"Ormai la scrittura è un hobby per ricchi" mi scrive con disillusione in una mail il responsabile della rivista on-line Kultural. E io, che non mi sono ancora psicologicamente ripresa ai "conti della serva" fatti dal sempre ottimo Penna Blu in questo post, in cui ha analizzato i costi del self, non posso che farmi, con preoccupazione, la domanda:
DAVVERO LA SCRITTURA È UN HOBBY PER RICCHI?
I COSTI DEL SELF
Ricapitoliamo. Secondo l'accurata analisi di Daniele pubblicare un e-book curato dal self autore, promozione esclusa, costa 2600 euro.
C'è chi nei commenti segnala che non è poi tanto, costa sicuramente di più fare sub o parapendio e questo è, del resto, il costo della libertà. Nessun editore che rompe le scatole e il 70% del prezzo di copertina va all'autore.
Qui mi tocca fare una doccia fredda di realtà. Perché io sono una prof precaria e quando va bene (quando ho cattedra completa e la conservo per tutto l'anno), prendo 1300 € al mese, luglio e agosto esclusi.
Infatti non pratico né subacquea né parapendio, pratico uno sport a costo zero e se dico a mio marito che voglio farmi da sola una vacanza da 2600 euro non solo lui mi chiede il divorzio, ma io gli do pure ragione.
Certo, può essere un investimento sul futuro. Però se, mettiamo, il mio e-book costa 3€, se va bene ne intasco 2,1 a copia (giusto? C'è qualche altra tassa di cui devo tener conto?). Ne devo vendere più di mille per andare in pari. Non per guadagnare, solo per andare in pari. Considerato il mercato attuale degli e-book in lingua italiana possiamo considerarlo un investimento almeno ad alto rischio. E al momento il mio bilancio famigliare me lo sconsiglia vivamente.
Ovviamente c'è chi consiglia di apprendere delle competenze e fare rete per abbattere i costi. Cosa che, però, ha un suo costo in tempo. Ogni ulteriore investimento in tempo per me, oggi, avrebbe dei costi, perché avrei bisogno o di ridurre l'orario lavorativo o di introdurre un aiuto domestico e quindi entriamo nel solito circolo del drago che si morde la coda.
I COSTI DELL'EDITORIA
Va poi tanto meglio con l'editoria tradizionale?
La crisi c'è, è innegabile. Questo porta gli editori a tagliare sempre di più i costi. Vogliono dei romanzi il più possibile perfetti. Pronti da stampare.
Selezione e editing sono sempre di più affidati ai privati. Agenzie di valutazione e di selezione che scremano e propongono all'editore opere già ottimizzate secondo le richieste del mercato. Va da sé e questa non è assolutamente una critica, che questi professionisti debbano pur campare. Visto che non hanno neppure loro certezza da parte degli editori, devono farsi pagare alla fonte, cioè dagli autori. Lettura e valutazione hanno il loro prezzo.
Anche qui si spera che sia un'investimento sul futuro. Un futuro che dovrà comunque passare da diversi step decisionali: il romanzo sarà proposto? Il romanzo sarà pubblicato? Alla fine l'autore, solo se sarà fortunato, avrà i suoi diritti d'autore (spannometricamente intorno al 10% per il cartaceo e al 30% per gli e-book, ma calcolate anche meno). Solo se sarà molto, molto fortunato avrà un anticipo a fondo perduto.
I costi sono variabili e difficilmente quantificabili. Diciamo che affidarsi a un'agenzia (passaggio assolutamente non obbligatorio, ma, mi pare, sempre più comune) costa almeno qualche centinaio di euro. Molto meno dei 2600 stimati per il self, ma si tratta di un investimento ad altissimo rischio. Alla fine la pubblicazione può anche non realizzarsi mai.
I costi sono variabili e difficilmente quantificabili. Diciamo che affidarsi a un'agenzia (passaggio assolutamente non obbligatorio, ma, mi pare, sempre più comune) costa almeno qualche centinaio di euro. Molto meno dei 2600 stimati per il self, ma si tratta di un investimento ad altissimo rischio. Alla fine la pubblicazione può anche non realizzarsi mai.
Alcuni effetti collaterali
Questo sistema ha, secondo me, alcuni effetti collaterali che sono solo in parte dovuti all'aspetto economico. Un sistema editoriale che va al risparmio, che scarica i costi alla fonte, è un sistema che non fa innovazione e che non può permettersi di rischiare. Sono poche le case editrici che fanno scouting e che curano la crescita degli autori (direi Delos, ma poi dite che sono di parte). Le agenzie proporranno agli editori libri che sanno avere un mercato, piuttosto che scommesse editoriali. Infine, i giovani autori rischiano di scoraggiarsi prima di aver raggiunto la propria maturità artistica.
LA SCRITTURA STA RISCHIANDO DI DIVENTARE UN HOBBY PER RICCHI
Ormai sembra quasi che il problema "vivrò mai di scrittura" non solo sia archiviato per sempre, ma si stia trasformando in "ho abbastanza soldi per dedicarmi alla scrittura?".
Perché se scrivere in sé costa poco o niente, pubblicare sembra avere sempre di più dei costi. O quantomeno dei non guadagni che, alla lunga, diventano costi.
Gli effetti io li vedo. Giovani autori di talento che per campare scrivono sempre più spesso altro rispetto a quello che vorrebbero (leggasi, testi su commissione). Altri che si barcamenano tra famiglia, lavoro e scrittura fino a che qualcosa si deve pur tagliare e questo qualcosa è spesso la scrittura.
Gli effetti io li vedo. Giovani autori di talento che per campare scrivono sempre più spesso altro rispetto a quello che vorrebbero (leggasi, testi su commissione). Altri che si barcamenano tra famiglia, lavoro e scrittura fino a che qualcosa si deve pur tagliare e questo qualcosa è spesso la scrittura.
Rimane sempre più a scrivere chi può permetterselo. Chi può permettersi editing, valutazione e agente (piuttosto che il molto tempo e denaro necessario al self). Chi può permettersi di girare l'Italia per presentazioni più o meno a proprie spese. Chi può permettersi di lavorare con le scuole (i ragazzi sono tra i pochi che ancora leggono), quindi di in orario lavorativo. Chi, insomma, può permettersi di mettere in campo risorse economiche e di tempo per la promozione del proprio libro.
Una scrematura a monte che poco ha che fare con la qualità della narrativa. Perché è vero che "bisogna investire su se stessi", ma se i fondi per tale investimento non ci sono si rischia di rimanere al palo.
PERCHÈ LA SCRITTURA NON PUÒ RIDURSI A UN HOBBY PER RICCHI
Gli scrittori sono i testimoni del loro tempo. Sentinelle sensibili in grado di decriptare la realtà e offrire possibili chiavi di lettura. Volendo, sono venditori di occhiali necessari per guardare il mondo.
Non sono un di più. La letteratura, quella vera, è necessaria per trovare chiavi di interpretazione dell'io e del mondo.
E non è pensabile che solo i privilegiati possano offrire tali chiavi interpretative.
Il rischio concreto è una letteratura che finisca solo per parlarsi addosso. Scrittori di salotti buoni che scrivono storie ambientate in salotti buoni in cui i personaggi sono scrittori ricchi. Del tutto avulse dalla realtà.
Per indagare il mondo bisogna innanzi tutto vivere in mondo. Vivere la società, esserne parte.
L'editoria non può accontentarsi di chi gioca a fare lo scrittore per hobby perché ne ha la possibilità, per il semplice fatto che così ci neghiamo la fetta forse più interessante di possibili autori. Quelli che non vivono nelle ville, non hanno attici nei centri storici.
Facciamo un gran parlare dell'autorefernzialità del cinema italiano, che parla solo dell'alta borghesia bene o con lo sguardo dell'alta borghesia bene, perché, al 99% è fatto da esponenti dell'alta borghesia bene, che se lo possono permettere.
Senza nulla negare ai grandi autori che possono nascondersi nell'alta borghesia bene, io non voglio SOLO questo genere di letteratura. Non mi interessa leggere SOLO libri scritti da chi se lo può permettere. Voglio leggere anche libri scritti da chi sentiva l'IMPERATIVO MORALE di scriverli. La NECESSITÀ di raccontare una storia, al di là del suo conto in banca.
Sono molto più preoccupata come lettrice che non come autrice.
Come autrice in qualche modo ce la posso fare (non nel self, ovviamente). Sono più o meno in pari e so fin dove posso spingere i miei sogni.
Ma come lettrice sento di non potermi perdere delle storie solo perché l'autore non ha la forza di ottimizzarle da solo o di promuoverle.
Ho ancora bisogno di editori che credano in autori non ancora del tutto maturi, che li facciano crescere fuori dall'ottica del "meglio un best-seller subito che un autore di culto domani", che li promuovano al di là della loro forza personale. Ho bisogno di editori che cerchino autori in grado di interpretare la realtà, di raccontare le vita fuori dagli schemi abituali. Per usare parole desuete, ho bisogno di autori che facciano cultura e non guadagno immediato.
Ce li ho bisogno come lettrici ben prima che come autrice.
E, chiaramente, non posso che chiedere a voi: la scrittura rischia di diventare un hobby per ricchi?