giovedì 31 dicembre 2020

Lettera al 2021


 Caro 2021,

Ridacci i sorrisi, ridacci gli abbracci.

Fai tornare "comportamento a rischio" quanto meno ubriacarsi a più non posso e poi fare sesso selvaggio con sconosciuti, oppure gettarsi da una discesa su una moto senza casco, non bere un caffè al bar.

Riconsegna i ragazzi alla noia della scuola, i camerieri alle corse tra i tavoli e alle mance mancante, gli istruttori in palestra al tedio degli esercizi tutti uguali. Ridacci il fastidio delle attività abituali, che avranno, magai, un sapore diverso.

Ridacci i figli che il 2020 ha negato. A chi ha perso il lavoro, si è trovato distante, è stato preso dalla paura e non ha osato. A chi ha interrotto cure considerate non essenziali, che nel conto dei morti quello dei nati si è perso per strada. A chi si è trovato diviso da un figlio già adottato lontano, in un mondo di colpo troppo grande e diviso.

Ridacci le visite a chi è in ospedale, che la malattia è già dura di suo, anche senza che la degenza si trasformi in reclusione.

Rendici i concerti, i teatri e musei che la cultura non debba mai più essere considerata un pericolo.

Se puoi, cerca di essere un anno del tutto ordinario. Di quelli di giorni fatti dell'alzarsi al mattino, andare sbadigliando al lavoro. Rendici il tedio delle cose normali. Il bigliettino al compagno di banco, la pausa caffè negli uffici, il continuo rimandare nell'iscriversi in palestra. Ridacci le chiacchiere con un conoscente a bordo strada, rendi le feste di compleanno ai bambini e i pranzi domenicali con i nipoti ai nonni.

Non farci dimenticare la sorpresa che abbiamo provato nell'uscire all'improvviso di casa, quanto di colpo fosse azzurro il cielo, di quale piacere intenso avesse il semplice camminare. Non farci dimenticare che la vera paura è un colpo di tosse, il suono di un'ambulanza lontano. Non farci dimenticare il conto degli affetti che tutti quest'anno abbiamo dovuto fare, scoprendone il vero valore. Non farci dimenticare cosa quest'anno ci è mancato davvero, quando ciascuno ha scoperto quale sia per lui la vera ricchezza.


BUON 2021 A TUTTI!



domenica 27 dicembre 2020

Letture del 2020


 Finalmente il 2020 si approssima alla fine.

Diciamolo a bassa voce, che negli ultimi giorno potrebbe avere ancora qualcosa da dire. L'unico bilancio sensato da fare, quest'anno, è la conta. I tradizionali auguri di famiglia allargata del 24 li abbiamo fatti via Meet e no, non c'eravamo tutti. Non ci saremo mai più tutti. I miei ci sono ancora, mia mamma ha ancora l'ossigeno qualche ora al giorno, ma il fatto di essere arrivati (quasi) alla fine dell'anno è già motivo di festa.

Almeno avrò letto il doppio? No, neppure questo, perché la Didattica a Distanza mi ha succhiato tempo e sanità mentale. Avrò letto meglio? No, neanche. 

Quest'anno, lo ammetto, ho cercato principalmente libri che mi potessero piacere, scelti per accontentare i miei gusti. Quindi molte gradite letture, pochi colpi di fulmine inaspettati, nulla che mi abbia cambiato la vita. Considerata l'annata, piacevole è già un gran complimento.

Ecco comunque la mia classifica.

3° CLASSIFICATI – PARIMERITO

Rientrano a parimerito qui i molti romanzi che mi hanno tenuto compagnia durante quest'anno. Libri diversi, tutti molto gradevoli. Di alcuni ho parlato, di altri no e non saprei bene perché. Per molti devo ringraziare la mia guru letteraria, Elena, che me li ha consigliati.

Le sette morti di Evelyn Hardcastle S. Turton. Un libro di costruzione e di atmosfera che ti obbliga a giocare a Cluedo con l'autore. Ottimo per gli amanti degli enigmi.

Aquila nella neve Wallace Breem senza se e senza ma il miglior romanzo sulla fine dell'impero romano.

Il vangelo secondo Beef Christopher Moore versione comica del Vangelo che riesce a non essere blasfema

La quinta stagione N.K. Jemsin forse fantasy, forse fantascienza, forse non un capolavoro come avevo letto, di certo però un ottimo romanzo.

Guida al trattamento dei vampiri per casalinghe Grady Hendrix casalinghe lettrici contro vampiro. Povero vampiro.

Io sono leggenda Richard Matherson classicone della fantascienza, con epidemia che trasforma in vampiri. Imperdibile nel 2020

Il segno dell'alleanza L. McMaster Bujold millesimo romanzo di una saga fantascientifica, non uno dei migliori, eppure gradevolissimo, con una sorta di ottimismo di fondo che in quest'autunno mi serviva proprio.


2° CLASSIFICATO

Il collezionista – Sergio Toppi


Questo è forse l'unico innamoramento inaspettato dell'anno, un volume (di cui non trovo una foto linkabile) che raccoglie storie a fumetti uniche per impatto visivo (mi sono innamorata alla follia delle tavole di Toppi) e intriganti alla lettura. Un classico del fumetto quasi dimenticato da riscoprire, non solo dagli amanti del genere.





1° CLASSIFICATO

Cannibali e re – Marvin Harris

Di questo saggio ho già parlato diffusamente qui. A distanza di mesi rinnovo il mio giudizio, un saggio in parte superato, ma comunque imprescindibile. Inoltre è talmente ricco di suggestioni, rimandi, brevi descrizioni visionarie, da aprire universi narrativi. In retrospettiva, dalla lettura di questo saggio, in agosto, sono scivolata sempre più verso l'horror e la voglie di provarmi con questo genere. Cosa che (SPOILER) mi ha regalato due freschi contratti (così freschi che non li ho ancora firmati) di cui riparlerò a brevissimo. La mia amata Le Guin chiamava questi libri, la cui lettura ti porta a inaspettati lidi scrittorei, "libri cavatappi". Ecco, questo è stato il mio.



Spero di riuscire a fare un altro post prima della fine dell'anno.

Per intanto vi chiedo quali sono state le migliori letture del 2020.

E, per chi vuole, c'è anche un nuovo capitolo della mia saga steampunk.


domenica 20 dicembre 2020

Verso il Natale


 In mezzo alla pandemia, dopo alluvioni, nevicate improvvise e una serie di imprevisti assortiti tra cui un quasi incidente stradale (unico ferito un finestrino, per fortuna) si intravede all'orizzonte il Natale.

Come tutti, anch'io sono impegnata a interpretare il grande gioco di società imbastito dal governo per capire cosa si può fare e cosa no. Come tutti, ci sono restrizioni che mi pesano più di altre, piccole o grandi tradizioni natalizie di cui sentirò la mancanza, altre a cui mi attacco con le unghie e con i denti perché neppure la pandemia possa strapparmele..

In tutto questo energie e tempo mi scivolano dalle dita. Ho trascurato i blog amici e le relazioni virtuali in generale. Anche quest'anno ho chiesto a Babbo Natale una Giratempo e anche quest'anno dubito di essere accontentata.

Vi racconterò più avanti di quello che in qualche modo sono comunque riuscita a scrivere, di quello che ho letto, delle sempre rinnovate follie scolastiche.
Ora è tempo di fermarci, respirare, disconnetterci, respirare l'aria di una Natale diverso, ma non per questo meno vero.

TANTI CARI AUGURI DI BUON NATALE



Per chi vuole, ecco l'ormai abituale link al nuovo capitolo della mia saga Steampunk

domenica 13 dicembre 2020

Io sono leggenda – Piovono libri


 Ottima idea, ottima idea davvero quella di proporre al gruppo di lettura questo libro nel pieno di una pandemia.

A mia discolpa posso dire che sono cinque anni che propongo questo romanzo. La scelta del libro da leggere avviene tramite una doppia estrazione e poi per votazione tra i due titoli. Che io ricordi Io sono leggenda non era mai stato estratta e io (l'ho già detto che sono testarda?) l'ho puntualmente riproposto ogni settembre. Fatalmente è arrivato il suo momento nel pieno della seconda ondata.

Io sono leggenda tornato agli onori della cronaca tredici anni or sono per una trasposizione cinematografica che, letto l'originale, ci azzecca poco, infatti, è un romanzo del 1954 che parte dal racconto di una pandemia. 

domenica 6 dicembre 2020

Come il sogno di volare – il mio racconto su Hyperborea.live

 


In questo 2020 poteva forse mancare l'improvvisa, precoce e abbondante nevicata? Ovviamente no. Le parole d'ordine le ha dette il premier Conte durante la conferenza stampa. Arrivato a "gli impianti sciistici rimarranno chiusi" il primo fiocco è sceso dal cielo.
Raramente da noi nevica così presto. Anche sulle nostre montagne la neve naturale già per l'8 dicembre è più un evento che routine. Ma è il 2020 e le regole non valgono. Devo dire che qui in zona arancione abbiamo un po' tutti accolto la neve con gioia fanciullesca, come una spolverata di novità più che come una fioccata di disagi. Non che siano mancati. L'asilo di mia figlia è rimasto isolato, raggiungerlo (e tornare indietro) non è stato facilissimo, ma i bambini l'hanno presa come una meravigliosa avventura (la mia con il vago disappunto "ma la merenda"?). Del resto siamo già passati da un alluvione, da queste parti, ormai non è certo una nevicata a spaventarci (anche se lo spazzaneve impantanato in mezzo a una strada che la mia Yaris percorreva tranquilla ancora mi mancava).
Questo clima di colpo fiabesco mi sembra perfetto per introdurre la mia ultima collaborazione.

la rivista on-line Hyperborea dell'associazione Italian Sword & Socercery ha infatti pubblicato il mio racconto Come il sogno di volare.

Gli autori raccontano spesso di aver sognato le proprie storie. A me è successo una sola volta, con questo racconto. Infatti è del tutto atipico nella mia produzione, un horror con tanto di vampiri.
Razionalmente potrei dire che è la mia reazione alle storie con adolescenti che "vissero per sempre non morti e contenti" (sì, non è un racconto recente). Ma la verità è che mi sono svegliata terrorizzata con l'immagine di un aereo che precipitava in mare.
Non l'ho pensato, l'ho solo scritto.
Forse per questo è rimasto così tanto nei miei archivi, l'ho sempre ritenuto un buon racconto, ma molto lontano dai luoghi, anche editoriali, che ero solita frequentare. Alla fine ha trovato casa. Ne sono assolutamente felice.

In quest'anno così folle è bello poter condividere un racconto, senza preoccuparsi di costi o distribuzione. Farlo con quello che io da sola non potrei fare, una veste grafica elegante e le giuste illustrazioni. Quindi eccolo qui, giusto a un click di distanza:


Con un'impaginazione infinitamente più raffazzonata, invece, per chi vuole, c'è anche il capitolo finale de Racconto di Pratile

domenica 29 novembre 2020

All'origine della violenza contro le donne – una questione (anche) di linguaggio


 Alla fine di novembre partecipo spesso a iniziative per l'eliminazione della violenza contro le donne e spesso scrivo qualcosa in merito.
Quest'anno avevo deciso di non farlo. In parte perché mi sembra che alla fine si rigirino sempre gli stessi discorsi, in parte perché poi la giornata dedicata finisce per diventare una delle tante "giornate della" in cui si deve fare qualcosa (sopratutto a scuola o a livello istituzionale), bisogna far vedere che lo si è fatto e poi si va avanti come niente. Tuttavia tra la cronaca mi ha servito talmente tante polemiche, talmente tante cose da farmi venire l'ulcera, che alla fine vale la pena di ribadire qualche concetto.

domenica 22 novembre 2020

Di DDI, DAD, Didattica capovolta, incrociata e spesso arrangiata


 La DaD dello scorso anno scolastico l'ho odiata con tutte le mie forze.
Sia chiaro, ero consapevole che fosse necessaria, ero consapevole che andasse portata avanti in un certo modo e alcuni risultati li abbiamo anche ottenuti. Però l'ho odiata. Ho odiato dover improvvisare da un momento all'altro qualcosa di cui non mi sentivo pronta. Ho odiato perdere di colpo il contatto umano che caratterizza il mio lavoro per trovarmi a fare esattamente ciò che per tutta la vita avevo rifuggito, un lavoro che mi portasse a stare giornate intere a fissare un monitor.

Quest'anno, almeno a settembre mi sono illusa.
Illusa che ce l'avremmo fatta in presenza.
Ho visto cose che una prof pensava impossibile. Non solo carta igienica in abbondanza in ogni bagno (in realtà non non ne abbiamo mai avuto carenza), ma disinfettante ovunque, carta ovunque, un livello di pulizia tale che sui pavimenti si sarebbe potuto mangiare. Addirittura il report della pulizia delle maniglie. Aree ben delimitare per l'intervallo, percorsi di ingresso e di uscita differenti. Un grado di organizzazione tale da farmi davvero sperare.
Poi li ho visti arrivare, gli alunni. Stipati come sempre nei pulmini, tutti mescolati. E ho capito che no, la mia era stata, appunto, un'illusione.
Infine nella mia zona è saltato del tutto il tracciamento. Qualche settimana fa si è arrivati all'assurdo che un esito di un tampone poteva arrivare anche due settimane dopo la richiesta, quando l'ipotetica quarantena per i contatti era bella che finita. Intorno a me ho perso il conto della gente ammalata e tutti i nostri bei disinfettanti scolastici nulla hanno potuto.

domenica 15 novembre 2020

Lamento di Portnoy – Piovono Libri (e chiacchiere varie)

 

Le nuove restrizioni, la zona rossa mette in luce le nostre idiosincrasie e le nostre debolezze. Ognuno di noi ha una sua frazione di libertà a cui non intende rinunciare. La corsetta, il caffè al bar, la chiacchiera col collega, il giro al mercato, quel piccolo brandello di normalità su cui ci asserraglia o la cui rinuncia sembra per assurdo pesare di più di quelle grandi.
Tra tutti, quelli che mi fanno più tenerezza sono gli innamorati. Che si abbia 14 o 94 anni, stare lontani da chi si ama è difficile. Per quanto non sia disposta a prendere alla leggera le norme del distanziamento sociale non riesco a ritenere colpevoli gli adolescenti che si appostano sotto casa dell'amato/a, chi ruba un (pericolosissimo, sia chiaro) bacio clandestino, chi si inventa la qualsiasi per un saluto nei boschi. Ogni età in questo momento ha le sue rinunce, ma nel fondo del mio cuore ringrazio che tutto ciò non mi abbia colto nel mezzo dei miei (per altro pochi e burrascosi) amori adolescenziali.

Ognuno poi si attrezza come si può, cercando di imbastire una normalità precaria, senza allarmare troppo magari i bambini. Qui da dove scrivo ormai il covid ci assedia. Ho amici ammalati, altri con sintomi in attesa di tampone, l'ambulanza ha portato via qualcuno giusto quattro o cinque case più in là. Mio padre è ancora positivo e mia mamma è ancora in ospedale. La trincea si è fatta più che altro psicologica, perché per loro la solitudine pesa. Gli ospedali, poi, sono fortini blindati da cui è difficile carpire notizie.
La nostra alla fine è una famiglia come tante, in una situazione come tante e non certo delle peggiori. Per attrezzarci alla sopravvivenza in questo autunno/inverno che si prospetta lunghissimo, alla fine il gattino l'ho preso davvero. Giovedì, con la sua autocertificazione in regola (del resto raggiungeva il suo domicilio definitivo) è arrivato Oberon. Obi si è installato in casa con la timidezza di un monarca. È uscito dal trasportino e si è diretto subito alla ciotola. Ha ispezionato casa, ha abbattuto tutte le mie piante (!) e si è installato sulla parte più alta del divano. Conscio della propria superiorità e consapevole che tutti noi siamo qui solo per servirlo, ha accettato di buon grado di giocare con il cucciolo d'uomo, di farsi accarezzare dagli umani e anche di accettare i servigi del persiano. In effetti la convivenza tra le palle di pelo sta funzionando molto meglio del previsto e le due creature insieme sono molto più buffe di quanto non siano prese singolarmente.



In questa normale anormalità prosegue anche il nostro gruppo di lettura, ormai in formato videoconferenza.
Lamento di Portnoy
Lamento di Portnoy è il lungo monologo che un ebreo americano prepara per lo psicanalista che dovrà incontrare. Vi spiega le sue origini, il rapporto con i genitori e sopratutto quello con il sesso e con le donne.
Ecco. Su questo il gruppo di lettura si è nettamente diviso e secondo me non è stata neppure una questione di gusto, di etica o di sensibilità, ma di mero funzionamento dell'immaginario.
Io sono molto visiva nella mia immaginazione, ho vivide immagini mentali, so usare (anche se di fatto usarle è troppa fatica) alcune tecniche mnemoniche basate sulla visualizzazione, considerati i miei occhiali vedo meglio i parti della mia mente che la realtà. Purtroppo non ho un controllo totale sul come il mio cervello visualizza ciò che leggo. Il capitolo 2 di questo libro è dedicato all'autoerotismo del protagonista. Che il mio cervello mi ha mostrato come un giovane Woody Allen (con però i capelli neri), nudo e intento a cercare di darsi piacere in ogni modo possibile. Ecco era come se questo arrapato adolescente non propriamente piacente si fosse installato davanti a me. Non ce l'ho fatta. Io lo capivo perfettamente che c'era ben altro e di ben più interessante nel romanzo. Ma niente, la mia visualizzazione mi impediva di concentrarmi su qualcosa di diverso dall'ansito del Portnoy brufoloso che il mio inconscio mi proponeva. Non ce l'ho fatta. E di solito non sono una che si scandalizza. Il problema qui era proprio estetico e visivo. Capirete che ciascuno è libero di darsi piacere con del fegato crudo, se crede, ma a casa propria, non nella mia! 
Non sono mai arrivata al capitolo tre. Per fortuna altri lettori lo hanno fatto per me e mi hanno riferito di ciò che comunque si intuiva già sotto la fregola dei primi due capitoli. Lamento di Portnoy è la lunga odissea interiore di un uomo che non trova se stesso. Si oppone ai propri genitori come potrebbe farlo un bambino, rinnegando la propria religione e allo stesso tempo continuando a guardare il mondo filtrato da essa. Chi ha letto ha rilevato come questo sia così tipico di molte persone di religione ebraica. Da un lato vivono la religione e il retaggio culturale, con tutto quello che ne consegue, come un peso da cui vorrebbero svincolarsi. Dall'altro vi rimangono ancorati senza riuscire a pensare a se stessi se non come a degli ebrei. In tutto questo, ovviamente, il sesso non è che una metafora, il desiderio di Portnoy di possedere sempre e soltanto donne non ebree a cui tuttavia non riesce a legarsi altro non è che una lotta contro se stesso e la propria identità. Ho trovato il dibattito molto interessante e stimolante. Tuttavia sono sicura che non arriverò mai al capito tre. Posso superare molte cose, ma l'inciampare nel Portnoy quindicenne che sparge ovunque il proprio seme è troppo.

Pre chi invece lo desidera Racconto di Fiorile – Epilogo (se volete, fatemi sapere cosa ne pensate)

lunedì 9 novembre 2020

Siamo ancora qui


 Siamo ancora qui, tutti quanti, il che è il meglio che possa chiedere dopo le ultime due settimane.
Quello che è capitato l'ho già raccontato su Fb, anche per dare informazioni a parenti e amici lontani.
I miei genitori si sono sentiti male, sono andata da loro, mia mamma faticava a respirare. Ho chiamato l'ambulanza e non ci voleva chissà quale intuizione per capire che era covid. Mia madre è stata ricoverata, mio padre aveva parametri di saturazione migliori ed è rimasto a casa. Io non sono più tornata a casa, non me la sentivo di mettere in pericolo marito, figlia e suoceri né di lasciare mio padre solo.

domenica 18 ottobre 2020

Signorina Else – Piovono Libri


 Una delle cose che la pandemia ha ridimensionato è stata la frequenza degli incontri con il gruppo di lettura. Adesso, però, ci siamo organizzati. Non ci spaventano i classici della letteratura mondiale, non possono certo spaventarci le videoconferenze!
La scelta per questa ripartenza letteraria è caduta sul romanzo Signorina Else di Schnitzler, primo esempio di flusso di coscienza in lingua tedesca.

sabato 10 ottobre 2020

Guida al trattamento dei vampiri per casalinghe – letture


 Ecco, è iniziata la scuola, non riuscirò più a leggere... È il primo ottobre, il sedici c'è l'incontro del Gruppo di Lettura, in cui sceglieremo il nuovo libro. Non c'è tempo per iniziarne uno nuovo... Questo lo dicevo prima di iniziare Guida al trattamento dei vampiri per casalinghe, 445 pagine fa. Perché quando un libro si vuol far leggere, in qualche modo si fa leggere.

domenica 4 ottobre 2020

La scrittura tra un'emergenza e l'altra


 Scrivo dal Piemonte alluvionato.

Fortunatamente qui dove abito il conto dei danni si limita a parecchi rami caduti, raccolto dei cachi compromesso e una mattinata senza corrente. Ieri, però, quando è tornata la linea telefonica è stato tutto un rincorrere parenti e amici per assicurarsi che stessero bene. Tra frane, strade interrotte (se non sprofondate) e ponti crollati il miracolo è che qui in zona non ci siano stati morti. 

domenica 27 settembre 2020

Al gran ballo del tampone


 L'autunno è tempo di funghi e di malanni. Sotto le prime foglie cadute abbiamo trovato entrambi. Ma se i funghi finiscono rapidi in padella, in tempi di pandemia con i malanni è tutto un po' più complicato.

giovedì 17 settembre 2020

Oida


 Permettetemi un altro post da prof.
Dopo tutto in questi giorni non riesco a essere molto più che una prof. Anzi, è già tanto se riesco a essere questo. Lunedì è stato il primo giorno di scuola e già mi è stato quasi fatali. Si, sa, noi donne siamo condannate a crampi mensili più o meno molesti, più o meno persistenti. Ecco, volete mica che i crampi mi lasciassero sola proprio in questo primo giorno di scuola di era Covid. Quindi sono venuti con me, più molesti e più persistenti. Io, le mascherine, il disinfettante, le cinque ore filate perché i colleghi ancora non ce li hanno dati e i crampi.
Il tutto con il bidello che doveva misurare la febbre, ma noi stavamo facendo attività all'aperto e all'aperto il termometro faceva il timido e non voleva collaborare. Allora siamo tornati dentro e abbiamo lasciato tutte le porte aperte come da manuale. Un uccellino ci ha seguito e poi non sapeva più uscire e continua a sbattere contro il vetro dell'unica finestre chiusa. Quindi ho abbandonato la classe, sono uscita, mi sono fatta vedere dall'altra parte del vetro, ho minacciato la bestiola, che finalmente ha trovato, almeno lei, la strada per la libertà.
Insomma, un primo giorno di scuola che già fa epopea.

lunedì 7 settembre 2020

Adesso però ripartiamo


 Ok, ci siamo.

Il sierologico l'ho fatto, il corso covid pure, la scuola si è attrezzata sfruttando ogni angolo disponibile, i banchi a rotelle arriveranno, i docenti che mancano forse. È ora di ripartire.

Non so chi passi di qui a leggere. Di sicuro colleghi, magari anche ragazzi. Non importa, questo è per voi, per chiunque nei prossimi mesi si trovi a dover frequentare la scuola.

sabato 29 agosto 2020

Verso la ripartenza


 

Ecco, questa sono io che guardo il nuovo anno scolastico, senza la più pallida idea di cosa ci sia sotto la nebbia.

Girando per la rete, sembra che ognuno abbia la propria certezza, sappia additare con sicurezza i colpevoli. Come al solito a me le certezze mancano e i miei desideri confliggono. Voglio sicurezza e una scuola che sia davvero scuola, sia per mia figlia che per me. Voglio sicurezza, ma anche la mia vita di prima. Ho letto che solo il 10% della popolazione, anche potendo, vorrebbe tornare al vecchio stile di vita. Beh, sapete una cosa? A me la mia vita, così com'era strutturata dopo 40 anni di tentativi, piaceva. Mi piaceva il mio lavoro per come si svolgeva (in classe). Mi piaceva vedere gli amici almeno una volta alla settimana. Mi piaceva che mia figlia facesse sport e frequentasse altri bimbi. Tutto molto banale e piccolo borghese, certo, ma mi piaceva. Però mi piace anche non finire all'ospedale e sopratutto non veder finire all'ospedale nessuno dei miei cari, grazie tante.

Quindi sono consapevole che i miei desideri confliggano e ho questa sensazione di inoltrarmi in un periodo in cui non mi piacerà fare ciò che è giusto fare. Poi c'è la nebbia che avvolge la scuola.

Sia agli atti. Ringrazio il cielo di non essere preside, di non essere vicepreside, animatore digitale, responsabile di alcunché e di arrogarmi il privilegio di potermi lamentare di decisioni che non devo prendere io.

domenica 23 agosto 2020

Letture – Cannibali e re

 

Quando studiavo archeologia sentivo spesso dire che archeologi e antropologi studiano quasi le stesse cose, ma non si capiscono. Ora che sono un'archeologa in disarmo e leggo spesso di archeologia ne comprendo il perché. Immaginiamo un archeologo che studi un villaggio preistorico, saprà quante persone usavano ogni capanna e ogni tenda. Saprà dove andavano in bagno, troverà anche i loro rifiuti e ne starà estasiato perché così capirà cosa mangiassero e con che frequenza. Se trova il cranio di uno di loro arriverà a definirne i tratti del viso. Di quel dato individuo saprà quindi quanto era alto, cosa mangiava, di quali malattie soffriva, come si vestiva, con che oggetti è stato sepolto. Non saprà mai cosa pensasse, se si è sposato per amore o per costrizione, quali dei adorava, se non a grandi linee, cosa pensasse di loro. Non saprà se quel singolo villaggio avesse usanze comuni con altri, se fosse alleato o nemico, se riconoscessero già una qualche forma di autorità di tipo regale. In generale, sono domande a cui gli archeologi, sopratutto i preistoricisti, si fanno poco. Si innamorano del particolare. Di quell'accampamento di cui possono ricostruire la vita quasi passo a passo, di quell'individuo di cui quasi possono accarezzare il viso. Dell'uomo del Similaun l'archeologo guarda il DNA, la tecnologia dell'abbigliamento, lo stato di salute. Non sa e poco si chiede come si chiamano gli dei che adorava, se li adorava. L'antropologo, a quanto leggo, guarda invece il generale. Le costanti del comportamento umano. Agli occhi dell'archeologo è affetto dalla "sindrome della teoria del tutto".

sabato 18 luglio 2020

Letture – La Quinta stagione





Questa è un'estate che offre un'illusione di normalità.
Porto mia figlia al parco e mi illudo che sia normale che quasi si commuova quando incontra un compagno d'asilo che non vedeva da febbraio. Cerco di progettare le lezioni per il nuovo anno scolastico, illudendomi di sapere che ci sarà un anno scolastico, più o meno come ci sono sempre stati. Mi illudo che sia normale iniziare a rivedere solo ora, solo all'aperto, amici che ero solita frequentare settimanalmente.
In quest'estate così precaria cosa c'è di meglio di un romanzo che inizia con la fine del mondo?

giovedì 9 luglio 2020

Dall'altra parte della barricata



Tre anni fa, a inizio estate, mi muovevo verso Cattolica come finalista del Gran Giallo Città di Cattolica, il premio letterario che tutti vorrebbero vincere (non l'ho vinto, ma già andare in finale è una gran cosa).
I motivi? 
Tanto per dirne uno ne ho conosciuto l'esistenza ben prima di iniziare a scrivere gialli perché sull'antologia scolastica di uno dei miei primi anni di insegnamento c'era un racconto che aveva vinto questo concorso. La giuria di qualità, poi, è di quelle che fanno gelare il sangue solo a leggerne i nomi. Almeno un mio racconto, almeno una volta nella vita, è stato letto da Franco Forte, Valerio Massimo Manfredi, Carlo Lucarelli, Andrea Pinketts. È già, nel suo piccolo, una cosa da raccontare ai nipoti.
Quest'anno il Myfest mi ha regalato un'altra esperienza di quelle da mettere nel cassetto speciale della memoria, anche se non so se ai nipoti interesserà mai, dato che ho fatto parte della pre giuria.

venerdì 3 luglio 2020

Letture per l'estate – Le cronache delle Ley




Sono del tutto incapace di promuovere i miei scritti, questo è un fatto.

Non mi capacito del fatto di inciampare così spesso da persone che lo fanno per me, con le parole che vorrei usare io e che, invece, io non so usare.
Questa volta il mio grazie va a Andrea Guido Silvi che ha dedicato ai miei racconti il pezzo che tutti gli autori sognano. Lo trovate qui

giovedì 25 giugno 2020

Letture dimenticate



Riemersa dalla lettura degli oltre 130 racconti del concorso giallo, sono stata colta da improvviso analfabetismo. Non ricordo un periodo della mia vita in cui la lettura mi attirasse meno. Se proprio a sera ho un momento libero boccheggio davanti alla tv, incappando in serie Netflix che alcuni miei alunni saprebbero girare meglio, ma che mi attraggono come fa la luce con la falena. In effetti al momento devo avere più o meno la vivacità intellettuale di una falena non troppo sveglia. Eppure, perfino dal mio stato di falena, ci sono libri di cui parlare.

venerdì 19 giugno 2020

La notte dopo gli esami (on line)



Riemergo, dopo oltre un mese di assenza social.

Tra l'altro blogger nel frattempo si è aggiornato, adesso ha un'interfaccia bellissima, ma non trovo niente!

Rieccomi, comunque, più o meno viva. In questo mese si sono sommate più cose, ma due hanno condizionato la mia vita, l'approssimarsi degli esami di terza media e la mia partecipazione come pre giuria al premio Gran Giallo Città di Cattolica, con i suoi oltre 130 racconti da leggere. Entrambe sono state esperienze interessanti, a loro modo totalizzanti. Di certo, però, l'esperienza degli esami on-line spero di non rifarla mai nella vita.

domenica 10 maggio 2020

Fino alla morte e oltre disponibile in ebook


Disponibile dal 12 maggio a 1,99€
In formato Kindle su Amazon
In tutti gli altri formati sul Delos Store

“Fino alla morte e oltre” è il giuramento tradizionale del Leynlared, quello che presto dovrà pronunciare chi si è unito all’esercito del principe Amrod.

Ven, il giovane pastore, Adman, il figlio della locandiera, Vilaya, la strega coyranà e Doneld il falconiere, sono sopravvissuti insieme al principe alla guerra invernale e hanno ottenuto la prima, inaspettata vittoria. Ma è adesso, quando il peggio sembra essere passato, che il dubbio inizia a farsi strada. Qual è esattamente il prezzo dal pagare per inseguire un sogno? Che ne è stato delle loro famiglie? E di chi ci si può davvero fidare?

Per tutti è venuto il tempo di scoprire cosa significa votarsi a una causa “fino alla morte e oltre”.

Con questo racconto termina la prima parte delle Cronache delle Ley, iniziate con La spada di Emarana e proseguite con i racconti La luna delle foglie cadenti e Il posto della spada, tutti editi da Delos Digital nella collana Fantasy Tales. Gli stessi personaggi tornano nei racconti presenti nell’antologia La spada, il cuore e lo zaffiro, edita Wild Beard con la supervisione di Rill.

Siamo arrivati al quarto, ultimo appuntamento con Delos Digital con Le cronache delle Ley.
Ci arriviamo con il racconto in assoluto più mio, il racconto più sofferto.
Lo vedete già dalla copertina, che è scura e con la spada impugnata. Le decisioni sono state prese e ora bisogna accettare il prezzo da pagare. Per i principi come per i pastori nulla è facile nelle Ley e ogni azione ha la sua conseguenza.
Credo sia doveroso avvisare che queste storie non potevano portare a un lieto fine tradizionale. Fin dall'inizio questi cinque racconti hanno avuto dei temi interni ricorrenti. 

Gli amori impossibili.
Cosa sei disposto a dare per cambiare il mondo?

Questo è principalmente un racconto sulle conseguenze e sul prezzo da pagare. Sul constatare che a volte l'unica cosa che si possa fare è del proprio meglio, anche se non è abbastanza.
Ci ho messo anni a scriverlo, nel senso che il cosa succede nel Leynlared è perfettamente chiaro nella mia testa da tantissimo tempo, ma raccontarlo, quello è un altro paio di maniche. 
L'ho scritto poi di getto, dopo aver ricevuto una brutta notizia. Quando l'ho finito ho scritto a una mia cara amica che mi legge sempre in anteprima: "adesso però avrei voglia di ubriacarmi". Quando anche lei lo ha letto ha risposto "in effetti alla fine ci si vuole ubriacare".
Questo per prepararvi. C'è un punto preciso, nel racconto, in cui è chiaro che no, non finirà tutto bene, ma si può solo andare avanti, con gli occhi aperti, verso  il destino.

Spero di non avervi troppo spaventato. Questa è una storia di giovani che riescono a cambiare il loro mondo, ma ne pagano il prezzo.

È la fine della storia, dunque? Non proprio.
È la fine di un ciclo, alcuni personaggi escono con questo racconto dalla narrazione. Altri però entrano, le vicende del Leynlared e di Amrod in particolare non sono certo concluse. Continuano nell'antologia La spada, il cuore e lo zaffiro. Ne trovate la copertina qui a fianco. Ormai lo riconoscete, Amrod, riconoscete la sua spada. Il primo racconto dedicato al Leynlared presente nell'antologia si connette direttamente a questo.
Infine, quello delle Ley per me è un progetto in continua evoluzione. Subito prima che il Coronavirus calasse su di noi stavo per iniziare a scrivere un racconto di questo ciclo, ambientato quasi 40 anni dopo questo.
Il mio enorme ringraziamento va ad Alberto Panicucci e ad Andrea Franco, che hanno permesso a questi racconti di uscire dal cassetto. Spero davvero che altre parti di questa saga vedano la luce. Nel frattempo il mio ringraziamento è enorme.
E grazie a voi che leggete, rendendo davvero vivi i miei personaggi.

Vi lascio con un disegno di Viola, relativo a quest'ultimo racconto.



mercoledì 6 maggio 2020

Racconti nel tempo del Coronavirus/10


E finalmente si tornò ad uscir di casa.
In attesa di poter tornare dagli amici a due gambe ci si consola con quelli a quattro zampe. Questa foto è stata scattata questa mattina, a circa un quarto d'ora di cammino da casa. Sono venuti i vitellini, le galline e i cavalli a salutarci. Un vitellino si è dilungato a chiacchierare con mia figlia in mucchese stretto, mentre la cavalla bianca ha accettato molto signorilmente la nostra mela. Ieri siamo andati a trovare i "congiunti onorari" ovvero i quattro asinelli dello zio. Al rientro la piccola ha fatto il lavoretto dell'asilo: mettere in un barattolo qualcosa che rappresentasse l'emozione del momento e il barattolo è stato tutto riempito di un bel giallo gioia.

Certo, non è proprio tutto gioioso in questa "fase 2". Qui, nel Piemonte non ancora al riparo dai contagi, tutti mi sembrano muoversi con grande cautela, tra restrizioni e problemi pratici. Con il rientro al lavoro la gestione dei figli è ancora più difficoltosa, in pratica le uniche opzioni sono: trascurare la sicurezza e mandare i bambini dai nonni, lasciarli a casa da soli se sono più grandicelli, rimanere a casa rinunciando allo stipendio. Chi come me cerca di barcamenarsi tra telelavoro e prole inizia a pensare alla casalinghitudine come un sogno. Va bene tutto e ci si adatta. Ma immagino che molte giovani coppie in questo momento stiano decidendo di non avere figli o di non farne un secondo, semplicemente perché se l'unica opzione possibile in caso di emergenza è rinunciare a uno stipendio la cosa diventa impraticabile.
Lo so che torno spesso su questo tema, ma sono piuttosto arrabbiata.
Ieri parecchie nonne sono passate con nipotini davanti al cancello di casa e (a distanza) mi hanno detto che sono disposte ad ammalarsi pur di permettere ai figli di lavorare. Non mi sembra davvero che possa essere questa una via praticabile. So perfettamente che ora le scuole non possono aprire in sicurezza, ma ci devono essere delle alternative praticabili (congedi simil maternità, par time alternati, servizi di baby sitteraggio a prezzo calmierato magari per occupare gli studenti universitari, insomma, qualcosa).

Io mi barcameno come posso, inizio a desiderare in modo morboso la fine della didattica a distanza, che pure, una volta capiti i fondamentali, funziona e dà anche soddisfazioni insperate. Sono solo stanca, di una stanchezza che ormai si accumula su altra stanchezza che sta su altra stanchezza. Ora sto facendo pausa dopo un pomeriggio di riunione. Nel mentre ho placato un pianto disperato, steso la pasta per la pizza per la cena e ritirato le lenzuola. E tutto questo è stato possibile solo perché il mio super marito ha preso appositamente ferie. Se no, come è successo ieri, avrei fatto lezione con la bimba in braccio, parlando per altro di un argomento notoriamente adatto alla prima infanzia: gli effetti della bomba atomica (ovviamente non ho potuto far partire il filmato che avevo preparato e che conteneva parecchie immagini crude). Non riesco neanche a immaginare quanto siano stanchi i genitori in situazioni più complicate della mia, con spazi ristretti o bambini che necessitano di attenzioni speciali.

Inutile dire che scrivere non è neanche un'opzione considerabile.
Per fortuna ho scritto in passato. Ho inviato un racconto a un concorso e magari proverò a far partecipare un romanzo a una selezione. Intanto proseguono anche le pubblicazioni con Delos Digital.
Settimana prossima esce l'ultimo racconto della mia mini saga fantasy Fino alla morte e oltre
Ecco qua la copertina.
Ne sono molto contenta. Sono contenta di aver trovato questa fotografia, che credo esprima appieno il cuore del racconto. In ogni copertina precedente c'era una spada. Infilzata nel terreno, gettata tra le foglie, in mezzo alla tormenta. Ora la spada è impugnata, le decisioni sono prese. Tuttavia la fotografia è molto cupa.
Ecco, questo credo sia necessario dirlo. Non aspettatevi un lieto fine. Questa è una storia di amori impossibili e di scelte che hanno prezzi di pagare. Lo è fino alla fine. 
A volte, l'unica cosa che si può fare è del proprio meglio. Anche se non è sufficiente.

Settimana prossima, per il lancio ufficiale, vi potrò dire qualcosa di più!

martedì 28 aprile 2020

Racconti nel tempo del Coronavirus/9


Eccoci qua, ancora dentro alla bolla che, lo ammetto, inizia a andarmi un po' stretta.

Sia chiaro, continuo a essere una privilegiata e il prato che si intravede nella foto ne è un esempio lampante. Il prato ora è un bene di lusso.

La stanchezza dopo un po' si accumula, però. Mi sono sorpresa a invidiare al marito una cosa piuttosto assurda da invidiare. Quando è in telelavoro e in videoconferenza o al telefono con i colleghi ogni tanto sbotta, o si lamenta. Ecco, facendo la prof/mamma/maestra d'asilo non si può mai sbottare. Alla figlia e agli alunni bisogna comunicare serenità, ottimismo e entusiasmo, praticamente h24. I bambini sono ovviamente sensibilissimi e in questa situazione captano con radar di rara efficienza qualsiasi turbolenza in arrivo. Quindi bisogna sorridere quando ti comunicano al telefono brutte novità, quando i tuoi sono preoccupati e lo diventi anche tu di riflesso, quando le notizie non sono quelle che vorresti sentire. Non puoi avere mal di testa, essere stanco o peggio senza scatenare il panico nella prole. Gli alunni non sono poi così diversi. Sono stanchi, preoccupati, a volte esauriti loro pure e la prof deve essere una figura granitica che dia loro certezze. Persino i compiti sono delle certezze che, se vengono a mancare, disorientato ("prof, ma come? Non ci carica niente il 1 maggio?" giuro). 

Inaspettatamente, quindi, perché nei fatti cambia poco o niente per me, attendo la fase due. Per uscire con la figlia nei boschi. Andare a trovare gli asinelli dello zio. Andare a vedere, da lontano, all'aperto, con la mascherina, i miei, che non vedo credo dal 15 febbraio. 

La fase due, intanto sta mandando in panico le famiglie. Ora forse noi ce la caveremo sempre con i nostri orari assurdi, perché, forse, l'azienda di mio marito, dopo aver già messo in quarantena un intero turno, pare mantenere un regime di cautela. Ma come se la caverà chi non avrà la stessa fortuna?
Il baby sitter a due metri di distanza con la mascherina? Davvero? 
Ora, mi rendo conto che non ci sono soluzioni semplici, ma qui vedo un rapido ritorno agli anni '50 (per non dire '20), con le donne che per causa di forza maggiore, una volta confrontati gli stipendi, decidono di rinunciare al loro in quanto inferiore. E ciao ciao anni di conquiste sociali. 
Le soluzioni sono difficili, l'unica che mi viene in mente è il part time a orari alternati per entrambi i genitori (se si ha la fortuna di averne due, di lavori e di genitori). Non so se sia fattibile, ma mi piacerebbe che si battesse almeno un po' la strada della sicurezza e delle pari opportunità.
D'altro canto anche la riapertura delle fabbriche qui da noi, con i contagi ancora belli vivi e tante piccole aziende, con pochi spazi e (diciamolo) una propensione a seguire le regole molto italiana mi preoccupa assai.

Vorrei dire che mi consolo leggendo. In realtà leggo molto poco e mi scuso per altro con le blog amiche di cui desidero davvero leggere le opere. Al momento sono ancora lì, in attesa, ma il loro momento arriverà.
Sono comunque riuscita a terminare tre romanzi, assai diversi tra loro, che, in modo altrettanto diverso mi sono (chi più e chi meno) piaciuti e il cui ricordo rimarrà per sempre legato alla pandemia.

Conclave
Ogni tanto torno a Robert Harris, che è sempre una garanzia. Questa volta l'autore di Fatherland immagina il prossimo conclave. Sì, proprio il prossimo, perché il defunto papa di cui non viene fatto il nome è inevitabilmente Bergoglio. Un Bergoglio di fantasia, certo, ma mi chiedo quanto lontano dal vero. Un papa intransigente con i suoi principi (per altro sacrosanti), che ha mosso guerra alla curia, rimanendo isolato, deluso e quasi paranoico. 
La sua morte e il relativo conclave sono raccontati proprio dal punto di vista di un uomo della curia, il decano dei cardinali. Un uomo che, inaspettatamente, viste le premesse, è dotato di una squisita sensibilità e di una fede, per quanto minata dal dubbio, cristallina. Un uomo, insomma, che è bello pensare esista davvero. È lui che, in quel covo di intrighi che è la curia, disfa un nodo dopo l'altro per far sì che il nuovo papa non si l'espressione di una sporca guerra di potere. E il nuovo papa... Beh, il libro finisce con un colpo di scena che di per sé è abbastanza improponibile, ma che non sono riuscita a non apprezzare.
Una lettura agile. Molto più leggera di quanto il titolo lasci presagire, che riesce quasi, sul finale, a prendere in giro le autorità della Chiesa senza mancare davvero di rispetto.

1793
Tra le mie letture forse il romanzo con più potenzialità e quindi quello che mi ha più deluso.
Il romanzo svedese, scritto da un autore che ha un cognome che sembra una maledizione nella lingua di Mordor, forse non si presentava come un buon libro da pandemia, ma mi ha subito preso.
Nella Stoccolma del 1793, l'anno che in Francia è quello del Terrore, viene ritrovato un cadavere con tutti e quattro gli arti amputati. A occuparsene un giovane giudice integerrimo che sta morendo di tubercolosi e un reduce di guerra disilluso che ha perso un braccio in battaglia. L'atmosfera è quindi cupissima, da "qualsiasi cosa accada andrà malissimo" eppure è la cosa che più mi è piaciuta. I due protagonisti funzionano molto bene insieme, secondo la regola degli opposti che si compensano. Il giovane illuminista che si aggrappa alla ragione anche alla fine della vita e l'uomo disilluso, semplice a cui la vita ha però dato una seconda possibilità.
Quello che non funziona è la parte gialla. Ma proprio le basi. Capisco che con uno dei detective malato terminale in un mondo senza tecnologia era un problema, ma il memoriale che spiattella tutti i retroscena oggi non si può leggere. Così come l'assassino psicopatico che si consegna senza colpo ferire (perché se muoveva un dito ammazzava i nostri volenterosi protagonisti senza neanche una goccia di sudore). Insomma, l'atmosfera e i personaggi fanno tanto, ma non tutto.

Il vangelo secondo Biff
Devo questo libro alla mia amica e consigliera letteraria di fiducia Elena. 
Ogni giorno Elena mi manda una recensione di un libro che le è piaciuto e appena ho visto il nome dell'autore di questo ho avuto un'esperienza proustriana.
Perché Moore io l'avevo letto credo alle medie, con un altro romanzo (che ho ora recuperato) e mi era piaciuto alla follia. Ne ricordavo uno stile molto simile a quello di un certo Gaiman.
Pur con queste premesse avevo delle perplessità. Si può scrivere un libro comico su Gesù senza essere (troppo) blasfemi? Perché, pur essendo io tendenzialmente agnostica, la blasfemia mi disturba.
Si può.
Perché se gli angeli sono assolutamente dei decelebrati (pare che sia stato questo a spingere Dio a creare gli uomini), Gesù si può solo amare.
Ma andiamo con ordine. Biff è un bambino di Nazaret. Un bimbo del tutto normale, anche un po' sbruffone, ma il suo migliore amico si chiama Gesù. Gesù è un bimbo strano, che la fissa della giustizia, finirebbe facilmente per essere il più bullizzato di Nazaret, ma Biff ne diventa l'angelo custode. La forza di Biff, come personaggio e come narrazione, è tutta qui. Biff è un bambino e poi un uomo comune, vuole avere soldi e successo con le donne (almeno successo con le donne) ma sente che Gesù è qualcosa di diverso e di prezioso e va protetto. Attraverso i suoi occhi non si possono non provare gli stessi sentimenti per una creatura che è umanissima, ma dotata di un candore e di un senso di giustizia divino. La parte sull'infanzia è godibilissima. Gesù si esercita con miracoli più o meno riusciti (le resurrezioni danno sempre problemi), sia lui che Biff si innamorano senza speranza della bella Maddalena, detta Maddi, e si cacciano nei guai nel tentativo di circoncidere una statua romana. Segue una parte che ho trovato un po' meno riuscita sui viaggi in oriente alla ricerca dei tre re magi e  della loro saggezza. Poi c'è il ritorno, dove il romanzo si riprende alla grande e dove la risata si fa amara. Perché Biff non ha nessuna intenzione di arrendersi alla più volte predetta morte di Gesù. Oltre tutto il Gesù dei vangeli appare in questa parte di narrazione ancora più umano, concreto e amabile (delizioso il momento in cui scaccia i demoni, mandandoli a infestare dei maiali, scordando che i maiali appartengono a dei non ebrei che non apprezzano vedere indemoniati i loro futuri salami). E quindi Biff fa di tutto per salvarlo, inventa ogni sorta di piano per scongiurare la crocefissione e, quando l'ineluttabile accade, non regge. Anche se la cornice offre un lieto fine, quello del "vangelo secondo Biff" è amarissimo e, proprio per questo, perfetto.

venerdì 24 aprile 2020

Il perché del 25 Aprile raccontato dai miei alunni.

Oggi sfrutto i miei alunni.
Avendo due terze medie da far lavorare a distanza li ho sguinzagliati per gli archivi on-line e le loro soffitte per cercare una risposta a una semplice domanda: ha senso festeggiare il 25 aprile? Che cosa è esattamente finito quel giorno del 1945?
Il compito quindi era capire cosa fosse successo nel nostro territorio, da Novara, nostro capoluogo di provincia, ai laghi dal 1943 al 1945.
Ogni gruppetto in autonomia ha scelto un taglio da dare al lavoro. C'è chi ha scelto di lavorare su un luogo in particolare, chi sulle brigate partigiane, perché magari aveva un bisnonno partigiano. Tra tutti i lavori ne ho scelto uno che non è il più bello esteticamente, non è il più personale (alcuni affondano davvero nella storia famigliare) ma è il più completo rispetto al tema che il gruppo si è dato: sono stati uccisi degli ebrei sul nostro territorio?













Se pensiamo che parliamo di un territorio estremamente ridotto, tra il Lago Maggiore e il Lago d'Orta, non urbano, credo che questi numeri facciano davvero impressione.
Ho chiesto poi di evidenziare su una cartina con tutte le uccisioni censite, siano state le vittime ebrei o partigiani catturati (esecuzioni, non azioni di guerra)


Nella nostra zona, quella dei laghi, non c'è praticamente paese in cui i nazifascisti non abbiano ucciso qualcuno.
Il 25 aprile ha messo fine a tutto questo.
Non credo serva aggiungere altro.