lunedì 28 agosto 2017

I dubbi della mamma socratica 1 – i dubbi del fasciatoio



Come è iniziata l'esperienza al nido della pupattola? Con me e lei ostaggio di un gregge!
Vedete la foto sopra? Ecco, due minuti dopo averla scattata la nostra auto era completamente circondata e ha iniziato a ondeggiare per i colpi delle schiene delle pecore (non proprio delle pecorelle, erano grosse come dei mastini) e degli asinelli. A un certo punto una qualche pecora-capo deve aver deciso che girare dall'altro lato rispetto all'auto non era divertente e ha invertito la marcia creando un ingorgo ovino che nella mia esperienza non aveva precedenza. La pupattola ovviamente era deliziata da tutte queste bestie che si accalcavano contro il vetro, io un po' meno. Fortunatamente pastori e cani sono venuti a liberarci nel giro di pochi minuti. 
La nota surreale vedo che continua a colorare la mia vita, quindi, e in questo giorno di svolta per la vita della pupattola (che ancora non se ne è accorta, credo, ma entro un paio di giorni realizzerà) ho deciso di inaugurare una nuova rubrica, a cadenza ondivaga come tutte le altre.

Prendo in prestito la definizione di "mamma socratica" dal bellissimo Esercizi di meraviglia regalatomi dagli amici blogger Hel, Michele e Marina (dimentico qualcuno?).
Io sono, senza alcun dubbio, una mamma socratica, che sa di non sapere. O, almeno, a me il superpotere una mamma lo sa non si è attivato. Io non so cosa sia meglio per la pupattola. O me lo dice lei o certo sul mitico "libro che ha tutte le risposte" (un libro di puericultura scritto da un pediatra che fino ad ora si è rivelato assai utile) o chiamo la pediatra o stresso gli amici. Spesso faccio tutte queste cose assieme. O forse è perché vedo ancora il mondo delle mamme un po' da dentro e un po' da fuori. Il passaggio da "non penso avrò mai un neonato tra le braccia" o "oddiomio adesso che faccio!?" è stato un po' troppo repentino perché io non mi ricordi e in parte non mi riconosca nei miei pensieri di prima. Il fatto che la pupattola sia arrivata via cicogna non mi pone in una posizione di superiorità rispetto a nessuno della famiglia e, per le cure di base, tutto quello che faccio io a livello pratico lo può fare qualcun altro e non è neanche detto che lo faccia peggio di me. Insomma, tutto ciò mi pone in una situazione di osservazione molto dubitiativa nei confronti dell'universo della maternità, da cui il nome della rubrica.

I dubbi del fasciatoio

Con la pupattola si va in giro. Anche parecchio. Siamo andati a Viareggio (4 ore d'auto da qui), a Cattolica (5 ore d'auto), in Alto Adige (5 ore d'auto) e altri vari spostamenti minori. Poi ammettiamolo, a me piace mangiar fuori ogni tanto. Anche alla pupattola piace cambiare scenario, assaggicchiare cose nuove e di solito ha anche un comportamento accettabile. Tutto questo mi ha catapultato nel magnifico mondo del fasciatoio fuori casa.
Prima le note positive. I fasciatoi ci sono. Più di quanto immaginassi quando tutto ciò era considerato alla stregua di attrezzature aliene. Quasi tutti gli autogrill, i centri commerciali e i ristoranti di catena ne sono forniti. Già. 
I dubbi posso iniziare da lì. Tu puoi odiare la grande distribuzione e le multinazionali quanto vuoi, ma se l'osteria non ti mette il fasciatoio e il McDonald sì, nell'emergenza vince il McDonald. Io preferisco di gran lunga i ristorantini, le piccole realtà a chilometro zero, ma se mi assicurano che il pupo è il benvenuto e poi scopro che lo devo cambiare dove... Sul tavolo? Tanto benvenuto forse non è.
I fasciatoi stanno al 95% nei bagni delle donne. A volte nell'unico bagno delle donne. Il che mi pone tutta una serie di domande. La più banale è agli uomini è vietato cambiare il pupo?
Non prendetela come una domanda femminista (non solo). A mio avviso limita moltissimo la mobilità di un papà. Mamma non c'è, non voglio cucinare, andiamo a mangiarci una pizza. Ok, ma se poi lo devo cambiare? Sarò il caso che mi riscaldi qualcosa...
Quasi tutti i fasciatoi in autogrill sono nel bagno delle donne. I papà non viaggiano con i pupi? Un papà che si trovi solo, per un giorno o per tutta la vita, non ha il sacrosanto diritto di mettere il pupo in auto e andare dove vuole? Solo se è disposto a cambiarlo a ciglio strada.
I fasciatoi stanno nei bagni delle donne, spesso nell'unico bagno delle donne. E, si sa, le donne vanno sempre in bagno e magari c'è coda. Quindi tu hai il pupo il braccio che strilla, magari ha avuto un bisogno impellente, bisogno che, orribile ma succede, straborda da ciò che vorresti cambiare. Che fai? Chiedi di passare prima rischiando occhiate assassine e non solo? In un autogrill sono stata presa a male parole solo perché mi sono permessa di saltare la coda all'unico scopo di sincerarmi della presenza o meno del suddetto fasciatoio. Attendi in coda col pupo sempre più strillante, sempre più sporco, con le persone subito prima e subito dopo di te sempre più esasperare?
Finalmente arrivi all'unico bagno delle donne con il fasciatoio. Le altre mamme, quelle con i superpoteri, non so come se la cavino. A me una mano in più non farebbe schifo. Ma il marito non può venire, perché siamo nel bagno delle donne... A questo punto scopri di solito che il fasciatoio ha almeno tre lati liberi a rischio caduta e se possedeva delle cinghie di sicurezza queste si sono rotte. Il pupo è stato sporco a lungo, in coda, al caldo e ci sta che sia agitato. Ecco, io la terza e la quarta mano aggiuntiva ho provato a farmela spuntare, davvero, ma non ci sono riuscita. La pupattola su questi fasciatoi ha tentato di cadere in ogni modo possibile. È riuscita a lanciare una scarpina dritta nel water. E da qui di nuovo il mio dubbio. Ma siamo sicuri che il posto giusto per il fasciatoio sia proprio il bagno delle donne? Sicuri sicuri? Intanto fuori, in coda, al caldo, la gente inizia a mormorare, perché un cambio di infante è mediamente più lento di una pipì di adulto...
Negli autogrill, il più delle volte, il fasciatoio è nel bagno delle donne in fondo alle scale. Quindi molli il marito che tanto non può accedere, prendi il pupo in mano, nell'altro la borsa del cambio, controlli di aver tutto e avanti con le rampe di scale che sembra di scendere all'inferno...

Signori architetti, davvero, lo so che le altre mamme hanno i superpoteri e io no, ma siete davvero sicuri di aver posizionato i fasciatoi nel posto più adatto?

venerdì 25 agosto 2017

Ass...Saggi d'estate

Ogni estate, o almeno ogni vacanza, è in qualche modo segnata da uno o più libri. Quasi sempre nel mio caso non sono i libri che avevo pensato di leggere alla partenza, ma libri che si sono imposti, mi hanno chiamato. Molto spesso hanno sostituito il loro immaginario con il mio, dato che l'estate è per me il territorio del possibile, dell'esplorazione e del non delineato. Il tempo del fantastico, della fantascienza e dell'horror. Ho letto per la prima volta d'estate Il signore degli anelli, Il segno dei quattro, la saga dei Vorkosigan, It, i primi libri di Sanderson, Hyperion, Amleto, anche l'Iliade l'ho letta d'estate. Tutti libri che mi hanno portato in un altrove che la mia fantasia ha deciso di colonizzare e fare suo. Quindi non mi aspettavo che quest'anno il posto di "libro dell'estate" se lo contendessero due saggi. Diversissimi tra loro, per altro. A modo loro, però, mi hanno parlato di cose talmente lontane dal mio vivere comune che, pure essendo basati su ricerche stra rigorose, hanno saputo nutrire anche la mia sete di meraviglia e plasmare il mio immaginario.


Storia naturale della domesticazione dei mammiferi
Da archeologa laureata in archeologia del neolitico non mi è sembrato vero di imbattermi per caso, in una libreria in cui siamo entrati per capre se stava effettivamente per piovere oppure potevamo riprendere la via, in questo testo non recentissimo, ma fondamentale che mi era sempre sfuggito.
Ho iniziato a leggere con la boria di chi queste cose le ha studiate pensava di sapere già tutto. Invece non solo non era vero, ma in ogni caso è stata una lettura che ho affrontato con occhi nuovi e che mi ha rivelato più poesia e filosofia che scienza.
Cosa pensiamo che sia naturale e cosa artificiale nella nostra Europa? Se è evidente che il campo coltivato e la mucca che pascola in un alpeggio sono dovuti all'intervento dell'uomo fa impressione pensare che prima dell'arrivo dei romani nelle mie terre non c'erano conigli a saltellare nei prati, non c'erano daini nei boschi né gatti in nessuna casa o cascina, così come non c'erano castagni nei boschi. Magari, però, avrei intravisto uno degli ultimi leoni.
Nel vecchio mondo uomini e animali domestici convivono da così tanto tempo e così interconnessi che è difficile pensare al nostro territorio senza di loro o distinguere cosa ha fatto l'uomo e cosa la natura.
E se avevo studiato da tempo le modifiche che la domesticazione ha portato alle specie domestiche non aveva mai pensato che anche l'uomo si è domesticato insieme agli animali. Un animale domestico capisce il padrone. In modo rudimentale un'oca, una pecora o una mucca, in modo sofisticato un gatto o un cane. Ma anche l'uomo capisce il proprio animale domestico, con un livello di empatia assai superiore di quello necessario per la caccia. Per comunicare con gli animali dobbiamo entrare in sintonia con loro e per farlo dobbiamo essere più in sintonia con noi stessi. Ci sono tutte delle capacità di empatia che l'uomo deve necessariamente aver affinato nei millenni di convivenza con gli animali, diventando in qualche modo "più umano".
Mi hanno poi affascinato moltissimo i capitoli sulle domesticazioni sfiorate e quelle possibili. Nel primo animali che sono arrivati a un passo dall'essere domestici e poi per motivi storici, magari il crollo della civiltà che li aveva selezionati, non è più proseguita la loro domesticazione. Fossi nata (ricca) nell'antico Egitto o nell'antica Roma avrei avuto al guinzaglio un ghepardo, animale che a quanto pare si adatta molto bene alla vita da salotto. Per riprodursi, però, ha bisogno di ampi spazi e se non sei un patrizio romano davvero ricco o un faraone il tuo giardino non ti permette di accogliere cucciolate di ghepardo, da cui la fine delle linee di sangue domestiche. Ma i ricchi signori indiani con un sacco di spazio e di tempo da dedicare agli esperimenti avevano anche gli orici da latte e in Egitto pare ingrassassero le iene come si fa con le oche da paté (non è pervenuta però la ricetta del paté di iena).
Altrettanto affascinante il capitolo sulle nuove domesticazioni. Se da tempo conoscevo le volpi domestiche siberiane, che in poche generazioni hanno perso i loro tratti selvatici e hanno variato la colorazione del mantello, non sapevo di esperimenti per gli alci da sella o per i lamantini che aiutino a tenere puliti i fondali dalle alghe.
Infine, la conferma di qualcosa che abbiamo sempre saputo. I primi esperimenti di domesticazione non sembrano essere stati fatti per scopi utilitaristici. Popolazioni paleolitiche hanno allevato cuccioli di orso, di lupo e di pantera prima di pensare a cosa farne. Insomma, tutta colpa o merito degli occhioni di qualche bambino e del suo "papà lo posso tenere? Me ne occuperò io...".

Leonardo, genio senza pace
Voluto, invece, è stato il saggio su Leonardo. Quest'anno ho letto moltissimo sul rinascimento italiano (su questo tornerò), approfondendone sopratutto gli aspetti artistici. Di Forcellino avevo già apprezzato un saggio su Michelangelo e quindi mi sono buttata su Leonardo.
Ho trovato un libro appassionante, da leggere d'un fiato, che mi ha regalato tante sorprese su un personaggio che più o meno tutti ci illudiamo di conoscere. Un unico limite, è scritto da uno storico dell'arte che rimprovera neppur troppo tra le righe a Leonardo di aver messo in secondo piano la pittura per una ricerca di conoscenza troppo poco finalizzata per portare a risultati concreti. Insomma, fosse stato per Forcellino, Leonardo sarebbe stato rinchiuso in una stanza e obbligato a finire tutte le sue opere e al diavolo i codici, il volo e il corpo umano!
Ma andiamo con ordine, le sorprese.
Innanzi tutto inquadrare Leonardo nel suo tempo, con la sua travagliata storia personale di figlio illegittimo adorato dai nonni e detestato dal padre, ma anche i suoi studi e le sue frequentazioni. Scoprire che sì, era un genio, anzi, Il Genio, ma non era l'unico ad avere interessi così eclettici, che era per certi versi normale per un artista occuparsi anche di balistica, fortificazioni, anatomia e scienze naturali. Come ricorda Forcellino gli artisti dovevano essere un po' chimici o alchimisti per creare i colori, lo studio della natura era propedeutico per la sua rappresentazione, così come quello dell'ottica e se ci si occupava anche di scultura in bronzo prima o poi qualcuno ti chiedeva consulenze militari, perché se sai fondere una statua sai anche fare un cannone. La novità di Leonardo è quello di essere attratto dalla ricerca pura in un mondo di spiriti pratici. I suoi studi anatomici sono volti a vedere come funziona il corpo, non a studiarne la rappresentazione, come fa Michelangelo, o a cercare immediate applicazioni medici, così come il volo è affascinante di per sé. Quando Leonardo si propone come ingegnere capace di risolvere problemi contingenti o come artista che porterà a termine determinate opere in realtà cerca fondi e pretesti per la ricerca pura, da cui poi i tempi di consegna biblici e la difficoltà a trovare credito presso i potenti.
La cosa più sorprendente, almeno per me, è stata l'immagine stessa di Leonardo. La vulgata ci ha presentato un uomo bonario perso nel suo mondo. In realtà, stando alle fonti, si presentava quasi come uno stilista di oggi. Curatissimo ed eccentrico, amante degli abiti di lusso dai colori e le fogge insolite e anima delle feste. Che Leonardo curasse scenografie e costumi per feste sontuose l'ho sempre saputo, ma pensavo fosse una sorta di ripiego per sbarcare il lunario, invece pare fosse una sua passione e ci si divertisse parecchio. Anche negli ultimi anni, quando non dipingeva più e il re di Francia lo trattava con molto rispetto non mancava di progettare automi per feste e disegnare costumi sontuosi. Alle feste poi amava presenziare da assiduo frequentatore del bel mondo, con i suoi allievi/amanti su cui si sprecavano i pettegolezzi (il che forse spiega anche l'imbarazzo del padre verso un figlio illegittimo sempre sulla bocca di tutti). Ecco, se il Leonardo che cerca di spiccare il volo dal castello sforzesco di Milano, preoccupato di essere visto da qualcuno, già prima me lo immaginavo, questo Leonardo frivolo vestito di rosa e oro per me è nuovo e divertente.
Curioso è anche lo sguardo dell'autore su Leonardo. Forcellino, da bravo storico dell'arte, per certi versi si mette nei panni dei suoi committenti e si rammarica delle potenzialità non espresse e dei quadri non dipinti. Si sa che Leonardo spesso abbandonava un'opera a volte solo per noia, a volte per seguire nuove passioni, a volte perché si spinge troppo oltre nello sperimentare nuove tecniche che poi non danno i risultati sperati. Se noi oggi rimaniamo estasiati anche di fronte agli abbozzi, alle opere rovinate o ai disegni preparatori, oltre che alle poche e famosissime opere complete, i suoi committenti erano assi meno contenti. In un'epoca in cui i Michelangelo e i Raffaello producevano un capolavoro dopo l'altro la lentezza di Leonardo e la sua attenzione ondivaga era snervante. Per i committenti i suoi interessi variegati non erano che distrazioni che lo distolgono dall'unica cosa che secondo loro avrebbe dovuto fare: dipingere. Ecco Forcellino ce li fa prendere in simpatia, facendo capire al lettore quanto dovesse essere snervante avere a che fare con Leonardo e quanto pretenzioso dovesse apparire ai loro occhi.
Direi quindi che questo è un saggio assai consigliato a chiunque voglia indagare la figura di Leonardo al di fuori degli stereotipi in cui è imprigionata, anche perché scorre rapido e la precisione dei riferimenti non rende la prosa meno piacevole.

martedì 22 agosto 2017

Seguendo la cometa 25 – Adozionense

E ripartiamo anche con Seguendo la Cometa, con un po' di calma perché Viola è super efficiente, ma io sono indietro con le sceneggiature...

Anche questa volta, in ogni caso, Viola ha superato se stessa!



sabato 19 agosto 2017

Lo strano caso dei libri doppi

La parte meno ludica della vacanza è stata dedicata alla sistemazione della nuova ala della casa. Oddio, detto così sembra che abbia un castello, in realtà si tratta di due stanze, uno studio e una camera degli ospiti/stireria, più un bagnetto di servizio, nulla di monumentale, anche se a giudicare dai conti da pagare...
Non pensiate che fosse solo la bimba a necessitare un ampliamento. I primi ad averne beneficiato sono stati i libri, amorevolmente censiti, raggruppati finalmente per famiglie sensate e ora redistribuiti su due stanze.
Questo ci ha permesso di riprendere in mano tutti i volumi, dividerli per autore e argomento, trovare delle posizioni sensate. In questi casi io non ho remore a sfoltire. Ci sono incauti acquisti o solo libri non memorabili che sono magari stati letti con piacere ma non ha senso tenere. È quindi partita una campagna d'adozione che ha coinvolto amici e biblioteca per trovare a ciascun volume "orfano" una nuova famiglia.
Ora, la cosa che mi ha stupito è che quasi un terzo dei libri andati in adozione (almeno dei miei, tra quelli del Nik sono meno) sono in realtà dei doppioni. E nessuno è un doppio acquisto a causa di una precoce perdita di memoria. Sono stati acquistati in più per dei motivi che, almeno in quel momento mi parevano sensati.
Quali?

Doppio corredo. Io e mio marito abbiamo unito le nostre librerie. In parte i nostri gusti coincidono, in parte i nostri studi, in parte gli anni. E quindi ecco due Signori degli anelli, così come molti altri volumi fantasy, ma anche alcuni classici. Mi spiace dover scegliere tra due volumi, ma so che questa cosa delle librerie che si uniscono può generare mostri. A casa dei miei ci sono 21 Bibbie e 16 Promessi Sposi...

– Il mondo non è brutto come sembra. Io presto spesso e volentieri. E difficilmente inseguo le persone per riavere indietro il mio. Infatti mal me ne incorso, dato che al momento del mio libro preferito ho solo una versione francese di seconda mano. Per lo più, però, il mondo non è brutto come sembra. È capitato che un libro dato per perso in prestito sia poi tornato indietro quando la persona a cui l'avevo dato ha risistemato la taverna/è tornato dopo anni lontano dall'Italia/si è ricordato a chi appartenesse. Io intanto, però, avevo ricomprato.

– Stesso libro, titolo diverso. La storia dei diritti dei libri di fantascienza stranieri dev'essere proprio strana. Sta di fatto che di alcuni romanzi editi tra più di vent'anni fa esistano almeno due versioni con titolo diverso, a volte diversa traduzione, spesso una Urania e una Nord. Visto che si tratta di opere non ri edite di recente il povero appassionato ne va a caccia sulle bancarelle dell'usato e quando vede il nome di un autore amato e un titolo sconosciuto acquista, salvo poi scoprire che quel libro lo ha già, solo con un titolo diverso. Un caso tipico è un romanzo della mia amata Le Guin, che circola con due, forse anche con tre titoli italiani, per altro a mio avviso tutti bruttarelli (I reietti dell'altro pianeta e Quelli di Anarres).

– Non posso vivere senza la nuova edizione. Con un racconto in più in appendice, con un capitolo in più o un aggiornamento nel caso dei saggi. Insomma, il compratore compulsivo di libri è facile da abbindolare e magari per dieci righe in più scatta il ri acquisto.

Insomma, il libro doppio non solo non è così raro, ma ci sono anche delle sensate ragioni per avercelo!

In ogni caso sono felice di comunicare che tutti i libri andati in adozione hanno trovato casa. Abbiamo fatto una massiccia campagna nel gruppo di lettura e dei lettori forti hanno o avranno presto tra le mani i nostri orfanelli. Quelli restanti sono stati accolti maternamente da una bibliotecaria dallo sguardo dolce che li ha accarezzati ad uno ad uno. Gentilissima, ci ha anche inviato una lettera di ringraziamento (che ha angosciato la suocera "una lettera del comune! Cos'è che non avete pagato?")

E a voi è mai capitato di trovarvi con dei libri doppi? Come mai, cosa ne avete fatto?

mercoledì 16 agosto 2017

Lassù sui monti...


L'Alto Adige è quel posto illuminato in cui sanno fare lo strudel, ma anche la pizza.
C'è un rigore tedesco, ma i menù sono in italiano (più o meno).
Dove se chiedi dove puoi andare con un passeggino ti danno un apposito depliant (ok, l'italiano è un po' approssimativo "in montagno col passeggino"...) con tanto di escursioni segnate e funivie attrezzate. Dove ogni locale ha un fasciatoio e scaldare il latte in rifugio è la cosa più normale del mondo.

In barba a quelli "adesso non farete più le vacanza belle di una volta" quest'anno ce la siamo goduta. O, meglio, come mi ha dimostrato il post con un ricordo per ogni estate, sono quasi sempre riuscita a estrarre qualche attimo di godimento dal periodo delle vacanze e quest'anno non è stato da meno. Alla fine tutto sta nel sapere quello che si vuole e cosa si chiede a una vacanza, consapevoli che la vita cambia ed è meglio assecondarla che remargli contro.
In altri momenti avrei fatto di rifugio in rifugio con lo zaino in spalla, avrei fatto campagne di scavo nei siti d'altura o un tour de force culturale. Ma devo ammettere che non è male neppure usare la scusa della bimba per prendersela comoda, oziare in una piscina riscaldata con vista sulle dolomiti o passeggiare guardando le vette dal basso, che comunque spingendo il mezzo sulle salite o portandosi la bimba in spalla si fa fatica comunque.
Di norma su questo blog si fanno pubblicità solo a libri e a film, ma la struttura dove eravamo un po' la merita. Al di là della vista, il parco giochi e tutto quanto potete vedere sul sito, ho apprezzato un particolare che, quando si hanno bambini, diventa tutt'altro che secondario, l'acustica.
La struttura ha un'impostazione molto nord europea per la gestione degli infanti che potevano scorrazzare un po' ovunque ed erano invitati a fare attività, anche guidati, con i genitori e a dividerne gli spazi. Quindi sia nel ristorante che nell'area delle piscine c'era un gran via vai di bimbi, alcuni piangenti, alcuni giustamente esuberanti, eppure le voci non rimbombavano mai. Bastava che la propria pupattola non fosse in quel momento in versione urla e strilla per potersi isolare da tutto e da tutti. 

Quanto alla pupattola, ha iniziato a zampettare in autonomia sul prato, è stata deliziata dalle caprette dell'albergo, affascinata dalle paperette (che però non si lasciavano tocchicciare), ha sopportato di scendere a valle per un saluto all'antenato Otzi (con mamma archeologa dovrà farsene una ragione) e sopratutto ha dato soddisfazione a tutti i teorici dell'autosvezzamento. Ha assaggiato di tutto, dando la propria approvazione quasi a tutto, ma in special modo alla polenta, ai formaggi e a ogni genere di frutta e verdura. Certo, non è ancora propriamente civilizzata e, per la gioia del personale, il cucchiaio diventa rapidamente posata, strumento musicale, catapulta e arma da lancio...
Abbiamo anche sviluppato alcune dipendenze: per la palla, l'altalena e le canzoncine dello zecchino d'oro da far cantare ossessivamente a mamma per tutte le cinque ore di viaggio da e per l'Alto Adige (e fossi almeno intonata, come ha osservato il Nik...).

Tutti e tre, però, siamo riusciti a riposarci e a ritemprarci, che al ritorno ci attendeva l'allestimento della nuova ala della casa, finalmente pronta. Per almeno dieci anni non voglio più avere a che fare con muratori e similia, ma adesso, per la prima volta da anni, tutti i nostri libri, spalmati ora su due stanze, hanno una loro casa, un alloggio sensato che dividono con i loro famigliari più prossimi.
Ma di questo e delle sorprese che la sistemazione dei libri ha portato riparleremo...