Quest’anno scolastico non è finito. Si è afflosciato. Svuotato lentamente. Adagiato.
Si è addormentato lentamente, come fanno i bambini, quando continuano a sbadigliare, ma protestano di non avere sonno.
Gli ultimi sono stati giorni strani. Gli scrutini sono stati fatti con un anticipo mai visto. E quindi ci siano trovati ad andare a scuola con i programmi chiusi, le medie fatte, persino il conto delle assenze già cristallizzato.
Si è creato uno strano clima di autogestione, con le classi che stavano per lo più all’aperto, passeggiate al posto delle lezioni, cineforum su proposta dei ragazzi, ma sembrava che nessuno avesse davvero voglia di porre fine a tutto questo. Nessuno aveva più voglia di studiare, ma la voglia di venire a scuola, quella non era passata. Perché questo, in fin dei conti, è stato l’anno in cui abbiamo capito che la scuola è molto di più della somma degli insegnamenti che vi vengono impartiti.
Questo è stato un anno di follia didattica (spero) difficilmente uguagliabile.
Ho fatto lezione in una ex mensa, con una colonna in mezzo che bloccava a tre ragazzi la visione della lavagna, in un ambiente in cui ogni parola rimbomba, senza LIM, ma con un computer collegato a un proiettore che proiettava (appunto) nell’unico punto del muro in cui batteva il sole.
Ho fatto lezione da casa gli alunni a scuola.
Ho fatto lezione da scuola agli alunni a casa.
Ho fatto lezione a scuola con tutti gli alunni a casa e un alunno collegato via web.
Ho fatto lezione a scuola a classi con un gruppetto a scuola e la maggior parte a casa.
Ho fatto lezione a scuola a classi con la maggioranza a scuola e un gruppetto a casa.
Ho fatto da supporto a lezioni fatte da casa a un gruppo a casa e uno a scuola.
Ho fatto lezione da scuola ai ragazzi a scuola ma via web.
Credo sinceramente di aver provato tutte le combinazioni di DDI (Didattica Digitale Integrata) possibili, con vette di particolare improbabilità. Ho assistito da scuola insieme a un ragazzo audioleso a una lezione fatta da remoto dal docente di musica in cui in teoria sarebbe stato importante capire quale fosse la nota suonata dal docente a casa e trasmessaci dalla LIM. Per riuscire a far interagire la classe che rimbomba con un esperto esterno ho dovuto tenere 24 ragazzi, tutti presenti, ciascuno collegato al proprio dispositivo, con cuffie e microfono e in questo modo facevano anche le domande a me che stavo a due metri di distanza. Questo del resto è stato anche l’anno in cui gli Ipad sono sbarcati a scuola e ci siamo trovati tutti con la nostra piccola astronave in mano. A un certo punto è diventato più facile comunicare con l’Australia che con il vicino di banco.
In tutto questo non ci siamo risparmiati un alluvione di quelli da far passare tutta una giornata a rintracciare parenti e amici, per assicurarsi che stessero bene e una nevicata che ha isolato l'asilo di mia figlia e ha reso il rientro a casa un'odissea di oltre due ore, invece che gli abituali 15 minuti.
Mai come quest’anno ho sentito che la scuola è quel posto, reale o virtuale, in cui passiamo tantissimo tempo. E è un tempo che non può essere di sofferenza. Soprattutto se già il mondo intorno sembra impazzito, se l’angoscia raspa con forza alle porte della nostra mente. Quasi tutti, a turno, per lo più per contatti esterni alla scuola, siamo finiti in quarantena. E quando si è chiusi in casa, isolati anche dai propri cari, il tempo non passa più. L’ho vissuto io, ma ho avuto anche ragazzi, unici positivi in famiglia, che sono stati messi in isolamento nella propria stanza, da soli, con il collegamento con la scuola come unica finestra di socialità. Quasi tutti, a turno, siamo stati angosciati per la salute dei nostri cari. A volte, purtroppo, la preoccupazione è finita con un lutto.
Mai come quest’anno ho avuto la percezione del fatto che la scuola non è un luogo ma un tempo, uno spazio di vita. E non può essere un tempo buttato, un buco nero di noia. Deve essere, necessariamente, un tempo di qualità. Una frazione di vita intensa.
Questo era anche l’anno della sperimentazione senza zaino. Che in parte è morta di covid, perché non abbiamo derogato alle regole di distanziamento, che hanno resto impossibile quella condivisione di spazi e materiali che è parte integrante della metodologia. Dal momento, poi, che a scuola non si poteva lasciare niente, che ogni ragazzo doveva avere la propria dotazione personale e ogni prestito doveva passare dalla pulizia del materiale, si è trasformata in una scuola con sempre più zaino. Ai libri e ai quaderni si è aggiunto l’ipad e qualsiasi altro materiale si dovesse usare. Interi plastici dovevano andare a casa e tornare con gli alunni ogni giorno.
Il senza zaino, però, è stato almeno un pretesto per sperimentare. In un mondo di colpo così spaventoso non potevo avere paura di provare a fare. Cosa? Qualsiasi cosa che ci permettesse di imparare stando bene. Partendo dal presupposto che se stavo bene e mi divertivo io probabilmente sarebbero stati bene anche i ragazzi, questo è stato l’anno in cui ho provato più cose nuove. Forse è stato l’anno in cui mi è passata definitivamente la paura di non riuscire a fare tutto, dato che con questi continui cambi di regole e modalità sembrava pura utopia finire quanto programmato a settembre. Per assurdo, è stato l’anno in cui abbiamo terminato gli argomenti da affrontare prima dei giorni di lezione.
Abbiamo provato quindi.
Abbiamo costruito vulcani facendo a gara tra i ragazzi a scuola e quelli a casa a chi li finiva prima. Abbiamo decostruito in ogni modo possibile i poemi epici e abbiamo stabilito che quest’anno in nostro eroe è Ettore. Perché in fondo, in mezzo a una pandemia, vogliamo qualcuno che combatta per noi per farci coraggio, pronto a morire piuttosto che abbandonarci. I ciclopi e le sirene li lasciamo per tempi migliori. Abbiamo (cercato) di imparare i verbi saltellando nel cortile della scuola. Abbiamo cercando di rendere viva la storia, un po’ più vicina e meno astratta e del resto lo sgomento dei medioevali di fronte alla peste non era così diverso dal nostro.
Abbiamo provato e abbiamo cercato. Non sempre siamo riusciti nel nostro intento. Solo il futuro mi dirà se i ragazzi hanno nonostante tutto imparato.
Eppure questo è stato un anno di cui ricorderò il tempo scuola con simpatia, se non con piacere. Perché in alcuni momenti è stato quasi il mio tempo migliore.
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Prof pronta per lezione di storia |
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Elaborato di francese sopravvissuto al volo |
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Duello omerico in corso
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Invasione vichinga |
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Scriptorium medioevale |
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Vulcani pronti all'eruzione (diligentemente distanziati anche loro)
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Quello che ho imparato quest'anno, anche grazie ai miei alunni, è che non possiamo scegliere il tempo che ci è dato da vivere. A volte, solo a volte, possiamo scegliere come viverlo.
E comunque, ora la scuola è finita. È iniziata la scuola estate...
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Noi oggi a lezione... |