compito. 
Però vorrei tanti talenti precisi, che sappiano organizzare il loro caos in magnifiche stelle.

PS: avete visto il nobel alla letteratura? Evviva i racconti!

mercoledì 9 ottobre 2013

I segreti della scuola col pontile

Ho in verità solo poche ore nella Scuola col Pontile.
Oggi, per caso, sono arrivata un attimo prima, mentre l'intervallo era in corso. Entro nel cortile e vedo uno strano via vai verso un angolo del suddetto cortile e un dolce odore zuccherino nell'aria. I ragazzi partono a mani nude e tornano soddisfatti con dei fagottini. Ora, non è insolito che all'intervallo nelle scuole vengano venduti panini o pizzette. Eppure le cose che i ragazzi avevano in mano sembravano in tutto e per tutto brioches appena sfornate.
Proseguo e incontro una collega. Lei ha finito, io sono in anticipo, viene spontaneo decidere di prendere un caffè. Formiamo presto una delegazione. Vedo le più esperte dirigersi con decisioni verso lo stesso punto in cui i ragazzi evocavano le brioches. In effetti mi rendo conto che il cortile della scuola si incastra perfettamente col retro di un bar pasticceria. C'è una grata, una sorta di passaggio segreto, che conduce direttamente dietro il bancone del bar. Per i ragazzi è invalicabile, ma è comunque un ovvio accesso privilegiato al prodotto di pasticceria. Per i prof è un modo per teletrasportarsi istantaneamente dal luogo di lavoro a un bar tutto profumato di cacao e caffè che sembra ignorare il significato della parola stress.
Miracoli e segreti della Scuola col Pontile.

lunedì 7 ottobre 2013

Racconto in uscita - La conquista in RiLL SFIDA


Ogni opportunità che mi è stata e mi viene data di far vedere la luce ai miei scritti è unica nel mio cuore e a tutte sono ugualmente grata e affezionata.
È un fatto, però, che la mia prima pubblicazione su un'antologia che avesse una diffusione nazionale è stata grazie al trofeo Rill. Si tratta del concorso letterario per racconti fantastici cresciuto in collaborazione con Lucca Comics e per me, che nasco come autrice di fantastico, è stato per anni un sogno irraggiungibile. Quindi Rill è nel mio cuore da un po' più di tempo di qualsiasi altra manifestazione culturale, perché sin da subito, sin dai miei primi aborti di scrittura, l'ho sentito mio e ho desiderato farne parte. Poi, quando ho avuto l'opportunità di toccarlo con mano, ho scoperto un'organizzazione solidissima, una trasparenza esemplare e tantissima simpatia.

Ogni anno l'Associazione Rill bandisce due concorsi letterari, uno per racconti fantastici a tema libero aperto a tutti e uno tematico riservato ai finalisti delle scorse edizioni, SFIDA.

Ogni anno, quindi, uno zoccolo duro di affezionati Rillini si cimenta con dei vincoli scelti dall'organizzazione, che quest'anno erano un tema che doveva essere anche il titolo del racconto: LA CONQUISTA. I risultati li trovate qui.

È quindi con gioia e onore che posso dire che per il terzo anno consecutivo nell'antologia MONDI INCANTATI che sarà presentata a LUCCA COMICS 2013 ci sarà un mio racconto, il cui titolo è, ovviamente, LA CONQUISTA

LA CONQUISTA
È un racconto rarefatto, questo, che è stato per me una sfida stilistica e tecnica.
Vi sono luoghi antichi, per i quali l'umanità è solo una variante di scarsa importanza, dove il tempo scorre secondo ritmi differenti e una manciata di millenni è un frammento trascurabile nel tutto.
Due persone, in due tempi diversi, cadono in un crepaccio, eppure finisco per condividerne l'esperienza.
Intrappolati, senza potersi toccare, senza alcuna speranza di salvezza, possono solo condividere la visione di una vetta lontana e irraggiungibile.

Ho cercato di scrivere questo racconto senza avere un punto di vista prevalente, passando rapidamente dall'uno all'altro personaggio, senza cercare di circoscrivere il reale e l'immaginario (da cui tutta una discussione metagrammaticale col curatore dell'antologia sull'uso dei condizionali e dei periodi ipotetici), lasciando libero il lettore di cercare la propria conclusione e la propria verità.
Se avessi dovuto scegliere io un titolo per questo racconto, l'avrei chiamato Anche se ti uccide

Ve ne regalo un frammento in anteprima.

 – Forse siamo già morti, nello stesso luogo ed è per questo che i nostri spiriti si parlano.
 – E rimarremo qui per sempre, tremando, senza poterci toccare?
 – Forse siamo già qui da sempre.
 – T’Aurek, dovresti fare filosofia o fisica quantistica.
 – Cosa sono?
 – Discipline che la tua gente non ha ancora scoperto.

domenica 6 ottobre 2013

A volte con la scrittura di mangia (bene)


In un ottobre che, senza capire bene come, in ogni giorno si è infilato un impegno e spesso più d'uno, ci siamo accorti che venerdì sera saremmo stati miracolosamente liberi.
E quindi, con tutta la timidezza del caso, ho preso il telefono per vedere se fosse possibile fare la cena vinta col concorso GialloStresa2013.

Così, per una sera, io e Nik siamo stati trasformati nei principi delle favole, attesi sul molo da un battello (che non rischiavamo di veder trasformato in zucca, ma che giustamente aveva anche lui orari da rispettare) e condotti fino all'isola Pescatori, proprio al fianco delle luci del palazzo borromeo dell'Isola Bella. 
Coccolati al ristorante, dove si sono informati del racconto, del concorso e dell'antologia, su un tavolo d'angolo proprio sulla vetrata, rimpinzati di ottimo cibo. E tra un persico alle mandorle e una torta al limone per la quale si potrebbe uccidere è arrivato da solo anche un ottimo spunto narrativo.

Furtivo, a metà della serata, un gatto dal collare rosso si infila nella sala. Tutti i gattofili presenti iniziano a richiamarsi, mentre lui, con la ruffianeria della sua anima siamese, prende a far le fusa a tutti quelli che mangiano pesce. Immediatamente accorrono i responsabili in un'improvvisata caccia al felino.
Ci viene così spiegato che il gatto, che ha a quanto pare fratelli ancora più intraprendenti, è sì del ristorante, ma di quello vicino, e ogni sera cerca di infilarsi nella sala della concorrenza. 
E nella mente di una scrittrice ecco già formata la storia di due ristoratori concorrenti che si fanno la guerra con gatti addestrati per danneggiare il vicino!

Non capita spesso e non bisogna faci l'abitudine, ma a volte, in fin dei conti, con la scrittura si può mangiare.
E quindi un grazie di cuore all'organizzazione di GialloStresa2013 e a tutti coloro che hanno offerto i bellissimi premi agli scrittori!

Quanto all'antologia, proprio ieri sera (anche se io ero rapita in altro) è partito il tour delle presentazioni, da Varese, mentre sabato prossimo sarò anch'io a Sesto Calende.

giovedì 3 ottobre 2013

Letture - Le ultime gocce di vino


Mary Renault

Se non avessi letto quest'estate Il mondo di Atene del sempre ottimo Luciano Canfora non mi sarei ricordata che questo libro era stato citato, moltissimo tempo fa, dal mio docente di Storia Greca e mi sarei fatta fuorviare dalla quarta di copertina (su cui tornerò) e mi sarei persa un grande romanzo.

Non so se Le ultime gocce di vino sia davvero il miglior romanzo sull'antica Grecia che sia mai stato scritto, di certo è il migliore che io abbia mai letto.

Alexias nasce a ad Atene durante la grande peste, quando muore Pericle, all'inizio della Guerra del Pelloponneso e la sua sua voce narrante la ripercorre tutta, in un potente affresco che è sopratutto la storia di una dolorossima crescita personale tra perdita di innocenze e disgregazione dei valori morali di un'epoca. 
Adolescente, Alexias guarda la grande flotta ateniese in partenza per la Sicilia in mezzo alla folla esaltata dei suoi concittadini e arriverà a vedere la vittoria spartana e il governo dei trenta.
L'autrice ha la rara capacità che è dono peculiare del vero scrittore di romanzi storici, di immergerci completamente in un'epoca che non è la nostra, al punto dal farci apparire assolutamente plausibili, perché lo sono agli occhi del protagonista, scene e particolari di vita che stridono col nostro senso comune, come il trattamento riservato agli schiavi che pure sono prigionieri di guerra nati liberi, il fatto che fosse normale per un padre decidere di lasciar morire un figlio neonato per tutta una serie di motivi  o una scena ai nostri occhi quasi comica in cui un uomo ha appena dichiarato il proprio amore a un giovane e con naturalezza gli comunica che ha anche un'amante fissa (però la possono sempre condividere, eh!)
Molte cose mi hanno colpito del romanzo, che ho letto d'un fiato e adesso sto centellinando in seconda lettura, in primis, ovviamente l'aspetto storico. Impossibile non associarlo al saggio di Canfora. Il romanzo è stato scritto nel 1956, il saggio sessant'anni dopo, eppure guardano la stessa Atene con perfetta coincidenza di sguardi. Il fatto che Pericle fosse apprezzato principalmente dagli aristocratici (di cui per altro faceva parte), l'enorme impatto emotivo e psicologico che la strage di Melo dovette avere per gli ateniesi stessi, l'assoluta impossibilità per un moderno di dare un giudizio storico su Alcibiade e i veri motivi per cui Socrate fu accusato si ritrovano infatti quasi identici in entrambi i libri.
La capacità propria di un romanzo storico, tuttavia, è il farci sentire il profumo di un'epoca e Le ultime gocce di vino lo fa in modo sublime. Si sentono i sassi delle strade di Atene, quando Alexias vi corre e l'odore del vento che soffia dal Pireo.
E se l'autrice forse è un po' troppo indulgente nei confronti del suo protagonista, un po' troppo "bello e buono" eccellente in tutto, dall'aspetto alla corsa fino alla guerra, non lo è per niente nei confronti di un'epoca che certamente amava, ma che è stata tra le più lucidamente spietate e crudeli della storia.
Particolarmente struggente mi è sembrato il finale, che qualcuno in rete ha definito "tronco" ed è solo in apparenza agrodolce. In realtà (è spoiler se rivelo eventi di 1500 anni fa?) è amarissimo il sorriso finale di Alexias che guarda i giovani intorno a Socrate. Lui non narra cosa accadrà a breve al filosofo, ma l'io narrante che scrive ne è ben consapevole e così lo è il lettore e l'ultima frase rivolta a un personaggio morto, considerata con la consapevolezza del dopo, diventa di una tristezza quasi insostenibile.

Un libro da leggere, quindi, quasi imperdibile per chi ami la cultura classica in una versione non edulcorata.

Piccola nota personale. La quarta di copertina. Sarebbe davvero felice l'autrice, morta ormai da trent'anni, con tutta la pena che si è data per scrivere un romanzo a tutto tondo sull'Atene del tardo V secolo a essere promossa come quella per cui "la passione per la Grecia diventa la chiave per trattare temi universali come quello tabù dell'omossessualità"? Io non ne sono così sicura per il semplice fatto che non c'è nulla di tabù nel romanzo. Non certo per il lettore, neppure quello del 1956, considerato che  Memorie di Adriano è del 1951 e ha passaggi molto più espliciti (e se un lettore non sa che all'epoca in ambiente aristocratico avere un certo tipo di legami era la prassi non è certo colpa dell'autrice). E ancor di più non c'è nulla di tabù per i protagonisti che da questo punto di vista sono estremamente conformi a ciò che ci si spetta da loro. 
L'autrice è molto brava a fare esattamente il contrario di quanto la frase faccia presupporre. Non usa l'ambientazione per trattare un tema, ma contestualizza il tema, che certamente le sta a cuore, all'interno dell'ambientazione senza idealizzarla, anzi muovendosi bene nelle molte regole non dette che all'epoca normavano i rapporti affettivi.
O forse, spero di no, l'Italia è ancora un paese in cui un romanzo (del 1956!) in cui due giovani (aristocratici ateniesi!) si danno un bacio (in 365 pagine!) va segnalato o pubblicizzato come "tabù".

PS: no, non mi sta venendo voglia di scrivere qualcosa sul processo ad Aspasia... Non ho intenzione di impegolarmi di nuovo in una narrazione storica... Però, che grande personaggio femminile che nessuno ha ancora raccontato degnamente...

martedì 1 ottobre 2013

Perché scrivere un romanzo (e perché no)


Visti i commenti, sia qui che su fb, eccomi dunque alle prese con il post sul romanzo, sempre senza pretese di verità rivelate, solo ragionamenti scrittevoli strettamente personali e messi giù senza ordine.

UNA SFIDA PERSONALE E UN VIAGGIO INTERIORE
Perché sì
Scrivere un romanzo è una delle esperienze introspettive più profonde che possiate fare. Non importa se la vostra storia non parla di voi, non importa neppure se parla di voi. Dovrete trovare in voi stessi in ciascuno dei personaggi (compresi quelli più oscuri), dovrete vedere il loro mondo con i loro occhi.
Dovrete darvi un metodo e un ritmo perché è un lavoro lungo e snervante e portarlo in fondo richiede impegno e dedizione, ma offre anche soddisfazione
Perché no
Portare a termine una maratona (giusto per rimanere in un ambito che conosco) dà molta soddisfazione, ma non ci garantisce un posto in nazionale. Non basta essere arrivati in fondo ai 42 km per avere un biglietto per le olimpiadi in mano.
Eppure qualcuno è convinto che per il solo fatto di aver portato a termine un romanzo questo debba essere pubblicata, senza rendersi conto di essere magari come quelli che finiscono una maratona in otto ore (impresa lodevole, ma non, appunto, da nazionale). Se volete scrivere per pubblicare, se è quello ciò che vi muove, il vedere il vostro nome in copertina, non fatelo. Chi corre una maratona deve amare in primo luogo la fatica in quanto tale, non gli applausi

HO UNA STORIA DA RACCONTARE
Perché sì
Io scrivo quando sono ossessionata da una storia. Posso liberarmene solo mettendola su carta. Ho bisogno di vivere insieme ai miei personaggi.
Allora mi pongo una domanda: qual è il respiro di quella storia?
Ogni storia ha uno stile che la può rendere al meglio e quindi un respiro diverso. Vi faccio un esempio: una settimana in un'isola tropicale è fantastica, un mese sarebbe un incubo. Per attraversare gli USA un mese può essere il tempo giusto. La vostra storia bellissima può essere un atollo o una transiberiana. Io ho appena finito un racconto che nelle sue 12000 battute sta comodo. In 20000 sarebbe una sbrodolata, in un romanzo, illeggibile. È un atollo ed è bello (spero) così, senza neppure una battuta in più.
Se la vostra storia è una transiberiana e non potete vivere senza metterla su carta, allora il suo respiro è quello del romanzo.
Perché no
Quanto è interessante la mia storia? Io la leggerei? Conosco persone che la leggerebbero? Se la risposta è no, lasciate stare.
Se la vostra storia parla di voi, allarme rosso. O avete avuto una vita davvero straordinaria o scrivete da dio, o è meglio desistere. In sostanza, o siete Hemingway o lasciate stare. 

MI SONO INNAMORATO DI UN PERSONAGGIO
Perché sì
Mi intriga, non lo conosco e lo voglio esplorare meglio, sento che ha una storia affascinante. È sfaccettato, non tutti i suoi aspetti mi piacciano, ma lo voglio esplorare. Ecco, questo è un buon punto di partenza per iniziare a pensare una storia, che potrà essere atollo o transiberiana, ma è una storia che vale almeno la pena di essere pensata
Perché no
È la persona che vorrei essere
È l'uomo/donna di cui mi innamorerei
È l'uomo/donna che vorrei al mio fianco
È come me, ma con i superpoteri
È perfetto.
No. 

MI SENTO PRONTO PER FARLO
Perché sì
Leggere è per me più importante che respirare. Scrivo da tempo. Ho fatto approfonditi esperimenti di scrittura. Ho una buona conoscenza delle tecniche di narrazione (poi magari non le rispetto, magari le odio, ma almeno le conosco). Allora, perché no?
Tutto ciò non è sconsigliato. È indispensabile. Oppure, se non siete d'accordo, provate prima a correre una maratona senza allenamento...
Perché no
Se non leggo e non scrivo abitualmente per quale autolesionistico motivo dovrei voler scrivere un romanzo? Meglio correre la famosa maratona senza allenamento. Soffrirete di più in meno tempo, raggiungendo il vostro scopo.

HO UNA STORIA ORIGINALE
Perché sì
Ho una vasta conoscenza della letteratura o almeno del genere a cui voglio dedicarmi e ritengo di aver qualcosa di innovativo da dire in merito. Un contributo, anche piccolo, che posso dare solo io.
Perché no
Se non ho una vasta conoscenza della letteratura o del mio genere, come faccio a sapere che la mia è innovativa?
Obiezione: ci sono un sacco di cloni di romanzi di successo.
Sì, ma quella non è letteratura, è prostituzione letteraria. 

HO IL DIRITTO A SCRIVERE QUELLO CHE VOGLIO E, SE IL CASO, A METTERLO SUL MERCATO COME EBOOK AUTOPRODOTTO 
NO 
Tutti hanno il diritto di scrivere, ma il lettore ha il diritto a leggere testi ben scritto o quanto meno corretti.
Se hai paura del giudizio e del rifiuto, per favore, non scrivere. Sarebbe come correre una maratona e pretendere di non essere superati anche se non si è allenato.
Autoproduciti solo se per te l'indipendenza è indispensabile e se hai la certezza di avere un prodotto curato. Fallo per i lettori, ti prego.

TANTO È UNA STORIA DI FANTASIA
NO
Non importa quando e dove la tua storia è ambientata. Se non pensi di voler passare giornate intere a documentarti non iniziare neppure. La coerenza interna è tutto.
Tolkien ha inventato la grammatica dell'elfico prima della trama del Signore degli Anelli. Non era pazzo, faceva solo i compiti a casa.

SENTO IL BISOGNO DI ESPRIMERMI
Ni
Perché proprio il romanzo? Perché non il flicorno, il canto tradizionale corso, la pittura olistica, la scultura di statue di ghiaccio?
Solo perché per fare un romanzo bastano fogli, penna e computer? NO

Qualche ultima notazione. Io corro, ma non ho mai fatto e credo mai farò una maratona. Correre la maratona è più figo, ci si può pavoneggiare con parenti e conoscenti infinitamente di più che per la vittoria in una 5 km. Per cui spesso rispondo alla domanda: perché non preparo una maratona? Perché non ho il tempo per allenamenti di due ore e più, perché ho un ginocchio che sta insieme per miracolo e vorrei tenermelo e perché ritengo di essere più portata per distanze minori. Nonostante il fatto che molta gente cerchi di farmi capire che atleticamente mi manca qualcosa, vivo felice lo stesso. Senza infortuni.

Aver scritto un romanzo non vuol dire che sia degno di essere letto. Non significa che verrà pubblicato. Quasi certamente non ci darà fama e gloria né tantomeno denaro. 

Scrivete un romanzo solo se siete consapevoli che ci lavorerete anni e che nessuno vi assicura il premio finale. Fatelo per il percorso, non per gli applausi