Inchiostro, fusa e draghi
"Stenderò il mio rapporto come se fosse una storia. Mi è stato insegnato, quand'ero bambino, sul mio pianeta natale, che la Verità è una questione di immaginazione" U.K.Le Guin - La mano sinistra delle tenebre
domenica 15 gennaio 2023
Di mamme finlandesi e scuole italiane
venerdì 30 dicembre 2022
LLCchallenge2022 - la lista (più o meno) completa
Ci sono periodi della vita che, suppongo, vanno semplicemente attraversati, sperando che alla fine si arrivi da qualche parte. Questo è uno di quei periodi. Il 2022 non è finito nel migliore dei modi e dubito che il 2023 possa essere un buon anno. Non è una questione di mero pessimismo, semplicemente alcune situazioni contingenti non possono risolversi in modo positivo. Succede. Io, mia figlia, mio marito e il gatto Oberon stiamo bene e direi che già questo è un motivo sufficiente per festeggiare (il gatto Calibano ha qualche problemino in più, ad esempio l'essere un persiano, ma speriamo di risolverglielo).
Suppongo che sul web sarò presente a tratti perché è vero che per le proprie passioni il tempo lo si trova, ma se devo scegliere tra farmi una doccia e aggiornare il blog ho capito che preferisco la doccia. Alunni, colleghi e famigliari supportano questa mia linea di priorità.
Nonostante tutto questo, neppure io so bene come, in questo 2022 piuttosto complicato ho comunque letto. Meno volumi dell'anno scorso, quando avevo scollinato i 50. Ho ascoltato parecchio, ma ho letto anche letto parecchi tomazzi, il che mi fa pensare che il numero totale di pagine sia più o meno invariato. Ma bando alle cianche. Ecco i miei libri e le mie valutazioni.
Anche quest'anno ho partecipato alla Challenge di Leggo Letteratura Contemporanea, anche se non ho riempito tutte le caselle e ho fatto alcune digressioni. Questo comunque è il sunto. Il gradimento è espresso in gattini o altre creature attinenti alla lettura. Un libro a cinque gatti è un capolavoro. Ma non è automatico che mi sia rimasto nel cuore, cosa che magari capita a una lettura a cui razionalmente riconosco qualche pecca.
U.K.Le Guin
I sogni si spiegano da soli. (saggio)
lunedì 21 novembre 2022
Proviamoci ancora: scrivere fantascienza
domenica 6 novembre 2022
Il peso delle medaglie
Di solito cerco di tenermi lontana dalle ultime polemiche, riservando il blog allo scopo per cui è nato, parlare di di libri ed i scrittura. Tuttavia, da ex atleta, educatrice e appassionata di sport, mi sento di dire la mia su quanto sta succedendo (non solo) nella ginnastica ritmica.
I fatti sono noti a tutti, credo. Non una, ma una serie di atlete, facenti parti della nazionale della ginnastica ritmica, in alcuni casi con importanti palmares alle spalle, hanno accusato gli allenatori di essere state vessate e derise e oggetto di pesantissime pressioni psicologiche. Al centro spesso il peso, eccessivo di pochi etti, motivo che giustificava pubbliche derisioni. A pioggia stanno uscendo tante altre segnalazioni, spesso relative a centri tecnici assai meno blasonati, con oggetto anche delle bambine. Personalmente non credo neppure che la situazione sia circoscritta alla sola ginnastica ritmica.
Per approfondire il discorso, è necessario fare alcune necessarie premesse. Lo sport agonistico è un affare crudele. Non lo si fa per divertirsi (o non solo) né per rimanere in salute, l'obiettivo è portare risultati. Il proprio corpo è il proprio strumento di lavoro e pertanto bisogna averne una cura maniacale. A volte, tuttavia, nonostante tutta la passione, l'impegno e i sacrifici non si è conformi alle aspettative. Io insegno alle medie e la fascia d'età 11-14 anni coincide per molte discipline al momento in cui si inizia a fare sul serio. Nonostante mi sembra che l'atteggiamento degli allenatori sia in generale incoraggiante e sempre più società accolgono volentieri i ragazzi e le ragazze che vogliono continuare a praticare pur senza far parte del gruppo d'élite, ogni anno qualcuno vive il piccolo dramma di non essere più titolare, non venire più convocato, non essere più all'altezza. L'agonismo purtroppo non fa sconti e andare avanti significa mettere la pratica prima delle amicizie, il divertimento e in molti casi anche lo studio. Significa sottoporsi a diete e conoscere la realtà dell'infortunio. Lo so, ci sono passata, dai 15 ani 20 anni tutte le mie giornate erano focalizzate sugli allenamenti e le gare e tutto il resto si incastrava dove si riusciva, se si riusciva. Per chi fa questa vita, gli allenatori sono dei. Il loro compito specifico è portare l'atleta oltre quelli che riteneva i propri limiti e alcuni per farlo ritengono che ogni mezzo sia lecito. Per fortuna il confine tra rigore e prevaricazione ai più è chiaro.
La seconda premessa è che il peso è un fattore non secondario in molte discipline non solo nella ginnastica ritmica. Il mio amato pattinaggio di figura è spesso scossa da scandali simili (alcune pattinatrici hanno rilasciato interviste agghiaccianti). Essere leggeri è un vantaggio in moltissime discipline, se ci pensate di sicuro non avete mai visto un maratoneta che non fosse magrissimo, così come un saltatore d'asta.
La terza premessa è che, secondo me, in qualsiasi gruppo umano un 10% di cretini è endemico. In qualsiasi sport almeno il 10% degli allenatori, quindi, è un cretino e si permette comportamenti inappropriati, tanto più pericolosi perché rivolti per lo più a giovani o a giovanissimi. In generale lo sport è, da questo punto di vista, assai meno controllato dell'educazione. Un allenatore può permettersi frasi e comportamenti che porterebbero enormi guai a qualsiasi insegnante o educatore.
Detto questo, le interviste delle ragazze che ho letto hanno delle specificità, che ritrovo in interviste analoghe di pattinatrici artistiche (sopratutto estere) e di ginnaste (per lo più estere). Ci sono delle condizioni, a mio avviso, che rendono alcuni ambienti più a rischio di altri e, in realtà poco hanno a che fare con le caratteristiche della disciplina.
Innanzi tutto le vittime sono sempre ragazzine molto giovani. Sempre femmine. Eppure il peso è importante in un sacco di sport. Ma ecco, ora immaginate la scena. Campo di atletica, un saltatore d'asta barbuto sui vent'anni o più, a cui venga detto di togliersi i pantaloni e correre in modo che tutti possano vedere il suo "grasso sedere da maialone". Come prosegue la scena nella vostra mente? Probabilmente con l'asta usata per malmenare l'allenatore o gli sguardi perplessi, tutt'altro che complici degli altri atleti presenti. Al saltatore verrà probabilmente spiegato perché deve perdere peso e gli verrà fatto conoscere un nutrizionista. Sempre che la perdita di peso sia la questione. Perché la questione a me sembra sia il potere, e la sudditanza psicologica in cui queste giovani donne devono stare. A 15, 16, 17 anni una ragazza è un soggetto debole che si controlla con più rapidità e più efficacia tramite la paura e l'umiliazione. Il peso è solo un pretesto facile e a portata di mano. Pesare un'atleta 4 volte al giorno è del tutto inutile a qualsiasi fine pratico, serve solo a tormentarla. Le ragazze, poi, ahimé, reagiscono "meglio" a questi trattamenti. Sono più resilienti, più inclini a sentirsi in colpa, meno pronte a denunciare dei coetanei maschi, che è più facile che se ne vadano sbattendo la porta (magari da tecnici più sensati).
La seconda cosa che mi salta all'occhio è che in questi casi le ragazze in questioni vengono sempre trattate come se fossero intercambiabili. L'importante non sono loro, è la squadra. Le vittorie sono della squadra, dello staff, non loro. C'è un ricambio veloce al vertice e le ragazze sono messe le une contro le altre per primeggiare anche a scapito delle più elementari norme di autoconservazione. Attenzione, se si ha davvero trovato "un metodo" questo è un sistema estremamente efficace. Le ragazze vendono spremute per non più di un paio d'anni fino al totale logoramento psicofisico e poi si passa ad altre. Gli allenatori stroncano sul nascere delle personalità dominanti, le star sono loro, i tecnici, non le atlete, la cui autostima deve anche per questo essere tenuta bassa. Le atlete non devono mai pensare di essere uniche e speciali, in caso contrario detterebbero legge, esprimerebbero personalità e i rapporti di forza verrebbero rovesciati. Questo sistema non prevede stelle che brillino per più di un paio d'anni, atlete simili non sono né cercate né desiderate. Per questo l'infortunio non è un momento spiacevole ma fisiologico della vita dell'atleta, ma un errore imperdonabile dell'allieva da scartare. Non c'è il tempo materiale per attendere il fisiologico recupero. La scuola, lo staff non aspettano, un'altra medaglia, vinta da un'altra atleta deve essere appesa alla bacheca.
In conclusione, no, queste accuse non vanno prese alla leggera. Ma hanno poco a che fare con la disciplina in sé, quando con il disturbo narcisistico di persone messe in condizioni di potere. Le ragazze sono "vittime perfette", giovani, con una scarsa propensione alla denuncia, una bassa autostima e un disperato desiderio di compiacere gli allenatori. Proprio per questo non credo che siano casi circoscritti allo sport di vertice.
Due consigli, quindi, per i genitori che si trovino a instradare i pargoli allo sport. La ginnastica ritmica, il pattinaggio e qualsiasi altro sport ritenuto "a rischio" sono discipline bellissime e non c'è nessun motivo razionale per starci lontani. Però, in qualsiasi disciplina, ci si può porre alcune domande. Come sono trattati gli atleti non di vertice? C'è spazio per loro, hanno la possibilità di continuare per puro divertimento? Com'è il clima all'interno della squadra? Come vengono trattati gli atleti infortunati? C'è attenzione, ci sono medici e fisioterapisti convenzionati o sono considerati una colpa dell'atleta? È possibile assistere agli allenamenti?
E per chi pensa che tutto sommato un allenatore sia giustificato ad andare un po' oltre per amore di risultato, lascio le parole di un'allenatrice di uno stato notoriamente cattivissimo, la Russia, Tamara Moskvina, che a più di ottant'anni è ancora in grado di guidare i propri pattinatori verso le medaglie olimpiche: "Ritengo di avere una proprietà di linguaggio tale da riuscire a spiegare cosa non vada nell'esercizio di un allievo senza scadere mai nell'insulto".
mercoledì 2 novembre 2022
A Lucca Comics and Games con Scrittori si Diventa (anche questa volta ci sono andata vicina)
sabato 1 ottobre 2022
Lettera per l'Italia che vorrei
Cara Giorgia,
non scrivo mai di politica, e neppure adesso intendo farlo. Questa, in fondo, è un'inutile chiacchierata, un soliloquio inconcludente che vorrei fosse invece un dialogo, da donna a donna.
Non ti ho votato, sono sempre stata molto lontana dalle idee del tuo partito, ma troppo rispetto per la democrazia per dispiacermi prima di averti visto all'opera. In fondo non mi dispiace l'idea di una donna premier e i tempi difficili sono il vero banco di prova per le persone di valore. Non ti ho scelta, non penso che tu sia il meglio per l'Italia, ma sarò felice di ricredermi.
Dal momento che si è parlato molto di te ho scoperto che abbiamo molto in comune. Le nostre figlie hanno una manciata di giorni di differenza. Da ragazze abbiamo amato gli stessi libri, sei cresciuta a pane e Tolkien, come me. Quindi, penso che alla fine i nostri desideri non possano essere tanto diversi: un'Italia giusta e sicura per le nostre figlie. E l'Italia oggi, non è il paese sicuro che vorrei. Non sto parlando di criminalità. La mia conoscenza in merito si ferma alla letteratura gialla, vivo in un paese, di quelli in cui tutti conoscono tutti e la vita per i delinquenti è complicata. Parlo del fatto che ad ogni pioggia qui frana qualcosa. Crollano i ponti, vengono già massi dalle scarpate. Voglio bene all'Italia e sono sicura che ne vuoi anche tu e a ciò che si vuole bene si dedica cura. Quindi, per il bene delle nostre figlie, mi piacerebbe davvero vedere una vera politica ambientale e di cura del territorio. Una lotta seria all'abusivismo. Non parlo di massimi sistemi. Lo so che il cambiamento climatico da sola l'Italia non lo può fermare. Possiamo partire da ciò che ci è vicino, dalla pulizia dei torrenti, dalla messa in sicurezza delle strade, dal controllo degli edifici pubblici. Il rischio di finire sotto una frana, su un ponte che crolla, in una scuola in cui cede il soffitto anche in assenza di una scossa sismica è, purtroppo, concreto tanto quanto quello di trovarsi a tu per tu con un rapinatore.
Mia figlia sta bene, spero anche la tua. Ma lo sai come sono le bambine di sei anni, corrono, giocano, saltano dall'altalena. Il rischio che si facciano male esiste, purtroppo. E allora io voglio contare su un sistema sanitario pubblico capillare e funzionante. Voglio ambulanze che arrivino in fretta, cure mediche all'avanguardia e gratuite. Davanti alla prospettiva di un intervento chirurgico ci sono già molte preoccupazioni: non mettiamoci anche quella economica! E poi, il medico che si occupa di mia figlia, io lo vorrei al meglio delle proprie potenzialità. Non reduce da turni massacranti, ad esempio. Ma neppure a disagio. Se ho bisogno di un medico lo voglio capace, non mi importa il suo credo religioso, il suo sesso, il colore della sua pelle o il suo orientamento sessuale. E perché dia il meglio (a mia figlia, ma anche alla tua) deve essersi formato al meglio, a proprio agio, in un ambiente accogliente. Perché io tutta la questione dei diritti la vedo in modo molto egoista: domani potrei aver bisogno del talento di non si sa bene chi. Magari di un trangender nero buddista. Quindi è mio interesse che chiunque (compreso l'ipotetico transenger nero buddista) viva a proprio agio, sentendosi tutelato, in modo da poter sviluppare al massimo il proprio potenziale. Questo vuol dire non essere bollati per il proprio aspetto o la propria appartenenza a un gruppo, poter seguire il proprio credo, poter amare chi si voglia con tutte le tutele anche legali del caso. E per tutele legali intendo anche quelle legate alla cittadinanza. Sai, io sono insegnante. Per come va il mondo forse non mi capiterà mai più di proporre una gita di terza media all'estero. Ma l'ho fatto in passato. Ed è stato il momento in cui X, Y e Z alunni o alunne proprio come gli altri, nati in Italia, magari con ottimi voti, hanno dovuto rinunciare alla gita o sottoporsi a una piccola odissea burocratica, svelandosi come stranieri, nonostante la lingua e le abitudini. Il momento, ti assicuro bruttissimo, della presa di coscienza della propria intrinseca diversità. Di contro non capisco l'ossessione per l'inizio e il fine vita. Nessuno vorrebbe mai vedere una persona cara alle prese con una gravidanza indesiderata o peggio con una malattia terminale e dolorosa. Però succede. A volte anche alle persone a cui vogliamo bene. E proprio per il bene che voglio loro le vorrei libere di scegliere ciò che ritengono meglio per tutelare la propria salute, la propria psiche o la propria dignità. Anche se quella scelta a me non piace e per me non la farei mai.
Ecco qua. Ci sono molte altre cose che vorrei per l'Italia di mia figlia. Tutte però sintetizzabili in una parola "cura". Come te sono una donna e sono una mamma. Non ritengo che questo mi renda intrinsecamente diversa da un uomo. Ritengo solo che l'esperienza della genitorialità mi abbia fatto apprezzare appieno il concetto di cura. Prendersi cura di qualcosa significa trattarla con gentilezza e rispetto. Saper fare un passo indietro, quando necessario, imparare a lasciar andare. Vorrei un governo, non mi importa di quale colore, partito o orientamento che si prenda cura dell'Italia. Del suo territorio e della sua gente. Con una politica improntata alla gentilezza, che non divide le persone per categorie, ma le fa sentire tutte a proprio agio.
E se anche questa non è davvero una lettera, perché non la leggerai mai, io intanto l'ho scritta. L'Italia che voglio è abitata da persone che si prendono cura l'una dell'altra e del proprio territorio. Io, da parte mia, cercherò di essere cittadina del paese che voglio.