Sono stati assegnati gli oscar e La La Land ne ha vinti sei.
Non posso dire se siano pochi o tanti, dal momento che non ho visto gli altri candidati. L'unica fuga a due che io e mio marito ci siamo concessi in questi ultimi mesi, però, è stata proprio per andare a vedere La La Land.
Prima che diventasse un caso e la pellicola favorita per la notte degli Oscar, già desideravo vederlo. Il regista si era già imposto alla mia attenzione per Whiplash. Si chiamo Damien Chazelle, sa costruire film tecnicamente ineccepibili, di raro rigore tecnico ed è nato nel 1985.
Sì, nel 1985. Ha cinque anni meno di me, dovrebbe averne 31 o 32 e ha già diretto due film da oscar. Da questa notte è il più giovane regista ad aver vinto la statuetta per miglior regia.
Apparentemente i suoi due film da regista sono diversissimi. Il primo è un film cupo in cui un giovane talento della batteria si imbatte in un maestro sadico, da far invidia ai peggior addestratori delle truppe d'assalto. Il secondo è un musical colorato e un grande omaggio al cinema d'altri tempi ambientato in una Hollywood magica.
– ALLERTA SPOILER ON –
In realtà sono storie molto simili. Entrambi i film raccontano la storia di giovani di grande talento, alla ricerca dell'affermazione e del prezzo che dovranno pagare per ottenerlo.
Benché Whiplash sia un film sulla musica, non ci sono allegre canzoncine a spezzare la tensione della storia del giovane Andrew, che arriva a farsi sanguinare le mani pur di raggiungere la perfezione tecnica con il suo strumento. Il film è incentrato sul rapporto conflittuale tra Andrew e il suo maestro che continua a porre il ragazzo davanti a sfide sempre crescenti, sempre con maggior durezza, e non è chiaro neppure allo spettatore, fino a che punto ci sia nel maestro il desiderio di levigare una gemma grezza e dove inizi il puro sadismo. Certo è che Andrew per il suo sogno sacrifica tutto, amici, famiglia, amore (la fidanzata viene lasciata senza troppi giri di parole in quanto distrazione). Anche se il finale ci mostra la rivincita di Andrew su tutta la vicenda aleggia il fantasma del precedente allievo del maestro, morto suicida e lo stesso protagonista arriva ben oltre il punto di rottura, con un evidente esaurimento nervoso e il vuoto sociale intorno.
Il tono di La La Land è completamente diverso, è un film in cui si sorride, si ride perfino, ma spogliata dei (bellissimi) numeri musicali e dei suoi colori allegri, la vicenda non è molto diversa. Sebastian è un musicista jazz che sogna di aprire un locale dove far rivivere il genere, Mia è un'aspirante attrice. Si conoscono, si detestano e poi si innamorano quando non sono nulla, Mia si mantiene facendo la cameriera e subendo dei provini imbarazzanti, Sebastian suona in dei ristoranti dove il suo talento è più un ostacolo che un aiuto. Dei due, per una volta, il più sognatore è Sebastian che non solo insegue il suo sogno con una purezza da cavaliere medioevale, senza voler scendere ad alcun compromesso, ma sprona Mia a fare altrettanto, a lanciarsi come autrice e a proporre un proprio spettacolo. Ce la faranno? Sì, ma non insieme.
Sebastian è assolutamente sincero e realistico in questo. Quando a Mia viene offerto un ruolo per un film da girarsi all'estero lui ha già capito tutto. Per entrambi la loro passione è più del desiderio di successo, è quasi una religione, una vocazione a cui è ovvio che tutto vada sacrificato, compresa la felicità.
Quello che è evidente a chiunque guardando Whiplash è che Andrew non è felice. Non sarà mai felice. Sarà, probabilmente un grande batterista, forse una leggenda della batteria, ma non sarà mai un uomo felice. La felicità è fuori dai giochi. Non è neppure ricercata, anzi è di ostacolo. Un uomo felice è appagato e non cerca più di migliorarsi. Qui siamo alla ricerca di un ideale di perfezione quasi sovrumano, totalizzante, che sublima tutto il resto.
Meno evidente è che, alla fine, neppure Mia e Sebastian sono felici. È meno evidente perché ce l'hanno fatta in un mondo in cui il successo impone anche una parvenza di felicità. Mia è l'attrice ammirata, bellissima, Sebastian è il musicista famoso che si è permesso di aprire un locale. Nell'ultima sequenza, tuttavia, c'è il racconto di tutta la felicità mancata.
Nel 2014 Chazelle aveva 29 anni (fa quasi impressione considerata la maturità tecnica del film) e nel suo film la felicità non entrava neppure nell'equazione. Andrew non se l'aspetta e neppure la ricerca, anzi, la fugge appena è possibile. In La La Land fa capolino il rimpianto di quella felicità mancata. Si affaccia il dubbio e si apre la porta alla domanda se, in fondo, ne sia valsa la pena.
A me sorge spontanea la domanda se Chazelle sia felice. Per farsi strada in quel di Hollywood come regista così giovane, per padroneggiare così bene i mezzi tecnici (non fatevi ingannare dall'apparente leggerezza, La La Land deve essere stato un incubo da girare, specie le scene in esterno con i numeri musicali) cosa avrà sacrificato?
E sopratutto, è necessario?
Forse sì. È chiaro che i suoi protagonisti non lo fanno per il successo, i soldi o la fama. Lo fanno perché devono, per certi versi la loro natura li spinge a quello. Ci sono talenti e vocazioni così totalizzanti che richiedono di sacrificare tutto il resto e pochi grandi artisti, in ogni campo, sono stati anche delle persone risolte e felici.
Forse è una cosa che mi racconto per giustificare la mia mediocrità, chi può dirlo, ma tra successo e felicità preferisco di gran lunga la seconda.
Di certo nessuno di noi vorrebbe essere davvero Andrew di Whiplash. Ma forse, tolte le luci, i colori e i begli abiti, neppure Mia e Sebastian, che alla fine regalano sogni agli altri ma non ne tengono per sé.
Questa è la mi opinione, la vostra qual è?