domenica 15 gennaio 2023

Di mamme finlandesi e scuole italiane


 Vi regalo la vista magica del mio lago, scorto dall'alto di una montagna innevata e le mie inutili considerazioni sulla polemica che ha tenuto banco nelle ultime settimane nel mondo della scuola e non solo.

Riassunto delle puntate precedenti, per chi fosse riuscito a non sentirne niente. Una famigliola finlandese si trasferisce in Sicilia, ma dopo due mesi scappa. La colpa? La totale disorganizzazione della scuola, dove regna il caos, gli insegnanti non sanno fare il loro lavoro (l'insegnante di inglese ne sa meno del figlio!) e i bambini sono costretti a lunghe inutili ore senza pause. Il tutto è stato esposto con dovizia di particolari in una lettera mandata ai giornali in cui la signora sfoga tutto il suo disappunto.

La missiva, inutile nasconderlo, trasudano spocchia e antipatia. Dopo due mesi di permanenza in una singola città, con l'esperienza quindi di singole classi, la signora ritiene di poter dare lezioni al sistema scolastico italiano nel suo insieme mescolando problemi che poca attinenza hanno l'uno con l'altro (il giardino della scuola non è abbastanza curato e l'insegnante di inglese è impreparato!). Questa spocchia permette a tutti noi che la scuola la viviamo ogni giorno di scrollare le spalle, ringraziare in cuor nostro di non aver avuto il piacere di interagire di persona con una cotale genitrice, e continuare a fare come abbiamo sempre fatto.

Al di là del tono saccente di Colei Che è Arrivata a Portare la Civiltà a noi selvaggi, ci sono però alcune considerazioni che si potrebbero fare. Anche Miss Antipatia, dopo tutto, può dare qualche spunto sensato.

Alcune delle sue osservazioni non meritano molto di più che una scrollata di spalle. Le scuole italiane sono vecchie. Gli arredi del cortile (di quel cortile) non sono all'altezza degli standard nordici. Ma nooo? Chi lo avrebbe mai detto? Non ci siamo davvero mai accorti dello stato pietoso dell'edilizia scolastica, anzi ci diverte rischiare la vita ogni giorni. Stessa cosa riguardo al professore incapace. Al singolo professore incapace che le fa gridare orripilata che gli insegnanti italiani sono capre. Signora mia, buongiorno, benvenuta in Italia, uno dei paesi in cui si spende meno per l'istruzione e che ha metodi di arruolamento dei docenti tra i più cavillosi al mondo. Senza di lei non mi sarei mai accorta delle criticità del sistema in cui lavoro...

Ci sono due punti, però, nella sua lettera, che meritano qualche istante in più di riflessione.
Il primo più che la scuola riguarda la cultura generale, l'organizzazione e la sicurezza delle città. Ogni mattina davanti a ogni scuola, in qualsiasi posto in Italia, si crea un ingorgo creato dai genitori che accompagnano i pargoli in auto. E questo non avviene, o avviene molto meno nel resto d'Europa. Non si tratta di qualcosa di irrisolvibile, che necessiterebbe investimenti stratosferici. Basterebbe un'organizzazione diversa e, sopratutto, una cultura per cui è normale che i bambini possano andare a scuola, persino quando piove, con il pulmino o addirittura a piedi.

L'altro appunto interessante, invece, è interno alla dinamica scolastica. La signora lamenta mancanze di pause in cui i bambini possano muoversi. Ecco, su questo singolo punto, mi sento di darle ragione.
Un bambino delle elementari può arrivare a stare seduto oltre quattro ore con una singola pausa a metà mattina. Alle medie arriviamo a sei ore di lezione con un intervallo di dieci minuti. Ossessionati come siamo dalla sicurezza, in molte scuole l'intervallo si fa in classe, spazio che per altro è molto più pericolosi di un corridoio o di un cortile, anche se ci si muove poco, pieno com'è di banchi, sedie, cartelle e cartellette che sembrano create apposta per inciamparci. Se si esce si esce per poco e non si corre. Non si corre, non ci si rincorre, non si gioca. Di prendere un pallone neanche a parlarne, del resto con dieci minuti, anche volendo, ci sarebbe giusto il tempo di fare le squadre. Che si possa arrampicare, saltare, utilizzare qualcosa di simile a un parco giochi sembra addirittura fantascienza,
Eppure non ci vuole un fine pedagogista per capire che i bambini hanno bisogno di muoversi e che è più facile tornare a concentrarsi dopo che si è fatta una pausa che dopo ore piene di lezione.
È una riflessione che sto facendo da qualche anno, in realtà. Complice una classe che ha una grande energia fisica da sfogare e una scuola con ampi spazi esterni, il potere salvifico delle pause all'aperto è qualcosa che sto sperimentando. Sopratutto durante i pomeriggi. Avendo tre ore di lezione finale, un quarto d'ora di pausa all'aperto distruggerà il processo di apprendimento? In realtà no. Si esce chi vuole corre, chi vuole può prendere una palla morbida, gli altri passeggiano e chiacchierano. Ovviamente questo vuol dire che i ragazzi potenzialmente possono farsi male. Probabilmente non so esattamente cosa rischio. Nel triennio precedente ho avuto una classe di ragazzi che si facevano male nei modi più improbabili. Il caso più incomprensibile è stato una frattura scomposta a un gomito avvenuta perché la ragazza ha urtato il passamano mentre scendeva le scale. Ha urtato il passamano. Sotto i miei occhi e quelli di un altro docente. Non è stata spinta, non stava correndo o saltando. Ha semplicemente mosso il braccio. Frattura scomposta. C'è stato anche il trauma cranico con notte in ospedale di quello che si è alzato in piedi per salutare il docente, è inciampato non saprei dire dove ed è caduto all'indietro sbattendo la testa contro il muro. Alzandosi in piedi. Lo stesso ragazzo si è fratturato la caviglia scendendo una scala (diversa da quella del gomito), ma lì io non ho assistito alla scena. Inutile dire che dopo ogni singola lezione di educazione fisica qualcuno aveva bisogno del ghiaccio. Insomma ho fatto una certa esperienza con i moduli di infortunio e ho deciso che se tanto non posso impedire loro di scendere le scale e alzarsi in piedi, allora che escano e almeno si divertano. Posso dire che questo ha portato benefici visibili e meravigliosi alla didattica? No. Ma la pausa del giovedì pomeriggio è un bel momento, vengo informata sulla salute degli animali domestici, sulle letture, invitata a giocare a palla, cosa che ogni volta rifiuto.
Questa però è una classica soluzione all'italiana. La scelta di una singola docente, appoggiata e imitata a macchia di leopardo nella stessa scuola (cosa che non aiuta il senso di fratellanza, perché alcune classi hanno molti più docenti inclini alla pausa in esterno di altre). Bisognerebbe ragionare davvero sui tempi di attenzione e su ciò che si può umanamente chiedere a bambini e pre adolescenti e cosa no. Non so se possa essere davvero applicata l'idea di un quarto d'ora di pausa all'aperto ogni 45 minuti, ma forse è venuto il momento di pensare che anche stare all'aperto 15 minuti, magari ogni due ore, è funzionale all'apprendimento. Se non piove. Perché, cara signora finlandese, siamo comunque italiani. E i bambini italiani (ogni mamma lo sa) sono solubili in acqua piovana. È inutile che cerchi di convincerci del contrario.