Lo scrivo ogni volta che parlo delle opere di Zercalcare, ma questa volta vale di più.
L'unico artista da cui mi sento rappresentata in quanto appartenente alla mia generazione è un tizio che parla con un armadillo immaginario e che ha idee politiche che a confronto io sono una suora democristiana.
Vale sempre, ma questa volta di più.
Macerie Prime è una narrazione a fumetti che si articola in due volumi e racconta il naufragio della mia/nostra generazione.
Zero, rispetto ai suoi amici, è quello che ce l'ha fatta. Ha avuto successo, non sa neppure bene lui come e perché. I suoi amici no. Sono trentenni come tutti noi trentenni, precari e irrisolti, sovvenzionati dai genitori, sempre più disperati ad annaspare in potenzialità che da inespresse diventano inesorabilmente perdute. Questa è la storia degli amici di Zerocalcare e quindi della mia generazione.
Fa impressione. Non c'è uno dei personaggi di questo libro a cui io non possa dare un nome preciso, pensando ai miei amici. Non ho un Secco, con i suoi guai con la giustizia dovuti a risse e vandalismo, ok, ma abbiamo altro. Per il resto non ci manca nessuno. La coppia che continua a vivere in un'eterna adolescenza. Chi vorrebbe un figlio e per vari motivi non può. Chi non riesce a trovare un lavoro all'altezza dei propri studi. Chi è dentro un impiego prigione.
Ne parlavo col marito e ci dicevano "forse ci manca l'amico cinghiale" e poco dopo, uscendo incontriamo un amico e... È proprio come l'amico cinghiale di Zero!
Noi trentenni siamo o conosciamo di sicuro qualcuno che nuota in questa precarietà, affettiva, emotiva, economica o lavorativa. La palude delle potenzialità inespresse che alla lunga inaridisce il cuore e diventa un alibi per non raggiungere neppure gli obiettivi prendibili.
Personalmente mi ha impressionato anche la riflessione sui ragazzi di oggi.
Noi ci sentiamo una generazione tradita. Noi abbiamo avuto tutte le possibilità da ragazzini, noi, la generazione Erasmus, che doveva essere cittadina del mondo, costretti magari a lavorare in un call center pur con due lauree, imprigionati in un precariato senza fine. Noi pensavamo, sbagliando, di avere diritto a un futuro radioso. Che bastasse dedizione e impegno perché tutto andasse bene. Siamo figli di genitori che, spesso, hanno visto migliorare la propria condizione grazie all'impegno e al lavoro. Quindi per noi era matematico: mi impegno e quindi ottengo. Non ottengo, mi sento tradito da un sistema che mi doveva qualcosa. E in questa rabbia perdiamo di vista, spesso, i valori più veri.
I ragazzi che io ho a scuola sono stati cullati nella disillusione dei genitori. Spesso a dodici anni hanno già visto la famiglia sfasciarsi, i genitori perdere il lavoro, i fratelli maggiori naufragare in un mondo del lavoro ingrato. Non vogliono impegnarsi perché non credono che l'impegno possa pagare. Si aspettano dalla vita solo sprangata. E quindi perché impegnarsi? Meglio non pensare, ubriacarsi di social, di giochini scemi, di qualsiasi cosa, pur di non pensare all'inutilità della loro vita.
Peccato che questa condizione d'animo sia per lo più colpa nostra. Sono i figli della nostra rabbia e della nostra disillusione.
Ah, poi ci lamentiamo se una generazione nutrita a rabbia e disillusione non viene su tanto bene...
Quindi che dire?
Se avete tra i trenta e quarant'anni e volete riconoscervi, leggete Macerie Prime
Se non appartenete a questa generazione ma volete capirla, leggete Macerie Prime
Se volete uno spaccato vero dell'Italia di oggi, leggete Macerie Prime
Sì, il narratore è un tizio che parla con un armadillo immaginario. È il migliore che abbiamo. Teniamocelo stretto.