lunedì 30 dicembre 2019

Letture e scritture del 2019


Per augurarvi buon 2020 ho scelto una fenice giapponese, fotografata alla mostra Il Giappone e l'Italia attualmente al Mudec di Milano.
«Un uccello mitologico, che non muore mai, la fenice vola lontano, avanti a noi, osservando con occhi acuti il paesaggio circostante e lo spazio distante. Rappresenta la nostra capacità visiva, di raccogliere informazioni sensorie sull'ambiente che ci circonda e sugli eventi che si dipanano al suo interno. La fenice, con la sua bellezza assoluta, crea un'incredibile esaltazione unita al sogno dell'immortalità».
The Feng Shui Handbook, feng shui Master Lam Kam Chuen

Che scegliate questa affascinante interpretazione orientale, o quella occidentale dell'animale in gradi di rinascere dalle proprie ceneri, mi sembra che la fenice possa essere un buon compagno di viaggio per l'anno nuovo. Personalmente mi piace l'idea di una creatura immortale che vola lontano, alta sulle nostre miserie, capace di vedere il disegno e la bellezza che a noi sfuggano. Spero che il 2020 mi regali questa capacità di vedere oltre, più in grande e più lontano.

Questo è, invece, il tempo dei bilanci. 
Non ne farò di personali. È una cosa che mi intristisce e mi fa sentire vecchia. Inoltre da buona storica so che i bilancia si possono fare solo a distanza. Ciò che semini oggi potrebbe fiorire tra dieci anni, così la sciocchezza dell'oggi potrebbe avere conseguenze più avanti.
Meglio parlare di libri, territorio più sicuro, dove è più facile e più agile distribuire giudizi.
Ho letto poco nel 2019, ma non pochissimo. Non tengo conto delle pagine lette, inoltre leggo in modo disordinato, rileggo, mescolo romanzi, saggi, fumetti e articoli. Dovrei essere sulla trentina di libri completi, un buon numero di spizzicati o passati in lettura veloce, oltre a tutti gli albi a fumetti e gli articoli vari. Tutto sommato considerato che leggo veramente nei ritagli di tempo, mentre cucino, in pausa pranzo, mentre mia figlia fa ginnastica, in auto davanti all'asilo se arrivo in anticipo. Quello che ho imparato in questo 2019 è che se un libro vuole farsi leggere si legge. Ne ho appena finito uno piacevole, non memorabile, Racconti di pioggia e di luna, una sorta di raccolta di racconti di fantasmi giapponese, a cui non credo di aver dedicato neppure 10 minuti di lettura "tradizionale", seduta sul divano. Stava comodo in borsa, saltava fuori al momento giusto e oggi mi sono trovata un po' a sorpresa all'ultima pagina. Evidentemente voleva essere letto.
Eccoci quindi alla consueta classifica dei libri che più mi hanno colpito nel 2019

IL PODIO DELLE LETTURE 2019

3° CLASSIFICATO – LA TRILOGIA DELLA LUNA di IAN McDONALD
Tre romanzi che certo non si possono definire alta letteratura, ma che ho divorato, con il piacere di scoprire cosa sarebbe accaduto nella pagina successiva. Tre libri che mi hanno regalato qualche svolta di trama non scontata, un paio di spunti di riflessione e almeno un personaggio (Adriana Corta) assolutamente memorabile.
Di questi tempi non è poco.




2° CLASSIFICATO – PRIMA DI DRACULA di TOMMASO BRACCINI
Un saggio che si legge come un romanzo, che ha cambiato per sempre il mio modo di vedere i vampiri. Prima poveri non morti che anelavano solo a un po' di (non) vita massacrati da villici impauriti e poi un pasticcio teologico senza pari che ha di fatto generato il più persistente e fortunato mito dell'età moderna. Una lettura consigliatissima a chiunque voglia indagare cosa si può nascondere dietro una leggenda.





1° CLASSIFICATO – IL BUIO OLTRE LA SIEPE  di HARPER LEE
Questo è il classico che avrei dovuto leggere da una vita e che invece ancora non avevo letto. Un enorme grazie qui va al Gruppo di Lettura Piovono Libri senza il quale ignorerei un sacco di capolavori. Ho davvero poco tempo per andare alle riunioni e non frequento gli altri membri del gruppo come vorrei, ma ho davvero un enorme debito di gratitudine verso di loro per tutte le letture che in questi anni mi hanno fatto scoprire. Questa, lo ammetto, è stata un po' la scoperta dell'acqua calda, perché tutti dicevano che il libro era bellissimo e davvero bastava prenderlo in mano per rendersene conto. Il libro è bellissimo e chiunque non l'abbia ancora letto lo faccia!

SCRITTURE DEL 2019
Due giorni fa ho finito la prima stesura del "non più YA". Devo ancora dare la prima rilettura all'ultima parte e poi in qualche modo iniziare la revisione. Non so davvero cosa ne uscirà. Ci sono delle criticità strutturali che mi preoccupano e devo proprio vedere che effetto fa letto tutto d'un fiato.
Però è il primo progetto scrittoreo di largo respiro iniziato e terminato dall'arrivo di mia figlia. Già questo renderebbe l'essere arrivata in fondo un discreto successo. Aggiungiamoci che mi sono di molto allontanata dalle mie "zone di comfort", ho sperimentato, ho sofferto e ho studiato parecchio per questo romanzo. Ho pianto e sudato. Quindi l'essere arrivata in fondo è un successo che comunque nessuno mai mi potrà togliere. Poi quel che sarà sarà, c'è molto da lavorare, molto su cui riflettere, decisioni prima o poi da prendere. Ma adesso mi godo questo piccolo traguardo.

Sul fronte pubblicazione, chi lo sa? Il 2020 apre spirargli che si riveleranno forse false illusioni. C'è una valutazione ancora in corso a cui ammetto di credere sempre meno, ma chissà. E poi c'è il progetto con Delos Digital il collaborazione con RiLL. Questo è un regalo inatteso. Di per sé un progetto piccolo piccolo. MA... Ci sono alcuni MA importanti. Intanto è seguito molto bene, perché dei testi si stanno occupando non uno, ma due professionisti, della serie questa volte sto in una botte di ferro, non salta neppure una virgola. È un progetto pilota, quindi non si sa come andrà, magari anche molto bene, chissà. È un enorme atto di fiducia nei miei confronti, perché si tratta di storie che non pensavo davvero avrebbero mai visto una pubblicazione. Infine, queste sono storie nate perché i personaggi mi hanno imposto di scriverle, per esorcizzare dei dolori, per dare forma a dei fantasmi, perché alcuni (preziosissimi) amici volevano leggerle. Sono davvero figlie del mio cuore. L'idea che vedano la luce un po' mi terrorizza. E mi rende felice. E da sola questa notizia addolcisce un po' il modo a cui guardo il mio 2020 letterario

BUON 2020 A TUTTI

lunedì 23 dicembre 2019

Auguri di buone feste


È un enorme Jack Skeletron che ci accoglie in queste feste nel borgo sul lago, con il suo sorriso incrociato con un ghigno.
Speriamo che sia di buon auspicio, qualcosa di inquietante che si trasforma in benevolo.
L'ultima settimana lavorativa ci ha lasciato con più di un mezzo alluvione, strade franate e paesi isolati. Raggiungere le vacanze dal luogo di lavoro non è mai stato così complicato, fuori di metafora, e venerdì mi sono trovata a guidare tra tombini che sembravo giochi d'acqua di Versailles e strade in cui sarebbe stato meglio fare rafting.
Poi di colpo sabato le nubi si sono diradate per regalare un fine settimana di una mitezza in odor di cambiamento climatico incipiente, di cui io, però, non ho osato proprio lamentarmi.
Non mi resta quindi che sperare che il sole continui a farci compagnia e augurare un

SERENO NATALE A TUTTI VOI E I VOSTRI CARI


martedì 17 dicembre 2019

I testamenti – Letture



Di Margaret Atwood ho molto amato il famosissimo Il racconto dell'ancella, distropia che immagina l'instaurarsi di una dittatura religiosa negli Stati Uniti.

Ho quindi acquistato con trepidazione I testamenti, seguito dichiarato del primo romanzo. Devo dire che un piccolo campanello d'allarme è scattato. Il racconto dell'ancella è diventato ora famoso grazie a una serie tv (che non ho visto). Che il seguito sia stato scritto solo sull'onda di quel successo? A onor del vero ho subito represso questo pensiero. Margaret Atwood è una signora della letteratura, ha un'età, un carisma e una fama che dovrebbero metterla al riparo da simili tentazioni e quindi, mi sono detta, se è tornata a Gilead, il regimo totalitario che preso il posto degli USA, è perché ha qualcosa di nuovo da dire in proposito.
Questo è in parte sicuramente vero, anche se è altrettanto vero che non tutto funziona come dovrebbe.

Ne I testamenti si alternano tre voci narranti. Tutte e tre, come già avveniva nel primo romanzo, sono documenti presentati in un convegno di studi, molto tempo dopo la caduta di Gilead stesso.
A narrare le proprie vicende sono zia Lydia, una delle poche donne di potere del regime, che prima della rivoluzione era stata un giudice e due ragazze, opposte e speculari, una cresciuta in una famiglia bene di Gilead e una invece allevata oltre confine, in Canada. Tre storie che si intrecciano e che poi vanno a confluire in una stessa vicenda.

La voce di zia Lydia è sicuramente quella che mi è rimasta più impressa. Una donna abituata ad avere indipendenza e potere che, messa di fronte all'instaurarsi del regime ha deciso di collaborare. Le si può dare torto? Se si fosse opposta sarebbe finita fucilata o uccisa poco dopo. Zia Lydia non solo non si oppone, ma diventa uno dei capi del potere femminile. Le "zie", donne votate alla castità, controllano infatti tutto il sistema femminile di Gilead, dove le donne sono divise in rigide caste, le mogli, le marte (serve) e le ancelle, concubine fertili. Le zie, le uniche donne a saper leggere, tirano le fila dei destini, controllano i matrimoni e gli accoppiamenti (cose che non sempre coincidono), tengono traccia dei segreti di tutti, pronte ad usarli a loro vantaggio. Il potere di zia Lydia, è infatti la conoscenza, l'accumularsi di informazioni e segreti e l'uso spregiudicato che ne fa. Ma questa donna che un tempo era un giudice minorile, fino a che punto è diventata una delle anime nere del regime?
Questo sta al lettore deciderlo. Perché se è innegabili l'agire da un certo punto in poi di zia Lydia contro il regime, non è così facile definire il "da un certo punto".
La vediamo farsi carico di alcune giovani donne, che userà per il suo fine, a cui però sembra anche emotivamente legata, ma rimane aperto il dubbio su quante ne abbia mandate a morire prima. La vediamo, nel corso della narrazione, evitare che una giovane moglie sia uccisa dal marito, ma la vediamo anche ben consapevole che quell'uomo ha commesso altri omicidi che Lydia non ha saputo o voluto evitare.
Devo dire che il cinismo e l'ambiguità morale di Lydia sono le cose che mi sono piaciute di più. Mi ha affascinato il mio non riuscire a dare un giudizio netto. O, meglio, Lydia sicuramente aiuta Gilead a implodere, ma lo aiuta anche a costituirsi. Ecco, ai miei occhi questo ravvedimento finale non giustifica fino in fondo una donna le cui azioni sono sicuramente ben comprensibili, ma non del tutto giustificabili.

Ho trovato meno interessanti gli altri due punti di vista. O, meglio, ho molto apprezzato le infanzie contrapposte di Agnes e Daisy. Agnes cresce a Gilead senza aver mai conosciuto altro, ignorando di non essere la figlia biologica di una madre comunque capace di darle amore, e viene intrisa nella propaganda. Daisy, invece, è una normale adolescente occidentale, che guarda con un misto di orrore e fascinazione la vicina dittatura. Entrambe, però, diventano molto meno credibili nella loro versione adolescente. Agnes è una sorta di creatura asessuata che, pur essendo cresciuta nella dottrina di Gilead rifiuta il matrimonio che le viene proposto, sulla carta estremamente vantaggioso, per dei motivi che non sembrano così radicati nel personaggio (perché la sua amica a sua volta aveva rifiutato di sposarsi? perché una volta era stata oggetto di un palpeggiamento e aveva sviluppato il terrore per gli uomini?). Decide quindi di diventare zia, ma anche la sua crescita all'interno dell'ordine mi è sembrato raffazzonato. Agnes non mette mai in dubbio apertamente Gilead, non si forma un'idea personale su quello che sta succedendo, nonostante zia Lydia la metta al corrente di svariati segreti. Infine, accetta di compiere una missione pericolosissima e che ha il fine dichiarato di abbattere il regime perché? Glielo ha detto zia Lydia?
Non so, qualcosa nella costruzione di Agnes mi è sembrato frettoloso e non perfettamente coerente.
Allo stesso modo Daisy scopre di essere cresciuta da membri di un movimento che si oppone apertamente a Gilead e in pochissimo tempo si trasforma in una spia pronta ad essere infiltrata. I suoi pensieri, tuttavia, continuano a sembrare ai miei occhi una versione stereotipata di quelli dei "ragazzi di oggi".
Nessuna delle due, quindi, mi ha convinto al 100%, troppo facili da convincere a una causa che solo per caso è quella che al lettore pare giusta e sopratutto prive di sentimenti e di passioni. Agnes in particolare giunge all'età adulta senza uno sbandamento, un'innamoramento neppure platonico, una pulsione di un qualsiasi tipo?

Credo che in parte quelli che io ho percepito come difetti siano scelte volute. Tutte e tre le protagoniste sono donne molto celebrali, agiscono sulla base di quello che pensano e ritengono giusto, reprimendo o ignorando i sentimenti. Forse l'autrice ha volutamente lasciato fuori il sentimentale e l'irrazionale dalla vicenda. L'effetto che si è creato ai miei occhi è quello di una diffusa artificiosità. Dubito di questi personaggi come non dubitavo di quelli del romanzo precedente.

C'è anche da dire che sono arrivata a questa lettura dopo aver riletto moltissima della produzione fantascientifica della Le Guin, fonte d'ispirazione della Atwood. Devo dire che nel confronto questo romanzo esce perdente. Manca proprio la capacità includere il lato umano e irrazionale nella narrazione sociologica, cosa che per altro riusciva perfettamente ne Il racconto dell'ancella.

Ne risulta un romanzo interessante, che si legge con piacere e lascia qualche spunto di riflessione. Eppure risulta freddo, come se Lydia, Agnes e Daisy fossero manichini e non persone

giovedì 12 dicembre 2019

Piovono orsetti


A volte i regali di Natale arrivano in anticipo (o, nel caso, quelli di compleanno mooolto in ritardo).
Nel fine settimana ho mollato la famiglia, per la prima volta dall'arrivo della piccola, per andare a Torino per assistere alla Finale del Grand Prix di pattinaggio.
Per il modico prezzo di un organo interno di media importanza, che so, la cistifellea, ho potuto apprezzare da posizione strategica le gare. La finale del Grand Prix è la gara più importante di metà stagione, per ogni categoria partecipano solo sei atleti, quindi, in teoria almeno, il meglio del meglio del momento. Tanti piccoli assaggi, quindi, di circa un'ora l'uno di tutto quello che il pattinaggio può offrire.

Bellezza, battaglia e follia.

Follia.
Una gara di pattinaggio andrebbe vista, almeno una volta nella vita per la follia.
È usanza nel pattinaggio, ad esempio, lanciare peluche agli atleti.
Ingrandite bene la foto per avere un'idea della quantità di orsetti che sono stati lanciati in circa venti secondi. Una pioggia incredibile di orsetti gialli. Lanci che sono stati provati, quasi come per una disciplina atletica a se stante. Orsetti che sono stati preparati, impacchettati e distribuiti a chi, suppongo, li aveva prenotati, come fossero caramelle. Orsetti che dagli spalti più alti rimbalzavano, venivano rilanciati, ordine di sedile per ordine di sedile, fino alla pista.
Non ho avuto la prontezza di riflessi di immortalare anche la pioggia di orsi di peluche praticamente in formato uno a uno piovuta sulla campionessa olimpica Alina Zagitova.
Orsetti che sono stati prontamente raccolti da uno stormo di bambine e bambini perfettamente addestrati per l'evento che in pochissimi secondi erano in grado di liberare la pista, anche dai bestioni che pesavano ben più di loro.
Non temete per il loro destino. La stragrande maggioranza di questi peluche andrà in beneficienza, moltissimi rallegreranno il Natale di bambini ospedalizzati. Tuttavia pare che alle ragazzine della squadra russa sia stato permesso di buttarsi letteralmente nei sacchi degli orsetti recuperati (ben più grandi di loro) per scegliersi un ricordo.
Ora, in tutta questa follia, ben dopo lo scatto di questa foto, vi lascio immaginare la faccia di un solerte addetto alla sicurezza evidentemente appena arrivato e avvezzo a ben altre manifestazione sportive. Al primo tentativo di lancio (una signora subito dietro di noi) è corso allarmatissimo per fermare la possibile delinquente. Poi si è girato, lo sguardo ha abbracciato la struttura, gli unicorni giganti che si stavano preparando in quel momento e deve essergli venuto un mezzo infarto.
Ah, dimenticavo, in questo contesto, alle bottigliette veniva tolto il tappo perché non venissero lanciate...

Per quanto riguarda la gara in sé, la fortuna non ha arriso particolarmente a quelli a cui andava il mio tifo.
All'unico italiano qualificato, un ragazzo di diciassette anni, si è rotto il pattino subito prima della gara. Con tipica prontezza italica è stato rimesso insieme con del nastro isolate, ma ha retto solo fino all'ultimo salto del primo dei due segmenti di gara. Da lì in poi abbiamo solo pregato che ne uscisse vivo. L'ha presa così bene che il commento dell'allenatore si può riassumere come "non ha ucciso nessuno con le lame dei pattini, poteva essere peggio".

L'atleta, però, che più di tutti volevo vedere, era il due volte campione del mondo Yuzuru Hanyu, il destinatario della pioggia di orsetti (anche perché compiva 25 anni).
Anche lui ha avuto la sua buona dose di sfortuna. Durante lo scalo del volo per giungere a Torino, a Francoforte, al suo allenatore è stato rubato il portafoglio. Questo ha comportato per il tecnico due giorni di ritardo e l'assenza durante il primo segmento di gara. Ora, posso solo supporre quanto in uno sport del genere sia importante uno sguardo esterno su cosa stai facendo, oltre che tutto l'aiuto psicologico e logistico che un allenatore può dare. Fatto sta che nel primo segmento Hanyu ha sbagliato uno degli elementi. La cosa lo ha innervosito al punto che il giorno dopo durante gli allenamenti pubblici, proprio sotto i nostri posti (io però, per fortuna, ero ancora in viaggio) ha cercato di ammazzarsi provando senza protezione alcuna un salto che nessuno è mai riuscito ad eseguire, il Quadruplo Axel. Lui ha se non altro dimostrato di saperlo fare, ma di non riuscire ad atterrarlo. Diciamo che vederlo vivo il sabato, finalmente con un allenatore, è stato un sollievo, ma tra le botte patite in allenamento e il tentativo di giocarsi il tutto e per tutto, alla fine l'imprecisione c'è stata e ha dovuto accontentarsi della medaglia d'argento.

Non vi tedierò oltre con il resoconto di una gara che, comunque, si è conclusa con due record del mondo, svariati primati segnati e diverse performance indelebili, al di là del risultato ottenuto (perché il bello del pattinaggio è che può essere meravigliosa anche una performance che non vince).

Dato che però il pattinaggio c'è anche nel "non più YA" che sto scrivendo, lascio al mio personaggio la descrizione di cosa si prova guardando per la prima volta certe performance.

       Il ragazzo va nello stesso punto da cui è partita la mia compagna di classe. Si sistema i capelli e di colpo è cambiato del tutto. Guarda davanti a sé con quei suoi occhi color ghiaccio, l’espressione sicura come non l’ho mai vista
     Mi aspetto di nuovo della musica classica russa, invece partono i Muse, Resistance. E io smetto di pensare.
Questo non è un esercizio ginnico. Questa è musica trasposta sul ghiaccio.
Non conto gli avvitamenti dei salti. Non mi importa. Non credo di aver mai visto niente di più bello.
Forse il volume è più alto. Forse è un’impressione
It could be wrong, could be wrong, this is out of control
Mi risuona dentro, tutto quanto.
Potrebbe essere sbagliato, potrebbe essere sbagliato, questo è fuori controllo.
Questa è la mia vita, senza alcun amore a fare da resistenza.

Martin termina anche lui con una trottola lunghissima e io sono in piedi che applaudo. Credo di avere gli occhi umidi. Eppure io non piango mai.



PS: e in tutto questo un altro racconto si è involato per una bella pubblicazione. Non credo di aver mai "accasato" tanti racconti in così breve tempo. La cosa curiosa è che sono tutti scritti un po' di tempo fa, nessun invio da parte mia. Sono passati di mano, qualcuno se n'è ricordato, nonostante magari sia passato del tempo, si sono ricordati di me. È tutto difficile in editoria, ma nulla è perduto.

domenica 1 dicembre 2019

Prossimamente in arrivo... Le Cronache delle Ley


Illustrazione di Valeria De Caterini

Ci sono mille motivi per cui si scrivono delle storie.
Ci sono storie che si desidera scrivere. Storie che diverte scrivere. Che rappresentano una sfida intellettuale. Altre che sono parte di noi.
Ci sono storie a cui si continua a tornare e a volte non sappiamo neppure noi perché e ogni volta ci incastoniamo dentro un pezzo della nostra anima e del nostro cuore.

La prima volta che mi sono inoltrata in quella porzione di mondo che vedete riprodotta qua sopra (perché posso bullarmi di avere la mappa del mio mondo fantastico disegnata da un'illustratrice seria) era credo il 2005. Non lo so di preciso. So che nel 2006 stavo scrivendo una storia ambientata lì, ma non saprei definire da quanto ci stessi in effetti lavorando.
Sono passati quindici anni da allora.
Quindici anni in cui ciclicamente torno, aggiungo un tassello, scrivo un racconto, ne esco di nuovo, ritorno.
Negli anni un certo numero di persone che mi conoscono si sono affezionate a questo mondo e ai suoi abitanti. Alcuni racconti li ho scritto espressamente per loro.
Di certo non li ho mai scritti con l'idea di pubblicarli. Anzi, li ho scritti con la totale libertà di chi pensa di fare qualcosa solo per sé e pochi amici.

Poi però nel 2016 è successo che Rill mi abbia proposto di fare un'antologia, in cui quattro di quei racconti hanno trovato casa. Il personaggio più carismatico si è accaparrato la copertina e così è nata La spada, il cuore e lo zaffiro.

Intanto ho scritto altri racconti, cercando di circoscrivere, nei circa quarant'anni di vicende che sono ben chiari nella mia mente, qualcosa che avesse un senso. Un senso per me, perché a livello editoriale la vedevo peggio che improbabile.
Quindi, con la piena libertà di chi non si pone alcun vincolo ho scritto la storia che volevo scrivere.

Cinque racconti che narrano la prima parte di una guerra. Ciascuno inizia dove l'altro termina. C'è un personaggio ricorrente, ma i primi quattro hanno ciascuno un punto di vista differente, mentre nell'ultimo ve ne sono cinque, per un totale di sei punti di vista che si alternano nella narrazione.

C'è una totale non osservanza dei cliché fantasy.

Ci sono personaggi che se ne vanno peggio che nel Trono di Spade dei tempi d'oro.

C'è un racconto finale che è così allegro e rassicurante che ogni volta che lo rileggo penso che alla fine la cosa migliore sia ubriacarmi per dimenticare (che detto così è davvero terribile, ma in fondo è così che dev'essere).

Ci sono dei ragazzi che devono diventare adulti, ognuno con le proprie fragilità, in un mondo che, come il nostro, non è facile né lineari. E il prezzo da pagare, per tutti, sarà qualcosa di più prezioso della loro vita.

In tutta onestà non pensavo che avrebbero mai trovato casa. E invece no.
Usciranno dopo Natale nella collana Fantasy Tales  di Delos Digital, in collaborazione con Rill.

Sono racconti figli del mio cuore, tutti quanti. 
Quindi, se per caso passate di qui e vi chiedete cosa sia il caso di leggere di me, ecco, leggete questi

Le cronache delle Ley
Sono gli amori impossibili quelli che cambiano il mondo,
ma per ogni scelta c'è sempre un prezzo e una conseguenza.
Che cosa sei disposto a dare per cambiare il tuo mondo?

Ed ecco, in assoluta anteprima, la copertina dell'ebook che uscirà a Gennaio.