lunedì 31 dicembre 2012

Come la Bellucci divenne un'influenza

Tutto cominciò con uno dei regali di Natale. Il romanzo "Sherlock Holmes contro Dracula", apocrifo famoso, che recensirò a breve. L'autore, con molta abilità, interseca il canone holmesiano con il Dracula di Stoker. Se il primo lo conosco bene, il secondo però non l'ho mai letto, essendo io pavida e poco amante dell'horror. Conosco la storia a grandi linee come tutti, ma non riuscivo ad apprezzare le finezze.
Così, qualche giorno fa, quando mi accorsi che in tv passava proprio Dracula del buon Francis Ford, mi sono sentita in dovere di guardarlo. Già mi sentivo un po' appesantita, ma per dovere di documentazione mi sono guardata Sirius Black quand'era giovane trasformare in non morta quella svampita di Lucy (facendo un gran favore, credo, a tutti gli spasimanti) e tutto il resto, mentre nella mia mente l'audio di Frankestein Junior si sovrapponeva a quello originale, togliendo un po' di pathos.

Vado infine a letto, sempre un poco appesantita, finché nel cuore della notte mi sveglio con la netta sensazione di avere un piccolo Alien nella pancia, con le fattezze però delle mogli di Dracula del film e nello specifico di Monica Bellucci, che tira grandi artigliate ai miei intestini.
Anche trascorsa l'ora dei vampiri, con l'approssimarsi dell'alba, la Bellucci-Vampira non aveva nessuna intenzione di quietarsi e il mattino mi ha colto con la febbre alta e l'influenza conclamata.

Quando ho raccontato la cosa e gli incubi notturni al Nik, questi mi ha guardato serio e poi, afflitto, ha commentato:
"Ti rendi conto che hai distrutto il sogno erotico della mia adolescenza? Adesso quando qualcuno nominerà la Bellucci mi verrà per sempre in mente solo l'influenza?"

In tutto questo ho perso definitivamente in controllo sul Capodanno. Che era partito come una serata casalinga senza sbattimenti a base di cibo più o meno pronto e giochi in scatola.
In questo momento mio marito è stato rapito per pulire delle cozze e mio cognato è partito all'alba alla ricerca di un termometro da cuoco per misurare l'esatta temperatura dell'olio per la frittura.
Due cose, per altro, le cozze e la frittura, dalle quale il fantasma della Bellucci (questi non morti sono sempre difficili da eliminare del tutto) mi terrà lontana (purtroppo).

Buon fine d'anno a tutti
Che possa essere privo di fantasmi, vampiri e mostri vari!

domenica 30 dicembre 2012

I film del mio anno

Il 2012 sta pian piano finendo, in compagnia di una simpatica influenza che, temo, mi ha invitato con sé al veglione e promette di renderlo indimenticabile.

Da cinefila impenitente, è mia abitudine augurarvi un buon anno nuovo con i tre film che più mi hanno colpito nel corso dell'anno. Non si tratta di pellicole uscite nel 2012, ma di pellicole che io ho visto nel 2012 e hanno influenzato il mio immaginario di quest'anno. E' una mia classifica personale, quindi, che non ha pretese di oggettività, vale solo come consiglio su cosa guardare.


3° - Sherlock, uno studio in rosa
Non è un film, ma il primo episodio di un telefilm (tra l'altro del 2010). Però ha la durata di un film, è autoclusivo e curato nei minimi dettagli.  E' semplicemente delizioso ed è diventato un "bene rifugio", una di quelle cose da rigurdare nei momenti no.

2° - La talpa
Anche se non mette proprio di buon umore come gli altri due, è un film che più rivedo e più mi piace. Con i suoi grigi e i suoi silenzi, questa storia di spie che diventa disperata storia di solitudini e tradimenti  entra dentro. Dopo averlo visto, l'agente segreto non potrà più avere il fascino di James Bond

1° - The Artist
Per una volta mi associo ai premi e alla critica ufficiale. The Artist è un film che non si può non amare. Così intelligente, ricercato e tecnico da risultare nei fatti di una disarmante semplicità. E' il potere del cinema allo stato puro, che anche senza colori né parole ti commuove sullo sguardo di un cagnolino.
Lo stanno trasmettendo giusto in questi giorni su Sky. Da vedere tutti insieme, con i nonni e i bambini, come si conviene ai film di Natale

giovedì 27 dicembre 2012

Il Natale dell'aspirante giallista


Questo è il regalo (graditissimo per quanto insolito) ricevuto dal Nik. Insegna a riconoscere le macchie di sangue, a capire dalla goccia com'è la ferita. Spiega quali sono le procedure seguite dalle forze dell'ordine, come si devono comportare quelli capitati lì per caso e quali errori evitare.

Se non fossi così maldestra, con tutte queste informazioni che sto accumulando, potrei quasi riciclarmi come killer. Con la crisi che c'è in giro, un secondo lavoro è sempre utile...

domenica 23 dicembre 2012

Doverose precisazioni e scuse e cose che non ho mai detto

Un blog è una finestra verso il mondo tramite cui si parla, si chiacchiera e, a volte, si grida.
Può capitare a volte di passare il segno o di dimenticarsi che la parola scritta non ha intonazione, diventa un sussurro o un'accusa a seconda di come la si legge.
Quello che sono la gente che mi vede ogni giorno ce l'ha sotto gli occhi. Tendo a essere graffiante e caustica con ciò che mi sta attorno, senza risparmiare chi stimo e amo.
Io sono quella che descrive gli amici più cari come un branco di pirania che vengono a divorare tutto ciò che incontrano, eppure loro sanno (gli amici) che sono quella che riempie sempre loro il piatto e che insiste perché escano solo più che satolli. Io sono quella che dico che ammazzerei gli alunni e poi piange quando cambia classe.
Può anche capitare che qualcosa si scriva con leggerezza quando si è arrabbiati con il mondo, si metta qualche parola di troppo (non necessariamente contro chi avrebbe avuto senso prendersela) e poi, passata la bufera ci si dimentichi. E poi passano anni e non si è più quelli, ma gli scritti rimangono lì, giustamente, e fanno l'effetto che fanno.
Se poi tutto questo coinvolge la famiglia è peggio.

Io ho una famiglia numerosa e rumorosa, piena di cugine (e un cugino) e ora anche di cuginette di secondo grado (quasi) tutte bionde e tutte bellissime di cui sono assolutamente fiera.
E siccome a me viene naturale ironizzare sul mondo intero, mi è venuto naturale farlo anche su di loro. Che per anni, da single (o peggio, con uomini sbagliati) ho invidiato per la loro capacità invece di trovare quello giusto (e ora, sia chiaro, le invidio per le bimbe).
E ho ironizzato (troppo) sui regali di poco prezzo. Certo. Siamo in tanti. Tanti. E un pensierino si fa a tutti e quindi si spende poco. E ovvio. L'uscita è stata infelice e voleva rimarcare l'ovvio per suscitare un sorriso. Ma a posteriori mi sembra chiaro che sia stata di pessimo gusto.
E ho ironizzato sui babbi natale (invidiando la capacità delle cugine e degli zii di organizzare e travestirsi)
E ho ironizzato sul karaoke che coinvolge dalla prozia novantenne alla bimba di tre anni. I miei timpani non lo reggono (fisicamente), ma è una cosa carinissima e oggettivamente buffa e prima o poi finirà in una mia storia.
E su tante altre cose ancora.
Tutto ciò risale a diversi anni fa, a una conoscenza del mezzo (internet) limitata, alla scarsa empatia di una ragazza che non sapeva che strada percorrere nella vita e vedeva tutti i suoi parenti, molto più sicuri e sereni. E il non essere come loro le causava un'invidia che poteva prendere forme antipatiche.

Adesso sono una trentenne che non sa che strada percorrere nella vita, continua a vedere una famiglia  con parenti che sembrano più sicuri e sereni, ma chiama le cose con il loro nome e cerca magari anche di imparare.
E dunque mi scuso, per quel che vale, senza dire di essere stata fraintesa o arrampicarmi sugli specchi.

Non posso promettere che non offenderò mai più nessuno. Se uno deve scrivere col pensiero di non offendere, è meglio che smetta. Di certo, quindi, capiterà ancora (spero non verso le stesse persone), ci saranno parole di troppo, che poi vorrei non avere scritto. Se me lo farete notare e lo riterrò giusto, ci saranno ancora delle scuse. E magari in questo modo tutte e due le parti saranno cresciute.

E con questo non mi resta che fare a tutti gli auguri di Buon Natale. Con alcuni auguri particolari e ringraziamenti

A mia zia Anna per tutto lo sforzo che fa a tener insieme la famiglia e in particolare per esserci stata, quest'anno, quando ho avuto bisogno di lei

A mia zia Mariella e mio zio Lino che frequento meno di quanto meritino, ma che sono sempre super disponibili. E io sono più tranquilla quando so che mio padre è per funghi con uno dei miei zii, perché non mi devo preoccupare, e sono contenta quando so che sta facendo qualcosa con loro, perché so che lo rilassa e so che può sempre contare su di voi per tutto. E questo è tanto più vero quest'anno, che per mio padre è stato davvero duro

A mia zia Patrizia e mio zio Olinto che ho sempre considerato delle splendide persone e non ho mai avuto occasione di dirlo. Che da anni non frequento nel pranzo di Novembre, ma solo perché sono altrove. E vale allo stesso modo il ringraziamento per quanto ci siete stati vicini nei momenti di difficoltà.

A mio zio Claudio e mia zia Franca Ho sempre definito Claudio "matto come un cavallo" nel senso migliore del termine, cioè geniale. Senza le sue storie non sarei quella che sono adesso. Quando ero piccola, giocavo in una stanza, sotto cui c'era uno dei suoi quadre, che ha colorato per sempre il mio immaginario (era quello del contadino e del covone)

A mia cugina Lorena che per motivi anagrafici è quella che conosco meno. Ed è una cosa che rimpiango.

A mia cugina Stefania, con la quale vorrei parlare di più di viaggi e di scuola. Che stimo per il suo modo di essere e per la sua solarità. Non l'ho mai vista una volta senza un sorriso sulle labbra, credo, ed è una cosa che invidio molto

A mia cugina Chantal che è una cuoca bravissima e ha un'eleganza innata (cosa che io non ho assolutamente)

A mia cugina Manuela che stimo per le scelte di vita e ringrazio per la franchezza

A mio cugino Enrico che è il primo medico della famiglia e ho sempre la sensazione che potremmo essere amici, non solo parenti che si vedono e si scambiano convenevoli, ma poi finisce sempre che ci si dice solo le solite quattro frasi d'occasione

A mia cugina Chiara che un giorno vedrò alle olimpiadi o esporrà quadri in un museo e che mi sembra piena di potenzialità e buon senso.

Non vorrei che prendeste queste cose come un maldestro tentativo di riparazione.
Sono cose che ho sempre pensato e non ci sono mai le occasioni e i modo per dirle.
Se vorrete ancora leggermi, sono qua. Spesso più a nudo che in altre occasioni, con tutti i miei difetti in bella vista. E se sarà possibile ridere insieme sarò felice. Se vi farò arrabbiare, basterà dirlo e litigheremo o ci chiariremo, secondo il caso.

venerdì 21 dicembre 2012

All'ultimo minuto - tre libri da regalare

Il mondo non è finito. Anzi, qui il 21/12/2012 è una giornata fulgida che sta galoppando verso un tramonto arancio che è, veramente, la fine del mondo.
Se avete contato sui Maya per risparmiare sui regali o semplicemente vi trovate all'ultimo minuto con dei pensierini ancora da fare, ecco i consigli per gli acquisti di Inchiostro, fusa e draghi

Lavinia - U.K. Le Guin

Un blog che inizia con una citazione della Le Guin non può che consigliare il suo ultimo romanzo approdato in Italia.
Lavina è la sposa di Enea, un personaggio che Virgilio non ha fatto in tempo a rifinire. In bilico tra realtà storica e letteratura, Lavinia, che vive una vita indipendente, ma sa di essere personaggio di poema, si fa narratrice di se stessa.
Poetico, profondo, elegante. Per tutti. Ma sopratutto per le impenitenti prof di italiano, come me.



La via dei re - B. Sanderson
Ecco qui la splendida immagine di copertina di un fantasy talmente bello che, dopo che l'ho finito, non me la sono più sentita di affrontare il genere. Perché è così che deve essere. Un'ambientazione davvero innovativa che esalti il nostro senso del meraviglioso, personaggi ben caratterizzati e un susseguirsi di colpi di scena. Aggiungiamo che è un volume di lusso, con le cartine a colori e delle splendide tavole all'interno che sono parte integrante della storia. E' di lusso anche il prezzo.
Un po' più che un pensierino, per chi non si accontenta più delle copie al ribasso del Signore degli Anelli


L'inverno della paura - D. Simmons
L'ho recensito appena qualche giorno fa. Un horror che non è un horror ambientato proprio a ridosso delle festività natalizie.
Per chi non si sente buonista, non ha paura dei fantasmi e vorrebbe passare il Natale lontano da tutto e da tutti

mercoledì 19 dicembre 2012

La fine del mondo - L'orizzonte degli eventi

Un racconto con una variazione sul tema "La fine del Mondo". Da leggere prima di venerdì!


L’ORIZZONTE DEGLI EVENTI

 Lo sapevano. 
 Era stato previsto. Un giorno il rumore dell’universo in espansione sarebbe cessato. Sapevano cosa li attendeva. Una distesa bianca, silenziosa, sotto un cielo di cartone. L’Orizzonte degli Eventi, lo chiamavano. Il punto oltre il quale null’altro sarebbe accaduto.

 Vi erano diverse teorie su quale sarebbe stato il loro destino. 
 La vecchia bambinaia aveva persuaso la principessa che tutto sarebbe stato congelato in un eterno presente. Un attimo che si sarebbe proteso verso l’eternità. Un’idea che non dispiaceva alla principessa stessa, allevata nella convinzione che tutta la sua esistenza si sarebbe conclusa con un bacio. Una gioia totale e mai scalfita. Un modo, in fin dei conti, assai piacevole per trascorrere l’eternità. 
 Il suo innamorato, però, non era sicuro che una sorte simile fosse la migliore. La vita lo aveva messo davanti a così tante traversie che non era un desiderio poi così incomprensibile, il suo, di non volersi fermare al bacio. Avrebbe molto gradito scoprire anche quello che veniva dopo quell’atto, oltre al fatto di scoprire la principessa in sé e osservarne finalmente il corpo al chiar di luna. Se l’Orizzonte degli Eventi lo avesse  cristallizzato al primo bacio, avrebbe trascorso l’eternità con una certa irritazione e un bel po‘ di insofferenza.  

 C’erano poi i filosofi dell’Eterno Ritorno.
 Una volta arrivata all’Orizzonte degli Eventi, la storia si sarebbe riavvolta su se stessa e avrebbe iniziato a svolgersi di nuovo, tale e quale, dall’inizio del tempo sino all’Orizzonte degli Eventi stesso.
 Ogni cosa, ogni atto si sarebbe riproposto esattamente tale e quale. Ognuno avrebbe pronunciato le stesse precise parole ogni volta. La principessa sarebbe uscita dal castello negli abiti dell’ancella, avrebbe visto il ragazzo di strada, se ne sarebbe innamorata. Poi il mago, malvagio consigliere, l’avrebbe rapita, rinchiusa nella torre. Avrebbe evocato il drago... E via dicendo, sempre all’identico modo.
 Era un’idea che frustrava il ragazzo ancor più della prima ipotesi. Continuare a innamorarsi da lontano della principessa, avvicinarla piano, farla ridere, arrivare a sfiorarle le labbra senza riuscire a toccarla. Vederla svanire catturata dalla magia del malvagio. Ogni volta. Per l’eternità. E mai un volgere degli eventi, neppure una volta, che lo portasse verso una svolta differente. A innamorarsi della fioraia e non della principessa, ad esempio, e poter affondare il capo tra i suoi seni generosi.

 C’era chi asseriva che ad ogni riavvolgersi della storia, gli eventi avrebbero potuto danneggiarsi. Come uno straccio troppe volte utilizzato, che si scolorisce e poi si spezza. Così la principessa avrebbe potuto svegliarsi, decidere di mettersi gli abiti dell’ancella e poi trovarsi a cospetto del drago e poi salvata da uno che non aveva mai incontrato. Di cui magari non ricordava di essere stata innamorata. Il ragazzo, a sua volta, sbuffava all’idea. Se c’era qualcosa di peggio di essere condannato a ripetere in eterno lo stesso combattimento quasi mortale, pensava, era l’essere condannato a ripetere in eterno lo stesso combattimento senza ricordarsi il motivo che lo aveva spinto a brandire la spada. Senza neppure il ricordo del sorriso di lei. O delle sue curve.

 C’era poi un gruppo di vecchie che si riunivano nel bosco, di quelle volgarmente dette streghe, che credeva che, sì, la storia si avvolgesse e che tornasse a svolgersi dal principio, ma che non fosse mai esattamente uguale. Come una stessa leggenda cambia a seconda di chi la racconta e una poesia muta di inflessione per la voce di chi la recita, anche se i fatti rimangono gli stessi, così anche la storia avrebbe avuto minute variazioni ad ogni suo adagiarsi nel tempo. In un percorso la principessa sarebbe stata una ragazzina sciocca, mossa solo da una curiosità infantile, in un’altra, invece, una giovane appassionata, desiderosa di vedere da vicino le vere condizioni di vita del suo popolo. E così il ragazzo sarebbe stato di volta in volta un furfante, un idealista, un coraggioso. Ma si trattava di sfumature. In nessuna di quelle versioni possibili il mago sarebbe stato un uomo retto o il drago vegetariano. E mai la principessa si sarebbe concessa prima del matrimonio.

 Così il ragazzo, ogni volta che poteva, si fermava. Restava del tutto immobile, fino a riuscire a sentire, in sottofondo, il rumore dell’universo che si espandeva. Il ritmico battere delle dita di Dio sull’Inconoscibile Strumento che scriveva la storia. E pregava che Dio continuasse a narrare, allontanando l’Orizzonte degli Eventi e gli concedesse un seguito dopo oltre il primo bacio. 

lunedì 17 dicembre 2012

Visioni - Lo Hobbit


Tutto è questa nuova trilogia della Terra di Mezzo meno che un viaggio inaspettato, come il titolo del primo capitolo cerca di convincerci. E qui sta il nocciolo del problema.
E' dalla conclusione del Signore degli Anelli che si parla della trasposizione de Lo Hobbit, smentita, poi annunciata, iniziata, sospesa, ripresa e infine portata a termine da un regista diverso da quello che l'aveva iniziata, anche se alla fin fine si tratta proprio di Peter Jackson.
Stiamo parlando quindi di un film fatto principalmente per amor di pecunia da un regista riluttante.
Si tratta inoltre di un film con una marea di problemi intrinseci, a partire dalla differenza di tono del libro che vuole adattare (lo Hobbit è e rimane un bel racconto per bambini) e il "sequel" a cui vorrebbe attaccarsi. Per non parlare della pretesa di diluire il suddetto bel racconto in tre episodi.
Lo spettatore deve accostarsi alla pellicola avendo ben chiaro tutto questo. Solo a questo punto si può tirare un sospiro di sollievo e dire che poteva essere peggio. Molto peggio.
Io ho visto le facce dei veri fan di Guerre Stellari dopo Episodio I, gente che avrebbe ucciso Lucas lì, seduta stante, senza alcun rimorso e che anni dopo continua a pensare che è un peccato non averlo fatto. Qui non c'è nessun Jar Jar. Di veramente inguardabile c'è solo la slitta trainata da lepri (che la maledizione dei Valar colpisca chi l'ha ideata), brutta anche da un punto di vista meramente visivo.
Detto questo, è innegabile che manchi qualcosa.
Anima e spirito.
In tre ore, dicasi tre ore di nani canterini al punto da poter dare lezioni a quelli di Biancaneve, paesaggi mozzafiato, inseguimenti e combattimenti più o meno credibili, non è stato trovato il tempo di dare un minimo di spessore ai protagonisti. Non pretendo una caratterizzazione di tutti e tredici i nani, ma se ho capito parte del carattere di Thorin, mi rimangono oscure le motivazioni di Bilbo.
Per l'occasione è stato dato il ruolo dello hobbit a un attore, Martin Freeman, che personalmente amo e che in due battute era riuscito a spiegare le motivazioni di Watson nel primo episodio di Sherlock. Qui non ci riesce, perché due battute su Bilbo non gli sono state scritte. Così, mentre rimane bravissimo nel confronto con Gollum (l'unico momento di approfondimento nella storia), rimane del tutto incomprensibile allo spettatore perché questo signorotto di mezz'età debba abbandonare comodità che assai gli piacciono per buttarsi in un'impresa che neppure lo riguarda. Stessa cosa dicasi per i motivi che hanno spinto Gandalf a portarsi dietro proprio un hobbit. Il rapporto di amicizia tra Gandalf e Bilbo, invece, non è che non è approfondito, non c'è proprio e i due quasi non si parlano direttamente per tutta la pellicola.
Mi dicono che forse uscirà un'edizione ancora più estesa che porrà rimedio a queste lacune, ma credo davvero che in tre ore lo spazio ci fosse.
Lo Hobbit rimane quindi, essenzialmente, un film d'azione. Un bel film d'azione, probabilmente, con scenari superlativi e una Terra di Mezzo descritta con un'attenzione maniacale al particolare (anche se poi la geografica continua ad essere variabile). Le tre ore non pesano neanche tanto, il 3D è avvolgente (ma non essenziale) e non c'è scena che non sia bella da vedere (slitta a parte).
Rimane un film che non ha una direzione precisa e che non riesce a stamparsi in modo indelebile nell'immaginario.  Certo, ci sono ancora due capitoli per rimediare...

Qualcun altro di voi è andato a vederlo? Cosa ne pensate?

Voto: 6.5

sabato 15 dicembre 2012

Letture - L'inverno della paura


Dan Simmons - romanzo

Ho uno strano rapporto con Simmons. A volte i suoi romanzi mi snervano dopo poche pagine. A volte mi stregano. A volte il suo inserire elementi horror e fantastici in contesti iper realisti mi esalta, a volte mi repelle (le ultime 20 pagine de La scomparsa dell'Erebus sono state una delusione traumatica dalla quale non mi sono ancora ripresa). Questa volta si è fatto amare.

Nell'estate del 1960 il piccolo Duane, ragazzino geniale e introverso, muore in circostanze misteriose. Ma di lui rimane qualcosa, che è più e allo stesso tempo meno di un fantasma, un nucleo di coscienza inconsapevolmente (?) raccolto dall'amico Dale, che da quel momento si impegna a vivere la vita che a Duane è stata negata.
A narrare la vicenda è proprio Duane, coscienza acuta e infantile al tempo stesso, che guarda il mondo attraverso gli occhi di Dale, ma che al tempo stesso lo giudica dall'esterno.
Dall'estate del 1960 sono passati 40 anni e la vita di Dale, dopo un burrascosa storia d'amore e una profonda depressione, è allo sbando. Per trovare se stesso e scrivere finalmente il romanzo profondo che lui, autore di volumi commerciali, non ha mai portato a conclusione, Dale torna nel paese della propria infanzia. Affitta la vecchia casa di Duane e intende passarvi l'inverno, inconsapevole dei fantasmi che lo attendono.

L'inverno della paura è un libro denso. Riflessione sulla mezz'età, sull'America di fine del millennio (siamo nell'inverno 2000/2001), sulla scrittura, sulle aspettative, sulla memoria e infine sull'amicizia. E' uno di quei libri rari che con leggerezza, senza paura di sporcarsi le mani con elementi di genere, affrontano con intelligenza e cultura temi profondi. Quello di Dale è un viaggio verso l'interno, alla ricerca delle basi della propria personalità e il lettore è invitato a fare lo stesso. Gli elementi fantastici convivono con quelli squisitamente letterari senza stonare. Il romanzo riesce a trascinarci nel suo mondo senza che questo perda di credibilità. Non tutti gli elementi horror trovano una spiegazione, non tutti sono completamente plausibili, ma formano un tutto omogeneo.
E Dale e Duane rimarranno a lungo nell'immaginario del lettore.

venerdì 14 dicembre 2012

Visioni - Copper, stagione I


Avevo commentato i primi episodi e quindi, dopo la visione dell'ultimo, c'è spazio per qualche considerazione.
Se nel 2012 non avessi visto anche Sherlock, Copper sarebbe stato, tra le serie, il colpo di fulmine dell'anno.
Iniziato come un poliziesco storico sporco e fosco, è diventato un racconto storico drammatico, sporco e fosco, perdendo in parte il carattere "giallo" delle prime puntate. Non che siano spariti i delitti, ma le classici gialli da risolvere nell'arco di un episodio hanno lasciato spazio a cospirazioni di più largo respiro e drammi personali. Copper ha dunque rivelato le sue ambizioni: un racconto storico sulla nascita di una città che si colora di giallo, ma a cui un solo genere sta stretto.
Il detective Kevin ci ha dunque introdotto nei vicoli di una città violenta, in cui si scontrano ideologie politiche, immigrati di diversa provenienza, povertà e ricchezza e in cui tutto sembra sempre a un passo dallo sprofondare nel caos.
Ho visto ultimamente diverse narrazioni in cui dopo un inizio molto "sporco" i conflitti andavano a stemperarsi e personaggi pieni di ombre si rivelavano poi, in fondo, quasi eroi. Gli sceneggiatori di Copper hanno deciso di percorrere un'altra strada.
Qualcuno ha una sua forma di integrità morale, ma nessuno è innocente. Gli amici leali possono essere assassini e i padri dei traditori. I personaggi femminili, poi, sono quelli che hanno riservato le maggiori sorprese. L'impressione che se ne ricava è che le anime candide non potessero sopravvivere a New York. Ognuna delle figure angeliche delle prime puntate mostra il proprio lato oscuro, le donne non sono meno violente e spietate degli uomini, anzi.
In questo quadro, ben dipinto episodio dopo episodio, il finale mi è piaciuto particolarmente. I conflitti non esplodono in modo incontrollato, come mi aspettavo, ma ognuno si trova solo ad affrontare i propri fantasmi. Ogni personaggio raggiunge una situazione di equilibrio precario e ottiene un brandello dell'agognata verità, che porta, però, più dolore che sollievo.

Copper è una serie da vedere, consigliata a chi non ha paura di addentrarsi nei meandri bui dell'animo umano e quindi, se ho compreso bene una distinzione di generi che mi risulta ancora nebulosa, molto più noir che crime.

Voto: 8

giovedì 13 dicembre 2012

Tristezza: chiusura in vista per gli Ecomusei del Piemonte

Qui il post ufficiale di Ecomuseo Cusius.

Io ero indecisa se iniziare con la parola rabbia o con la parola tristezza, ho scelto la seconda, con fatica.

Cos'è un Ecomuseo? E' un ente che si prende cura di un territorio, ne valorizza gli aspetti culturali e ambientali per preservarne e valorizzarne le peculiarità e sceglie come interlocutori privilegiati i cittadini di quello stesso territorio.

Che cosa fa in concreto l'Ecomuseo del Lago d'Orta e del Mottarone, quello che io conosco meglio? Coordina una decina di piccoli (e non tanto piccoli) musei sul territorio e ne garantisce l'apertura estiva con servizio di visita guidata gratuita.
Offre ogni anno numerosi laboratori e percorsi didattici per le scuole del territorio che sono nella quasi totalità dei casi gratuiti. I bambini vengono portati a scoprire il Lago e le zone limitrofe con accompagnatori naturalistici e storici e poi approfondiscono in classe quanto scoperto con dei laboratori.
Organizza dei percorsi di scoperta per tutti, alla ricerca degli angoli più segreti della nostra meravigliosa zona. Ha mappato sentieri ormai in disuso, li ha resi di nuovo percorribili, ha messo una segnaletica chiara e ha pubblicato e distribuito guide per percorrerli. Organizza ogni anno almeno 5 escursioni di gruppo su percorsi sempre nuovi.
E' un polo di documentazione e ricerca. Stagisti, laureandi e ricercatori universitari sanno ormai che Ecomuseo è il punto di riferimento per tutti gli studiosi di storia locale e dunque è il luogo privilegiato per trovare informazioni specifiche sul territorio.
Organizza convegni e giornate di studio.
E' un luogo di incontro e di aggregazione che declina il "prendersi cura del territorio" dagli incontri con gli autori di storia locale alla valorizzazione dei prodotti enogastronomici al censimento dei siti di interesse storico.
Potrei andare avanti ore a raccontare cosa Ecomuseo Cusius fa con 3 dipendenti e una manciata di collaboratori. 3 dipendente. Non 300 e neppure 30.

Ieri ho scoperto che Ecomuseo Cusius rischia di chiudere da un articolo su La Stampa. La cosa che mi ha fatto più rabbia era un commento sul fatto che magari alcune attività potranno essere portate avanti da gruppi di volontari. Mi ha fatto rabbia perché qui, secondo me, c'è il nocciolo del grande fraintendimento che le istituzioni italiane hanno con la cultura. L'idea di fondo che se un lavoro ti piace, lo fai bene, con passione e questo lavoro riguarda la cultura, tu lo debba fare gratis. Dimenticando che competenza e esperienza sono un valore. Che nessuno potrà fare al meglio il lavoro che è stato formato per fare se per vivere deve lavorare altrove. Del resto a un chirurgo non chiediamo di lavorare in fabbrica e operare nel tempo libero, per hobby, anche se, di fatto, neppure un'operazione al cuore produce immediata ricchezza.

Ecomuseo vive con 3 dipendenti e un pugno di collaboratori. E' un posto dove non si contano le ore in più, i sabati e le domeniche. Anche adesso, con il rischio di chiusura alle porte, cosa hanno fatto gli ecomuseini? Una cena di beneficenza. Non per loro, ma per raccogliere fondi a sostegno di un amico affetto da SLA. In questo gesto credo che ci sia tutto il loro spirito.

Tanto immagino, a Torino o dove si decide, quali saranno i pensieri. Qualche sentiero abbandonato. Qualche monumento privo di tutele. Una decina di musei chiusi, ma tanto, oggi, a chi importa che la Val Strona abbia una storia geologica unica al mondo o che era appena stato riallestito l'unico museo in Italia dedicato al Rubinetto? Qualche attività in meno per i bambini nelle scuole. Qualche attività in meno per le famiglie nei fine settimana, in modo che nulla le distragga dallo shopping.

Il problema della cultura non è che non genera ricchezza, è che muore senza rumore.

martedì 11 dicembre 2012

La scuola al tempo di internet

LUOGO: corso d'aggiornamento sul registro elettronico e la digitalizzazione della scuola
PERSONAGGI: DC (docente corso d'aggiornamento) I (insegnante)

DC: come vedete potete compilare tutto direttamente on-line dalla LIM di classe, senza nessun carico aggiuntivo di lavoro
I: metà delle classi non ha la LIM, metà delle LIM non hanno connessione internet
DC: basta che ogni classe sia dotata di un portatile o, meglio, che ogni docente sia dotato di portatile o tablet per segnare in itinere e sul momento valutazioni e annotazioni.
I: a nostre spese?
DC: ...
I: con un portatile o un tablet in classe dove girano studenti in grado di inciampare nei loro stessi arti? A mensa dove il cibo è utilizzato principalmente come arma da lancio? In palestra mentre giocano a calcio? O lasciato in un'aula insegnanti sempre aperta, accessibile a tutti, con degli armadietti senza chiave o comunque dotati di serratura che scassinerebbe anche un bambino di tre anni (e abbiamo alunni con ben più di tre anni e esperienza in merito certificata)? Eventuali danni al suddetto tablet/portatile sarebbero a nostro carico?
DC: ...

DC: in alternativa potete lavorare sui pc dell'aula insegnanti nelle ore buche.
I: sul pc dell'aula insegnanti. Uno. Che funziona a giorni alterni e solo dopo adeguati riti propiziatori.
DC: comunque a casa, dal vostro pc personale, potrete in ogni momento aggiornare i dati, lo potete fare anche in vacanza, dalle Maldive.
I: può ripetere la parte sull'assenza del lavoro aggiuntivo?

DC: alla fine della sperimentazione non si produrranno più pagelle cartacee, ma solo digitali che i genitori consulteranno on-line tramite la loro password o direttamente sulla loro posta elettronica.
I: anche quelli che vivono in tre famiglie nello stesso appartamento, che fanno i salti mortali per mandare fisicamente i figli a scuola e non si possono permettere alcun computer?

NOTA: i personaggi e le situazioni sono puramente di fantasia. E' tuttavia possibile che alcune osservazioni derivino da un corso d'aggiornamento tenutosi oggi e che alcuni interventi di I rispecchino le mie personali perplessità circa il voler inserire nuove tecnologie senza alcun investimento sulle infrastrutture e i supporti informatici.

Segnalazione che nulla centra
Sul sito di RiLL sono state raccolte le recensioni ricevute dall'antologia 2011 Il funzionario e altri racconti che conteneva il racconto che ha sostanzialmente segnato il mio esordio, La locanda dell'ippogrifo. Chi volesse dare un'occhiata le trova qui

sabato 8 dicembre 2012

Di pianta virtù


Una volta comprai un abete vero. Avevo 8 anni. Era di quelli senza radici, che sconsigliano di prendere. L'ho addobbato per quasi dieci anni. Oggi è un abete di oltre due metri, felicemente piantato in piena terra, nel frutteto di mio padre in collina (commento di mio padre "Ecco non riesco a far attecchire i peschi, le piante inutili, invece...").
Adesso c'è l'abete di plastica. I babbi natale, però, stanno iniziando a colonizzare anche le altre piante della casa.
Buon ponte dell'Immacolata!

venerdì 7 dicembre 2012

Proprio come in Inception

Un'idea, quando si radica negli strati profondi della mente, si ramifica e si sviluppa. Non importa se si tratta di una menzogna che qualcuno di ha inculcato, tornerà fuori ancora e ancora fino a rendere convinti di aver concepito quella data idea autonomamente. E non c'è nulla di più difficile da sradicare di un'idea.
Come insegna il film Inception, l'unico modo è radicarne un'altra, ancora più in profondità.

I pregiudizi sono proprio come i falsi ricordi di Inception. Qualcuno li ha seminati nella profondità delle menti e tornano fuori ancora e ancora, non importa quanto essi siano assurdi e infondati. Continuano a riemergere ancora e ancora.

Non avrei mai pensato che nel 2012 mi sarei trovata nella necessità di spiegare a dei ragazzi che le idee antisemite sono assurde e storicamente folli.
E mentre li ascoltavo tirar fuori i pregiudizi più vecchi del mondo e vedevo i loro occhi stupiti delle mie spiegazioni, mi chiedevo se le mie parole, sole, avranno mai la forza di entrare nelle loro menti ancora più in profondità

martedì 4 dicembre 2012

Desiderio di letargo

Disegno di G. Gallerani

Che voglia, in questi giorni, di trovare un posto caldo e silenzioso, come un albero cavo.
 Foderarlo con qualcosa di morbido, come foglie secche ben spezzettate dal muoversi ritmico delle zampe. Costruire il proprio nido con la forma del corpo, dopo avere girato su se stessi un paio di volte e avere provato e riprovato la posizione. E poi, dopo aver ben sgranocchiato quanto di più calorico c'era a disposizione, addormentarsi mentre fuori c'è ancora la luce del sole e dormire fino a primavera.
E sognare di essere un essere umano che è costretto ad alzarsi e andare al lavoro, ma sapendo di potersi invece godere il letargo.
A voi non succede?

domenica 2 dicembre 2012

A cena col medico legale (parlando di cannibali)

Cose che succedono a scrivere gialli.
Succede di andare a Domodossola a presentare l'antologia, insieme ad altri autori. Succede che a moderare la presentazione ci sia Alberto Bellocco, che di professione fa il medico legale (di quelli seri) e che i delitti li risolve davvero. Succede che con un altro autore ci si metta a parlare con gusto di popolazioni cannibali, differenze tra cannibalismo rituale e alimentare. Succede che la conversazione prenda davvero, perché sono un'archeologa non praticante e i cadaveri spolpati (se ben invecchiati in sabbia o in tomba) mi intrigano assai. Succede che a quel punto si vada tutti a cena e nello spazio tra antipasto e dolce (per altro quest'ultimo da menzione d'onore) si ascoltino le descrizione dei gialli veri, imparando quali informazioni si possono dedurre dai corpi.
Succede poi che si esce tutti ben satolli e davvero soddisfatti della serata.
Alcune cose che ho imparato/pensato alla rinfusa:
- "Nik, ti è piaciuta la serata?" "Sì, è stata davvero interessante". Cioè, mio marito è strato trascinato di sabato pomeriggio alla presentazione di un libro che ha già letto che è stata seguita da una cena popolata da gente con un hobby (la scrittura), che non è il suo, in cui si è parlato con naturalezza di morti e cannibali e ha trovato la cosa interessante. E' l'uomo della mia vita (oppure è il caso di scappare a gambe levate)
- E' emersa da parte di noi scrittori l'interesse a un eventuale corso su metodi di indagine e patologia forense. Informazioni indispensabili a un buon gialliasta. Ma anche a un aspirante omicida. Come selezionare gli aspiranti studenti al corso?
- Se dovete organizzare un finto suicidio, assicuratevi di sapere se la vittima è destra o mancina, pare che sia ancora l'errore più comune degli omicidi, nonostante tutti i gialli che sono stati scritti e girati.
- Un omicidio o lo si risolve in 48 ore o diventa davvero difficile risalire al colpevole.
- La verità supera sempre la fantasia. Alberto a pagina 2 del 99% dei gialli ha già capito chi è l'assassino.
- Tutti i giallisti amano i cani e/o i gatti e possono parlarne per ore (me in primis).

Venerdì 7 dicembre Delitti d'acqua dolce sarà presentato alle ore 21.00 presso la biblioteca di Invorio

venerdì 30 novembre 2012

Pillola di saggezza letteraria

Dal romanzo che sto leggendo L'inverno della paura di Dan Simmons:

"Avevo già scoperto un'importante verità relativa alla scrittura: per scrivere bene bisogna procedere dall'interno verso l'esterno. Questo vuol dire che la storia deve avere un centro silenzioso ma ben saldo, sia che si trovi nel nucleo dei personaggi, o nella storia o, preferibilmente, in entrambi, e che tutto deve dipanarsi a spirale  partendo da quel punto"

Ho uno strano rapporto con Dan Simmons, a volte lo adoro e a volte mi dà sui nervi, e spesso le due sensazioni si alternano all'interno dello stesso romanzo. Con questa frase, però, sono d'accordo al 100%. Voi cosa ne pensate?

martedì 27 novembre 2012

Questa mi ha fatto arrossire


E' la recensione che Maurizio Gilardi, vincitore del premio Giallo Stresa e sceneggiatore da una vita ha fatto di tre racconti dell'antologia Delitti d'acqua dolce
Sono parole che mi hanno fatto davvero piacere, sia perché Maurizio è un autore che stimo, il suo racconto l'Onda del Castello, con cui ha vinto il premio, è semplicemente delizioso (e come abbiamo dovuto ammettere tutti noi altri partecipanti "una spanna sopra"), sia perché evidenzia quelli che davvero erano i miei obiettivi. "Uno stile che non vuole stupire, non vuole strappare consensi... semplicemente bello e lineare, molto fruibile e straordinariamente variopinto... (i personaggi) sembra di averli accanto ed è il massimo traguardo possibile che un autore può raggiungere"
Grazie.

PS: con buona pace del mio non voler fare post egocentrici.

lunedì 26 novembre 2012

Alle origini

Ieri ero alla festa di battesimo di una mia cuginetta di secondo grado.
Vedo in un angolo del ristorante un gruppetto di bambini seduti a terra che di colpo si mettono a gridare, scappano via correndo, poi, timorosi tornano.
Mi avvicino. Al centro del gruppetto c'è uno dei miei zii e capisco.
Sta raccontando una storia.
No, La Storia.
Io non avevo dubbi quando la maestra mi chiedeva quale fosse la mia fiaba preferita.
Ivan Bovino
Si tratta di una lunghissima fiaba russa che inizia con un pesce dalla scaglie d'oro, continua con la nascita di tre bambini magici e termina con la ricerca di una principessa in una terra straniera. Ma questo non è importante.
La cosa importante è che mio zio ci faceva sedere tutte in circolo e poi con voce lenta e misurata iniziava a raccontarci la storia. Faceva il rumore delle foglie e poi, all'arrivo dei draghi (ogni buona storia deve avere almeno un drago) si metteva la testa in un cesto o in uno scatolone e si buttava in avanti per afferrarci. E per noi era il drago. Il terribile drago a sette teste che Ivan Bovino non riusciva a uccidere perché ogni volta che una testa veniva tagliata, ricresceva. Il drago contro cui gli altri Ivan (Ivan Principe e Ivan Cuoco o Della Serva, a seconda dell'umore dello zio) non accorrevano, perché addormentati. Il drago che alla fine veniva ucciso solo grazie all'aiuto del cavallo bianco di Ivan Bovino.
Riguardo le bimbe che tutte timorose, dopo l'attacco del drago, tornavano piano per ascoltare il seguito della storia e l'incontro con la strega dei boschi, mi sono resa conto di quanto importante sia stato quel frammento d'infanzia. Del resto, la fiaba di Ivan Bovino io la so ancora a memoria.
Forse senza mio zio non sarei mai diventata a mia volta una narratrice di storie. O forse no, in fin dei conti eravamo 6 cugini ad ascoltare la storia e nessun altro è diventato giocatore di ruolo, appassionato di fantasy e di narrativa. Ma tutti ricordiamo quei momenti con piacere.

venerdì 23 novembre 2012

Prima della prima presentazione (e pensieri sparsi sull'autopubblicazione)

Sono nuova alle presentazioni letterarie. Questa sera alle 21 presento i miei racconti presso il comune di Briga Novarese e Domani (sabato 24) alle 15 partecipo alla presentazione di Delitti d'Acqua Dolce presso la libreria Feltrinelli di Arona
Paradossalmente l'appuntamento di domani, più strutturato, con altri autori e la curatrice dell'antologia, mi spaventa molto meno.
Per questa sera che il cielo me la mandi buona e che speriamo che riesca a trovare una quadra tra i due rischi contrapposti: parlare per dieci minuti e poi lasciare un silenzio imbarazzante, o partire per i lidi dell'Antica Roma e uccidere i coraggiosi presenti con due ore sulla tarda repubblica...

Questo, per ricollegarmi a un argomento che sta interessando molti blog dedicati alla scrittura, indica, credo, come io sia poco adatta all'autopubblicazione.
Per quanto riguarda la presentazione di domani, la nostra splendida curatrice - organizzatrice (grazie Ambretta!), oltre ad aver fatto un'ottimo lavoro sui testi, ha messo in piedi un vero e proprio tour di presentazioni in biblioteche e librerie, senza contare i comunicati stampa e la pagina FB.
Se io avessi autopubblicato un romanzo, col mio carattere e il poco tempo che per motivi personali in questo periodo posso dedicare a scrittura e annessi, non sarei potuta arrivare neppure a un decimo della diffusione che sta avendo l'antologia. Dal mio personale punto di vista, quindi, meglio un racconto pubblicato con tutti i crismi su un'antologia, cosa che permette, tra l'altro di conoscere altri autori che un romanzo autopubblicato e letto poi solo da amici e parenti.
Questo, ovviamente non vuol dire che sono contraria in toto all'autopubblicazione, ma non condivido il pensiero di quanti la presentano come la terra promessa dell'esordiente o, peggio, la sua unica possibilità.
Delitti d'acqua dolce è un'antologia che nasce da un concorso letterario la cui partecipazione era gratuita e aperta a tutti, presenta racconti di autori affermati e di esordienti. A nessun autore è stato chiesto un centesimo, tutti i testi hanno avuto l'attenzione dei curatori che, insieme agli editori, si stanno occupando della promozione. Sono invitati a partecipare alle presentazioni, se hanno dei contatti o hanno piacere di organizzarne altri possono farlo, ma non è un obbligo. Ognuno di noi ha ricevuto delle copie omaggio e se desidera acquistarne altre lo fa a metà prezzo, ma anche questo non è un obbligo.
Il volume ha una diffusione mirata, essendo ambientato a Stresa è distribuito nelle librerie della zona, ma dove è arrivato si trova senza problemi. L'ho visto in vetrina o sugli scaffali più in vista. E' segnalato su molti siti specializzati.
Forse sbaglio, ma ritengo che questo sia ciò che un autore debba volere per i suoi scritti. E' ovvio che per farlo deve accettare di sottoporsi a delle selezioni. Il "rischio d'impresa" è tutto dell'editore che, quindi, ha il sacrosanto diritto di investire solo in testi in cui crede.

mercoledì 21 novembre 2012

Un altro racconto si invola - Come carta nel camino

Pare che quest'anno, se vorrò regalare per Natale un mio racconto, avrò solo l'imbarazzo della scelta.
Sono infatti felice di annunciare che il racconto

Come carta nel camino
sarà presto in libreria nell'antologia
STORIE DI CONFINE - Wild Boar editore

Storie di Confine è il risultato di un concorso indetto più di un anno fa dal sito - associazione Terre di Confine
Sono stata molto contenta di sapere che per l'antologia si è scelta come casa editrice Wild Boar, la stessa a cui si appoggia RiLL per le proprie antologie, libri molto curati, anche a livello di qualità della carta.
Cosa che mi fa ancora più felice è sapere che tutto il ricavato dell'antologia andrà a Medici Senza Frontiere.

Per una volta, il racconto sarà pubblicato a nome Tenar. Non c'è un motivo preciso per questo, a suo tempo, dato che per la partecipazione era necessario iscriversi al forum del sito, mi venne spontaneo usare quella che è la mia abituale identità in rete.

lunedì 19 novembre 2012

Appuntamenti (quasi) imperdibili

Venerdì 23 novembre ore 21.00
Sala Consiliare del Comune di Briga Novarese
I VENERDì DELLA BIBLIOTECA:
ANTONELLA MECENERO - RACCONTI DA GIALLO MONDADORI AL TROFEO RILL


Sabato 24 novembre ore 15
Libreria Feltrinelli di Arona
DELITTI D'ACQUA DOLCE - FIRMA COPIE


Per chi fosse della zona e avesse voglia di fare due chiacchiere sui racconti e la scrittura.
Venerdì sarà un'oretta informale che, spero, continuerà per chi vuole davanti a una birra o altro. L'essere lettori del blog da diritto a una birra offerta da Tenar.
Sabato la cosa sarà un po' più seria, saranno presenti altri autori dell'antologia (che contiene racconti davvero davvero belli) e dunque l'evento è davvero quasi imperdibile.
Ricordo inoltre che Delitti d'acqua dolce aiuta la ricostruzione dei giardini di Villa Taranto.

Su Kultural, invece, un breve approfondimento su Innocenzo Manzetti e il suo automa, scritto da me con la supervisione tecnica di Fabio Valeggia. Il link è come sempre qui a fianco

domenica 18 novembre 2012

Visioni - Argo


Inverno 1979/80. In Iran scoppia la rivoluzione islamica e la rabbia popolare si riversa contro gli USA, colpevoli di aver dato asilo allo Scià. Poco prima dell'assalto all'ambasciata statunitense, sei dipendenti riescono a fuggire, rifugiandosi in quella Canadese. In poco tempo diventano dei ricercati dalla polizia islamica e le loro possibilità di uscire vivi dal paese si riducono all'osso.
Pare che la CIA abbia degli esperti per questo tipo di situazioni, gli "esfiltratori". Il problema è, però, che le idee latitano. Scartata l'ipotesi di far arrivare i sei in Turchia in bicicletta o di farli passare per incaricati di esaminare i raccolti (in pieno inverno), la "migliore peggiore idea" in campo è quella di mettere in piedi un finto film di fantascienza con ambientazione mediorientale e far passere gli americani per membri di una troupe canadese. E se bisogna fare un finto film, che sia almeno un finto successo...

Argo dribla con successo i due pericoli principali insiti nello script, cioè far diventare la storia una farsa o, al contrario, un polpettone propagandistico.
Argo è e rimane un film di spionaggio vecchio stampo con appena dei tocchi deliziosamente surreali. Non si indaga la situazione iraniana, anche se le scene ambientate a Theran sembrano quasi uscire dai filmati d'epoca, né si butta la situazione in commedia. Il protagonista è della CIA, ma la CIA è anche quella "che non si è accorta che in Iran stava avvenendo una rivoluzione".
Argo è la storia di sei persone qualunque finite in una pessima situazione e dell'uomo che gioca con l'assurdo pur di salvarli e, come tale, funziona. Gioca intelligentemente col film nel film, mostrando una realtà ben più confusa e incredibile di quella delle storie di fantascienza ed eroi assai meno patinati di quelli che impugnano pistole laser. Anche se come tutti i film tratti da storie vere si sa già come andrà a finire, si rimane incollati allo schermo.

Il passaggio di Ben Affleck alla regia, dunque, funziona. Anzi, auspico un passaggio più radicale, dato che il buon Ben tiene per tutto il film la stessa espressione, sia che saluti il figlio, sia che rischi la vita. Il Nik fa però notare che un certo attore con solo due espressioni è diventato alla fine il mio regista preferito

Voto: 7 e mezzo.

venerdì 16 novembre 2012

Frammenti di vita da aspirante giallista

Entra la cognata. Guarda la sala e si sofferma sulle pietre ornamentali che fungono da soprammobile.
- Ma con l'ametista ci hai ucciso una persona!
- Certo, era un omicidio non premeditato commesso da una donna. Mi sono chiesta cosa potesse esserci in un salotto che persino io potrei usare come arma di un delitto.
E lei mi guarda come se in effetti avessi le mani macchiate di sangue.

Il Nik si fa portavoce del sindacato degli psicopatici.
- Non puoi far passare meno di cinque giorni da un omicidio e l'altro. Poveretto. Rapisci la vittima, portala in casa, torturala, uccidila, posiziona il corpo. Dovrà pur dormire, no? Mangiare? Lavorare? Più di una vittima ogni cinque giorni è sfruttamento.

Si prendono appunti dai telefilm
 - Davvero posso estrarre il cianuro dai semi di pesca?
 - No.
 - Ma in CSI NY...
 - No. Te ne servirebbero una montagna, lascia stare.
 - E se devo avvelenare qualcuno?
 - Con l'amanita vai più tranquilla, pochi grammi ed è fatta.
 - Ok
 -... Cosa c'è per cena?
 - Spezzatino con i funghi.
*

Un ringraziamento a Fabio Lotti, se mai passasse di qui, che in più di un sito ha commentato il mio racconto "Come foglie nel vento".  Credo che sia la cosa più bella per un esordiente arrivare a un lettore autorevole che spende tempo e parole per promuoverti.

giovedì 15 novembre 2012

Scrittevolezze - Il diavolo sta nei dettagli

La scrittura si articola in tre fasi. Le prime due, ideazione e prima stesura sono, almeno per me, gioia pura. Se scrivo è per andare almeno con la fantasia in luoghi inaccessibili, vivere vite altrui e provare a comunicare quanto ho scoperto in queste escursioni immaginarie.

Poi viene la terza fase. La revisione.

Ho provato una sensazione simile sugli scavi archeologici, quando dal mappare il sito e dal vedere per la prima volta qualcosa che era rimasto nascosto da millenni si passa a setacciare la terra di scarto per accertarsi di non aver tralasciato neppure il più piccolo frammento. Ore con il setaccio in mano, magari nell'acqua fredda per trovare un frammentino d'osso che poi forse il laboratorio decreterà essere del tutto estraneo rispetto a quello che stai cercando.
Revisionare è setacciare il testo, una, due, dieci volte alla ricerca di ogni imperfezione, ogni parola stonata, ogni angolo da smussare.
Forse è perché sto lavorando a un testo storico che trovo il lavoro ancora più minuzioso e, a tratti, snervante. Il tempo che sembra sprecato per decidere se si può inserire la descrizione di quel dato oggetto, se davvero era presente all'epoca oppure no. E poi, dopo aver sentito esperti, visionato immagini, spulciato testi, chiedersi quanti lettori mai si accorgeranno di un eventuale errore.
Eppure il diavolo si nasconde nei dettagli.
Non scrivo per esperti storici. Ma qualsiasi lettore percepisce se l'autore padroneggia davvero il mondo che descrive. Che si esso reale o immaginario sono i piccoli dettagli, quelli che prendono magari solo mezza riga a darci la profondità di campo e farci pensare che quello in cui si muovono i protagonisti è un mondo possibile.
A quasi nessuno, leggendo Il Signore degli Anelli interessa davvero la linguistica elfica. Ma il fatto che l'elfico abbia una sua linguistica, sia stato studiato nei minuti particolari grammaticali lo rende credibile e ci aiuta ad operare quella sospensione della incredulità che serve a goderci la narrazione. Così come non è necessario essere medioevalisti per apprezzare il Nome della Rosa, ma è il suo essere ambientato in un medioevo credibile di cui quasi riusciamo a sentire l'odore uno dei fascini maggiori del romanzo.
Non resta che farsi coraggio e andare a stanare i diavoli nei dettagli.

E se a volte ci si scoraggia, bisogna ricordare che quando il lavoro è ben riuscito, la differenza di sente e  anche i lettori se ne accorgono.

Qui una recensione sul Giallo Mondadori 3096, i Cospiratori, che dedica un buono spazio al mio racconto (dal quale a suo tempo ho dovuto stanare un sacco di dispettosi diavoletti!)

Sempre da Thriller Magazine, anche un articolo su Delitti d'acqua dolce, qui.

mercoledì 14 novembre 2012

Letture da Lucca

Non ho ancora smaltito tutte le letture acquistate a Lucca e dintorni (e dire che sono stata in fiera pochissimo), ma ho almeno dato uno sguardo a qualcosa. Ecco qui, assolutamente alla rinfusa

Eriadan 10
E sono già dieci anni di Eriadan! E sfogliando l'albo mi chiedo perché da piccolo mito di nicchia non ci sia stato ancora il grande salto. Il suo sguardo acuto e poetico sul mondo lo rende ai miei occhi l'erede ideale Schulz
(se qualcuno ancora non lo conoscesse, ammesso che sia possibile, dia uno sguardo al link a lato)

I giorni della sposa
Kaoru Mori
Un manga davvero atipico, di cui ho comprato un numero per curiosità in seguito a una recensione positiva. Ci porta in un mondo inedito, quello dell'Asia Centrale, riprodotto con un tratto di rara raffinatezza che si prende cura di ogni particolare, dalle decorazioni delle stoffe, all'interno delle abitazioni fino ai dettagli dei piatti tipici. Un numero è poco per giudicare la vicenda, che pare comunque mettere al centro le donne, con i loro destini segnati, i matrimoni combinati e i lavoro, senza però calcare la mano. Proseguirò la lettura

Hellboy - La strega Troll e altre storie
Mike Migola e disegnatori vari
Primo incontro con Hellboy, storie surreali, brevi, autococlusive e non prive di una loro poesia. Questi piccoli racconti di mostri tristi, intrisi di ironia amara mi hanno ricordato il Gaiman di Sandman.
Una lettura soddisfacente al 100%

L'impero dei morti viventi - Sherlock Holmes contro zombi
Ian Edginton e disegnatori vari
Se recensioni positive mi hanno portato a scoprire "I giorni della sposa", perché non fidarsene anche per Sherlock Holmes contro zombi?
Questo è il primo degli interrogativi irrisolti. Ne seguono altri. Gli zombi arrivano nella Londra del 1898 e vanno uccisi con le maniere forti, che bisogno c'è di Sherlock Holmes? Serve scomodarlo per fargli usare il lanciafiamme? E perché dargli un fisico da superman e invecchiare il povero Watson?
Non fa schifo, questo fumetto, ma vale l'acquisto? Troppe domande sospese.

lunedì 12 novembre 2012

Visioni - 007 Skyfall


Con questo Skyfall termina il percorso di decostruzione e ricostruzione del mito di 007 iniziato con Casinò Royale. Daniel Craig non è il nuovo Bond, è Bond e dopo aver distrutto l'idea che ci eravamo fatti di lui se ne riappropria. Per farlo deve uccidere quanto rimaneva dell'iconografia legata alle incarnazioni più recenti dell'agente segreto e ritornare alle origini (letteralmente, non ci viene risparmiata neppure la casa paterna).
Sam Mendes confeziona per il cinquantenario un prodotto di lusso, splendente, impeccabile e superfluo. Un giocattolone di puro intrattenimento che però a tratti incanta per sequenze di rara bellezza visiva (la sigla iniziale su tutte) o un'uso magistrale della luce. Non c'è praticamente inquadratura che non abbia una sua ricercata eleganza.
La sceneggiatura ha i suoi momenti migliori nel gioco costante con il passato, ma non riesce a costruire una storia davvero memorabile e forse per il film del cinquantenario Bond avrebbe meritato un nemico più carismatico.
007 Skyfall intrattiene e incanta gli occhi, ma rimane il dubbio che con questi attori e questo regista si sarebbe potuto osare di più e sfiorare il capolavoro.
Casinò Royale col suo usare una durezza e un disincanto inedito nelle storie di Bond rimane, secondo me, il gioiello di questa trilogia.

E adesso che del buon James sappiamo davvero quasi tutto, lo possiamo scrivere senza timore di sbagliare nella lista degli "eroi porta sfiga", quelli a cui basta stare vicini per fare una pessima fine.

Voto: 7 e mezzo (8 per i fan dei film storici della saga, che troveranno pane per i loro denti)

sabato 10 novembre 2012

L'automa che sapeva parlare - la vera storia dell'invenzione del telefono


Questa è una storia vera di cui sono venuta a conoscenza giusto ieri sera (grazie Fabio!) e me ne sono subito innamorata.

Aosta, metà 1800. Una famiglia numerosa, povera, originaria delle mie terre tra il Lago Maggiore e quello d'Orta. Un inventore geniale, che dorme due ore a notte e sforna un'invenzione dopo l'altra per mantenere se stesso e gli otto fratelli. Un unico sogno, costruire un automa in grado di stupire il mondo.

Chi ha vista il film "Hugo Cabret" saprà che era a colpi di automi che gli inventori a metà ottocento combattevano la loro  guerra per la popolarità. Ce n'erano che sapevano giocare a scacchi, altri che erano in grado di riprodurre un disegno.
Innocenzo Manzetti, uno che aveva la faccio da diavolo e, forse, l'animo di un bambino, voleva che il suo fosse il migliore di tutti. Doveva potersi alzare in piedi, portarsi il flauto alle labbra, suonare 12 arie diverse e parlare. Sì, parlare. Ma non ripetere parole pre ordinate, cosa che a quanto pare alcuni automi facevano, ma far sentire a distanza la voce del suo inventore.
C'è una lettere con cui il sindaco di Invorio, città natale della famiglia Manzetti, manda a Innocenzo 100 lire per lo sviluppo delle sue invenzioni. E Innocenzo risponde appunto che il suo automa è quasi perfetto, gli manca giusto di farlo parlare.
Da qui partono una serie di esperimenti sulla trasmissione della voce.
Di colpo si viene a sapere che ad Aosta un inventore spiantato sta facendo esperimenti su uno strumento per trasmettere la voce a distanza, ottenendo risultati insperati. Meucci scrive, ammettendo che Manzetti è più avanti di lui, e chiede una collaborazione, ma il nostro Innocenzo forse pensa al suo automa e non risponde. Un biglietto da visita di Bell pare dimostrare che anche l'altro contendente per la disfida del telefono sia giunto ad Aosta a curiosare.
Ci siamo.
Manzetti inventa una cornetta per la ricezione del suono e pare che l'automa fosse pronto per parlare. A questo punto si muove il nostro governo con la lungimiranza che gli è ancora propria dicendo a Manzetti che la sua invenzione è socialmente pericolosa, è pregato di lasciar perdere se non vuole grane. Il nostro è già povero e malato, vuole solo costruirsi il suo automa e desiste.
Morirà pochi anni dopo, nel 1877.
Poco tempo dopo alla vedova si presentano degli inviati di Bell che per poche lire si appropriano di appunti e prototipi, che verranno poi brevettati in America, ovviamente non a nome di Manzetti.
La storia stabilirà poi che il telefono l'ha inventato Meucci, con un primo brevetto del 1871, anche se numerosi articoli di giornali ci dimostrano che ad Aosta già nel 1865 era possibile trasmettere le voci a distanza.
Di Manzetti rimane una targa nel comune di Invorio (una delle poche istituzioni ad aver creduto in lui) e  la foto del suo automa che vedete qui

giovedì 8 novembre 2012

Con Cesare al premio Giallo Mensa


Eccomi qui, frastornata e felice, alla premiazione del concorso Giallo Mensa, organizzato da Giallo Mondadori e dall'associazione Mensa Italia.

Nei prossimi giorni racconterò qualcosa di quest'incontro con Mensa e i suoi incredibili soci.

Per il momento mi affido alle parole di Alessandra Bucchieri, l'organizzatrice del concorso, che vedete al mio fianco. Per chi non lo sapesse è una delle massime esperte in Italia di Giallo (un'istituzione, mi è stato detto da una sua collega) e gestisce un bellissimo blog di cui trovate il link anche qui a fianco. L'unica controindicazione alla lettura è che le sue recensioni e interviste fanno venire una voglia matta di divorare libri e telefilm e il tempo per farlo a volte manca...
Qui il bel post che voluto dedicare alla serata.

martedì 6 novembre 2012

Presentazione racconto - Come foglie nel vento

Appena riuscirò a dormire otto ore di fila farò un post decente con quanto accaduto in questi giorni, dall'incontro con i mensini a quella splendida follia che è Lucca Comics. Prima che sparisca dalle edicole, sarà bene, però, fare un minimo di presentazione del racconto in uscita

Come foglie nel vento - allegato a Giallo Mondadori 3069 "I cospiratori"
77 a. C.
Giulio Cesare ha 23 anni, appartiene alla fazione politica perdente, quasi del tutto spazzata via durante la dittatura di Silla, e sta muovendo i primi passi come avvocato.
Ha accettato una causa che non può vincere, quella contro Gneo Cornelio Dolabella, sicario ai tempi di Silla, ora politico di successo. Per questo gli sembra un messaggero degli dei il ricco plebeo che viene a chiedere giustizia per sua sorella. Era amante di Dolabella e forse è stato lui ad ucciderla, temendo che la giovane rivelando di essere incinta e trascinandolo in uno scandalo. Ma gli dei, si sa, si fanno beffe dei sogni dei mortali e l'indagine porta il giovane Cesare ad esplorare territori per lui sconosciuti...


Questo racconto per è speciale, come il ritorno a un vecchio amore.
All'università mi sono innamorata della tarda repubblica romana. Sull'onda di quell'infatuazione ho letto tutto d'un fiato "Cesare, il Dittatore Democratico" di Luciano Canfora, che è stato un colpo di fulmine. L'uomo che Canfora descriveva, "un impasto di meschinità e grandezza", un intellettuale che si sporca le mani e che guarda il mondo contemporaneamente con l'occhio del pragmatismo e con quello del filosofo, io lo volevo veder agire. 
Poi ho frequentato due anni di "master in aspirazione" dove hanno tentato di convincermi che dovevo imparare a raccontare la realtà di oggi e non ho più avuto il coraggio di inoltrarmi nei vicoli dell'antica Roma. Poi ho visto il bando del Premio Mensa e ho pensato subito che per i mensini ci voleva Sherlock Holmes oppure Giulio Cesare. Per il primo non mi sentivo pronta, quindi...
Da lì in poi questo giovane Cesare mi ha presa per mano, rimproverandomi per tutto il tempo in cui l'ho lasciato nel cassetto. E quindi ecco qui il racconto, che trovate in edicola. Spero possa piacere, anche perché il buon Cesare non ha affatto intenzione di lasciarmi andare...

Colgo l'occasione per segnalare il bell'articolo dello Sherlock Magazine su Delitti d'Acqua Dolce e per chiedere perdono a tutte le persone conosciute o contattate in questi giorni che mi hanno chiesto amicizia su Facebook. Ho un pessimo rapporto con FB e per affrontarlo mi servono, appunto, le famose otto ore di sonno.

giovedì 1 novembre 2012

Varie

Il blog deve prendersi qualche giorno di pausa per vari motivi.
Mia mamma ha deciso di mettere, letteralmente, la testa a posto a neurochirurgia. Per non farsi mancare niente ha fatto anche un tour delle complicanze tipiche per questo genere di intervento (se capitasse qui uno dei colleghi che mi ha visto schizzare via, la situazione pare essersi normalizzata).
In qualche modo io dovrò raggiungere La Spezia per la premiazione del Premio Giallo Mensa e quindi Lucca per quella del Rill

Averi voluto farvi una presentazione decente del racconto Come foglie nel vento che da lunedì 5 novembre trovate in edicola nel Giallo Mondadori 3069, I Cospiratori, ma me ne manca il tempo materiale.
Quello che posso dirvi è che, tra tutti i racconti scritti quest'anno è davvero quello a cui sono più legata. Sono stata presa per mano dal mio personaggio che mi ha condotto in una Roma antica che neppure io conoscevo. Se vi avanzano 4,90€, investiteli in un racconto insolito (e il romanzo a cui è allegato non sembra per niente male). Se vi va, potete anche commentarlo sulla pagina del blog di Giallo Mondadori.

Chi invece capitasse a Stresa, domenica 4 novembre alle ore 16, presso la Sala del Distretto dei Laghi ci sarà la presentazione dell'antologia Delitti d'acqua dolce, che raccoglie una ventina di racconti ambientati a Stresa, tra cui il mio Briscola. Per ovvi motivi di ubiquità io non potrò esserci, ma ci sarà tutta una schiera di autori con i fiocchi e controfiocchi, i miei bravissimi "colleghi di antologia": Mercedes Bresso, Sergio Cova, Andrea Dallapina, Maurizio Gilardi, Rossana Girotto, Riccardo Landini, Francesco Manarini e Massimo Rodighiero, Sabrina Minetti, Samuele Nava, Emiliano Pedroni, Maurizio Pellizzon, Elena Sedin, Federico Spinozzi, Gianluca Veltri.
Ricordo che il ricavato dell'antologia sarà devoluto alla ricostruzione dei giardini di Villa Taranto, che ne hanno bisogno

Un saluto a tutti. Buon lungo fine settimana. Ci si rivede e ci si rilegge verso la fine di settimana prossima

martedì 30 ottobre 2012

3069 - Tutti in edicola!!


Che cos'ho a che fare io con il numero 3069, Giallo Mondadori, la parola "Mensa" e l'antica Roma?

Il 5 novembre sarà in edicola il Giallo Mondadori 3069, I Cospiratori, contenente il racconto vincitore del "Premio Mensa", ovvero  IL MIO "COME FOGLIE NEL VENTO", giallo ambientato nell'antica Roma

Non ci credete? Faccio fatica anch'io, ma è tutto ufficiale, direttamente dal blog di Giallo Mondadori

Non vi resta che correre tutti in edicola !!!!

lunedì 29 ottobre 2012

Letture - Il boia di Parigi, Il Metodo Cardosa

Ho già avuto modo di scrivere nel vecchio blog che la mi aspirazione è scrivere racconti da sala d'aspetto. Abbastanza coinvolgenti da portarti via in momenti in cui la fantasia è l'unica possibile via di fuga, abbastanza scorrevoli da non necessitare più neuroni di quanti il lettore ne sia disposto a impegnare. Libri salvagente a cui aggrapparsi in attese grigie, per dimenticare le sedie scomode e far scorrere i minuti.

In questi giorni, per vari motivi, di letture da sala d'aspetto ne ho avute bisogno io. A farmi da salvagente, tra treni in ritardo e attese indeterminate, sono stati:

Il boia di Parigi
Fumetto - Paola Barbato, Giampiero Casertano
Sergio Bonelli Editore è sempre stata sinonimo di avventure disimpegnate. Quel "fumetto popolare" che andava un po' contrapponendosi alla raffinata BD francese. Storie prodotte in serie, molti albi al mese, onesto artigianato di sceneggiatura e chine, basso costo.
Poi anche nei fumetti arriva la crisi delle vendite ed è con piacere assoluto vedere che Casa Bonelli ritiene la qualità una possibile via di fuga. Perché "Il boia di Parigi" non ha nulla a che vedere con lo stereotipo per prodotto in serie.
Primo numero di una serie composta da storie autoconclusive, ci porta nella Parigi del Terrore. Il protagonista è il boia, addetto al funzionamento della ghigliottina. Un personaggio ai margini, temuto e sottovalutato che osserva gli eventi con inaspettata umanità. Consapevole di essere parte di un meccanismo più grande, combatte ogni giorno la sua guerra per consegnare alla morte un brandello di dignità e dare ad ogni uomo, sia esso un re o un ladro un conforto non scontato.
Ne esce una storia nerissima, cupa e struggente. Qualcosa che francamente non mi attendevo di trovare in edicola a 3,50€. Fosse stata pubblicata in Francia, il più numeri, su volumetti cartonati a 20€ l'uno, la critica urlerebbe al capolavoro. Qui resta quasi di passare inosservata, tra un Tex e un Dylan Dog (che rispetto e leggo con affetto, ma questa è un'altra cosa)

Il Metodo Cadosa
Carlo Parri
Ancora l'edicola mi viene in aiuto con questo giallo vincitore del Premio Tedeschi.
Leonardo Cardosa, vicequestore aggiunto (e non commissario, come preferirebbe), parla per citazioni e vorrebbe vivere in un romanzo di Simenon. C'è chi non lo capisce e chi attende i suoi "miracoli" le illuminazioni che portano alla risoluzione dei casi.  Lui deve barcamenarsi tra l'omicidio di un imprenditore edile in odore di satanismo e le minacce ricevute da sua sorella, in Sicilia, oscillando tra il suo amore del presente, una collega campionessa di tiro con la pistola e quello del passato, una bruna pubblico ministero che un tempo ebbe il coraggio di incriminarlo.
Da amante di Fred Vargas ho trovato un po' di Adamsberg in questo Cardosa, tra scrivanie che hanno un nome, sillogismi aristotelici, santoni sud americani e presunte guide ai varchi spazio - temporali. Cardosa si barcamena tra un mondo surreale e un'Italia concretissima, tra Roma, Sicilia e Letteratura. A volte mi pare che manchi ancora di un equilibrio preciso. Il surreale c'è e non c'è, l'intrigo esoterico è credibile a tratti e gli elementi che si intrecciano (l'indagine a Roma e quella in Sicilia, il presente, il padre scomparso, le due donne) sono forse troppi. Ma è un'opera prima e darei un rene per scriverne io una così. Di certo c'è che il metodo Cardosa funziona e tiene il lettore incollato alle pagine. E alla fine vien subito voglia di un seguito.

Fa un po' impressione pensare che Carlo Parri sarà mio "collega di antologia" su Delitti d'Acqua Dolce, anche se il mio Padre Marco e il suo Leonardo Cardosa credo possano andare d'accordo.

venerdì 26 ottobre 2012

Il Carnevale dell'Uomo Cervo, e altri racconti dal Trofeo RiLL



Mi attende un inizio di novembre denso di pubblicazioni (evviva!).
E' con orgoglio e gioia, infatti che vi presento la bellissima copertina del volume che raccoglie i migliori racconti del trofeo RiLL di quest'anno.

Il volume Il Carnevale dell'Uomo Cervo contiene due miei racconti.

La recluta muta
Terzo classificato al trofeo RiLL di quest'anno che sul sito della manifestazione è così presentato

Una storia d’amore di ambientazione fantasy, sullo sfondo di una guerra sanguinosa e insensata. L’ottima caratterizzazione dei personaggi rende il racconto coinvolgente sin dalle prime righe.

e

Ulisse e la tartaruga
Selezionato all'interno di SFIDA, il concorso riservato a chi negli anni precedenti è stato finalista di RiLL

Tra l'antica Grecia e il Mondo Disco, una tartaruga, che il fato costringe a vincere tutte le gare a cui viene iscritta suo malgrado, dovrà sfidare Ulisse davanti alla Sfinge e scoprirne il segreto più nascosto.
Mio personale tentativo di dimostrare che fantasy e cultura non si escludono a vicenda.

Sul sito www.rill.it tutti i dettagli, la presentazione ufficiale del volume e, per chi lo desidera, le modalità d'acquisto.

Il volume sarà presentato a Lucca Comics, domenica 4 novembre

E sapete qual è la cosa più bella? Le pubblicazioni di inizio novembre non sono affatto finite qui...

martedì 23 ottobre 2012

Visioni - Copper

Episodi 1 - 2

Rock e canti irlandesi ci portano nella New York del 1864.
Mi intrigava questa serie, e allo stesso tempo mi spaventava, l'ultima serie gialla ambientata nell'800 trasmessa da Fox Crime era inguardabile.
Felice che i miei timori si siano rivelati infondati.
New York non è mai stata così sporca. Non ci viene detto che i quartieri sono malfamati. Inciampiamo subito in una prostituta bambina, quindi nel cadavere di una coetanea. Detective rivali si rompono le ossa a vicenda e i buoni risolvono la situazione con una bella pugnalata nello stomaco, vibrata in modo premeditato e con l'aiuto di una bimba.
Raramente una serie mi ha saputo descrivere un'ambiente in cui la violenza è tanto palpabile e dove nessuno può sentirsi del tutto al sicuro.
Corcan sa muoversi bene in questo mondo, mantiene quell'aspirazione alla giustizia che ci porta ad empatizzare con lui, ma si evita l'effetto "angelo all'inferno". Non si scandalizza per la violenza e la sa usare quando serve, come plausibile per un ex pugile cresciuto in un ambiente simile.
Intono a lui, iniziano a delinearsi comprimari ben caratterizzati, come l'ex schiavo e medico abusivo, che sembrano preludere a sottotrame interessanti.
Due episodi sono pochi per trarre un giudizio ponderato, ma di sicuro bastano per attrarre l'attenzione. Staremo a vedere...
Unica pecca, il protagonista e il suo assistente troppo simili fisicamente, nel primo episodio continuavo a confonderli.



lunedì 22 ottobre 2012

Racconto in uscita - Briscola

Nell'antologia Delitti d'acqua dolce, l'antologia di gialli stresiani in uscita il 4 novembre per Lampi di Stampa, il mio racconto si intitola Briscola


Padre Marco non è un parroco qualunque. Ex docente di Storia del Vicino Oriente Antico richiamato in parrocchia dalla crisi vocazione e da una vaga curiosità per il mondo, guarda la realtà con gli occhi curiosi dello storico. E' affezionato alle sue fedeli, fedeli nel senso etimologico del termine, una manciata di anziane che con ogni condizione atmosferica giungono puntuali alla funzione delle 17.30. Quando una ne manca all'appello, Marco capisce subito che è accaduto qualcosa di grave.
Rosa viene infatti ritrovata morta su una panchina del Giardino Alpina, un orto botanico sopra Stresa. Chiamato a identificare il corpo, padre Marco, inizia a porsi delle domande. Inoltre c'è Briscola, il bastardino di Rosa, con cui il prete inizia una difficile convivenza, che sembra quasi pretendere una verità sulla scomparsa della sua padrona...


E' difficile sintetizzare quanto sia importante per me Padre Marco e questo racconto in particolare. Innanzi tutto per la prima volta con questo personaggio ho raccontato quello che è il cuore geografico del mio mondo. Padre Marco, infatti, viene inviato a reggere la parrocchia di Pella, sul Lago d'Orta. In questo racconto si muove tra Pella e Stresa. Io abito in un paesino esattamente a metà strada e negli anni ho compreso che non voglio vivere se non in quest'angolo di Piemonte tra due laghi, terra discreta, ma piena di storie da raccontare.
Poi c'è Padre Marco, che un parroco e uno storico. Lui è la rivincita della cultura sul mondo di oggi. Perché è grazie al suo sguardo un po' svagato di storico, ai suoi pensieri che ondeggiano tra il presente e l'età antica, che riesce a riordinare i fatti e a risolvere gli enigmi.
E' un personaggio che amo e che viene da lontanissimo. Di fatto, è l'evoluzione diretta del primissimo personaggio che io abbia mai immaginato.
Quand'ero adolescente, tentavo le mie prove da scrittrice tessendo le avventure di Erik di vanNey, duca di un mondo fantasy, guerriero suo malgrado. Alla fine abbandonava spada e regno, si rifugiava sulle montagne, entrava in un ordine monastico, diventava Padre Falco e non smetteva di essere se stesso.
Padre Falco di strada ne ha fatta moltissima, è diventato Padre Marco, è sceso nel mondo di oggi, ma non ha smesso di essere a suo modo un cavaliere che combatte contro i draghi. Solo che oggi, i draghi, non hanno più squame e artigli e ci vuole molta attenzione per poterli riconoscere.

Spero che possiate affezionarvi a lui come ho fatto io, perché questa, spero, non sarà l'unica volta che arriverà in libreria.

venerdì 19 ottobre 2012

Delitti d'acqua dolce


Delitti d'acqua dolce è un'antologia che raccoglie una serie di gialli, tutti rigorosamente ambientati nei dintorni di Stresa, sul Lago Maggiore, ed edito da Lampi di Stampa.
Verrà presentato a Stresa domenica 4 novembre alle 15.30 presso l'hotel Primavera

Ci sono dentro racconti di scrittori che stimo assai, tra cui, in ordine sparso, Carlo Parri, fresco vincitore del premio Tedeschi, Maurizio Gilardi, sceneggiatore di fumetti e scrittore, Adele Marini, che è una grandissima, Samuele Nava, di cui credo di aver letto gli articoli su fantascienza.com, solo per citare quelli di cui ho letto qualcosa recentemente. In mezzo a cotanti nomi, non si sa bene come, ci sono anch'io.
Il mio racconto si intitola "Briscola" è a modo suo una storia d'amore con dentro vecchietti, cani, preti e azalee himalayane e nei prossimi giorni ve lo presenterò con più calma.

Onore e gratitudine eterna ai curatori, che hanno reso possibile tutto ciò e in particolare ad Ambretta per l'ottima organizzazione e la pazienza.

giovedì 18 ottobre 2012

I miei neolitici su Kultural e quarto indizio per 3069

Ogni tanto gli amici si Kultural mi ricordano che sono anche un'archeologa. Se cliccate sul link qui a fianco (sotto collaborazioni) trovate in home un mio articolo sul periodo che più mi appassiona, il neolitico.


Intanto si avvicina sempre più il 5 novembre, data nella quale accadrà qualcosa che ha a che fare con me e con il misterioso numero 3069.
Di cosa si tratta?
C'è ancora un indizio da indovinare, nascosto nel primo post dedicato a questo enigma.
Il secondo indizio è una parola "mensa". (indovinato da Bardoscuro)
Il terzo indizio è un genere letterario "giallo". (indovinato da Cristina)

Il quarto indizio parte dal terzo. La domanda per indovinarlo è:
Come mai in Italia i romanzi gialli si chiamano così?

martedì 16 ottobre 2012

Ultimo capitolo

Ultimo capitolo.
E' quello che scriverò questa sera o domani.
L'ultimo capitolo di un romanzo.

Con questo fanno 4 le storie lunghe che ho portato fino alla parola fine.
 Il romanzone fantasy dei miei anni dell'università, molto amato e sfilacciato, che rimarrà sempre nel mio cuore, ma che non uscirà dai miei file se non per fornirmi una serie di password super sicure (chi mai può indovinare il nome di un luogo che esiste solo nella mia testa?)
Lord Corvo, il fantasy della mia maturità. I miei personaggi più amati, i miei capitoli più sofferti. Inizio a rassegnarmi all'idea che non vedrà mai la luce, per motivi che, razionalmente, per altro posso capire. Eppure rimarrà unico. Non amerò mai nessun personaggio come Coy, Amrod, Asor e tutti gli altri a cui spero di riuscire a dare una vita, magari, pian piano, un racconto alla volta.
L'uomo che allontanava i draghi. Il mio primo tentativo oltre il fantasy. Un giallo che non è un giallo, con tutto quello che amo, il mio territorio, la storia, i gatti persiani, l'etologia, la fisica quantistica, le leggende.Tutto un po' mescolato, alla ricerca di un equilibrio un po' precario. Da questo qualcosa ne uscirà, spero. Intanto il protagonista, Padre Marco, arriverà nelle librerie con un racconto, tra qualche mese.

E poi c'è questo, di cui ancora il titolo mi manca.
Nei prossimi giorni, magari racconterò le due o tre cose che ho imparato scrivendolo. Per adesso, a caldo, posso dire che ho sperimentato una strategia nuova. Dal romanzone senza titolo a L'uomo che allontanava i draghi sono passati più di dieci anni.
Questo, è nato come idea a febbraio di quest'anno. Un racconto "apribottiglia", che mi ha ricordato quanto amo la tarda repubblica romana e quante cose ci sono da raccontare su quel periodo. Da febbraio a luglio documentazione. Da luglio a oggi 35 capitoli.
Uno sceneggiatore di fumetti che stimo, Alex Crippa, ha detto a una presentazione che per fare certi lavori non bisogna essere appassionati, bisogna essere ossessionati.
Io da questa storia mi sono lasciata ossessionare. Ho deciso coscientemente di farmi travolgere. E quindi di dedicarle ogni singolo istante libero. Chiudevo gli occhi ed ero là, nell'Antica Roma a sentirne gli odori, i suoni, a cercare cosa ancora non conoscessi e a chiedermi dove potevo reperire le informazioni. Ogni momento libero l'ho passato scrivendo. Prima dell'inizio delle lezioni, anche 6 ore al giorno.
Mio marito ha dovuto sopportare, letteralmente l'invasione delle legioni romane. Catullo in mezzo ai libri di cucina. Romanzi ambientati nell'antica Roma in bagno. Deliri di sua moglie sul conto degli anni e la scansione oraria della giornata. E per fortuna c'è il computer. Così ho tappezzato solo il mio desk di cartine e immagini e non tutta la casa.
Così a caldo, mi pare un metodo poco raccomandabile, ma funzionale. Essere così completamente concentrata mi pare abbia impedito alla trama di sfuggirmi di mano, i capitoli sono nati uno dopo l'altro fluidi, uniformi e senza incongruenze interne.
Mi spaventa quasi l'idea di arrivare alla parola fine. Dopo che il mio tempo è stato completamente fagocitato da questo progetto, guardare fuori e costringermi a vedere quello che mi circonda e non il paesaggio del I secolo a.C. mi sembra persino strano.
In qualche modo dovrò distaccarmene, allontanarlo e poi guardarlo con freddezza, analizzarlo, correggerlo.
Domani.
Oggi sono ancora qui, nell'estate del 78 a. C. Guardo il cielo di Roma e già ne sento nostalgia.

lunedì 15 ottobre 2012

Porte chiuse

Precari.
Sull'orlo del baratro, perfettamente in equilibrio tra lavoro e disoccupazione.
Precari della scuola. Programmati a non programmare. In eterna attesa dell'arrivo degli "aventi diritto" figure che potrebbero con più legittimità occupare la tua cattedra. Forse come i tartari di Buzzati si faranno vivi ad anno scolastico finito, forse domani busseranno alle porte.
C'è il TFA per abilitarsi, ci dissero. Finì nell'epopea della triglia, di cui ho dato conto qui. Si passava con 21 e ho fatto 20 punti.
C'è il concorso, ci dissero.
Per farlo, pare, bisogna essersi laureati nell'anno accademico 2002/2003 o prima. Io mi sono diplomata nel 1999, ho fatto una laurea quadriennale, fate un po' voi i conti.
Ma, forse, tutto questo è comunque inutile.
Lavorate troppo poco, ci dissero.
Adesso pare che da 18 ore di insegnamento si voglia passare a 24.
Così invece di poco non lavoreremo per niente.
Se 18 ore di insegnamento siano tante o poche non tocca a me dirlo. Personalmente starei anche in classe di più se questo volesse dire tornare a fare le copresenze e quindi poter lavorare con piccoli gruppi, ma in ogni caso il mio parere non importa.
Se da 18 ore si passa a 24 e la matematica non è un'opinione, ogni 3 docenti se ne risparmia uno. Non un prof di ruolo che viene licenziato (licenziamenti zero sarà di certo una frase che qualcuno in alto pronuncerà), ma un precario che l'anno prossimo non verrà chiamato. Così non si dovranno accorgere a due giorni dall'inizio della scuola, ad esempio, che ci sono 144 cattedre vacanti, com'è accaduto quest'anno. E tutti saranno più contenti?

E così si va avanti, tra regole in continuo cambiamento, come una gara di salto ostacoli in cui le barriere continuano a cambiare posizione e altezza mentre intanto il cronometro corre.
In aula insegnanti i precari di lungo o breve corso iniziano tutti a immaginarsi in quale lavoro alternativo si possano riciclare, in questa crisi che non vuole smettere di mordere, tra le industrie che cadono come le foglie.
E non è proprio un buon segnale quando in molti iniziano a dire che, forse, è più facile per te diventare una scrittrice vera che non una prof vera. Perché non stanno considerando il tuo (vero o presunto) talento, ma solo una statistica che dice che una strada è improbabile, l'altra quasi impossibile...

giovedì 11 ottobre 2012

Scrittevolezze - regole frangibili

Negli ultimi tempi, girovagando, mi sono imbattuta in moltissimi siti che trattano di tecniche di scrittura.  Alcuni li ho trovati molto gradevoli, altri presentano una serie di regole come diktat o comandamenti di una religione della scrittura di cui sono gli unici depositari.
Da queste peregrinazioni sono riemersa con alcune considerazioni che volevo condividere.

Giusto ieri mi è capitato di leggere sul sito di Franco Forte una sacrosanta verità. Se mi perde un rubinetto chiamo l'idraulico, dunque se devo aggiustare un testo, sarà bene che mi rivolga ad un editor qualificato. Spesso invece non è chiaro di questi profeti di bella scrittura, da quale pulpito provengano. Chiarezza vorrebbe che si percorressero due strade. O si ha un curriculum consultabile che spiega quale professionalità spinga a scrivere un dato post o si sta solo discutendo un'opinione che può essere condivisa o meno, come sto facendo io in questo momento, consapevole di non avere in tasca alcuna verità.

La seconda cosa che mi è venuta in mente è che regole e tecniche di scrittura esistono, vanno conosciute e, il più delle volte, applicate, ma la letteratura non è matematica e pertanto ogni regola è frangibile.
Pensavo alla prima e più semplice regola che ci viene insegnata.
Mostrare, non raccontare.
Significa che devo mostrare l'azione in modo che il lettore arrivi autonomamente a formulare un giudizio. Non dire "Tizio era spaventato", ma far sentire al lettore la paura di Tizio. "Tizio mosse un passo incerto, la sua gamba tremava e le mani erano bagnate da un sudore freddo. Non sapeva cosa si nascondesse dietro l'angolo, ma era di certo terribile".
Non sono brava con gli esempi, ma ho reso l'idea.
Mostrare, non raccontare è un'ottima regola.
Tuttavia mi rendo conto di non riuscire ad applicarla sempre. Sopratutto sui racconti che, essendo tali, hanno delle esigenze di brevità. Allora ho ripreso in mano dei romanzi che giudico buoni e mi sono accorta che nessun autore applica sempre questa regola. Ci sono i momenti in cui si sofferma a farci respirare l'atmosfera, a farci sentire le emozioni dei personaggi o a farcele dedurre dai loro comportamenti e altri in cui ci viene data un'indicazione e si passa velocemente oltre.

Ho il fondato sospetto che in scrittura tutte le regole debbano essere frangibili. Vanno conosciute, ma un buono scrittore sa quando applicarle e quando, semplicemente, fregarsene.

Cosa ne pensate?