Che la situazione della lettura in Italia sia tragica è cosa nota e non ha senso stare ancora a piangerci addosso. È un problema nostro. Basta andare all'estero e prendere un mezzo pubblico per capire che altrove non è così. Quindi non è colpa dello stile di vita, della crisi, dei nuovi media. Quest'estate, sui traghetti delle Orcadi, dove pure internet era disponibile e i cellulari prendevano, tutti leggevano, a prescindere dall'età e dall'occupazione. Riviste, romanzi, ebook. Leggevano.
Da noi non è così.
Lavorando con i ragazzi ho una mia idea precisa del perché questo non avvenga. Ho un'idea anche delle cause, ma la loro analisi mi porterebbe lontana dai toni di solito pacati (o almeno educati) che cerco di tenere sul blog.
Ovviamente devo semplificare, parlo dei miei alunni, ma in senso lato, senza aver in mente quelli attuali in modo particolare (che, per altro, leggono più della media, sopratutto le ragazze).
I miei ragazzi non leggono perché è un'attività che neppure prendono in considerazione. I loro genitori per lo più non leggono se non per lavoro e, in quel caso, con evidente noia (non tutti, ovviamente, mi scuso fin da ora con i genitori che leggono). I loro amici non leggono. I loro eroi non leggono. Leggono persone noiose e che non stimano in modo particolare, professori, gente che in tv fa loro la paternale. Spesso, l'unico ambiente in cui vengono a contatto con i libri è la scuola. La lettura è associata a un dovere, quello dello studio, non certo a un piacere. Fuori da scuola possono passare la loro intera vita senza mai inciampare in un romanzo o in qualcuno che legga.
BISOGNA RIPORTARE LA LETTURA ALL'INTERNO DELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO
Passare l'idea che non si debba leggere perché... Ma che SIA NORMALE LEGGERE. Un'attività imprescindibile, ovvia, parte della vita di tutti, come mangiare, andare a passeggio e ascoltare musica.
Prendiamo questo esempio. In quanti film, pubblicità, serie televisive si vedono delle persone che ascoltano musica senza che questo sai il cuore del discorso? Lo fanno semplicemente perché è normale farlo. Quanti invece leggono?
– Rappresentare nei media la lettura come un'attività abituale
Sembra una sciocchezza, come tutte le cose che hanno a che fare con l'immaginario collettivo.
Prendiamo una pubblicità. L'attore famoso si alza dalla poltrona per andare a gustare la pasta al tonno sul terrazzo vista mare. Facciamogli posare un libro mentre si alza, mostrando che un attimo prima stava leggendo.
Nelle serie televisive nelle scene di passaggio, quando i personaggi sono ripresi intenti a fare attività abituali, di solito prima che accada qualcosa di funzionale alla storia, mostriamoli intenti a leggere.
Facciamo in modo che gli sceneggiatori inseriscano battute in cui i personaggi citano libri, personaggi, situazioni letterarie. Facciamo in modo che sia chiaro che i nostri ispettori, carabinieri, innamorati di "Un posto al sole", eccetera leggono.
Questa è, ovviamente, una vera e propria operazione culturale che deve essere voluta e organizzata. Meno roboante di tante altre iniziative culturali, ma alla lunga, forse più efficace.
– Far parlare di letteratura gli eroi dei ragazzi
Non in spazi preposti o in terribili spot fatti ad hoc, ma nei discorsi abituali.
Nelle trasmissioni di approfondimento sportivo chiedere, tra le altre cose, al calciatore, al motociclista e al rapper a quale personaggio letterario sentono di somigliare, in quale libro vorrebbero vivere.
Passare l'idea che sia normale per tutti leggere, anche per i vip. Non tempo perso o un obbligo, ma qualcosa che arricchisce tutti.
PRESENTARE LA LETTURA COME UN'ATTIVITÀ PIACEVOLE
Che la scuola debba portare i ragazzi alla lettura per me è sacrosanto. È inevitabile anche imporre un certo numero di letture ai ragazzi. C'è però modo e modo e lettura e lettura.
C'è ancora l'idea che i ragazzi debbano per forza leggere i classici della letteratura o libri con tematiche forti, importanti, che li facciano riflettere. Questo è sacrosanto, tuttavia non tutti i ragazzi di, ad esempio, una terza media, hanno le competenze linguistiche per leggersi I promessi sposi o la giusta propensione d'animo per affrontare Se questo è un uomo.
Cerchiamo, sopratutto noi insegnati, di non passare l'idea che leggere sia solo sorbirsi storie tragiche scritte in maniera complicata. Spieghiamo che ci sono libri che ci aiutano ad affrontare le pagine peggiori della nostra storia, che ci raccontano vicende tragiche e dolorose, ma che la letteratura non è solo quello. Che ci sono libri che fanno ridere, libri che appassionano, storie a lieto fine e che leggerle va bene comunque, così come va bene guardare una sera un film impegnato e una sera uno comico.
Cerchiamo autori che sappiamo parlare ai ragazzi con passione ed entusiasmo e portiamoli nelle scuole. I miei alunni, ad esempio, adorano Antonio Ferrara. Li diverte, li coinvolge e quando leggono i suoi libri, mi raccontano, è come se sentissero la sua voce. È uno dei pochi autori che sia riuscito a coinvolgere e a far leggere davvero anche i maschietti.
NON PRESENTARE LA LETTURA COME UN'ATTIVITÀ DIFFICILE
Io sono dislessica, quindi lungi da me sottovalutare o svilire le difficoltà di lettura.
Tuttavia negli ultimi anni si è esagerato, secondo me, nel presentare la lettura come un'attività difficile. È passato il messaggio che i testi vanno semplificati, resi più accessibili perché di base non lo sono.
Partiamo dal presupposto, invece, che ognuno ha il suo modo di leggere. C'è chi legge anche caratteri lillipuziani, chi preferisce il corpo 16 (e sia grazie all'ebook che permette di personalizzare). C'è chi legge fluentemente ad alta voce, chi, come me, se deve farlo spesso e volentieri si incarta sulla pronuncia delle parole, ma capisce lo stesso. Chi ama ascoltare un audiolibro. C'è chi legge tomi da 1200 pagine e chi si spaventa se vede un libro spesso.
Che ognuno trovi il suo modo, senza fare graduatorie.
Ma non diciamo ai nostri ragazzi che leggere è difficile!
Invitiamoli a trovare il loro modo di leggere e diciamo che va comunque bene perché, appunto, è il loro.
La lettura non ha bisogno di particolari "perché" è parte della vita, come svegliarsi al mattino, mangiare, andare al lavoro, innamorarsi, sognare, arrabbiarsi, fare amicizia, litigare e poi fare pace.
Si può sopravvivere senza mai innamorarsi, senza mai sognare, senza mai fare amicizia, senza far pace dopo i litigi, senza leggere. Ma non è che sia una gran vita.
Voi cosa ne pensate?