Sono laureata in archeologia del neolitico e ogni volta che apro un testo delle elementari e leggo i capitoli dedicati alla preistoria rischia di partirmi un embolo.
Al di là del fatto che sulla neolitizzazione gli autori sono fermi alla preistoria (battutona) della scienza e ignorano l'influenza di cosucce tipo la fine di un'era glaciale e almeno trent'anni di studi, i capitoli del "come si viveva" fanno accapponare la pelle. Uomini cacciatori e donne raccoglitrici la fanno da padrone, con illustrazioni che mostrano donne sul fondo delle caverne o delle capanne circondate da figli e fieri uomini barbuti intenti ad abbattere i mammut. Sono sempre uomini quelli che nelle illustrazioni dipingono le caverne e tutti coloro rappresentati come capi. Sappiamo da almeno trent'anni che la situazione era molto più articolata, ma non riusciamo a mettere le piume ai dinosauri, figuriamoci se riusciamo a revisionare la figura della donna nella preistoria.
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Se non hai la barba il mammut non lo cacci. Bonus se sei a torso nudo nella neve |
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Se non sei uomo il mammut non lo dipingi |
Questo libro, scritto da Mrylene Patou-Mathis, un'esperta di neandertal, vuole distruggere una volta per tutte questi stereotipi. Ci riesce? Non come avrei voluto, purtroppo.
Partiamo da quello che "ci dice la scienza", ma ve lo spiego io e non l'autrice. Purtroppo non ho la pretesa, ma la certezza di essere più chiara.
La donna nella preistoria - quello che sappiamo
Partiamo da un dato. Sulla società preistorica sappiamo poco. Società preistorica è già un errore. Per il solo homo sapiens il paleolitico (il periodo precedente all'agricoltura) è durato circa 30000 anni. Fate un po' voi quante culture ci possono essere in 30000 anni. Quindi tutte le osservazioni si riferiscono a quanto ritrovato, a quei singoli casi in quei singoli luoghi.
Il primo dato importante è che nel paleolitico il dimorfismo sessuale era minore. In particolare altezza e sviluppo muscolare erano simili. Stando ai resti scheletrici studiati sia uomini che donne camminavano molto e avevano muscolature sviluppate. Nei neandertal in particolare sia uomini che donne avevano la muscolatura delle braccia particolarmente sviluppata e simile a quella che si osserva oggi nei lanciatori di giavellotto. Supponendo che non fossero olimpionici, è plausibile che sia uomini che donne cacciassero con la lancia. Per quanto riguarda i sapiens, la muscolatura "da lancia" è presente in alcuni scheletri maschili e in pochi femminili (tra quelli ritrovati). Sia uomini che donne, però, avevano muscolature possenti e sembrano aver avuto accesso a una dieta ricca di proteine (in molti momenti della storia le bambine sono state nutrite meno e/o con cibi meno proteici). Molte delle sepolture ritrovate hanno un corredo, oggetti che si suppone che siano preziosi, pietre non presenti in quella zona, collane fatte con canini di cervo e cuffiette fatte con conchiglie (in zone in cui quei molluschi non vivono). Lo stesso corredo si trova sia nelle sepolture maschili che quelle femminili. Quindi dai resti scheletrici non possiamo dire che le donne si occupassero solo dell'accudimento né che avessero un ruolo subalterno.
Pochissimo possiamo dire sulla cultura del paleolitico europeo, però abbiamo un certo numero di oggetti artistici tra pitture, statuine di pietra, d'osso, avorio e argilla cruda. La maggior parte di questi oggetti rappresenta animali. Al secondo posto ci sono le figure femminili, spesso con grandi seni, a volte con ventri prominenti (incinte?), altre stilizzate. Le figure maschili riconoscibili come tali sono una minoranza di casi. Ci sono scene di caccia in cui solo alcuni personaggi hanno gli attributi maschili in evidenza, gli altri personaggi, quindi, potrebbero essere femminili. Possiamo concludere che nel mondo mentale dell'epoca, quale che fosse, la donna c'era ed era importante.
Non sappiamo molto su chi facesse cosa nei clan paleolitici. Sappiamo che nella Francia delle grotte dipinte doveva esserci una certa divisione dei ruoli. Le pitture hanno una qualità tale che presuppongono artisti specializzati. Non abbiamo la più pallida idea di chi fossero, se giovani, vecchi, maschi o femmine. Ci sono studi sulle dimensioni dei negativi delle mani presenti in molte grotte per determinare il sesso dell'artista, ma sull'affidabilità non ci metterei una mano altrui su una candela, figuriamoci la mia sul fuoco (le donne sarebbero ben rappresentate).
Se andiamo avanti verso il presente le cose si complicano. Vendiamo che in passato le tombe venivano sempre attribuite a uomini se erano presenti delle armi. Poi sono spuntate le analisi genetiche e ops, alcuni di quei re, principi e cavalieri erano regine, principesse e cavallerizze. Questo è particolarmente vero per il nord Europa e le steppe euroasiatiche. In questo momento si stanno studiando in modo particolare le sepolture della Scizia, dove pare ci fosse una sorta di casta di donne guerriere e provette cavallerizze (a oggi abbiamo una trentina di tombe che contenevano con certezza donne cavallerizze che avevano ricevuto traumi in battaglia).
Insomma, sono sostanzialmente d'accordo con la tesi di fondo del saggio. La storia e la preistoria sono state studiate per lo più da uomini immersi o cresciuti in una società maschilista e questo sguardo ha condizionato le loro conclusioni. È già una trentina d'anni che gli scienziati segnalano che non è così, ma al grande pubblico questo non è arrivato. Questo saggio vorrebbe essere proprio un ponte tra le ricerche moderne e l'immaginario collettivo, ma...
La preistoria è donna – una critica spero costruttiva
È molto triste per me criticare un libro su cui avevo grandi aspettative e di cui condivido i contenuti. Però questo saggio ha dei problemi e credo che sia il caso di metterli in luce.
Innanzi tutto il tono generale. La parte dedicata agli studi sul paleolitico è solo un capitolo, per quanto sia il più corposo è circa un quarto del totale. Prima c'è una lunga carrellata sulla cultura misogina che intride l'occidente (piuttosto impressionante devo dire), poi una carrellata veloce sullo stato degli studi per il periodo che va dal neolitico all'era cristiana e infine una conclusione. Il problema è che il capitolo sulla preistoria è un altro testo.
Il primo e i due capitoli finali sono quel saggio divulgativo che suppongo questo testo vuole essere. Alla portata di tutti, ben documentati ma necessariamente poco approfonditi, scritti con un linguaggio tale da poter essere letti con una buona cultura di base, ma non necessariamente specialistici. Il capitolo sul paleolitico, invece, dove l'autrice nuota nelle sue acque, è estremamente specialistico. Si fa riferimento a una serie notevole di opere d'arte, sepolture, immagini parietali senza uno straccio di apparato iconografico e con una descrizione sommaria. Si dà per scontato che il lettore quei reperti o quei siti li conosca. Perché in effetti sono molto famosi, se si ha una laurea in materia. Ma se inizio a parlarvi del corredo del Principe dei Balzi Rossi dando per scontato che lo conosciate, delle differenze tra le varie "veneri" gravettiane segnandole solo con il sito di ritrovamento, senza un'immagine, o delle differenze tra tra i resti ossei di Qafzeh e quelli de La Chapelle aux Saint senza segnalare dove si trovino questi posti e la (notevole) differenza di datazione le persone in grado di seguirmi calano. Fare confronti iconografici tra pitture parietali a memoria (non sono immagini immediatamente reperibili su google) non è facilissimo per me che quelle pitture le ho studiate, figuriamoci per il lettore medio. È un gran peccato, perché ovviamente quel capitolo è quello più interessante e quello che avrebbe dovuto arrivare di più.
Mi ha poi molto indispettito il perdersi dell'autrice in ipotesi basate sul nulla. Non me lo aspettavo, essendo l'autrice una studiosa di fama. Purtroppo sulla preistoria ci sono un sacco di cose che semplicemente non sappiamo e su ciò che non sappiamo, a mio parere, sarebbe meglio tacere. Possiamo lanciarci in suggestioni, ma devono rimanere tale. Non ci sono prove di una società matrilineare nella preistoria (che non vuol dire che non ci sia stata, solo che non ci sono prove), non ci sono prove che le "veneri" fossero realizzate da donne per le donne. Non ci sono prove del fatto che la società paleolitica fosse pacifica e priva di conflitti. Non ci sono prove per un sacco di suggestioni, in cui l'autrice si dilunga, a volte sfiorando il ridicolo. Che per tutto il paleolitico (ricordiamo 30000 anni per i soli sapiens) non ci si sia mai resi conto del ruolo del maschio nella procreazione ma che questo sia avvenuto solo nel neolitico osservano il bestiame non ci credo neppure se si alza uno scheletro paleolitico a spiegarmelo di persona. Insomma, l'autrice finisce per prestare il fianco alle critiche che sono state mosse già in passato a studi femministi sulla preistoria, volare troppo di fantasia. Di questo mi spiace tantissimo, anche perché i dati sono assai più interessanti delle ipotesi vaghe.
Insomma, attendevo con trepidazione questo libro che speravo fosse un saggio epocale, chiaro e in grado di dare una bella rinfrescata all'immaginario preistorico. Che non sia così mi spiace.
Presto mia figlia inizierà le elementari e spero, ma dubito, che possa trovare sul suo libro illustrazioni di questo tipo:
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Ricostruzione artistica basata sui resti scheletrici di una cacciatrice preistorica amerinda da poco ritrovata.
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Per chi invece vuole leggere qualcosa di mio,
qui un nuovo capitolo de L'Assedio degli angeli