Sono reduce da giorni un po' stancanti, non tanto per la pupattola, che è dolce è paziente, quanto per i lavori in casa, con il loro inevitabile corollario di piccoli disagi. Dal trapano che fora il muro del salotto mancando di poco il divano con "scusi, signora, pensavamo che fosse più spesso", alla corrente che va e viene, al rumore. La pupattola, povera, per tre giorni è stata senza pace, ogni volta che tentava si abbioccarsi ecco capitare qualcosa. Neppure fuori casa ha avuto tregua, con tanto di guasto al passeggino. Ieri finalmente i muratori hanno finito i lavori grossi e la pupattola sta ronfando rincorrendo il sonno perduto, mentre io sono alla terza pastiglia contro il mal di testa.
I ragionamenti fatti in questi giorni, sono stati senza dubbio lesionati dai martelli pneumatici, come tutto il resto, ma cerco comunque di renderne conto.
Tutto è partito dal commento di Helgado al post precedente, in cui esprimeva il proprio disappunto per chi critica gli autori di successo, a partire dai mostri sacri della letteratura.
Ho pensato al fatto che non solo criticare piace a tutti, ma che a volte ci sentiamo davvero nel giusto a farlo. Alzi la mano chi non ha mai pensato, di fronte a un libro di successo: "Io l'avrei scritto meglio!", "Io ho scritto un romanzo migliore di questa schifezza!"
La cosa buffa è che, almeno se parliamo di successi commerciali, nella maggior parte dei casi abbiamo ragione. Il libro best seller di cui tutti parlano non è nulla di speciale, ha una scrittura mediocre e noi avremmo fatto di meglio. Solo che in quel caso c'è stato un lavoro di promozione di cui noi non abbiamo beneficiato.
Però...
Innanzi tutto se ben guardiamo ci sono libri che hanno moltissima promozione e che si rivelano dei flop colossali e grandi successi che partono in sordina e crescono oltre ogni aspettativa. Ora si fa fatica a ricordarselo, ma Harry Potter non uscì con chissà quale promozione, per un editore al tempo non enorme. Quindi cosa, cosa succede?
Mi posi la domanda al tempo del di Twilight e, avendo alunne che stravedevano con i più imbarazzanti vampiri della storia della letteratura, girai a loro la domanda. Quello che emerse mi stupì. Un vampiro è per sempre. È immortale e immutabile, standoci assieme devi rinunciare alla possibilità di evolvere e forse alla tua anima, ma poi è per sempre. Come Bella, queste ragazze erano per lo più figlie di divorziati, sballottate tra una casa e l'altra, vedevano le sorelle maggiori con fidanzati che andavano e venivano e nessuna certezza lavorativa. Bella, che sarà in eterno giovane, nessuna necessità di lavorare e un ragazzo che la amerà per sempre, aveva su di loro un fascino che forse neppure l'editore che aveva lanciato il romanzo poteva immaginare.
C'era un bisogno di stabilità sentimentale che, quasi sicuramente per caso, la serie dei vampiri vegetariani ha intercettato.
Stessa cosa per le Cinquanta Sfumature, fine operazione commerciale con tanto di favoletta sull'autrice per quello che ne so studiata a tavolino che va però a intercettare un bisogno di rivalsa erotica, la rivendicazione di un amore che sia insieme favolistico e carnale che evidentemente c'era. Molte recensioni hanno evidenziato che le scene hard sono scritte bene, senza i voli pindarici per cui erano famosi gli Harmony più "forti" e senza scadere nel porno puro e semplice. Io non me ne intendo molto in materia, ma mi pare che abbia offerto un prodotto che non c'era, un romanzo non così spinto da doverti vergognare di avere in casa, ma che chiama le cose con il loro nome e che rispondeva a un bisogno o a un desiderio del pubblico.
Questo non ha nulla a che vedere con la qualità letteraria. Personalmente ritengo che Twilight sia scritto malissimo (non mi uccidano gli estimatori), a metà del secondo volume volevo sparare a me e decapitare tutti i protagonisti e ho trovato le descrizioni di raro imbarazzo. Ma capivo perché le mie alunne lo adorassero.
In questi casi si successo letterario planetario, sopratutto quando poi l'autore non è in grado di ripetere il miracolo, c'è tanto di accidentale e non previsto. C'è, sempre, un libro che arriva al momento giusto per rispondere a un bisogno del pubblico. Non il libro migliore per rispondere a quel bisogno, ma quello arrivato al momento giusto.
Io ho da anni il dente avvelenato contro Licia Troisi che incarna tutto quello che io non voglio in un fantasy e che, mannaggia a lei, ha avuto un successo enorme, mai più ripetuto. Come persona mi sta anche simpatica, ma nel profondo penso che sì, io avrei fatto di meglio. Tuttavia riconosco che ha riempito un vuoto che nel mercato italiano c'era, è arrivata al momento giusto e il pubblico si è riconosciuto nelle sue storie.
Più ci penso e più mi rendo conto che se un romanzo ha un grande successo, c'è un motivo. Spesso non è un motivo letterario, ma un riuscire, spesso per caso, a intercettare i bisogni di un pubblico. Svilire le qualità letterarie di questi libri ha poco senso, perché spesso non avevano già in partenza chissà quali velleità. Né ha senso svilire il pubblico che li apprezza. Anche perché a volte noi stessi siamo quel pubblico. Alzi la mano chi non ha mai apprezzato neppure un best seller o un romanzo generazionale. Harry Potter non è il più bel romanzo per ragazzi che abbia letto, ma mi è piaciuto un sacco. Mi ci sono riconosciuta per dei motivi che forse non erano così chiari né nella mente dell'autrice né in quelli dell'editore, che magari non hanno a che fare con i meriti letterari, ma sta di fatto che, a suo tempo, ho fatto notte leggendo i romanzi del maghetto, invece di preparare gli esami universitari.
Un best seller può non piacerci, può non essere un gran libro, ma quasi sempre intercetta i bisogni o i desideri di un pubblico vasto.
Quando denigriamo un best seller o il suo pubblico tendiamo a dimenticarci che anche noi abbiamo amato almeno un best seller, siamo stati quel pubblico e vorremmo quel pubblico su cui sputiamo.
(E, comunque, poi l'invidia è un sentimento umano ed è sacrosanto anche odiare quel best seller che noi avremmo scritto meglio, sia chiaro).
Voi cosa ne pensate?