martedì 16 aprile 2019

E poi...


I colloqui con i genitori...
E poi...
Il corso sulle Unità di Apprendimento (ci avessi capito qualcosa...)
E poi...
Il corso sulla Metodologia Senza Zaino (bello, da ragionarci su, da scriverci qualche post...)
E poi...
Il corso sull'Autostima (grazie, sempre un gran bisogno di autostima, ma proprio adesso...)
E poi...
I consigli di classe (verbali, altro che scrittura creativa...)
E poi...
Le riunioni per le nuove adozioni dei libri di testo (e magari leggerli e guardarli i libri prima di decidere...)
E poi...
Il PON sull'ambiente, con il CNR, le cozze di lago e il comune da contattare (e qui più che un post ci esce un romanzo...)

Se trovo un altro che dice che gli insegnanti non lavorano lo tiro sotto con l'auto, prendetela pure come una confessione, che in galera magari dormo un po'...

Volevo però ringraziarvi dei tanti bei consigli che mi avete dato sia in coda al post precedente che privatamente. È stato molto bello vedere tante persone che ci tengono a me, mi consigliano un sacco di cose, alcune davvero interessanti!

E poi a questo punto conviene che parta con gli auguri, che qui è un attimo ed è subito uovo e colomba (e vacanza, qualche giorno di benedetta vacanza).

TANTI CARI AUGURI DI BUONA PASQUA!!!

lunedì 8 aprile 2019

Il romanzo di cui non so che fare


Da circa una settimana sono tornata consapevole di avere un buon romanzo nel cassetto.
Che sia buono non è un'opinione solo mia. Non sapendo bene che farci, l'hanno scorso l'ho mandato al Premio Tedeschi, di cui conosco la serietà, anche se non è un giallo puro. Come prevedibile non ha vinto, ma è entrato nella rosa dei finalisti. Poi l'ho un po' tenuto lì, mandato a concorsi senza speranza, non sapendo bene cosa farci.

Do per assodato che sia un buon romanzo. Non è una cosa da storia della letteratura. È una lettura leggera, spero divertente, spero intelligente, ma mi rendo conto che non è qualcosa di cui il mondo non può fare a meno. Che opzioni ho per lui?

Ho in mente un discreto numero di case editrici  piccole e medio-piccole che mi piacciono, che lavorano bene e che presumibilmente potrebbero essere interessate al mio romanzo. Ma. C'è un ma grosso come una casa.
Io sono una mamma-lavoratrice-scribacchina. Ho davvero pochissimo tempo e zero mobilità. Pochissimo tempo per fare cose con testa che esulino dall'immediato. Per fare un esempio. Mi ha contattato un museo archeologico per farmi vedere dei reperti del tipo su cui ho fatto la tesi e di cui capisco qualcosa. È una cosa che mi piace, mi appassiona e di cui sono competente. Ci ho messo una settimana a analizzare tre fotografie. Una settimana. Per tre fotografie.
Le case editrici medio-piccole vanno sostenute e appoggiate. Bisogna dedicarsi alla promozione, andare alle presentazioni, organizzare le presentazioni. E io ci ho messo una settimana a analizzare tre fotografie. 
In questo momento della mia vita, purtroppo, un eventuale forte impegno in promozione è fuori discussione.

Potrei pensare a un editore che lavori solo sul digitale. Non lo so. Ho come l'impressione che il lettore, probabilmente le lettrici ideali di questo romanzo preferiscano il cartaceo. È un'idea, non una certezza, sia chiaro. Però il solo digitale ancora non mi convince.

Il self non fa per me. Intanto richiederebbe un impegno di tempo che non ho e delle capacità tecniche che non ho. Oppure dei soldi per subbappaltare ad altri che non ho.
"Non ho" mi sembra la costante di quest'opzione.
E poi il self, con tutto il rispetto che ho per alcuni autori, continua a non convincermi. 
In questo periodo sto pubblicando delle storie su EFP. Lo faccio in anonimato e mi sembra di aver raggiunto un certo equilibrio con il mio neppure così sparuto gruppo di lettori fissi: nessuno di noi paga. È un gioco, a cui io già forzo la mano, perché porto la storia su binari diversi da quelli abituali in quel contesto, ma rimane un gioco. 

Potrei cercare di avere un parere professionale su cosa cosa sia il caso di fare. Le cose professionali, tendenzialmente, si pagano ed è anche giusto così. Purtroppo i costi si aggirano intorno all'equivalente di una retta di asilo nido o più e quindi al momento, per la mia economia famigliare, non sono caramelle.

Posso tenerlo nel cassetto, che tanto il mondo va avanti lo stesso.
Però è un buon romanzo. Lo so che è un buon romanzo e mi spiace non dargli una possibilità.

Si accettano consigli

lunedì 1 aprile 2019

Finzioni – Piovono libri


Il prescelto per questo mese del gruppo di lettura è "Finzioni" di Jeorge Luis Borges, un libro talmente particolare, che sono giorni che mi arrovello sul post, senza sapere da dove cominciare.

Inizierò dal modo che mi è più congeniale, da me stessa e da una storia.
Quando mio nonno è morto ci ha lasciato una sorta di casa biblioteca. Qualsiasi cosa si aprisse, cassetti, ante degli armadi, porte dei solai, rivelava libri. Libri e ancora libri. Libri che mio nonno doveva aver raccolto nei modi più disparati, per lo più ereditando o facendo modo di ereditare, libri altrui. Il più vecchio è un'edizione di Marziale del XVII secolo, il più recente era stato acquistato appena pochi giorni prima della sua morte.
Per anni, dalla terza media alla fine del liceo, io ho dedicato qualche settimana ogni estate per cercare di catalogare tutto quel ben di dio, di cui una parte, per mere ragioni di spazio, andava in qualche modo smaltita. Non credo neppure di essere riuscita a catalogarli tutti e ho trovato veramente quasi ogni cosa, un testo sull'allevamento dei conigli in tedesco di inizio '800 (?) e un intero scaffale dedicato a sant'Agostino.
Avevo finito il quarto anno del liceo quando sono arrivata a intaccare la soffitta. In una cassetta ho trovato tre libri di una di quelle edizioni da allegato di periodico. Formato minuscolo, ma ottima carta. Tre libri che ho immediatamente deciso di leggere, diversissimi, ma che a modo loro hanno contribuito alla mia formazione. La linea d'ombra di Conrad, Il kamasutra e Finzioni di Borges.
Ora, che questi tre libri siano finiti in una stessa collana e che di quella collana, sicuramente più ricca, solo questi tre libri mio nonno abbia voluto conservare è già uno spunto degno di un racconto di Borges.
Letto in quel momento, Finzioni, è stato una sorta di ubriacatura intellettuale, inebriante e vertiginosa come solo come possono essere le esperienze adolescenziali.

Adesso, a distanza di tanti anni, dopo aver letto molto altro, è estremamente difficile parlare di questo libro. Forse, ci vuole l'incoscienza dei diciotto anni per leggerlo e amarlo.

Come ha detto un'altra lettrice, non è e non può essere un libro per tutti.
Finzioni è ciò che dichiara il suo titolo. Una raccolta di racconti che è un monumento al potere creatore della mente, un'esercizio mentale di labirinti intellettuali in cui perdersi fino a sentire con mano quanto impalpabile sia la consistenza di ciò che chiamiamo realtà.
Quasi ogni racconto parte da un'analisi critica di opere o personaggi inesistenti i cui contenuti sfidano la nostra idea di realtà.
Universi inesistenti che si impongono sul reale, romanzi che indagano l'essenza della divinità o sfidano la consequenzialità del tempo sono solo alcuni degli spunti da cui partono i racconti di Borges.
Il tutto si basa su un humus metaletterario e colto ricchissimo, che sfida il lettore a cogliere i riferimenti, tra critica letteraria e mistica medioevale.

C'è, nei racconti di Borges, un altissimo livello di autocompiacimento letterario, un mostrare e pavoneggiarsi della propria cultura, che dona anche al lettore il piacere di riconoscersi "all'altezza". C'è, tuttavia, anche qualcosa che va oltre questo.

Rileggendolo adesso, mi sono resa conto di essere forse troppo cinica e troppo attenta. Seguo maggiormente il gioco delle citazioni, l'aspetto metaletterario, rimango distaccata. Ma non mi arrischio più a perdermi in questi labirinti com'era accaduto a diciott'anni.
Allora quello che mi aveva colto era la sottile inquietudine di non distinguere più tra realtà, finzione e percezione. L'idea di una mente che non abbia più alcun vincolo, al punto di ipotizzare che la divinità incarnata sia Giuda e non Gesù. E che cosa può accadere se ci svincoliamo a tal punto dai nostri limiti autoimposti? Possiamo immaginare tutto, mettere in discussione persino la percezione del tempo. Ma se il tempo, insegnano i fisici, è in gran parte una questione di mera percezione e gli universi possono davvero essere infiniti, quante di queste finzioni non possono essere che tali?

E forse, in un qualche modo, viviamo davvero nella Lotteria di Babilonia, dove tutto è stabilito dal caso e non ci resta, per trovare un ordine, che costruirci un universo regolato e fittizio in testa. E fingere che sia vero.